"The great crash" (Il grande crollo)

n 6

Con un’ammirevole faccia tosta, Goldman Sachs continua a sfornare previsioni. Secondo loro, nel primo trimestre del 2009 verranno ritestati i minimi del novembre scorso (752 di S&P500), poi il mercato dovrebbe ripartire per chiudere l’anno intorno a 1100. Bisognerebbe essere matti per credere ANCORA a Goldman Sachs (ma la stessa cosa valeva anche PRIMA). Comunque, al di quella previsione così “audace” (+68% in nove mesi), non è impossibile che il 2009 si chiuda col segno più. Infatti -come dimostra la ricerca segnalata da pfm2 qualche post sopra- quasi tutte le volte che il Dow Jones ha chiuso un anno con un saldo del -20% o peggiore, l’anno successivo il mercato ha reagito con un anno positivo, spesso molto positivo. Le eccezioni sono solo due. Una volta la risposta alla batosta dell’anno prima fu un’annata ancora negativa, ma di pochissimo (-0.6%), mentre l’altra è l’unica vera eccezione: i quattro anni di tracolli consecutivi iniziati nel 1929. Il 2009 seguirà la norma o l’eccezione?
Per contro hanno dato un responso catastrofico i famosi “indicatori di gennaio” che cercano di prevedere se l’anno sarà buono o cattivo in base all’andamento del mese di gennaio e della sua prima settimana. Naturalmente i gli indicatori di questo tipo sono poco più che una curiosità.
Come microspeculatore, non mi dispiacerebbe un’annata tutta sulla falsariga del mese di gennaio. Come cittadino, ovviamente mi auguro che tutto si risolva al più presto, tanto più che in questi giorni ho letto una cosa che fa spavento: in pratica la Great Depression venne risolta solo dal passaggio all’economia di guerra, nel 1939!
Venerdì esce il dato mensile sulla disoccupazione, prevista al 7.5%. Ma soprattutto è attesa con impazienza la fine delle incertezze sul famoso “stimulus”.
Torniamo a Galbraith…



(“Il grande crollo” di JK Galbraith, sesta puntata)
Dopo essere stata umiliata dalla National City Bank, la Fed lasciò che le cose facessero il loro corso, decisa a non assumersi la responsabilità di causare lo scoppio della bolla. Il presidente Hoover incaricò un banchiere di Los Angeles di tastare il terreno fra i broker e le banche di New York: gli fu assicurato che “la situazione era solida”. Alla fine anche Hoover se ne lavò le mani, avendo l’alibi che la principale responsabilità per quello che succedeva a Wall Street ricadeva sul governatore dello Stato di New York, che era nientemeno Franklin D. Roosevelt, che poi sarebbe diventato a sua volta presidente degli Stati Uniti. Ma anche Roosevelt, scrive Gakbraith, “seguiva una politica del laissez faire, almeno per quanto riguardava le questioni della borsa.”

In sostanza dalla fine del marzo 1929 la borsa rimase libera da qualsiasi tentativo di frenare la speculazione, e ne approfittò per scatenarsi. Fra i tanti che sfruttavano l’entusiasmo dei piccoli speculatori, il nostro autore sceglie dei consulenti finanziari di Boston che avevano scritto il libro “Come conquistare la borsa” e lo pubblicizzavano con l’esempio di un tizio che aveva guadagnato 70.000 dollari dopo averlo letto. Commento di Galbraith: “Senza dubbio c’era riuscito, chiunque egli fosse. Ma ci sarebbe riuscito anche senza aver letto il libro, anche senza saper leggere. Infatti ora, finalmente libero da ogni minaccia d’intervento e di reazione da parte del governo, il mercato veleggiava verso l’azzurro infinito. Specialmente dopo il 1° giugno del ’29, ogni esitazione scomparve. Mai prima, o dopo, tante persone si sono arricchite in modo così straordinario, così senza fatica, così rapidamente. Forse Hoover, Mellon e la Fed avevano ragione a non metterci le mani. Forse valeva la pena di soffrire a lungo la povertà per essere così ricchi solo per un attimo.”

Una cosa curiosa -almeno rispetto alla bolla del 2000- è che molti sostenevano che le azioni disponibili fossero troppo poche. I prezzi erano così alti -si diceva- perché le azioni avevano acquistato un “valore di scarsità”: tutti cercavano di accaparrarsi i pochi titoli disponibili, facendo lievitare i prezzi.
C’era qualcosa di vero in questo, anche se in quel periodo venne emessa un’immensa quantità di nuovi titoli, che il mercato assorbiva “con entusiasmo e senza porsi troppe domande”. Per esempio, andavano a ruba le azioni della Seabord Air Line perché molti pensavano che fosse una compagnia aerea [in realtà si trattava di una società ferroviaria… vi ricordate quel titolo -Basic.net, mi pare- che tutti si strappavano di mano nel 2000 nella convinzione che fosse un titolo Internet, mentre si trattava di un maglificio? Ennesima prova che l’avidità ha sempre accecato e sempre accecherà gli speculatori, specialmente quelli dell’ultim’ora].

Molte nuove emissioni di titoli vennero anche dall’infinità di fusioni che ebbe luogo in quel periodo. A volte avvenivano per eliminare un concorrente, per dominare il mercato in un determinato settore, altre volte per raggruppare imprese dello stesso settore che operavano in regioni diverse, realizzando economie di scala e sostituendo amministratori poco efficienti e un po’ provinciali con i “geni della finanza” di New York e di Chicago. Naturalmente, come in ogni bolla che si rispetti, vennero fuori anche molte nuove società, spesso create apposta “per trarre profitto dall’interesse pubblico per le industrie con un nuovo vasto orizzonte e per fornire titoli da vendere”. I titoli più alla moda nel ’29 erano i radiofonici e gli aeronautici. Nel settembre 1929 sul New York Times comparve addirittura un’inserzione pubblicitaria di una società televisiva, con l’annuncio che ”le possibilità commerciali di questa nuova arte superano ogni immaginazione”. Quelli sì che sapevano fare previsioni! Peccato fossero troppo in anticipo sui tempi.

