Forse non segui la vicenda ti dico solo che il giudice di Milano che voleva salvare Profumo è inquisito dal tribunale di Brescia, e mi spieghi perché MPS seguita a tenere un mld per cause legali se non ci sono fondamenti, avrebbe stornato il mld al patrimonio e invece di fare un adc di 2,5 mld solo 1,5 mld sottoscritto interamente dallo Stato e quale è il motivo che nessun pretendente la vuole visto che si prevedono utili nei prossimi anni, perché c’è stato l’ ipotesi del piano Isacco, si vuole regalare le azioni ai danneggiati, mi sembra che sono argomenti tutti a favore dei risarcimenti e non false aspettative, inoltre mps per alcuni azionisti prima dell’assoluzione di Mussari ha risarcito i danneggiati con la mediazione.
Ti rispondo con un Articolo che analizza in maniera molto più articolata la complessità del caso, diversamente dalle tue interpretazioni troppo generiche e di conseguenza fuorvianti (indagare il giudice di Milano è lecito ma fa ridere se uno esamina per bene la complessità del caso in oggetto). Ribadisco che
l'attività contestata a MPS e ai relativi Organi di controllo, riguarda solo il periodo dal 2013 al 2015, giusto per fare chiarezza senza generalizzare troppo.
Segue l'articolo tecnico.
Fonte: Bilancio & Reddito d'impresa - Il Sole 24 Ore - Luglio/Agosto 2021
Articolo: Bilanci bancari - Mps e contabilizzazione di operazioni collegate, una sentenza che fa riflettere
Autori: Franco Roscini Vitali, Alessandro Germani Dottore commercialista, Partner GDC Corporate & Tax
BILANCI DELLE BANCHE, COMPETENZA E VIGILANZA
La
sentenza 10748/20 del Tribunale Ordinario di Milano, seconda sezione penale, relativa alla vicenda
Banca Monte dei Paschi di Siena è,
per molti aspetti, una sconfitta per chi si occupa di bilanci.
Vediamo perché questa pronuncia, che, quantomeno a grandi linee, quelli che si occupano di bilanci dovrebbero conoscere, rappresenta la sconfitta per molti.
Ovviamente tutte le sentenze possono essere capovolte da un successivo giudizio, ma questa sembra
ben motivata e supportata da un eccezionale lavoro dei periti del Tribunale.
Un fine settimana di pioggia e l’impossibilità di uscire in bicicletta mi fanno decidere, con poca voglia, di leggere le
360 pagine di cui si compone la
sentenza 10748/20 del Tribunale Ordinario di Milano.
Però la
complessità della lettura e il pericolo di non riuscire a coglierne i vari aspetti mi convincono che la cosa migliore da fare è il confronto con l’amico Alessandro, che, nel frattempo, molto più veloce di me in quanto più giovane, l’ha già letta: ecco il motivo dell’editoriale redatto a quattro mani.
I commenti della stampa si sono focalizzati sulla questione dei “saldi chiusi-saldi aperti”. In sostanza,
Montepaschi (Mps) avrebbe
contabilizzato i derivati con il metodo a “saldi aperti” (sbagliato), anziché con quello a “saldi chiusi” (corretto): queste definizioni significano però poco e chi legge non può capire.
Questo probabilmente è dovuto al fatto che i giornalisti, in via generale, non hanno letto tutta la sentenza, che, data la
complessità della materia, non è di facile comprensione, anche per gli addetti ai lavori.
Volendo semplificare al massimo il concetto in modo da renderlo comprensibile,
Mps avrebbe contabilizzato diverse operazioni, tra loro collegate, distintamente come fossero operazioni autonome.
Questa contabilizzazione sarebbe avvenuta in
violazione del principio che impone di contabilizzare le operazioni in base alla sostanza e non alla forma delle stesse: in numerose pagine, i periti del Tribunale richiamano i paragrafi dei principi contabili internazionali che impongono tale contabilizzazione.
Per semplificare il concetto, è sufficiente richiamare il principio contabile nazionale
Oic 11, nei paragrafi che riguardano la rappresentazione sostanziale (sostanza dell’operazione o del contratto) che derivano dai
principi contabili internazionali Ias/Ifrs utilizzati dalle banche per la redazione dei bilanci, pertanto anche da Mps.
L’Oic 11 precisa che la prima e fondamentale attività che il redattore del bilancio deve effettuare è l’individuazione dei diritti, degli obblighi e delle condizioni ricavabili dal contratto e il loro confronto con le disposizioni dei principi contabili per accertare la correttezza dell’iscrizione o della cancellazione di elementi patrimoniali e economici. Sono richiamate le definizioni di credito e debito e, ove previsto, del trasferimento di rischi e benefici.
