Le cause del rovescio borsistico di giovedì 7 c.m. si potranno anche ascrivere ad algoritmi o a panic selling ma certamente la migliore occasione per un tracollo epocale è stata fornita dai presentatori del piano industriale che già nell’esposizione si sono dimostrati inadeguati al compito specialmente nella illustrazione di tabelle improbabili e numeri contestati e hanno cercato di integrare con una marea di parole il nulla sostanziale credendo di sostituire con un po’ di tessuto connettivo la mancanza di una struttura ossea portante. Praticamente i relatori durante le loro performance si facevano salamelecchi reciproci e si congratulavano a vicenda. Pensavano forse di risolvere la questione tra loro e di non dover rendere conto della loro pochezza ad analisti e investitori, presenti in sala o da remoto, e desiderosi di conoscere proposte di risoluzioni convincenti ad annosi problemi. La vera origine del disastro borsistico è pertanto dovuta a certi sedicenti amministratori che hanno giustificato la loro debacle assumendo di non essere stati ben compresi: in realtà gli astanti vicini e lontani hanno realizzato benissimo da quali mani sono gestiti i risparmi propri e di terzi e si sono comportati di conseguenza. Hanno cioè valutato in pochi minuti che con traghettatori allegri di tal fatta l’esito garantito non è l’approdo felice ma il naufragio: per salvare il salvabile in gran numero hanno ritenuto preferibile abbandonare la nave prima dell’affondamento.
La kermesse dei relatori mi è sembrata una puntata di avanspettacolo del tipo “La corrida”, famosa trasmissione televisiva per dilettanti allo sbaraglio. La successione degli interventi, inframmezzata da qualche recita dalla funzione fatica, partendo dalla vaga, inconcludente e ammiccante facondia dell’AD in una climax progressiva è via via culminata nella parossistica nullità finale del CIO, che cimentandosi con le poste di bilancio futuribili, teoricamente da lui stesso congegnate, ha rivelato incertezze sulla consistenza se non addirittura sulla loro conoscenza. Se non ho frainteso le sue parole mi sembra che abbia riferito di cambiamenti di slide a ridosso della riunione a seguito di rilievi avanzati.
Il vero crollo senza freni delle quotazioni delle azioni tim in effetti si è avuto da circa le ore 17 sino alla asta finale. In tale frangente gli investitori hanno valutato le balbettanti risposte a precise e puntuali domande: lì hanno capito. Per fortuna la buriana è durata solo mezz’ora! Con amministratori del genere non ci può essere futuro se dopo mesi di preparazione del business plan non sono in grado di indicare correttamente nemmeno le voci chiave che, anzi, sono state oggetto di richiamo da parte degli incalzanti analisti/interlocutori rivoltisi ai cosiddetti amministratori nella vana speranza di cavare un ragno dal buco. Sforzo inutile.
A mia memoria non è mai successo che un cda dovesse riconvocarsi a strettissimo giro di posta per integrare la confessata insufficienza comunicativa di un piano studiato, elaborato, predisposto e organizzato (si dice anche nei dettagli), durante un lungo periodo. In realtà in pochi giorni dovrebbero riscrivere o, meglio, far riscrivere il tutto da qualcuno capace e conoscitore del pezzo per rendere fattibile una credibile continuità aziendale pur cercando di mascherare in qualche modo l’incapacità (non certamente di farsi comprendere) degli attuali apprendisti stregoni. L’alternativa sarebbe di doverne certificare pubblicamente la miseria professionale con le conseguenze del caso.