E ora si apre una lunga pagina sugli investment trust, e nella prossima puntata si vedrà come l’uso incredibilmente esasperato della leva finanziaria non sia una novità di oggi. Solito problemino di terminologia anni ’50… La traduzione parla di “società di investimenti” ma stavolta per fortuna cita (e usa spesso) anche il termine originale, “investment trust”, che oggi di solito viene tradotto con fondo comune. Senonché -a differenza dei normali fondi comuni nostrani- erano (e sono) quotati in borsa come gli Etf, che però anche in America sono una creazione recente (anni ’90). All’epoca poi gli investment trust avevano diverse caratteristiche particolari, cpme Galbraith ci mostrerà fra poco.

La nascita degli investment trust diede un enorme sviluppo alla speculazione. Si trattava di società che realizzavano un investimento collettivo, dato che avevano lo scopo di investire in azioni di altre aziende. A loro volta, gli investment trust erano quotati in borsa e potevano investire anche in azioni di altre società analoghe, con l’effetto complessivo di una straordinaria moltiplicazione delle azioni circolanti.
L’idea di base non era cattiva… Gli americani la ripresero dalle prime società di quel genere, nate in Inghilterra e in Scozia intorno al 1880. In pratica, offrivano la possibilità di diversificare gli investimenti anche a chi disponeva di un capitale modesto o addiittura minuscolo. Senza contare che “la direzione del trust, secondo ogni probabilità, conosceva infinitamente meglio della vedeva di Bristol o del medico di Glasgow le società e le prospettive di Singapore, di Madras, di Città del Capo e dell’Argentina, luoghi dove i fondi inglesi andavano regolarmente a finire”.

In America i primi investment trust risalivano al 1921. Nel 1927 erano già 160, poi crebbero a centinaia. Soltanto nel 1929 incominciarono a essere quotati a Wall Street, ma con un minimo di garanzie: una volta all’anno dovevano fornire l’inventario dei titoli in portafoglio. Poiché alla gestione attiva veniva attribuito un valore quasi esoterico, per non svelare le proprie strategie molti trust evitarono Wall Street e si quotarono nelle borse minori, come Chicago, Boston o lo storico Curb, una specie di terzo mercato dove, fino al 1921, le azioni venivano scambiate all’aperto, sotto il sole o sotto la pioggia [successivamente passò al chiuso e poi diede luogo all’AMEX, che diventò la terza borsa americana ed è scomparsa proprio in questi gioni, assorbita dal Nyse]. Quindi in pratica la gente investiva al buio, mettendo soldi in attività di cui non conosceva -e non avrebbe mai conosciuto- la natura! Nonostante questo, gli investment trust conobbero uno sviluppo meraviglioso.

Ogni trust era patrocinato da un’entità esterna che ne dirigeva le operazioni. I patrocinanti erano banche, broker, altri investment trust, società più o meno truffaldine, ecc. Quando nasceva il trust, il patrocinante riceveva una quota delle azioni emesse a un prezzo più basso di quello a cui le acquistava il pubblico, e poteva rivenderle immediatamente intascando la differenza. In sostanza, i trust fabbricavano titoli da immettere sul mercato, con enormi vantaggi per i soliti noti: per esempio la JP Morgan & C. creò insieme ad altri un investment trust, ricevendone le azioni a $75. Nel primo giorno di quotazione, il nuovo titolo quotò $93… Dopo quattro giorni le azioni del trust erano a $99 e JP Morgan poté tranquillamente vendere tutte le azioni pagate $75 con un profitto del 32% a rischio sostanzialmente nullo.
“Non sorprende affatto” commenta Galbraith “che tali gradevoli incentivi stimolassero enormemente l’organizzazione di nuovi investment trust”.
(fine della sesta puntata)

x filonide
Ciao, filonide… sempre gentile

x Yacyreta, primipassi, vileggo, Riflessivo, Yacht club
grazie per l’attenzione

x Gandalf
grazie a te piuttosto, io ho detto solo come stanno le cose. Continua così!

x Cassettone
Chi si risente... Complimenti per l’abbronzatura!
Mi ricordo, come no? Eravamo asserragliati come a Fort Apache… Tutti ci davano addosso, convinti che Fiat fosse sull’orlo del fallimento. E invece schizzò da 5 a 24 in pochi mesi, anche se io sfruttai solo una piccola parte di quel balzo.
Ormai da tempo non seguo più le azioni. Comunque mi pare difficile che a breve Fiat possa ripetere un exploit di quella fatta, visto che le vendite di auto stanno crollando dappertutto. Spesso i risultati borsistici non hanno niente a che vedere con quelli economici, è vero, però quando tutto un settore è con l’acqua alla gola non mi pare verosimile che uno dei titoli più rappresentativi di quello stesso settore possa spiccare il volo per conto suo. In compenso credo che Fiat abbia uno dei beta più elevati, quindi in caso di inversione della borsa dovrebbe esibirsi in una bella reazione… ma purtroppo la stessa reattività dovrebbe mostrarla in caso di ribasso. Ciao e in bocca al lupo.



Capercaillie (Scozia), “Coisich A Rùin”
http://it.youtube.com/watch?v=x2TI42EDqmI
 
tanto più che in questi giorni ho letto una cosa che fa spavento: in pratica la Great Depression venne risolta solo dal passaggio all’economia di guerra, nel 1939! ...lo dico sempre che bisogna studiare storia ,manon solo le date o grandi personaggi...siamo la prima generazione che non ha visto una catastrofe e speriamo di rimanere in questa condizione.
 
Ultima modifica:
Continuo la carrellata di statistiche iniziata nei post precedenti con 2 new entry fresche fresche.