L’analisi dei contratti è rilevante anche per stabilire “l’unità elementare da contabilizzare” ai fini della segmentazione o aggregazione degli effetti sostanziali derivanti da un contratto o da più contratti. Infatti
da un unico contratto possono emergere più diritti o obbligazioni che richiedono una contabilizzazione separata, mentre
da più contratti possono discendere effetti sostanziali che richiedono una contabilizzazione unitaria.
Si noti che quest’ultima previsione si adatta perfettamente alla vicenda in questione.
Tornando a Mps, la
contabilizzazione “separata” dei vari contratti (a saldi aperti) ha consentito, tra l’altro, di valutare l’attivo a fair value e il passivo al costo ammortizzato: questo ha comportato il
riconoscimento nell’attivo dei maggiori valori, mentre
nel passivo le perdite sono state “spalmate” sulla durata dei contratti (sentenza, pagina 67).
Nelle pagine 25 e successive della sentenza questi concetti sono ben illustrati, citando gli Ias/Ifrs in modo puntuale, con evidenza dei paragrafi dei singoli principi richiamati.
Inoltre la tecnica corretta dei saldi chiusi avrebbe evidenziato la vendita di un credit default swap (Cds) avente a oggetto Btp e quindi il rischio Italia.
Nella sentenza è spiegata molto bene la contabilizzazione errata a saldi aperti, per esempio da pagina 101 a pagina 103, con l’effetto che i
Btp erano contabilizzati imputando le oscillazioni a patrimonio netto e non a conto economico (secondo una tecnica contabile prevista dagli Ias/Ifrs, ma non applicabile al caso in oggetto, a causa della concatenazione dei contratti).
Alle pagine 106 e 107 è spiegato come l’
iscrizione della passività al corrispettivo e non al fair value abbia evitato di esporre le maggiori perdite di un’
operazione nata per ristrutturare precedenti operazioni già in perdita.
Ancora (pagine 109 e seguenti) è evidenziato che la
tecnica errata dei saldi aperti ha evitato di fare percepire la presenza di un derivato di credito (Cds).
Il
documento dell’8 marzo 2013 redatto congiuntamente da Bankitalia, Consob e Ivass fa capire chiaramente che la
contabilizzazione non poteva essere fatta a saldi aperti, in quanto la sostanza economica è quella di un credit default swap.
Interessante è anche la disamina, effettuata all’inizio della sentenza, tra operazioni di pronti contro termine e Cds, che evidenzia la sostanziale differenza tra le due operazioni: differenza che è anche nei principi contabili nazionali.
Mps, a seguito di alcune censure da parte degli organismi vigilanti, ha cercato di porre parziale rimedio, affidando alcune spiegazioni a una
documentazione “fuori bilancio”, costituita da
prospetti che, tra l’altro,
non sono stati oggetto di revisione (sentenza, per esempio, pagine 241 e 265). Allegati e note pro forma che non possono sanare il falso in bilancio.
Il lettore del bilancio, anche se esperto, come avrebbe potuto capire il tutto?
A pagina 168 della sentenza si legge che
il primo restatement (aggiustamento/correzione) fatto da Mps è stato parziale e solo in apparenza conforme al documento congiunto dell’8 marzo 2013 di Consob, Banca d’Italia e Ivass, già citato.
A pagina 277 della sentenza è evidenziato il
comportamento del collegio sindacale, che, seppure non responsabile del controllo contabile affidato alla società di revisione, era
tenuto a vigilare sull’adeguatezza del sistema amministrativo-contabile e sulla relativa affidabilità nel rappresentare correttamente i fatti di gestione. I sindaci poi partecipano alle sedute del consiglio di amministrazione e pertanto erano a conoscenza delle decisioni degli amministratori.
Quello che meraviglia è l’
attività che Mps ha portato avanti nel tempo.
Infatti una banca commerciale dovrebbe avere, come missione, l’erogazione di prestiti mediante la raccolta di depositi e non quella di intraprendere spericolate e reiterate operazioni tipiche delle banche d’investimento.
È da segnalare anche la
prassi spregiudicata delle banche d’investimento (con la connivenza della banca commerciale direttamente interessata)
per “ristrutturare” operazioni palesemente in perdita, aggiungendo in questo modo rischio su rischio, in maniera a dir poco opinabile. A questo proposito colpiscono le numerose operazioni intraprese per coprirne altre in perdita con una concatenazione incredibile: e qui torniamo al principio generale della prevalenza della sostanza sulla forma nella rappresentazione contabile degli accadimenti aziendali.
Quello che lascia perplessi è il
comportamento del consiglio di amministrazione e di tutti quelli che avrebbero dovuto vigilare:
collegio sindacale, organo di vigilanza (Oidv), revisori e autorità preposte.
Nelle pagine 276 e 277 è illustrato il comportamento del collegio sindacale.
La sentenza ha portato alla condanna del Presidente e del direttore generale della banca.
Dalla lettura delle pagine che contengono le argomentazioni dei consulenti della difesa degli imputati emerge che
i periti si sono focalizzati sulla forma e non sulla sostanza delle operazioni (sentenza, per esempio, pagine 225 e seguenti).
