The Active Vs. Passive Debate

Il dibattito sulla scelta fra ETF e fondi gestiti resta aperto. Negli USA sono molto più avanti negli argomenti usati, mentre da noi si è ancora fermi alla pubblicistica spiccia.

Quello che ci si chiede è se un qualsiasi gestore possa essere considerato abile, oppure no.

La gestione degli ETF ha come mission quella di replicare passivamente l'indice. Ci riesce? Al 99,5% si. Quindi la gestione degli ETF è affidabile.

La gestione dei fondi attivi ha lo scopo di sovraperformare gli indici di riferimento. Ma il confronto fra gestione attiva e andamento benchmark non è sufficiente a stabilire l'abilità dei gestori: per valutarne le indiscusse capacità è necessario eliminare il dubbio che le performance possano essere frutto del caso. Il confronto va fatto con il miglior X% dell'universo di tutti i possibili portafogli attivi basati sui componenti del benchmark.

Fare meglio del benchmark non è affatto sufficiente a dimostrare le abilità di un gestore. In presenza di trend evidenti, un risultato leggermente inferiore al benchmark potrebbe egualmente essere indice di abilità; mentre in anni senza evidenti trend, un risultato molto superiore al benchmark potrebbe essere frutto del caso.

Outperforming Buy And Hold Does Not Prove Skill | Seeking Alpha

Alpha On Steroids, AKA 'Microwave Alpha' | Seeking Alpha

Mi pare strana una tua affermazione.
In presenza di trend evidenti se mai è l' opposto di ciò che hai scritto.
Se bastava seguire alcuni trend evidenti di settori o titoli, i gestori capaci dovevano sfruttarli per ottenere risultati superiori al benchmark.

Se un gestore ottiene risultati superiori al benchmark utilizzando metodologie ed analisi, è fuori luogo cercare di sminuirlo confrontandolo con il migliore 10% dei portafogli possibili. Fare un confronto del genere significa essere spinti da bias ostile nei confronti della gestione attiva.

Certe metodologie non pretendono di individuare il miglior portafoglio possibile o un portafoglio che rientri nel 10% dei portafogli a più elevata performance conoscibili a posteriori.
Ma cercano di avere probabilità apprezzabili di ottenere performance superiori a quelle di certi benchmark.

Inoltre il confronto più sensato è quello con la performance di strumenti di investimenti reali e alternativi ai fondi a gestione attiva, ossia gli ETF, e non con portafogli teorici conoscibili a posteriori.

Inoltre ci sono presunti fondi a gestione attiva , che in realtà sono praticamente passivi, si differenziano molto poco dal benchmark e avendo magari spese correnti di 1,90% , ovviamente ottengono sistematicamente risultati inferiori a quelli del benchmark, che è un indice senza commissioni di gestione.
 
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Il dibattito sulla scelta fra ETF e fondi gestiti resta aperto. Negli USA sono molto più avanti negli argomenti usati, mentre da noi si è ancora fermi alla pubblicistica spiccia.

Quello che ci si chiede è se un qualsiasi gestore possa essere considerato abile, oppure no.

La gestione degli ETF ha come mission quella di replicare passivamente l'indice. Ci riesce? Al 99,5% si. Quindi la gestione degli ETF è affidabile.

La gestione dei fondi attivi ha lo scopo di sovraperformare gli indici di riferimento. Ma il confronto fra gestione attiva e andamento benchmark non è sufficiente a stabilire l'abilità dei gestori: per valutarne le indiscusse capacità è necessario eliminare il dubbio che le performance possano essere frutto del caso. Il confronto va fatto con il miglior X% dell'universo di tutti i possibili portafogli attivi basati sui componenti del benchmark.

Fare meglio del benchmark non è affatto sufficiente a dimostrare le abilità di un gestore. In presenza di trend evidenti, un risultato leggermente inferiore al benchmark potrebbe egualmente essere indice di abilità; mentre in anni senza evidenti trend, un risultato molto superiore al benchmark potrebbe essere frutto del caso.

Outperforming Buy And Hold Does Not Prove Skill | Seeking Alpha

Alpha On Steroids, AKA 'Microwave Alpha' | Seeking Alpha

Io continuo a non capire il senso di confrontare la gestione attiva con i benchmark (non acquistabili) invece che con la gestione passiva: per categoria, per classi magari, e soprattutto per nazione (classico esempio: fondi attivi acquistabili in Italia vs fondi passivi, generalmente ETF, acquistabili in Italia). E invece niente, sempre i soliti discorsi triti e ritriti (non i tuoi ovviamente, mi riferisco agli articoli). Alla fine a me non interessa tanto sapere che il gestore sia bravo o bravissimo: puo' essere anche bravino ma se mi fa guadagnare di piu' che investendo in un fondo passivo per me va bene lo stesso. E se pochi tra gli attivi riescono a farlo, sarebbe bene sapere anche questo, perche' darebbe un senso tutto nuovo all'investire scegliendo la gestione passiva.
 
Io continuo a non capire il senso di confrontare la gestione attiva con i benchmark (non acquistabili) invece che con la gestione passiva: per categoria, per classi magari, e soprattutto per nazione (classico esempio: fondi attivi acquistabili in Italia vs fondi passivi, generalmente ETF, acquistabili in Italia). E invece niente, sempre i soliti discorsi triti e ritriti (non i tuoi ovviamente, mi riferisco agli articoli). Alla fine a me non interessa tanto sapere che il gestore sia bravo o bravissimo: puo' essere anche bravino ma se mi fa guadagnare di piu' che investendo in un fondo passivo per me va bene lo stesso. E se pochi tra gli attivi riescono a farlo, sarebbe bene sapere anche questo, perche' darebbe un senso tutto nuovo all'investire scegliendo la gestione passiva.

Ci si potrebbe anche chiedere: 5 anni fa nella categoria X quale fondo a gestione attiva avrei scelto? Adesso che risultato noterei relativamente alla categoria?
5 anni fa sarebbe stato meglio investire nel miglior fondo su un qualche arco temporale? Si sarebbe ripetuto a quei livelli?
O meglio certe valutazioni vanno fatte sui Fund manager , che possono passare da una SGR ad un' altra, ogni tanto.
Oppure 5 anni fa sarebbe stato meglio investire in un fondo di recente creazione?
O era meglio investire in un fondo con certi Fund manager con ottima performance passata di medio/lungo termine , ma dopo un anno o qualche mese di performance inferiore alla media?
 
Io continuo a non capire il senso di confrontare la gestione attiva con i benchmark (non acquistabili) invece che con la gestione passiva: per categoria, per classi magari, e soprattutto per nazione (classico esempio: fondi attivi acquistabili in Italia vs fondi passivi, generalmente ETF, acquistabili in Italia). E invece niente, sempre i soliti discorsi triti e ritriti (non i tuoi ovviamente, mi riferisco agli articoli). Alla fine a me non interessa tanto sapere che il gestore sia bravo o bravissimo: puo' essere anche bravino ma se mi fa guadagnare di piu' che investendo in un fondo passivo per me va bene lo stesso. E se pochi tra gli attivi riescono a farlo, sarebbe bene sapere anche questo, perche' darebbe un senso tutto nuovo all'investire scegliendo la gestione passiva.

La scelta di fondi a gestione attiva, a parte i collocatori che li propongono perché ne ricavano commissioni, eventualmente può essere basata sull' ipotesi che ci siano team di gestione che si avvalgono di metodologie migliori o che capiscono prima di altri in cosa è meglio investire nell' ambito di alcune Asset Class e che ci siano anche gestori che si avvalgono di metodologie di gestione superate o più lenti nel capire le cose.
 
Avevano studiato la persistenza di stelle e giudizi morningstar ricavandone che scegliere un fondo tra i migliori attuali non da nessuna informazione su come si comporterà in futuro ed anzi mediamente i risultati random erano accompagnati da una lieve maggiore volatilità.

Però è vero che una % anche piccola di fondi attivi fa meglio del benchmark e degli etf...se ci vuoi provare devi rischiare, senza incaxxarti poi se hai scelto male tu o il consulente, perchè è casuale, oppure scegli di stare sulla strada sicura della stragrande maggioranza dei casi e ti pigli un etf.
 
Non è necessario appartenere al migliore 10% dei possibili gestori casuali.
Basta che con una metodologia o con intuizioni ripetute alcuni gestori riescano a selezionare portafogli in modo tale da ottenere su archi temporali ripetuti risultati superiori a quelli di indici di riferimento.

La valutazione che alcune metodologie di selezione titoli nell' arco di anni permettano di ottenere performance superiori a quelle di alcuni indici più ampi, è anche ciò su cui sono basati vari indici ed ETF smart o Factor.

Il singolo factor investing non è affatto detto che vada bene in qualsiasi condizione di mercato. Il risultato migliore dell'indice deve essere ripetuto per archi temporali lunghi.

La percentuale di fondi attivi azionari denominati in euro che ha avuto risultati migliori dell'indice nell'arco temporale 2006/2016 è quella indicata nei grafici SPIVA.

Mi pare strana una tua affermazione.
In presenza di trend evidenti se mai è l' opposto di ciò che hai scritto.
Se bastava seguire alcuni trend evidenti di settori o titoli, i gestori capaci dovevano sfruttarli per ottenere risultati superiori al benchmark.

Se si fa meglio del benchmark in periodi di trend vistosi, si è sicuramente bravi.

Se un gestore ottiene risultati superiori al benchmark utilizzando metodologie ed analisi, è fuori luogo cercare di sminuirlo confrontandolo con il migliore 10% dei portafogli possibili. Fare un confronto del genere significa essere spinti da bias ostile nei confronti della gestione attiva.

Se si ottengono risultati superiori al benchmark per lunghi archi temporali si è sicuramente bravi.
La cosa del 10% viene presa in considerazione per le singole annate.

Certe metodologie non pretendono di individuare il miglior portafoglio possibile o un portafoglio che rientri nel 10% dei portafogli a più elevata performance conoscibili a posteriori.
Ma cercano di avere probabilità apprezzabili di ottenere performance superiori a quelle di certi benchmark.

Se si ottengono risultati superiori al benchmark per lunghi archi temporali ci si può vantare di aver raggiunto i risultati promessi.
Se invece i risultati non sono costanti oppure se gli anni di attività sono pochi vale la statistica del 10%.

Inoltre il confronto più sensato è quello con la performance di strumenti di investimenti reali e alternativi ai fondi a gestione attiva, ossia gli ETF, e non con portafogli teorici conoscibili a posteriori.

Questo confronto va fatto su archi temporali molto lunghi.
Per periodi brevi vale il 10%
 
Io continuo a non capire il senso di confrontare la gestione attiva con i benchmark (non acquistabili) invece che con la gestione passiva
[...]
Alla fine a me non interessa tanto sapere che il gestore sia bravo o bravissimo: puo' essere anche bravino ma se mi fa guadagnare di piu' che investendo in un fondo passivo per me va bene lo stesso.

Il confronto fra attivo e passivo va fatto per archi temporali molto lunghi.

Per essere ragionevolmente certi che un gestore attivo sia in grado in futuro di far guadagnare di più di una gestione passiva bisogna avere almeno un decennio di risultati molto confortanti.

Se un gestore attivo fa occasionalmente meglio di un fondo passivo non c'è alcuna garanzia che sia in grado di mantenere le promesse.
 
Osservare le performance a un anno dei fondi a gestione attiva è inutile per scegliere i fondi in cui investire. La performance a un anno può essere casuale e irripetibile, ovviamente dice poco o niente sulle capacità di un gestore ( a meno che si tratti di un fondo absolute return prudente con orizzonte temporale consigliato di un anno).
Avevo letto un articolo che diceva che i fondi con elevata performance a un anno avevano probabilità elevate di sovraperformare anche in un breve periodo successivo ( non ricordo se un mese o 3 ) ma era un indicatore inutile per il medio termine.
Un gestore che ha ottenuto una performance scadente per anni scegliendo azioni con risultati deludenti , può sovraperformare in un anno grazie a un recupero temporaneo di azioni che avevano sottoperformato per anni fino al punto di diventare temporaneamente convenienti rispetto alla media del mercato. Ma il gestore resterebbe incapace di scegliere azioni in grado di sovraperformare nel lungo termine.
 
I fondi di Piazza Affari sono tra i più capaci di battere l’indice. Ma hanno il tasso di sopravvivenza più basso.

In altre parole, nella stragrande maggioranza dei casi, puntare sui benchmark (in euro) a reso di più che scommettere sulla capacità di gestione del money dei manager. Mentre questi ultimi la spuntano nel breve periodo. A dirlo è il rapporto Spiva Europe Scorecrd. Ogni sei mesi infatti S&P Dow Jones Indices pubblica l’S&P Indices Active (SPIVA) Europe Scorecard che punta a mettere in comparazione le performance dei fondi nazinari ( sul mercato europeo) gestiti attivamente nelle varie categorie regionali e settoriali e a partire dallo scorso anno sono stati inclusi nuovi paesi tra cui l’ Italia, i Paesi Bassi, la Polonia, la Spagna, la Svizzera e le regioni del nord, soprattutto Danimarca e Svezia.

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Non potendo scaricare l’articolo di Francesca Vercesi di sabato 14/05/16 M.F. spero che riuscite a leggerlo
 
Investors Are Using The Wrong Benchmark

Top Performing Fund Manager For Last 4 Years: Investors Are Using The Wrong Benchmark - Nicholas Fund No Load (MUTF:NICSX) | Seeking Alpha


Le deviazioni dei gestori dal benchmark dichiarato possono far sembrare positive le performance di un fondo, ma rendono pressoché impossibile distinguere la bravura dalla fortuna.

Confrontare gli investimenti con l'indice S&P è una pratica comune, ma può essere fuorviante: confrontare con l'indice S&P un portafoglio composto da azioni non appartenenti all'indice S&P è definito come improper benchmarking.

Usando per il confronto il corretto segmento di capitalizzazione e lo specifico stile azionario che ha orientato le gestioni, performance apparentemente positive si rivelano molto poco significative.

Le prove che la stragrande maggioranza delle gestioni attive sottoperforma il corretto benchmark sono così schiaccianti che è sempre bene usare un'elevata dose di scetticismo quando si sente parlare di gestioni sfavillanti.


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Beh insomma.
Nei diversi report finanziari di diverso genere le decisioni dei retail sono sempre viste come quelle sbagliate:D
E nel caso dei fondi a gestione attiva, nella maggior parte dei casi i risparmiatori li sottoscrivono perché c'è chi ( impiegati di banca, promotori fin./ consulenti non autonomi legati a banche o SIM) li convince a sottoscriverli per il tornaconto dei collocatori.
 
1 giugno 2015 - Redazione WallStreetItalia

NEW YORK (WSI) – Meglio investire in ETF o fondi comuni? Il dibattito tra gli esperti su questo terreno è diventato sempre più acceso. Secondo David Fabian, Managing Partner di FMD Capital Management “il basso costo, la trasparenza, la liquidità, l’efficienza fiscale, e il carattere innovativo rende gli Etf una scelta migliore rispetto ai fondi comuni. Che, al contrario, hanno visto la loro popolarità offuscata da tasse elevate, mancanza di trasparenza, inefficienza fiscale e prestazioni complessive poco brillanti” scrive il gestore in un’articolo pubblicato su SeekingAlpha.

“In linea generale, sono fermamente convinto che il basso costo, la trasparenza, la liquidità, l’efficienza fiscale e il carattere innovativo degli ETF renda questi ultimi prodotti di gran lunga superiore alla maggior parte dei fondi comuni di investimento . La mia prima preferenza quando si costruisce fuori portafogli dei clienti è quello di trovare un ETF adatto per una determinata classe di attività”.

Ci sono tuttavia sempre eccezioni alla regola. “Il motivo principale, il solo, per il quale si dovrebbe preferire un fondo comune a un ETF è l’implementazione di una strategia unica e le performance storicamente superiori”.

Invece di cercare di battere l’S & P 500 con un fondo comune, Fabian consiglia di puntare su SPDR S&P 500 Trust ETF (ticker SPY) o the Vanguard Total Stock Market ETF (tickee VTI).

Nel reddito fisso, “ci sono alcune scelte molto solide per gli investitori che vogliono contrastare la volatilità o cercare rendimenti superiori rispetto al benchmark”. Tra questi, vengono citati il fondo obbligazionario Doubleline Total Return Bond, il Fondo PIMCO Income e il Loomis Sayles Bond Fund. Si tratta di tre fondi obbligazionari a gestione attiva con perfomance superiori rispetto all’indice iShares Core Total U.S. Bond Market ETF (vedi grafico).

“Tutti questi fondi comuni hanno spese sono nettamente superiori a un ETF. Tuttavia, hanno dimostrato di essere di gran lunga superiore nelle loro rendimento complessivo grazie all’abilità dei loro manager nella gestione del rischio” conclude Fabian. (mt)

Fonte: Seeking Alpha

L'unica ragione per cui preferire un fondo comune a un Etf | Wall Street Italia


The Only Reason To Buy A Mutual Fund | Seeking Alpha


Per quanto riguarda l' efficienza fiscale deve trattarsi di qualcosa di specifico degli USA. In Italia gli ETF non sono più efficienti fiscalmente dei fondi comuni, almeno se non si pagano commissioni d' ingresso sui fondi. Anzi un fondo bilanciato/multi-asset è più efficiente fiscalmente in confronto ad un portafoglio di ETF , che cercano di replicare indici rappresentativi di diverse asset Class, in cui alcune posizioni siano in guadagno ed altre in perdita.
 
Ultima modifica:
ETF News 210: il futuro è smart (Beta)
Pubblicato su 17 maggio 2016
...

La tendenza dominante sull’industria degli ETF è la rapida avanzata degli strumenti smart beta che nel prossimo decennio, secondo BlackRock, cresceranno a velocità doppia rispetto ai tradizionali ETF. BlackRock ha calcolato che già nel 2020 le masse gestite dagli ETF smart beta raggiungeranno il traguardo dei 1.000 miliardi di dollari. Interesse sempre elevato anche sugli ETF short e levaraged che hanno toccato masse record sotto la spinta degli afflussi sui replicanti al ribassi legati ad azionario, Bund e anche petrolio.
...


http://www.etfnews.it/2016/05/17/etf-news-210-il-futuro-e-smart-beta/



http://www.repubblica.it/economia/a..._record_il_futuro_degli_smart_beta-134029427/

Mariano Mangia
22 Febbraio 2016
Milano. Piacciono gli Etf: il segmento Etf Plus di Borsa Italiana ha segnato nel 2015 il nuovo massimo storico dei controvalori scambiati, 104 miliardi, il 41,5% in più rispetto al 2014, mentre i flussi netti complessivi delle tre tipologie — fondi passivi quotati, strumenti quotati che replicano l’andamento di materie prime e strumenti quotati che replicano l’andamento di indici — hanno raggiunto i 10,4 miliardi, con un incremento del 23%. Numeri in crescita, ma ancora ben lontani dai quasi 95 miliardi di raccolta netta dei fondi comuni e dai risultati ottenuti negli Usa, dove Etf e, più in generale, i fondi a gestione passiva, crescono proprio a scapito dei fondi tradizionali, in rosso per oltre 200 miliardi di dollari a fronte di flussi netti per i fondi passivi stimati da Morningstar in 413 miliardi.
Il punto è che oltreoceano gli Etf sono entrati massicciamente nei portafogli dei risparmiatori al dettaglio, si stima che detengano il 45% del patrimonio complessivo, mentre in Europa a utilizzare gli Etf sono quasi prevalentemente gli investitori istituzionali, la clientela al dettaglio pesa solo per il 15-20%.

Proprio il segmento degli investitori privati è stato indicato, in un sondaggio condotto dalla società di consulenza EY, come il “motore” della crescita degli Etf nel lungo periodo, ma le previsioni di breve termine sono meno incoraggianti, l’opinione prevalente degli intervistati è che all’industria europea occorrerà un decennio per raggiungere gli Usa.
Nel nostro paese il quadro è ancor più variegato. Dal lato della domanda, in un mercato del risparmio gestito di tipo prevalentemente “push”, non è il cliente finale a richiedere uno specifico prodotto, ma il collocatore che lo “spinge”, c’è da considerare anche che l’investimento in Etf presuppone una capacità di costruire e gestire un portafoglio di investimento che è appannaggio di pochi risparmiatori, mentre per importi meno elevati appaiono più appetibili “prodotti a soluzione unica”, come i fondi flessibili e, soprattutto, i fondi a cedola con scadenza, quanto di più vicino all’esperienza di acquisto di un titolo di Stato, ma anche quanto di meno replicabile da un “clone” passivo. In termini di offerta, il canale distributivo prevalente, sportelli bancari e reti di promozione finanziaria, viene remunerato attraverso la retrocessione di commissioni e uno dei punti di forza degli Etf è proprio il fatto di avere costi ridotti. Tutto ciò non vuol dire, tuttavia, che gli Etf non siano presenti nei portafogli della clientela privata: gestori e reti di vendita sono, infatti, tra i principali investitori istituzionali in Italia. Gli Etf sono “impacchettati” in altri prodotti: inizialmente erano solo gestioni patrimoniali in fondi, la normativa vieta la retrocessione delle commissioni dei fondi sottostanti in questa attività, nell’ultimo anno si sono aggiunti certificate e polizze assicurative unit-linked, tutti prodotti che consentono al collocatore/ consulente di gestire l’allocazione di portafoglio e allo stesso tempo di incassare un flusso di commissioni che remuneri questa attività.

Quali potranno essere gli sviluppi degli Etf, al di là della tipologia di clientela cui proporli? Eric Balchunas, analista di Etf a Bloomberg, vede due correnti di evoluzione del prodotto, la “guerra delle commissioni” e la “corsa verso la robotizzazione della gestione attiva”. Come prodotto “low cost”, dai costi ridotti, l’Etf viene utilizzato sempre più spesso da fondi pensione e casse di previdenza anche nel nostro paese; una spinta a inserire una maggiore quota di Etf nelle gestioni di portafoglio o negli altri prodotti destinati alla clientela privata potrà venire dalla direttiva MiFID II che regolamenta in maniera più puntuale l’attività di consulenza e la trasparenza sui costi a carico del cliente. La seconda tendenza vede gli Etf affrontare i fondi tradizionali proprio sul terreno della capacità di “battere” il mercato. È quanto si propongono di fare gli Etf che adottano strategie “smart beta”, l’esposizione “intelligente” al rischio sistematico di mercato: non c’è la selezione soggettiva e dinamica dei singoli titoli o dei settori dei fondi a gestione attiva, ma l’applicazione “meccanica” di criteri di ponderazione basati su fattori come i fondamentali di bilancio, i dividendi e, tema di particolare interesse per questo 2016, la volatilità. ...


http://www.repubblica.it/economia/a..._record_il_futuro_degli_smart_beta-134029427/
 
1 giugno 2015 - Redazione WallStreetItalia

NEW YORK (WSI) – Meglio investire in ETF o fondi comuni? Il dibattito tra gli esperti su questo terreno è diventato sempre più acceso. Secondo David Fabian, Managing Partner di FMD Capital Management “il basso costo, la trasparenza, la liquidità, l’efficienza fiscale, e il carattere innovativo rende gli Etf una scelta migliore rispetto ai fondi comuni. Che, al contrario, hanno visto la loro popolarità offuscata da tasse elevate, mancanza di trasparenza, inefficienza fiscale e prestazioni complessive poco brillanti” scrive il gestore in un’articolo pubblicato su SeekingAlpha.

“In linea generale, sono fermamente convinto che il basso costo, la trasparenza, la liquidità, l’efficienza fiscale e il carattere innovativo degli ETF renda questi ultimi prodotti di gran lunga superiore alla maggior parte dei fondi comuni di investimento . La mia prima preferenza quando si costruisce fuori portafogli dei clienti è quello di trovare un ETF adatto per una determinata classe di attività”.

Ci sono tuttavia sempre eccezioni alla regola. “Il motivo principale, il solo, per il quale si dovrebbe preferire un fondo comune a un ETF è l’implementazione di una strategia unica e le performance storicamente superiori”.

Invece di cercare di battere l’S & P 500 con un fondo comune, Fabian consiglia di puntare su SPDR S&P 500 Trust ETF (ticker SPY) o the Vanguard Total Stock Market ETF (tickee VTI).

Nel reddito fisso, “ci sono alcune scelte molto solide per gli investitori che vogliono contrastare la volatilità o cercare rendimenti superiori rispetto al benchmark”. Tra questi, vengono citati il fondo obbligazionario Doubleline Total Return Bond, il Fondo PIMCO Income e il Loomis Sayles Bond Fund. Si tratta di tre fondi obbligazionari a gestione attiva con perfomance superiori rispetto all’indice iShares Core Total U.S. Bond Market ETF (vedi grafico).

“Tutti questi fondi comuni hanno spese sono nettamente superiori a un ETF. Tuttavia, hanno dimostrato di essere di gran lunga superiore nelle loro rendimento complessivo grazie all’abilità dei loro manager nella gestione del rischio” conclude Fabian. (mt)

Fonte: Seeking Alpha

L'unica ragione per cui preferire un fondo comune a un Etf | Wall Street Italia


The Only Reason To Buy A Mutual Fund | Seeking Alpha


Per quanto riguarda l' efficienza fiscale deve trattarsi di qualcosa di specifico degli USA. In Italia gli ETF non sono più efficienti fiscalmente dei fondi comuni, almeno se non si pagano commissioni d' ingresso sui fondi. Anzi un fondo bilanciato/multi-asset è più efficiente fiscalmente in confronto ad un portafoglio di ETF , che cercano di replicare indici rappresentativi di diverse asset Class, in cui alcune posizioni siano in guadagno ed altre in perdita.

Mi sta simpatico sto Fabian.

Di mio..ricordo che c'è anche il MDY...vero massacratore di gurus (vittima eccellente Buffet..che dal MDY viene, da anni, strapazzato...)

Saluti, grazie.
 
Mi sta simpatico sto Fabian.

Di mio..ricordo che c'è anche il MDY...vero massacratore di gurus (vittima eccellente Buffet..che dal MDY viene, da anni, strapazzato...)

Saluti, grazie.

Non è un confronto appropriato.
Buffett non gestisce un fondo Mid Cap, ma ha investito soprattutto in large e mega cap.
Un confronto sensato può essere fatto con un ETF US Total market.
 
E nel caso dei fondi a gestione attiva, nella maggior parte dei casi i risparmiatori li sottoscrivono perché c'è chi ( impiegati di banca, promotori fin./ consulenti non autonomi legati a banche o SIM) li convince a sottoscriverli per il tornaconto dei collocatori.
Questo 20 anni fa, oggi chiunque dispone di una connessione internet sa dell'esistenza degli ETF, bisogna svincolarsi dall'immagine del lupo cattivo che suggerisce fondi o si rischia di perdere coerenza e credibilità.
 
Questo 20 anni fa, oggi chiunque dispone di una connessione internet sa dell'esistenza degli ETF, bisogna svincolarsi dall'immagine del lupo cattivo che suggerisce fondi o si rischia di perdere coerenza e credibilità.

La realtà è quella che ho descritto io in breve e anche l' articolo di #35 " Nel nostro paese il quadro è ancor più variegato. Dal lato della domanda, in un mercato del risparmio gestito di tipo prevalentemente “push”, non è il cliente finale a richiedere uno specifico prodotto, ma il collocatore che lo “spinge” ... "

E i collocatori spingono prodotti con cui guadagnano, fondi, polizze, fondi con scadenza etc. non ETF con cui guadagnano molto poco o niente.

Vai a chiedere agli head of sales dei fondi collocati in Italia da dove arriva il grosso della raccolta dei fondi della loro società, certo non da risparmiatori che scelgono personalmente in cosa investire, ma dai soldi di gente che ha soldi ma non si intende di finanza e sottoscrive quello che gli consigliano bancari, private bankers, promotori/consulenti legati, per i quali infatti vengono organizzati i road show.
 
Diciamola tutta: in Italia o si e' fai da te, ed allora giustamente uno puo' prendersi l'ETF perche' sa cos'e' e cosa farci (almeno in teoria), oppure non si e' fai da te. Se non si e' fai da te o si va in banca (e si sa che la banca fa i suoi interessi e di certo non regala consigli disinteressati) o ci si fa assistere da un promotore finanziario che consigliera' in linea di massima fondi attivi piu' costosi degli ETF (altrimenti lavorerebbe gratis) o si va da un consulente indipendente (o come si chiamano ora) che in linea di massima consigliera'ETF ma fatturera' il cliente pronti via o con una % annuale probabilmente uguale o magari piu' alta dello spread commissionale fondi attivi/ETF (salvo eccezioni naturalmente).

Insomma, o uno fa da se' o i consigli di un esperto vanno pagati (direi giustamente e direi indipendentemente dalla maggiore o minore efficienza dei prodotti consigliati e indipendentemente dalla capacita' dell'esperto).
 
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