Nella prima immagine abbiamo la statistica comparativa sul dato occupazionale USA nelle varie recessioni del passato.
In basso sul grafico abbiamo la durata in mesi delle recessioni, a lato i punti di incremento/decremento sul dato occupazionale dall'inizio della recessione.
La linea rossa rappresenta la media di tutti i dati....
Ebbene, come si può vedere agevolmente la linea nera che rappresenta la recessione attuale è adesso perfettamente uguale alla media.
Da un rapido confronto possiamo notare che:

1)Arrivati a questo punto la maggioranza delle recessioni trovano la fine, cioè la maggioranza delle recessioni passate si è esaurita entro 13 mesi dal suo avvio ufficiale, lo si nota dal fatto che la media cresce a partire da quattordicesimo mese....

2)La maggior parte delle recessioni ha visto l'occupazione calare fortemente durante i primi mesi dall'avvio per poi recuperare.

3)L'attuale recessione ha caratteristiche dissonanti dalle precedenti, con un avvio soft che invece stà peggiorando progressivamente.
Si nota a prima vista infatti che quella attuale è la recessione che possiede il peggior trend dell'occupazione in assoluto fra tutte le altre con un progressivo peggioramento del dato nel tempo, quindi anche non volendo fare previsioni ma guardando il trend attuale ci attendiamo che il prossimo mese il dato passerà al ribasso la propria media e con ciò ufficializzerà che quella attuale è una recessione mediamente peggiore di tutte le altre.

4)Le recessioni che più somigliano a quella attuale riguardo al dato occupazionale sono quelle antecedenti il 1981, compreso tale anno che sembra fino adesso il più correlato.

crisis1.png

Il secondo grafico rappresenta l'andamento del PIL.
Stesso sistema di misura del frafico precedente tranne il fatto che il tempo viene misurato in trimestri trattandosi di un dato appunto trimestrale.
Anche qui notiamo l'assoluta dissonanza della recessione attuale con tutte quelle precedenti.....il trend è assolutamente uguale a quello sul dato occupazionale cioè partenza soft e continuo progressivo deterioramento del dato....dimostrando oltretutto se cene fosse bisogno, la correlazione esistente tra occupazione e prodotto interno lordo.....
Anche in questo caso siamo molto vicini alla media delle altre recessioni, ma come ripeto, ciò che davvero spaventa è il "trend" attuale di questi dati, un trend che mette i brividi poichè se dovesse continuare lascia presagire che le cose andranno molto per le lunghe......
In questa tabella la precedente recessione più correlata sembra essere invece quella del 1973....confermando quindi la maggior similitudine con recessioni più vecchie nel tempo rispetto a quelle a cui ormai siamo abituati.

crisis2.png


La conclusione è presto detta, se ancora non sentiamo veramente gli effetti di questa crisi...o cominciamo solo adesso ad accorgerci che qualcosa intorno a noi stà cambiando è dovuto al fatto che adesso, in questo preciso istante i freddi dati ci dicono che questa recessione è perfettamente nella media....il problema vero verrà nel caso in cui dovessimo rompere questa media al ribasso, tenete conto che essere sulla media riguardo a certi argomenti equivale ad essere veramente al bivio...siamo sulla lama di un rasoio adesso e non ci rimane che sperare di cadere dalla parte giusta.

Saluti.;)

saluti.
 
Salendo, stavolta il mercato ha seguito una logica comprensibile… una logica che guarda avanti nel breve periodo, chiaro. Infatti il dato sulla disoccupazione (7.6% contro il 7.5% previsto) ha convinto gli operatori che la situazione è talmente grave che ‘sto famoso pacchetto di stimulus non può non essere approvato. Obama -che come stiamo vedendo, ama parlar chiaro- ha subito dichiarato: "These numbers demand action… the situation could not be more serious…. now is the time for Congress to act." Nessuno sa se il pacchetto di interventi darà i risultati sperati, ma se non altro sembra scomparsa l’incertezza sull’arrivo di quella boccata d’ossigeno che gli operatori ritengono necessaria come il pane, evidentemente. Può darsi che presto ci si renda conto che il pacchetto non è sufficiente, che ormai la malattia è a uno stadio troppo avanzato, che quei fondi non sono gestiti come si deve, ecc. ecc…. Wall Street ne trarrà le debite conseguenze.
Il mercato segue sempre una sua logica, anche se non sempre riusciamo a vederla o a capirla… Ma anche quando le sue scelte ci SEMBRANO irrazionali non possiamo far altro che accettarle, muovendoci di conserva con lui (mi piace tanto “di conserva”, mi fa pensare alle marmellate fatte in casa!). “THE MARKET IS NEVER WRONG”… incolliamola sopra il PC questa massima di cent’anni fa, perché dobbiamo esserne convinti fino in fondo se mettiamo sul piatto quattrini sonanti e ci teniamo a non separarci da loro. E’ un altro par di maniche se invece ci occupiamo di borsa solo per discuterne con gli amici all’Osteria del Trippaio, dove i nostri consigli a Bernanke e a Trichet fanno furore.

Vediamo come la pensano, questi benedetti operatori. Mi sembra abbastanza equilibrato il parere di Paul Nolte, direttore degli investimenti della Hinsdale Associates, una ditta che si ispira a uno slogan quasi evangelico (!): “Do for others what we would do for ourselves under similar circumstances”. Secondo lui i dati economici continueranno a essere “poor” per la maggior parte dell’anno. “A questo punto ci troviamo nella parte peggiore del ciclo economico”. Però una cosa è il ciclo economico, una cosa è il mercato, come sappiamo tutti (o quasi, altrimenti nel fol non fioccherebbero i “ma ke kavolo festeggiano?”). L’opinione di Nolte è che ci troviamo nelle prime fasi della formazione di un bottom, ma ci tiene a sottolineare che “it’s a process, not an event”, e questa è una distinzione importante. Quante volte in questo periodo è sembrato che la borsa ripartisse, e poi era solo un fuoco di paglia? Ce ne vuole, prima di assorbire tutte le botte in testa che il mercato s’è preso in questi mesi! Del resto, Nolte stesso prevede “a lot of volatility” e non esclude nuovi minimi nel corso dell’anno. Nonostante questo -anzi direi PROPRIO PER QUESTO- lui è assolutamente compratore nei sell-off (“he is absolutely buying the dips”).