Altra cosa che si rileva dalla lettura della sentenza è la
discordanza tra le perizie effettuate da due società di revisione, circostanza che lascia perplessi e che ha generato
ulteriori incertezze,
consentendo alla difesa di approfittarne.
Quest’ultimo aspetto pone una domanda banale: come mai due società di revisione, si presuppone utilizzando dirigenti competenti, non sono state concordi circa alcuni aspetti delle operazioni? La risposta è altrettanto banale: perché si tratta di un “castello” intricato di operazioni che una banca commerciale non dovrebbe fare.
È mai possibile che persone competenti non riescano a comprendere la sostanza delle operazioni contestate?
Questo vuol dire che qualcosa “non quadra”, con la soddisfazione dei molti periti, in particolare della difesa, che incrementano in misura notevole i propri compensi.
Altra domanda riguarda alcuni
amministratori: avranno capito di che cosa si trattava, perché, per ricoprire incarichi di questo tipo in entità complesse come le banche, si dovrebbe possedere una competenza specifica.
Ora, è vero che si tratta di
operazioni particolarmente complesse, ma la
banca si è adeguata solo nel bilancio 2015 a una contabilizzazione che già dal documento congiunto del 2013 appariva preferibile o forse l’unica strada da adottare secondo un corretto comportamento contabile.
Stanti le
grosse difficoltà del caso specifico, piuttosto che cercare dei colpevoli in una logica di perseguire una corretta rappresentazione contabile dei fatti di gestione, andrebbe fatto un ragionamento più generale. Siamo sicuri che, alla luce di complesse normative ad hoc, calendar provvisioning (ovvero svalutazione integrale dei crediti deteriorati secondo scadenze prestabilite), tematiche Npl (non performing loans o crediti deteriorati) e Ifrs 9, o anche di risk management dell’attività bancaria, gli
organi amministrativi e quelli
di controllo delle banche italiane abbiano sempre la necessaria competenza per
comprendere, deliberare e/o vigilare su operazioni particolarmente complesse? Questo richiama poi, soprattutto per gli organi di controllo, ragionamenti sul cumulo di incarichi in presenza di
attività complesse che spesso richiedono di dedicare molto tempo all’incarico stesso.
Tra l’altro, con la contabilizzazione adottata, Mps ha beneficiato di
aiuti statali che non sarebbero spettati (sentenza, pagine 234 e seguenti): in assenza degli stessi, Mps avrebbe potuto anche essere commissariata.
Banca d’Italia, Consob e Ivass, per il tramite dello Standard setter nazionale, l’Organismo Italiano di Contabilità (Oic), hanno inoltrato
interpello all’Ifrs Interpretation Committee (Ifrs IC): tra l’altro, alle pagine 166 e 167 della sentenza, l’Oic auspica la soluzione interpretativa adottata da Mps, ma poi, di fatto, definitivamente abbandonata nel bilancio 2015.
E questo dopo una prima risposta che era un monito ai redattori dei bilanci di agire con giudizio, con assunzione di responsabilità per la scelta contabile concretamente adottata: in sostanza, l’Ifrs IC non aveva dato una risposta definitiva, ritenendo insufficienti le informazioni ricevute con l’interpello.
Successivamente l’Ifrs IC ha confermato di non fornire alcuna interpretazione sul trattamento contabile dell’operazione in questione.
La Consob ha interpellato anche l’
Esma (European Securities and Market Autority), organismo che non si è pronunciato in quanto pendeva l’interpello, già citato, all’Ifrs IC.
La
Bce poi, in una lettera inviata all’amministratore delegato (sentenza, pagine da 176 a 180), ha affermato che, pur in difetto di una regola che imponga la revisione degli attivi, spetta agli amministratori l’onere e la connessa
responsabilità della redazione del bilancio, mediante individuazione di
corrette procedure di contabilizzazione: Mps avrebbe dovuto
valutare criticamente tutte le problematiche emerse e le ragioni sottostanti e prestare puntuale attenzione alle risultanze dell’analisi svolta, idonee a fornire elementi particolarmente utili nelle valutazioni contabili.
La Bce ha apertamente censurato l’
opacità della complessa struttura contabile di un’operazione (Alexandria), evidenziando il rischio di arbitrarie e asimmetriche valutazioni nel calcolo dei requisiti patrimoniali (richiesti alle banche per determinare il patrimonio di vigilanza).
Per questi motivi, la Bce aveva riveduto al ribasso gli indicatori di vigilanza, sterilizzando gli effetti positivi dell’operazione (sentenza, pagina 178).
Peraltro, sull’altra operazione controversa, ovvero Santorini, la disamina che aveva fatto la
Bafin (ovvero l’equivalente tedesco della Consob) sull’operato (discutibile) di Deutsche Bank appare anch’essa molto chiara e netta.