The Active Vs. Passive Debate

Why VBINX Is The Wrong Benchmark

Why VBINX Is The Wrong Benchmark | Seeking Alpha

Per giudicare un gestore o una strategia è estremamente importante identificare un benchark appropriato. Uno degli errori più comuni commessi dall'industria degli investimenti è quello di usare benchmark vaghi. Per dei professionisti esperti ma in malafede è facile manipolare i dati per far credere quello che si vuole.

Per essere specifici, i benchmark devono essere:

- passivi
- acquistabili
- espressione delle scelte di investimento fatte dai gestori.

Il benchmark corretto per le gestioni attive è quello per cui opterebbero i gestori se fossero per forza costretti ad investire tutti i propri asset in un singolo portafoglio passivo.
 
innanzitutto vi ringrazio perchè era un po' che non leggevo un post così interessante su questo forum!

non essendo tecnico e ben informato come voi, volevo solo fare una considerazione di pancia... basata sui soldi che ho investito:
ho quasi due parti uguali divise tra 2 Fondi (scelti da me su fineco) e Moneyfarm

va bene che avrò, per fortuna, azzeccato il fondo giusto (Nordea Stable return fund)... ma in generale si è parlato poco di queste due cose che riguardano i fondi ed il loro possibile utilizzo, una positiva e l'altra negativa:

negativa: COSTI.... i costi dei fondi sono troppo elevati.. Notare che M&G ha abbassato le commissioni, per ora solo in UK... ma questo è l'unico trend da seguire per i fondi ed soprattutto per i loro collocatori

positiva: mi rendo conto che nelle fasi negative i FONDI battono gli ETF... non è cosa da poco

Quindi per me che ho un profilo di rischio equilibrato e preferisco rischiare poco, avere dei fondi che nelle fasi di turbolenza hanno una deviazione meno elevata, è essenziale;)

Quindi viva i portafogli MISTI :D

È un' affermazione troppo generale quella su "i FONDI".

I fondi non sono tutti come Nordea-1 Stable Return Fund BP EUR, che ha beta inferiore al benchmark della categoria in cui lo mette Morningstar

Nordea-1 Stable Return Fund BP EUR|LU0227384020

Rating e Rischio |Indicatori MPT |Nordea-1 Stable Return Fund BP EUR|ISIN:LU0227384020


Ci sono anche fondi che in alcuni anni positivi per i mercati salgono di più di indici di riferimento e in qualche anno negativo perdono di più di un indice di riferimento

Performance del Fondo |Rendimenti Annuali, Cumulati e Trimestrali |Morgan Stanley Investment Funds Global Opportunity Fund A (EUR)|ISIN:LU0552385295

Rating e Rischio |Indicatori MPT |Morgan Stanley Investment Funds Global Opportunity Fund A (EUR)|ISIN:LU0552385295
 
Passive Vs. Active: Smart Beta Blend Intensifies Investing Debate

http://seekingalpha.com/article/334...smart-beta-blend-intensifies-investing-debate

La disputa fra gestione passiva ed attiva degli investimenti ha più di 30 anni di storia, arrivata al grande pubblico con il libro A Random Walk Down Wall Street. L'avvento degli ETF smart beta, che usano strategie automatiche a metà fra gestione attiva e passiva, apre un nuovo capitolo in questa disputa; che si avvicina di più alle possibili scelte di asset allocation, strategiche o tattiche.

L'indicizzazione standard, non smart, sovrappesa le componenti più grandi dell'indice, che contribuiscono in modo sproporzionato ai rendimenti dell'indice. Gli smart beta propongono una sfida per la costruzione di nuovi benchmark, per cercare di assumere un ruolo permanente nella costruzione di strategie passive mescolate ad elementi di strategie attive.

Fra i detrattori degli smart beta c'è anche John Bogle, il leggendario pioniere dell'index investing.
 
Ultima modifica:
It's Better With Beta

http://seekingalpha.com/article/3442906-better-beta

Il Modello Trifattoriale Fama-French permette di spiegare i rendimenti della stragrande maggioranza dei portafogli azionari con l'esposizione al rischio di mercato (beta), alla capitalizzazione (small cap) e alla sottovalutazione (value); ridimensionando la presunta genialità dei gestori. In seguito si sono aggiunti anche il momentum, la profittabilità (growth) e l'investment factor. Molti altri fattori sono stati pubblicati, ma hanno un peso esplicativo minore e possono essere espressi in termini di altri fattori.