Invece Fortune ha rispolverato una vecchia teoria di Buffett. Dopo la lunga discesa dai massimi del 2000, nel 2001 i giornalisti gli chiesero se finalmente era arrivato il momento di comprare. Il Saggio di Omaha disse che il mercato era ancora troppo caro… non gli sembrava il caso di fare acquisti finché la capitalizzazione complessiva delle azioni quotate nelle borse USA non fosse scesa al 70-80% del Pil, e allora si viaggiava nientemeno che sul 133%.
Fortune ha notato che in questi giorni quel rapporto si aggira sul 75%, e quindi ha contattato Buffett per conoscere la sua opinione. Buffett se l’è cavata con una citazione di Graham -il massimo mito dei fondamentalisti- che sosteneva che sul breve periodo il mercato ha la discrezionalità e diciamo la faziosità di uno che vota, ma sul lungo è preciso e onesto come una bilancia. Del resto pare che già il 17 ottobre scorso l’uomo più ricco del mondo abbia cominciato a comprare. Almeno così dichiarò al New York Times.

Adesso sentiamo l’altra campana, e che campana! Secondo Peter Schiff, presidente di Euro Pacific Capital, che a quanto dicono ultimamente ha fatto parecchie previsioni azzeccate, l’interventismo del governo provocherà un terribile disastro dal momento che la sua azione tende a perpetuare una “phony economy”, un’economia fasulla basata sullo spendere denari presi in prestito. Questo, continua Schiff, farà scoppiare la “bond bubble”, e porterà al tracollo del dollaro e alla peggiore inflazione che si sia mai vista, che la Fed cercherà di combattere alzando i tassi. Secondo lui la crisi è appena cominciata. Ormai in America regna una “Ponzi economy” (come dicevo qualche post sopra, i “Ponzi schemes” sono le catene di Sant’Antonio in campo finanziario) e la crisi attuale è lo scotto da pagare per il “reckless spending” (le spese avventate) degli anni scorsi. Sempre secondo Schiff, Il pacchetto di stimulus è la peggiore soluzione al male, perché vuole sostituire alle spese sconsiderate dei cittadini -ormai azzerate dalla recessione- le spese sconsiderate dello Stato. Col suo interventismo Obama trasformerà questa crisi in una catastrofe. L’unica soluzione è accettare la “tough medicine”, l’amara medicina, del libero mercato: ecco la soluzione proposta da Schiff. Per chiarire che la sua visione non è influenzata dalla politica, Schiff ha paragonato Bush a Hoover, e Obama a Roosevelt, entrambi responsabili, a suo parere, della disastrosa gestione della Great Depression.
Qui mi ricollego al Grande Crollo, perché moltissimi Americani ancora odiano “il presidente del 1929” e le sue tronfie certezze sui magnifici destini dell’America, smentite dai fatti con un’evidenza forse mai vista nella storia. Pensate che le sterminate baraccopoli che durante la Great Depression ospitavano milioni di persone ridotte sul lastrico, in segno di scherno per quell’uomo venivano chiamate “Hoovervilles”, le città di Hoover… e nominandolo gli sventurati abitanti delle case di cartone sputavano in terra, in segno di estremo disprezzo. Successivamente, Schiff ha chiarito che è abbastanza positivo sull’azionario, specialmente al di fuori degli USA, mentre ha ribadito la sua assoluta convinzione di un collasso del dollaro, per via dei tre/quattromila miliardi di dollari che il Tesoro dovrà racimolare nei prossimi 18 mesi per salvare le banche.

Si può concludere con una vecchia massima che in questi giorni gli americani citano spesso: “Spera il meglio, e preparati al peggio”.
Già l’ho fatta troppo lunga… rimando la 7a puntata del “Grande crollo” al prossimo post.
Buon week-end.



x Vileggo
Più che giusto, oltretutto chissà quante altre cose ci vengono nascoste! Per restare in argomento, in questi mesi ci sono grosse polemiche perché Wikipedia ha cancellato i risultati delle ricerche di uno studioso russo, che -analizzando i censimenti ufficiali USA- è arrivato alla conclusione che durante la Great Depression qualcosa come 7 milioni di americani morirono letteralmente di fame. Ne accenno solo di passaggio, perché non so quanto ci sia di vero (e direi che nessuno può saperlo di sicuro, se non per pura fede ideologica), ma come si fa a non notare che per anni e anni ci sono state nascoste anche le decine di milioni di vittime del più grande macellaio della storia, Stalin? Ce le contano come vogliono, ecco come stanno le cose.

x Drenaggio
lo dicevo che fai sempre ricerche originali! I due grafici sono davvero interessanti. Tra l’altro, la correlazione fra disoccupazione e Pil dimostra che non è insensata l’enorme attenzione che Wall Street dedica alle minime variazioni del numero degli occupati.
Probabilmente questa è la recessione più dura del dopoguerra, ma PER ORA il ’29 dista anni luce: allora la disoccupazione arrivò al 25%... ma ancora più spaventoso è pensare al tempo lunghissimo in cui la gente restò senza lavoro: nel 1938 i disoccupati erano ancora il 20%... Ci volle la guerra -spiace dirlo- per risollevare la situazione. Dal ’29 al ’33 il Pil scese di un terzo, e anche qui mi pare che siamo ancora ben lontani da dati del genere, grazie al cielo. Almeno per ora, perché purtroppo nessuno ci garantisce che non andremo a battere i record del ’29. Sarebbe un disastro per la vita di tutti, altro che la borsa e gli short da 100 euro dei grandi ribassisti del fol!
Ciao




Cesária Évora (Capo Verde) e Kayah (Polonia) in “Embarcacão”, sofisticata e decadente
http://www.youtube.com/watch?v=VuhusthsUWM
 
leggo da un pò il forum e non ho mai scritto, un poco per timore reverenziale rispetto a chi è veramente preparato, un pò perchè non credo ancora di essere all'altezza (spero di arrivarci) per entrare in maniera seriamente costruttiva in una discussione, ma mi sento proprio di sprecare il primo messaggio per fare i complimenti a questa discussione e a chi l'ha messa in piedi. Vivere il presente, guardare al futuro guardando sempre a cosa ci ha insegnato la storia è il massimo che si possa fare.

Magari chi ci governa avesse lungimiranza e umiltà per andarsi a guardare quel che è successo nel passato.

... speriamo bene... visto che male va da sola...

Giorgio
 
un saluto al grande filibuster
 
Questo è il genere di discussioni che accresce il contenuto del Fol, anzichè parlare e parlare come certi thread. Quando si ha qualcosa di fondato, un'osservazione non emersa in modo chiaro fino a quel momento, allora la si espone, così diventano 10, 20, ... pagine che ti incollano allo schermo.
 
tanto più che in questi giorni ho letto una cosa che fa spavento: in pratica la Great Depression venne risolta solo dal passaggio all’economia di guerra, nel 1939! ...lo dico sempre che bisogna studiare storia ,manon solo le date o grandi personaggi...siamo la prima generazione che non ha visto una catastrofe e speriamo di rimanere in questa condizione.

è vero, ma tutti sanno che un'altra guerra porterebbe all'intera distruzione del mondo... ed allora quale sarà il volano per uscire dalla mer.da in cui stiamo andando al galoppo: solo uno...

le energie rinnovabili di ogni genere... sarà la nostra unica speranza ed oserei dire certezza per il futuro...

Ciao da Rambotre
 
Salendo, stavolta il mercato ha seguito una logica comprensibile… una logica che guarda avanti nel breve periodo, chiaro. Infatti il dato sulla disoccupazione (7.6% contro il 7.5% previsto) ha convinto gli operatori che la situazione è talmente grave che ‘sto famoso pacchetto di stimulus non può non essere approvato. Obama -che come stiamo vedendo, ama parlar chiaro- ha subito dichiarato: "These numbers demand action… the situation could not be more serious…. now is the time for Congress to act." Nessuno sa se il pacchetto di interventi darà i risultati sperati, ma se non altro sembra scomparsa l’incertezza sull’arrivo di quella boccata d’ossigeno che gli operatori ritengono necessaria come il pane, evidentemente. Può darsi che presto ci si renda conto che il pacchetto non è sufficiente, che ormai la malattia è a uno stadio troppo avanzato, che quei fondi non sono gestiti come si deve, ecc. ecc…. Wall Street ne trarrà le debite conseguenze.
Il mercato segue sempre una sua logica, anche se non sempre riusciamo a vederla o a capirla… Ma anche quando le sue scelte ci SEMBRANO irrazionali non possiamo far altro che accettarle, muovendoci di conserva con lui (mi piace tanto “di conserva”, mi fa pensare alle marmellate fatte in casa!). “THE MARKET IS NEVER WRONG”… incolliamola sopra il PC questa massima di cent’anni fa, perché dobbiamo esserne convinti fino in fondo se mettiamo sul piatto quattrini sonanti e ci teniamo a non separarci da loro. E’ un altro par di maniche se invece ci occupiamo di borsa solo per discuterne con gli amici all’Osteria del Trippaio, dove i nostri consigli a Bernanke e a Trichet fanno furore.

Vediamo come la pensano, questi benedetti operatori. Mi sembra abbastanza equilibrato il parere di Paul Nolte, direttore degli investimenti della Hinsdale Associates, una ditta che si ispira a uno slogan quasi evangelico (!): “Do for others what we would do for ourselves under similar circumstances”. Secondo lui i dati economici continueranno a essere “poor” per la maggior parte dell’anno. “A questo punto ci troviamo nella parte peggiore del ciclo economico”. Però una cosa è il ciclo economico, una cosa è il mercato, come sappiamo tutti (o quasi, altrimenti nel fol non fioccherebbero i “ma ke kavolo festeggiano?”). L’opinione di Nolte è che ci troviamo nelle prime fasi della formazione di un bottom, ma ci tiene a sottolineare che “it’s a process, not an event”, e questa è una distinzione importante. Quante volte in questo periodo è sembrato che la borsa ripartisse, e poi era solo un fuoco di paglia? Ce ne vuole, prima di assorbire tutte le botte in testa che il mercato s’è preso in questi mesi! Del resto, Nolte stesso prevede “a lot of volatility” e non esclude nuovi minimi nel corso dell’anno. Nonostante questo -anzi direi PROPRIO PER QUESTO- lui è assolutamente compratore nei sell-off (“he is absolutely buying the dips”).

Invece Fortune ha rispolverato una vecchia teoria di Buffett. Dopo la lunga discesa dai massimi del 2000, nel 2001 i giornalisti gli chiesero se finalmente era arrivato il momento di comprare. Il Saggio di Omaha disse che il mercato era ancora troppo caro… non gli sembrava il caso di fare acquisti finché la capitalizzazione complessiva delle azioni quotate nelle borse USA non fosse scesa al 70-80% del Pil, e allora si viaggiava nientemeno che sul 133%.
Fortune ha notato che in questi giorni quel rapporto si aggira sul 75%, e quindi ha contattato Buffett per conoscere la sua opinione. Buffett se l’è cavata con una citazione di Graham -il massimo mito dei fondamentalisti- che sosteneva che sul breve periodo il mercato ha la discrezionalità e diciamo la faziosità di uno che vota, ma sul lungo è preciso e onesto come una bilancia. Del resto pare che già il 17 ottobre scorso l’uomo più ricco del mondo abbia cominciato a comprare. Almeno così dichiarò al New York Times.

Adesso sentiamo l’altra campana, e che campana! Secondo Peter Schiff, presidente di Euro Pacific Capital, che a quanto dicono ultimamente ha fatto parecchie previsioni azzeccate, l’interventismo del governo provocherà un terribile disastro dal momento che la sua azione tende a perpetuare una “phony economy”, un’economia fasulla basata sullo spendere denari presi in prestito. Questo, continua Schiff, farà scoppiare la “bond bubble”, e porterà al tracollo del dollaro e alla peggiore inflazione che si sia mai vista, che la Fed cercherà di combattere alzando i tassi. Secondo lui la crisi è appena cominciata. Ormai in America regna una “Ponzi economy” (come dicevo qualche post sopra, i “Ponzi schemes” sono le catene di Sant’Antonio in campo finanziario) e la crisi attuale è lo scotto da pagare per il “reckless spending” (le spese avventate) degli anni scorsi. Sempre secondo Schiff, Il pacchetto di stimulus è la peggiore soluzione al male, perché vuole sostituire alle spese sconsiderate dei cittadini -ormai azzerate dalla recessione- le spese sconsiderate dello Stato. Col suo interventismo Obama trasformerà questa crisi in una catastrofe. L’unica soluzione è accettare la “tough medicine”, l’amara medicina, del libero mercato: ecco la soluzione proposta da Schiff. Per chiarire che la sua visione non è influenzata dalla politica, Schiff ha paragonato Bush a Hoover, e Obama a Roosevelt, entrambi responsabili, a suo parere, della disastrosa gestione della Great Depression.
Qui mi ricollego al Grande Crollo, perché moltissimi Americani ancora odiano “il presidente del 1929” e le sue tronfie certezze sui magnifici destini dell’America, smentite dai fatti con un’evidenza forse mai vista nella storia. Pensate che le sterminate baraccopoli che durante la Great Depression ospitavano milioni di persone ridotte sul lastrico, in segno di scherno per quell’uomo venivano chiamate “Hoovervilles”, le città di Hoover… e nominandolo gli sventurati abitanti delle case di cartone sputavano in terra, in segno di estremo disprezzo. Successivamente, Schiff ha chiarito che è abbastanza positivo sull’azionario, specialmente al di fuori degli USA, mentre ha ribadito la sua assoluta convinzione di un collasso del dollaro, per via dei tre/quattromila miliardi di dollari che il Tesoro dovrà racimolare nei prossimi 18 mesi per salvare le banche.

Si può concludere con una vecchia massima che in questi giorni gli americani citano spesso: “Spera il meglio, e preparati al peggio”.
Già l’ho fatta troppo lunga… rimando la 7a puntata del “Grande crollo” al prossimo post.
Buon week-end.



x Vileggo
Più che giusto, oltretutto chissà quante altre cose ci vengono nascoste! Per restare in argomento, in questi mesi ci sono grosse polemiche perché Wikipedia ha cancellato i risultati delle ricerche di uno studioso russo, che -analizzando i censimenti ufficiali USA- è arrivato alla conclusione che durante la Great Depression qualcosa come 7 milioni di americani morirono letteralmente di fame. Ne accenno solo di passaggio, perché non so quanto ci sia di vero (e direi che nessuno può saperlo di sicuro, se non per pura fede ideologica), ma come si fa a non notare che per anni e anni ci sono state nascoste anche le decine di milioni di vittime del più grande macellaio della storia, Stalin? Ce le contano come vogliono, ecco come stanno le cose.

x Drenaggio
lo dicevo che fai sempre ricerche originali! I due grafici sono davvero interessanti. Tra l’altro, la correlazione fra disoccupazione e Pil dimostra che non è insensata l’enorme attenzione che Wall Street dedica alle minime variazioni del numero degli occupati.
Probabilmente questa è la recessione più dura del dopoguerra, ma PER ORA il ’29 dista anni luce: allora la disoccupazione arrivò al 25%... ma ancora più spaventoso è pensare al tempo lunghissimo in cui la gente restò senza lavoro: nel 1938 i disoccupati erano ancora il 20%... Ci volle la guerra -spiace dirlo- per risollevare la situazione. Dal ’29 al ’33 il Pil scese di un terzo, e anche qui mi pare che siamo ancora ben lontani da dati del genere, grazie al cielo. Almeno per ora, perché purtroppo nessuno ci garantisce che non andremo a battere i record del ’29. Sarebbe un disastro per la vita di tutti, altro che la borsa e gli short da 100 euro dei grandi ribassisti del fol!
Ciao




Cesária Évora (Capo Verde) e Kayah (Polonia) in “Embarcacão”, sofisticata e decadente
http://www.youtube.com/watch?v=VuhusthsUWM

cosa aggiungere, bollino e ringrazio
 
ma come si fa a non notare che per anni e anni ci sono state nascoste anche le decine di milioni di vittime del più grande macellaio della storia, Stalin?

veramente non sono state mai nascoste
 
Florida Land Boom: Meccanismi & Marginatura

filibuster,
grazie per quanto condividi e complimenti vivissimi per la chiarezza dell'analisi.

La questione del "Florida Land Boom" che ha preceduto il “Great Crash” del ’29 e magistralmente da te descritta con Galbraith, mi ha "preso" così tanto che ho dovuto illustrarla alla mia pazientissima consorte (insegnante di lettere in un ITC).
Durante l'esposizione mi sono sorti dubbi che vorrei dissipare col tuo/vs. aiuto.


Supponiamo che:
Il 01 feb 1923, il promesso acquirente (sia lo speculatore di Detroit, MI “A”), stipula col promesso venditore (sia il contadino di Fort Lauderdale, FL “Z”) un contratto preliminare di compravendita di un lotto edificabile di 5 acri (circa 2 ha); il prezzo totale stabilito è $ 1000 ed il termine di stipula dell’atto definitivo di compravendita è il 01 feb 1924.
Contestualmente alla sottoscrizione dell’atto preliminare, “A” versa a “Z” il 10% del totale, vale a dire $ 100.

Ex lege, “A” ha la facoltà di cedere ad altri il proprio contratto preliminare. Ed in effetti il 01 mar 1923 “A” cede allo speculatore di Chicago, IL “B” tale contratto, chiedendo ed ottenendo da “B” il 10% non di $ 1000, ma di $ 5000, vale a dire $ 500, ottenendo così un net capital gain (ncg) di $ 400.

Al 01 sep 1923 “B” cede allo speculatore “C” anch’esso di Chicago, IL il contratto, chiedendo ed ottenendo da “C” il 10% non di $ 5000, ma di $ 20000, vale a dire $ 2000, ottenendo così un ncg di $ 1500.

Al 15 oct 1923 lo speculatore “C” cede a Mr Robinson, un tranquillo signore di Boston, MA prossimo al pensionamento, il contratto chiedendo ed ottenendo da Mr Robinson il 10% non di $ 20000 ma di $ 100000, vale a dire $ 10000, ottenendo così un ncg di $ 8000.

Mr Robinson non è uno speculatore immobiliare, ma vuole costruire nei 5 acri di terreno una villetta nella quale vivere il resto della sua vita; per cui non cede ad altri il proprio contratto preliminare ed è intenzionato a concludere il contratto di compravendita con il promesso venditore "Z" entro i termini ivi previsti.

Le conferme che cerco sono le seguenti:
a) è corretto (verosimile) il meccanismo da me descritto?
b) È così che si esplica l’effetto “moltiplicativo”?
c) Questo "effetto moltiplicativo" e "marginatura" sono sinonimi?
d) A quanto ammonterebbe la “marginatura” nell’esempio fatto?
e) Mr Robinson spende complessivamente solo $ 10900 (di cui $ 10000 allo speculatore “C” e $ 900 al contadino “Z”)?


Grazie.
giugin:bye:

P.S.
questo msg. viene postato anche sul 3d delle "Rinnovabili" nella sezione Wall Street.
 
Ultima modifica:
n 7

In ogni bolla, i guru spuntano come funghi e godono di un immenso prestigio. Nel 1929 questo prestigio era perfettamente misurabile in dollari. I titoli degli investiment trust valevano molto di più, persino il doppio, delle azioni in portafoglio. Poiché i trust spesso non possedevano nemmeno una scrivania (in genere si appoggiavano alla società patrocinante), tutto quel “plus” era dovuto alla straordinaria importanza che veniva attribuita alla gestione attiva, cioè al “prezioso ingrediente del genio finanziario”. Niente di diverso da oggi, con i maghi della finanza creativa che si mettono in tasca una ventina di miliardi di bonus… è un riconoscimento sacrosanto, secondo me: dicono che le probabilità di fare “0” al totocalcio siano uguali a quelle di fare 13… e loro sono riusciti a fare molto, ma molto meno di zero… mica facile.
Però bisogna riconoscere che negli anni Venti i dirigenti dei trust lavoravano sodo… “Entravano a far parte di cartelli e sindacati per aumentare il valore dei titoli. Sapevano quando gli altri facevano altrettanto e potevano seguire la stessa politica degli altri.” Spesso e volentieri pagavano generosamente i giornalisti che nei loro articoli pompavano i titoli posseduti dal trust, come Galbraith ci spiegherà più avanti. Pensate quanto siamo fortunati noialtri che operiamo nel 2009, dopo la più completa scomparsa di quelle cattive disoneste!

Per accrescere il loro prestigio, i trust assumevano come consulenti i migliori economisti delle più famose università americane, che collaboravano attivamente alla gestione. Godendo, Galbraith sottolinea che le quotazioni di un fondo gestito da una sfilza di professoroni passarono dai $75 del ’29 a meno di $0.75 nel ’35. Grazie anche a questa decisione di assumere persone la cui “reputazione d’intuito e di preveggenza era tale da togliere il fiato” i fondi infondevano molta sicurezza ed erano sempre più numerosi gli investitori che si affidavano a loro.

Nel 1929 gli investment trust scoprirono la leva e ne fecero un uso forsennato. Il nostro autore fa un chiaro esempio di come funzionavano le cose. Mettiamo che un fondo cominci a operare all’inizio del 1929 con un capitale di 150 milioni di dollari. Il capitale non viene tutto dalla vendita di azioni, ma per 100 milioni dalla vendita di obbligazioni e altri titoli di debito, e per soli 50 milioni dalla vendita di azioni. I 150 milioni vengono investiti nell’acquisto di titoli. Con il favoloso trend rialzista del ’29, a metà estate il valore dei titoli già avrebbe superato i 225 milioni, ma le obbligazioni e gli altri titoli di debito chiaramente non avrebbero goduto dell’incremento di valore delle azioni: 100 milioni erano e 100 milioni rimanevano. Così l’incremento di valore del patrimonio del trust -da 150 a 225 milioni, quindi 75 milioni di dollari- si riversava tutto sulle azioni, che quindi passavano dai 50 milioni iniziali a 125, con un fenomenale incremento del 150% mentre le azioni in portafoglio erano salite “solo” del 50%.

E non è finita… “Se le azioni ordinarie del trust, il cui valore era così miracolosamente cresciuto, fossero state tenute da un altro trust con analoga potenza di leva, le azioni ordinarie di quel trust avrebbero registrato un incremento del 700-800 per cento dall’originario rialzo del 50 per cento. E così via. Nel 1929 la scoperta delle meraviglie della progressione geometrica colpì Wall Street con una violenza paragonabile a quella dell’invenzione della ruota. Ci fu una corsa precipitosa a patrocinare investment trust che avrebbero patrocinato altri investment trust che, a loro volta, ne avrebbero patrocinato altri ancora. Il miracolo della leva, per di più, rendeva tutta l’operazione relativamente gratuita per l’uomo più importante che era dietro al complesso meccanismo. Avendo lanciato il primo trust e conservato una parte delle azioni ordinarie, gli era relativamente facile, grazie agli incrementi di capitale derivanti dall’azione della leva, metterne in moto un secondo, più grande, che avrebbe accresciuto il guadagno e reso possibile un terzo trust ancora maggiore”.

Galbraith cita il caso quasi incredibile di un investment trust -l’American Founders Group- nato con un capitale di $500 che grazie alla leva e alle partecipazioni a cascata arrivò a controllare qualcosa come un miliardo di dollari (di allora!). Più tardi gli investitori e gli investment trust si sarebbero accorti che la leva è altrettanto efficiente quando il mercato ti viene contro, con le tragiche conseguenze che si possono immaginare. Piccoli investitori fanatici della marginazione, fondi comuni votati a un uso pazzesco della leva… dite la verità: vi aspettavate che nel 1929 la borsa fosse così sofisticata?
Sempre a proposito di modernità, prima s'è citato un nome tuttora ben noto, quello della JP Morgan, che nel ’29 si distinse come una delle banche più disinvolte nella gestione degli investment trust. Indovinate ora chi faceva l’utilizzo più folle e sregolato della leva? E’ un nome che impazza ancor oggi sui palcoscenici finanziari di tutto il mondo: una certa Goldman Sachs…

Galbraith osserva che la Goldman Sachs era entrata tardi nel lucroso affare degli investment trust, solo nel dicembre 1928, ma recuperò rapidamente. Le azioni del suo primo investment trust vennero acquistate tutte dalla stessa Goldman Sachs a 100 dollari, in parte per essere subito rivendute al pubblico a 104 dollari, così giusto come antipasto. A febbraio già erano salite a 222,50, a fronte di un valore complessivo dei titoli e del contante della società di appena la metà (dopo il crollo scesero a $1,75). In quel primo esperimento GS non utilizzò la leva, ma un altro onesto accorgimento: il continuo acquisto di azioni proprie per far salire le quotazioni.

Ben presto però la banca d’affari si convinse che stava raccogliendo solo le briciole, viste le enormi potenzialità del mercato. Così si affrettò a lanciare un investiment trust dopo l’altro, tutti collegati a cascata col sistema delle scatole cinesi, oppure intrecciati diabolicamente con altre società che facevano capo ai grandi soci della stessa Goldman Sachs. Quegli incestuosi investment trust -come li definisce il Nostro- oltre a un uso pazzesco della leva, inventarono anche qualcosa di nuovo, chiaramente per favorire i piccoli investitori. Offrirono al pubblico la possibilità di scambiare le azioni “normali” che ognuno possedeva -azioni di società di beni e servizi, che avevano un valore concreto- con le azioni dei trust, che fra leva, intrecci incestuosi, ipervalutazione delle capacità di gestione, contenevano ben poco di solido. In sostanza Goldman Sachs prendeva qualcosa di reale e in cambio offriva aria fritta, “tu dare a me oro e io ti regalare bellissime palline colorate”... “L’offerta”, commenta Galbraith col suo stile inimitabile, “suscitò molto interesse”. E conclude così: “è difficile non meravigliarsi dell’immaginazione implicita in questa gigantesca follia. Bisogna dire che si trattava di follia in scala epica”.


x gccolven
Il primo post! Benvenuto e grazie per aver scelto questo thread per la tua prima uscita. Intervieni tranquillo, non è proprio il caso di avere timori reverenziali, perché di enormità ne spariamo tutti qui dentro.

X Cucciafans
Olà, come stai? Cominciato a fare acquisti o preferisci aspettare? Un saluto sincero.

x Apuleio2006
Grazie ma naturalmente giro i complimenti a Galbraith. Era disincantato e ironico, eppure forse si commuoverebbe un po’ se sapesse che i suoi scritti vengono così apprezzati dopo tanti anni e in un paese così lontano dal cuore della finanza.

x Rambotre
Ciao Rambo. Ce l’auguriamo tutti che la soluzione non sia quella, chiaro, ammesso che questa crisi si dimostri grave come quella del ’29. Come ecologista sfegatato, l’idea delle energie rinnovabili mi sta benissimo. Però quanta manodopera troverebbe impiego? Come dicevo, per lunghissimi anni -fino al ’38- la disoccupazione si mantenne sempre sopra il 20%. Temo che le energie rinnovabili non basterebbero, a meno di fare come in Cina, dove vediamo formicai umani che scavano canali, stile antico Egitto.

x Mike 70
e io ringrazio te!

x Zigzag2000
effettivamente non era chiara la larghezza smisurata di quel “ci” (ci sono state nascoste), che si dilatava fino a comprendere i contemporanei di Stalin. Solo nel 1956 Krusciov rivelò al mondo la vera terrificante portata delle “grandi purghe” staliniane.

x Giugin
Ti ringrazio, ma speravo che l’esempio fatto nel post #1 (verso la metà) fosse abbastanza chiaro, dato mi sono sforzato di rispettare scrupolosamente le parole di Galbraith che ho riportato tra virgolette nel post #31 (verso l’inizio). Aggiungo questo passaggio di un articolo di Gordon E. Harvey, del dipartimento di storia dell’Università della Louisiana, che spiega ulteriormente come andavano le cose:
“The workings of the boom mirrored those of the New York Stock Exchange and provide a glimpse as to why each collapsed in the 1920s. To speed the sale of land, land speculators used binders, or written promises to convey. Something short of an official deed, binders allowed for the quick trading of land titles without having to wait for the legal deed machinery to work. Like buying on the margin did for the stock market, so binders contributed to the land boom. In 1925 alone, more than 174,000 conveyances were recorded. Investors could buy land on margin with no more than 15-20 percent down for ninety days. In the interim the investor tried to sell his land at a higher price before his margin was called.”
Per il resto, se permetti ti rimando alle fonti ben più affidabili che potrai trovare facilmente in rete… oppure scegliti un esempio realistico (non un aumento dei prezzi del 9900% in meno di un mese) e vedrai che tutto diventerà chiaro. