LA STRADA E' QUELLA GIUSTA
Aeffe ritrova slancio con Moschino
Il presidente Massimo Ferretti: «A Jeremy Scott ho detto: “Convincimi che sei la persona giusta”. In pochi giorni mi ha mandato un quaderno con descritta, in tutti i dettagli, quella che sarebbe poi stata la sua prima collezione»
10 novembre 2014 | 14:25
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di Giusi Ferré
Ha ricominciato a correre Moschino, uno dei marchi più originali e amati della grande stagione del prêt-à-porter: quegli anni Ottanta in cui la moda italiana diventò all’improvviso un fenomeno mondiale. E il suo stile beffardo, che trasformava capi classici di alta qualità in un gesto di pura ironia, era apprezzato dai più giovani che ne coglievano il senso del divertimento. Era così forte il suo stile che il marchio, affidato dopo la scomparsa prematura dello stilista all’amica-socia-braccio destro Rossella Jardini, è rimasto ben presente sul mercato, diventando uno degli esempi più riusciti della continuità di un brand oltre il creatore.
Ma a trent’anni dalla fondazione della maison e a diciannove dalla direzione stilistica della Jardini, il gruppo Aeffe, dei fratelli Massimo e Alberta Ferretti che controlla la griffe, ha chiamato Jeremy Scott a raccogliere il testimone. «È l’uomo giusto al momento giusto — commenta Massimo Ferretti, presidente di Aeffe —. E il primo a esserne convinto è proprio Jeremy Scott. L’avevo conosciuto tempo fa e, quando ho cominciato a cercare un nome per la direzione artistica di Moschino, gli ho telefonato per un consiglio. “Ma sono io quello che ti serve”, mi ha detto sicurissimo. “Convincimi”, gli ho risposto. “Prova a mandarmi un progetto”. E pochi giorni dopo, puntualissimo, mi ha inviato un quaderno in cui era descritta , in tutti i dettagli, quella che poi è stata la sua prima sfilata del febbraio scorso, per l’autunno/inverno 2014/2015».
Una collezione ispirata a McDonald’s, al MassMarket’s e al cartoon di culto SpongeBob. Accolta con entusiasmo e con qualche critica (c’è chi non sopporta questa sua idea di moda che rasenta l’antimoda, ma che era anche quella di Franco Moschino) ha confermato il successo con la collezione Barbie del settembre scorso (per la primavera/estate 2015), diventando uno degli show più diffusi sulla rete. Mentre le vetrine della Rinascente di Milano, con i suoi manichini bambole attiravano folle di ammiratori che scattavano selfie con i telefonini.
«Jeremy Scott conosce il linguaggio del social network e ha reinterpretato i codici estetici del marchio — spiega Massimo Ferretti — per trasformarli in una moda molto contemporanea e affine ai giovani». Anche per questo i capi più significativi erano già in vendita su Internet pochi minuti dopo lo show, rispondendo a quel desiderio incontrollabile di cogliere subito la novità senza quell’attesa canonica di sei mesi, che è ritenuta ormai un deterrente per l’acquisto, ma che è anche uno dei riti del prêt-à-porter. Come tutto ciò che compone il mondo di Jeremy Scott, si presta a una doppia lettura, tra significati profondi e apparenze, nel segno di una specie di intrattenimento globale. Scott, 39 anni, di Kansas City, Missouri, innamorato di Los Angeles dove vive e della cultura pop americana, è abituato a postare su Instagram accessori e capi particolari, accolti da raffiche di «like», e a vestire con humor le celebrità amiche, come Rihanna, la cui immagine paparazzata con un bomber oversize ha fatto da apripista, attirando l’attenzione di nuovi retailer di alto livello.
Sull’onda del consenso stanno partendo iniziative diverse, che mirano a riportare l’attenzione su Moschino.
A cominciare dalle boutique. Rinfrescata quella di Milano, che aveva un tono un po’ lezioso, saranno aperte quella di Los Angeles, New York e Macao.
Il 13 novembre sarà presentato il nuovo profumo, curato e prodotto da Euroitalia, e il 4 dicembre Moschino/Jeremy Scott sarà presente con un progetto ad Art Basel-Miami, appuntamento del design mondiale.
In questa messa a punto del marchio, la seconda linea Cheap and Chic, cambierà nome e un po’ anche natura, diventando Moschino Boutique. Nessun mutamento per ora è annunciato per Love Moschino, centrata sul denim. Crescono gli accessori, non intesi più soltanto come scarpe e borse, ma oggetti vari tipo l’edizione speciale di 300 Barbie nate dall’incontro con Mattel, e l’elettronica di consumo.
Secondo i documenti approvati dal consiglio di amministrazione nei primi sei mesi dell’anno il gruppo - che oltre a Moschino controlla i marchi Alberta Ferretti,Pollini, Emanuel Ungaro e Cédric Charlier - ha realizzato ricavi consolidati pari a 121,1 milioni di euro, rispetto ai 122,9 milioni del primo semestre 2013 (-1,4% a cambi costanti); al netto degli effetti relativi alle licenze già terminate e alla riorganizzazione della distribuzione in Giappone, il fatturato si sarebbe incrementato del 7,1% a tassi di cambio costanti. Il margine operativo lordo è stato di 12,5 milioni, rispetto ai precedenti 7,3 milioni, in aumento del +71%. «Il nostro gruppo sta continuando a registrare risultati positivi, sia in termini di crescita dei ricavi che di incremento della redditività, quest’ultima cresciuta più che proporzionalmente rispetto alla progressione delle vendite, a testimonianza dell’efficacia delle azioni intraprese in passato e volte alla razionalizzazione dei processi aziendali — aveva commentato Ferretti —. Nonostante le difficili condizioni macroeconomiche del mercato italiano e, più in generale, di quello europeo, siamo fiduciosi sulla restante parte dell’anno».