L'idea che gestori esperti possano fare a lungo meglio del mercato è ormai scomparsa: il presunto alpha è stato spiegato come beta. Alpha è il rendimento aggiuntivo al mercato dovuto alla bravura dei gestori, mentre beta è il rendimento aggiuntivo al mercato dovuto a chi accetta un rischio maggiore.

Il presunto alpha è in realtà beta perché il rendimento atteso può aumentare cambiando l'esposizione ai vari fattori. I fattori sono caratteristiche azionarie che ne specificano il rendimento atteso e i rischi. Prediligere un fattore significa identificare quali caratteristiche potranno avere maggiori rendimenti in futuro, anche se associato a maggior rischio.
 
http://seekingalpha.com/article/3442906-better-beta

Il Modello Trifattoriale Fama-French permette di spiegare i rendimenti della stragrande maggioranza dei portafogli azionari con l'esposizione al rischio di mercato (beta), alla capitalizzazione (small cap) e alla sottovalutazione (value); ridimensionando la presunta genialità dei gestori. In seguito si sono aggiunti anche il momentum, la profittabilità (growth) e l'investment factor. Molti altri fattori sono stati pubblicati, ma hanno un peso esplicativo minore e possono essere espressi in termini di altri fattori.

L'idea che gestori esperti possano fare a lungo meglio del mercato è ormai scomparsa: il presunto alpha è stato spiegato come beta. Alpha è il rendimento aggiuntivo al mercato dovuto alla bravura dei gestori, mentre beta è il rendimento aggiuntivo al mercato dovuto a chi accetta un rischio maggiore.

Il presunto alpha è in realtà beta perché il rendimento atteso può aumentare cambiando l'esposizione ai vari fattori. I fattori sono caratteristiche azionarie che ne specificano il rendimento atteso e i rischi. Prediligere un fattore significa identificare quali caratteristiche potranno avere maggiori rendimenti in futuro, anche se associato a maggior rischio.
Per le obbligazioni è il contrario, i disallineamenti sono evidenti, chi non se n'è mai accorto non ha mai visto con attenzione i book.
 
Why Comparing Returns Is A Bad Way To Choose An Investment Manager

Why Comparing Returns Is A Bad Way To Choose An Investment Manager | Seeking Alpha

Il più grande inganno proposto dal mercato è quello di convincere gli investitori che i rendimenti passati siano predittivi dei rendimenti futuri. Ma non lo sono.

Gli investitori danno spesso grande importanza alle performance di breve termine, scegliendo i fondi con i rendimenti recenti più alti. Questi, però, non solo non forniscono informazioni sui rendimenti futuri, ma anzi aumentano le probabilità di prendere cattive decisioni, che produrranno performance future inferiori.

La strategia di inseguimento delle performance, che sceglie i migliori fondi del passato, non fa altro che ridurre i rendimenti. Una pubblicazione della Vanguard mostra i rendimenti conseguiti investendo nel miglior fondo di ogni asset class, confrontati con una strategia di buy&hold.

https://pressroom.vanguard.com/cont...act_of_chasing_fund_performance_July_2014.pdf

saupload_performance-chasing-penalty-03_thumb1.png
 
Ultima modifica:
Learn To Love Indexing In Today's Bond Market

http://seekingalpha.com/article/4006287-learn-love-indexing-todays-bond-market

Anche gli investimenti obbligazionari passivi sono un'opzione praticabile come per quelli azionari, sebbene la loro superiorità non sia egualmente schiacciante.

Il barometro Active/Passive di Morningstar confronta le performance delle gestioni attive con quelle passive due volte l'anno. Nell'ultimo decennio solo il 39,7% delle gestioni obbligazionarie attive ha fatto meglio delle gestioni passive.

