più che una ripresa ... mi sembra una bolla mascherata da ripresa
USA, la prossima bolla?
Una crisi del debito statunitense finirebbe col far sentire i proprie effetti anche al di fuori dei confini statunitensi. Possiamo veramente evitarla?
Ritorno agli anni ‘70?
I prezzi delle materie prime hanno continuato a salire inesorabilmente durante questa settimana con l'oro e l'argento che hanno toccato nuovi massimi, mentre il prezzo del petrolio si è leggermente attenuato grazie a una interruzione delle violenze nel nord Africa. I dati sull’inflazione statunitense, come sottolineato dall’Indice dei Prezzi al Consumo, hanno confermato che gli elevati prezzi delle materie prime stanno influenzando la spesa per i consumi.
I dati hanno mostrato che l’inflazione a marzo è salita al 2,7%, in rialzo dal 2,1% registrato un anno fa. Questo dato è di per sé allarmante. Ma si consideri questo: se l’Ufficio Nazionale di Statistica avesse calcolato l’indice CPI secondo la modalità usata tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 questo dato
dovrebbe essere considerato significativamente peggiore. Utilizzando tale metodo di calcolo, che non tiene in considerazione le sostituzioni e i miglioramenti nella qualità dei prodotti del paniere, il dato di marzo del 2,7% sarebbe vicino al 10%.
Durante la crisi economica che caratterizzò quel periodo, con l’indice CPI anche a due cifre, Paul Volcker, l’allora presidente della Federal Reserve, si interessò molto alla questione dell’inflazione. Egli aumentò di volta in volta i tassi di interesse di 25 punti base, facendoli salire dall’ 11,75%, al momento della sua nomina, al 20% solo nove mesi più tardi.
La crescita sulle spalle di consumatori sempre più poveri
La crescita economia statunitense ha pesato per molto tempo sui consumatori americani. Ora, di fronte al debito del governo di proporzioni astronomiche e al deficit del bilancio che richiederà maggiori tagli ai programmi e alle politiche governative, il consumatore americano è destinato a ricoprire ancora un ruolo critico sebbene di minore rilevanza.
Secondo un report recentemente pubblicato dal Dipartimento del Lavoro statunitense, l’inflazione core è in rialzo con le componenti cibo e energia in aumento dello 0,8% nel corso del mese scorso, dopo lo 0,6% di aumento registrato a febbraio. A marzo l’aumento annuo dell’inflazione core risulta pari al 1,2%.
Un dato ancora più significativo ci viene sempre dal Dipartimento del Lavoro che ha reso noto come il reddito reale sia diminuito dello 0,5% a marzo. In sostanza il governo statunitense dovrà guidare la crescita economica e i consumatori diventeranno dei protagonisti minori.
Prestare attenzione ai segnali
II Fondo Monetario Internazionale è semplicemente l’ultimo critico del debito in espansione del governo statunitense. Il Fondo aveva messo in guardia sulla possibilità che il deficit statunitense potesse avere conseguenze disastrose, tra le quali la perdita di fiducia degli investitori verso il mercato obbligazionario e la definitiva destabilizzazione delle economie mondiali.
Le diverse agenzie di rating hanno inoltre messo in guardia il governo USA sulla situazione di difficoltà in cui si verrà a trovare il credito del paese se non verranno adottate sufficienti misure per assicurare un cambiamento nell’economia del paese.
La Fed sta lavorando a pieni poteri
La Fed sta continuando a iniettare grandi quantitativi di liquidità nel sistema di credito acquistando crediti ipotecari, obbligazioni e molti altri strumenti di credito per la sola ragione di mantenere artificialmente contenuti i tassi di interesse. In realtà, per mantenere artificialmente bassi i tassi il bilancio della Fed si è gonfiato fino a raggiungere i 2,5 trilioni di dollari, che corrispondono circa alla dimensione dell’economia del Regno Unito.
Dal momento che il denaro non è mai libero, questa politica ha avuto come effetto principale che la differenza tra i rendimenti di lungo periodo e quelli di breve periodo è vicina ai massimi storici. In realtà essa è così alta che nel caso i tassi salgano, dovrebbero salire rapidamente. In altre parole, la continua immissione di dollari nel sistema causa aspettative sull’inflazione di lungo periodo che finiscono per pesare sul costo dei bassi rendimenti di breve periodo. Inoltre tassi di rendimenti di breve periodo più contenuti non significano che l’inflazione sia più bassa.
In realtà l’inflazione di cui abbiamo parlato, misurata sulla base delle semplici formule usate negli anni 70, presenta un quadro inflazionistico molto preoccupante. In tale contesto l’inflazione è molto più vicina agli anni 70, un periodo inflazionistico che gli americani preferirebbero non ricordare, un periodo in cui il tasso di riferimento della Fed era maggiore del 10% e il tasso di inflazione annuale era simile a quello odierno.
La Federal Reserve è perfettamente consapevole sia degli effetti di lungo che di breve periodo della sua politica. Il problema dell’inflazione galoppante è certamente sotto l’occhio attento della Fed ma c’è solo una sola ragione alla base dell’atteggiamento così conciliante della banca centrale Americana. Il presidente Bernanke sa che nel momento in cui il governo inizierà ad agire sul suo deficit una grande quantità di denaro sarà tolta dal sistema e l’economia si troverà sotto pressione e con l’ufficio del bilancio che raccomanda tagli per 800 mila miliardi di dollari e l’amministrazione di Obama con l’obiettivo di tagliare 4 trilioni di dollari nei prossimi 12 anni, questa preoccupazione sembra fondata. Un tasso di interesse molto basso consente al governo statunitense di controllare e tagliare il bilancio senza pesare sul mercato del credito. Tuttavia, come accade spesso con i governi, la spesa è immediata mentre i tagli si effettuano solo quando non ci sono altre scelte e mai se non un secondo prima. E visto che è proprio questo il caso, sarà difficile vedere come gli Stati Uniti sapranno evitare che a un aumento dall’inflazione seguita da un politica aggressiva di tagli al bilancio non seguirà un’altra crisi. In realtà dal momento che è evidente che il consumatore si sta impoverendo come parte dell’economia statunitense mentre gli USA stanno diventando sempre più dipendenti della stabilità del governo, più i tagli al bilancio saranno rimandati, più l’economia sprofonderà e quindi maggiormente sarà doloroso lo scoppio della bolla dei titoli del tesoro.
Ma ancora quando sarà necessario procedere a un taglio del bilancio pari a 4 trilioni di dollari e la Fed manterrà 1 trilione di dollari in titoli, sarà difficile capire come rimuovendo entrambe le situazioni non si verificherà una crisi. Come scegliere il momento migliore? Semplicemente capendo che quando il piano di QE finirà, significherà che il periodo di prova del governo statunitense è scaduto e con esso l’ossigeno per l’economia.
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