Anche per le gestioni che battono il benchmark, la Persistence Scorecard di Vanguard rivela che le migliori gestioni obbligazionarie non hanno maggiori probabilità di restare tali rispetto ad una scelta fatta a caso. Su un orizzonte quinquennale, i risultati mostrano una perdita di persistenza delle gestioni migliori in quasi tutte le categorie obbligazionarie.

La maggior parte delle gestioni attive non solo fa peggio del proprio benchmark, ma anche delle corrispondenti gestioni passive. E le gestioni attive che fanno meglio non riescono comunque a ripetersi per periodi prolungati.
 
Ma sto monopompaggio infinito del sito seekingalpha e degli ETF ha un senso? Quale?
 
poi se guardiamo le cose in faccia dobbiamo anche dire che gli smart beta sono per lo più illiquidi e con Asset Under management (AUM) ridicolo. Mi risulta difficile pensare di comprarli per tenerli a lungo.
 
Ma sto monopompaggio infinito del sito seekingalpha e degli ETF ha un senso?

Cosa ti infastidisce? Forse che gli articoli sono scritti in inglese e che non sei in grado di leggerli?

Sui forum non si può parlare solo di scoregge, ogni tanto ci vuole pure qualche contributo interessante. Il titolo della discussione è "debate" che vuol dire dibattito, se vuoi puoi inserire anche tu qualcosa di interessante.

La maggior parte delle fonti è in inglese, ma se trovassi qualcosa in italiano sarebbe ottimo. Ad esempio qualcosa pubblicato su Plus24 del Sole24Ore, come ha già fatto Plum: The Active Vs. Passive Debate
O Piccola_Tam: The Active Vs. Passive Debate
O il Sig.Ernesto: Caro Lettore,
 
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:D
Breaking News 24
NOTIZIARIO DEL GIORNO

Fondi: raccolta netta agosto +6,2mld, patrimonio record a 1.910 mld (RCOP)
(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) - Milano, 23 set - Agosto riscalda l'industria del risparmio gestito, dopo un luglio men che tiepido e un giugno gelido. In base alla mappa mensile di Assogestioni, la raccolta netta del settore il mese scorso ha totalizzato 6,2 miliardi di euro, quasi il doppio dei 3,2 miliardi di luglio e contro i -5,5 miliardi di giugno. Il totale da inizio anno sale a 37,9 miliardi e il patrimonio gestito varca la soglia dei 1.900 miliardi, segnando il nuovo record di 1.910 miliardi contro i 1.896 di luglio. In agosto le gestioni collettive hanno registrato flussi netti positivi per 3,8 miliardi (da 2,6 miliardi a luglio), a un totale nei primi otto mesi dell'anno di 18,8 miliardi. Le gestioni di portafoglio hanno incamerato +2,42 miliardi (623 milioni dal retail e 1,8 miliardi dagli istituzionali) da +649 milioni a luglio, totalizzando +19 miliardi da gennaio. I fondi aperti guidano la raccolta con + 3,7 miliardi (da +2,5 mld), sulla spinta degli obbligazionari (+2,4 miliardi dopo +1,4 mld a luglio) e dei flessibili (+1,4 miliardi dopo +1,2 mld). Tengono i bilanciati (+360 milioni dopo +144 mln), mentre scivolano in rosso i flussi netti sugli azionari (-76 milioni dopo +489 milioni). Ancora di segno negativo la raccolta netta per i fondi monetari che chiudono agosto a -417 milioni dopo -720 milioni a luglio.
 
:D con simpatia

La torta c’è, ed è grande: «23 miliardi di euro circa di costi di distribuzione che possono essere aggrediti da operatori più smart. Il rischio è che arrivi qualche operatore dall’estero, estraneo all’attuale modello di business, e si getti sulla torta», conclude Zenti. Qualcosa si sta già muovendo, anche se lentamente. (riproduzione riservata)

Fonte: Milano Finanza


Costi nel mirino

17 settembre 20161111

di Francesca Vercesi

Una famiglia su due partecipa ai mercati finanziari. E i fattori principali che influiscono sulla decisione di investire sono la disponibilità di prodotti a capitale protetto o a rendimento minimo garantito (72% degli investitori), la fiducia nell’intermediario finanziario (come riferito dal 53%) e i costi bassi (poco più del 40%).
E’ quanto emerge dal Rapporto della Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane per il 2016 presentato nei giorni scorsi a Roma e basato su indagini campionarie di Gfk Eurisko. La sensibilità al tema dei costi è dunque alta tra i risparmiatori italiani. Una conferma arriva anche dall’Indagine 2016 sul risparmio di Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi: dallo studio risulta che tra le motivazioni che spingono molti investitori a preferire la liquidità in questa fase c’è proprio l’assenza di commissioni elevate.
D’altra parte una fetta della ricchezza degli italiani pari a circa 23 miliardi di euro l’anno va a remunerare chi consiglia e vende prodotti d’investimento, tra reti bancarie, consulenti e strutture commerciali, soggetti che percepiscono circa due terzi delle commissioni pagate dai clienti. Questa è la stima fatta da AdviseOnly dell’ammontare complessivo delle commissioni retrocesse ai venditori. Il punto è che ora, difficile com’è fare performance superiori al mercato, vengono al pettine i nodi di un fenomeno da sempre presente in Italia. Spiega Raffaele Zenti, partner fondatore di AdviseOnly: «Le sgr che dipendono per il collocamento dalle reti bancarie e di promotori devono mantenere commissioni alte, altrimenti non ci sono margini sufficienti a remunerare i collocatori con le retrocessioni». L’esperto si è occupato di calcolare il monte retrocessioni, appunto 23 miliardi, nell’ambito di fondi comuni, gestioni patrimoniali, prodotti assicurativi come unit-linked e gestioni separate, fondi pensione e altri prodotti previdenziali. Ma con rendimenti lordi attesi scesi dal 3,9% del 2013 al 2,3% di oggi (come ha calcolato Equita a giugno), gli asset manager dovranno affrontare un calo graduale e fisiologico delle commissioni.

Precisa ancora Zenti: «il trend va verso una diminuzione dell’asimmetria informativa e una diminuzione dei livelli commissionali. Complici: la maggior trasparenza imposta da Mifid II su che cosa è commissione di gestione e che cosa è consulenza, la crescita del mercato degli Etf, un miglioramento della consapevolezza dei risparmiatori, la comparsa dei roboadvisor, l’avvento del block-chain, il rinnovo generazionale dei risparmiatori. Tutto spinge in quella direzione». Intanto, ribadisce Morningstar, all’interno dell’edizione 2016 del report «European Fund Expenses are Decreasing in Percentage», i fondi domiciliati in Belgio e in Italia risultano i più cari d’Europa con spese correnti ponderate, rispettivamente, dell’1,47% e dell’1,42%. Poi vengono Germania (1,25%) e Spagna (1,21%). Anche nell’analisi precedente, pubblicata nel 2013, questi mercati erano i più cari d’Europa, ma rispetto a tre anni fa l’Italia ha registrato un aumento dei costi (1,33% nel 2013).
Al contrario per il Belgio c’è stata una diminuzione (1,53% nel 2013), seguendo una tendenza discendente comune in quasi tutta Europa, tranne appunto l’Italia, la Danimarca, la Germania e la Spagna. Quest’ultimo Paese ha sperimentato il maggior incremento (+17 punti base all’1,21%), seguita dall’Italia (+ 9 punti base dall’1,33% all’1,42%). Mentre, e gli asset manager lo sanno bene, i costi ponderati per il patrimonio in Irlanda e Svizzera (domicili prevalentemente istituzionali e high net worth) sono i più competitivi in termini di costi rispetto alla media europea (0,62% contro l’1%). Nel suo report Morningstar fa un’analisi dettagliata dei costi di circa 54 mila classi disponibili alla vendita in Europa.
Emerge che nel continente le spese correnti ponderate per il patrimonio sono calate in media all’1% nel 2016, contro l’1,09% del 2013. Peccato che, in termini assoluti, gli investitori paghino di più rispetto al 2013, in quanto il patrimonio gestito è aumentato più di quanto siano diminuite le commissioni. Tiene a sottolineare Nikolaj Holdt Mikkelsen, capo-analista di Morningstar in Danimarca e autore della ricerca: «Per gli investitori è una buona notizia che i costi dei fondi in Europa stiano diminuendo ma bisogna prestare molta attenzione nella scelta di un fondo per concludere un buon affare. La maggiore penetrazione delle nuove clean share class ha portato a una diminuzione dei costi dei fondi in alcuni mercati, ma altrove gli investitori stanno invece pagando in media di più rispetto al 2013, quando Morningstar condusse uno studio simile. Il report 2016 mostra come i fondi costosi tendono a rimanere tali nel tempo, così come quelli economici difficilmente diventano più cari. Questo significa che le attuali commissioni sono un forte indicatore predittivo del livello dei costi futuro».
Afferma l’esperto di AdviseOnly: «occorrerebbe aumentare la produttività e affiancare la componente umana a un utilizzo intelligente della tecnologia. Questo permetterebbe di ampliare anche la base clienti, colmando l’advisory gap, ossia andando a servire quella vasta porzione di risparmiatori che hanno bisogno di consulenza finanziaria ma non sono abbastanza redditizi con il modello di business attualmente prevalente». La torta c’è, ed è grande: «23 miliardi di euro circa di costi di distribuzione che possono essere aggrediti da operatori più smart. Il rischio è che arrivi qualche operatore dall’estero, estraneo all’attuale modello di business, e si getti sulla torta», conclude Zenti. Qualcosa si sta già muovendo, anche se lentamente. (riproduzione riservata)
Fonte:

TAGSmilano finanza
 
poi se guardiamo le cose in faccia dobbiamo anche dire che gli smart beta sono per lo più illiquidi e con Asset Under management (AUM) ridicolo. Mi risulta difficile pensare di comprarli per tenerli a lungo.

IMHO è l'esatto contrario.
Finché gli smart beta hanno un AUM ridicolo sono da comprare alla grande.
È quando tra anni tutti vi si avventeranno sopra come le mosche per le performance passate migliori che sarà bene stare attenti.

Più l'AUM degli smart beta sale e più pompano i prezzi delle sottostanti azioni che da gemme sottovalutate rischiano di diventare sopravalutate rispetto al mercato facendo perdere allo smart beta le sue capacità di sovraperformance.
 
Bond Funds, More Than Equity Funds, Beat The Market

Bond Funds, More Than Equity Funds, Beat The Market | Seeking Alpha

Nell'ultimo anno solo il 9,8% fondi azionari ha fatto meglio dell'indice S&P. Invece il 60% delle gestioni attive nel settore Investmet Grade a medio termine ha fatto meglio del benchmark Barclays.

Lo SPIVA non considera gli ETF a gestione attiva, ma si può verificare come solo il 12% di essi faccia meglio del benchmark. Gli indici standard usati da Morningstar per il confronto, però, possono distorcere i risultati. Se si vuole capire quanto sia bravo un gestore, bisogna confrontare i rendimenti a parità di rischio.

Gli indici corretti da usare per il confronto sono quelli che spiegano meglio le variazioni dei prezzi. Si può avere un alpha elevato rispetto agli indici standard ma, se si individua l'indice corretto per il confronto, il vero alpha può essere inferiore alle apparenze.
 
Messy Fund Managers Create An Illusion Of Skill

Messy Fund Managers Create An Illusion Of Skill | Seeking Alpha

Morningstar divide i fondi in categorie, in base allo stile di investimento, per aiutare gli investitori a confrontarne le performance. Questo metodo può però dare l'illusione di performance superiori anche quando in realtà non ci sono.

Quando le gestioni classificate in uno stile specifico ottengono buone performance, viene consigliato ex-post proprio quello stile, si ipotizza che il mercato sia inefficiente in quelle aree, si arriva a dire che per quello stile l'indicizzazione non funzioni e che sia da preferirsi la gestione attiva.

Ma i gestori di fondi non seguono pedissequamente uno stile: di solito costruiscono portafogli misti. Un fondo small-cap value può benissimo comprare azioni che non appartengono a quello stile. Quando le gestioni miste diventano molte e uno stile fa peggio degli altri, quelle che deviano dallo stile sembrano preferibili; ma è una illusione di superiorità solo temporanea, che non è destinata a perdurare.

Si potrebbe ipotizzare che le gestioni attive siano in grado di passare con profitto da uno stile all'altro, ma non c'è evidenza di ciò. Per verificare che l'abilità dei gestori non sia solo un'illusione bisogna guardare oltre le semplice performance.
 
La Grande Scommessa

Una storia che forse qualcuno non conosce, e che si inserisce bene nella ‘querelle’ tra gestione attive/passive.

Alla fine del 2007, Warren Buffet e il CEO di Protégé Partner LLC ( un hedge fund di NY con $3.5B in asset) scommisero 1 milione di dollari, da devolvere in opera di carità, sul fatto che l’indice SP500 avrebbe battuto, sulla distanza di 10 anni, una gestione attiva a loro scelta.
Qui i termini della scommessa: 02008-02017 (10 years): Over a ten-year period commencing on January 1, 2008, and ending on December 31, 2017, the S&P 500 will outperform a portfolio of funds of hedge funds, when performance is measured on a basis net of fees, costs and expenses. - Long Bets

Buffett scelse il Vanguard 500 Index Fund Admiral Shares (tiker: VFINX), mentre Protégé indicò 5 gestioni (tra cui, sembra un fondo di fondi) che però decise di non rendere pubblici.
In data Maggio 2016 la scelta di Buffett sembrava vincente con un +65%, contro il +21% di Protégé.

Ma la storia non è finita qui: i due decisero all’inizio del 2008 di acquistare $1M di valore futuro a fine 2017, pagando $320.000 uno Zero Coupon decennale.
Dato il repentino calo del tassi, lo ZC si è avvicinato al valore finale velocemente e nel 2012 entrambi decisero di venderlo anzi tempo, e di investire il ricavato in azioni della società di investimenti di Buffett, Berkshire Hathaway Inc., acquistando 11200 azioni BRK-B. Buffett garantì personalmente $1M in caso di caduta del suo titolo.
A oggi il controvalore da dare in attività filantropiche è salito a circa 1640000$, moltiplicando per oltre 5 volte il capitale iniziale realmente investito.
La morale di questa storiella, se le performance resteranno invariate, potrebbe sembrare in favore della gestione passive.
Però se c’è uno speculatore lontano anni luce dalle gestioni passive, questo è proprio Buffett: dal 1968 quando fondò Berkshire Hathaway, per ogni dollaro guadagnato dallo SP500, BRK ne ha guadagnati 140 e questo fa di lui uno degli speculatori più ‘attivi’ della storia..
 
In Defense Of Active Management

In Defense Of Active Management | Seeking Alpha

Negli ultimi anni l'industria del risparmio gestito ha ricevuto critiche diffuse, sia dai media finanziari che dal mondo accademico. E molti investitori hanno preferito l'indicizzazione passiva alle gestioni attive.

L'investimento passivo è fondato sul debole presupposto che i mercati siano efficienti. Il mondo accademico non ha alcun dubbio che i mercati siano efficienti: gli studi fatti per provare i presunti meriti dell'approccio passivo affermano che la maggioranza dei fondi attivi non riesce a battere il benchmark.

Ma, al contrario di quello che avete sentito, quei pochi fondi che fanno frequentemente meglio del mercato non sono semplicemente fortunati. Gli investitori passivi usano spesso l'argomento che non valga la pena di preoccuparsi di cercare quei fondi, ma non è un argomento valido. Per gli investitori attivi anche l'indicizzazione passiva ha molti difetti.
 
Fighting Marxism With Smart Beta

Fighting Marxism With Smart Beta | Seeking Alpha

La guerra di parole fra gestori attivi e passivi è infiammata dalla pubblicazione "Why Passive Investing Is Worse Than Marxism" che ipotizza che gli investimenti passivi ottengano un'allocazione scorretta e che gli indici corrano il pericolo di diventare stupidi.

La critica di marxismo (o di parassitismo) si incentra sul mancato contributo delle gestioni passive alla formazione dei prezzi e perciò al corretto funzionamento dei mercati finanziari.

In realtà sono pochi gli investitori istituzionali che comprano l'azionario mondiale nella sua interezza. La maggior parte degli asset è investita in strumenti che seguono particolari segmenti, considerati come opportunità. Anche il successo del factor investing mostra quanto gli investitori siano propensi a strategie di repricing.
 
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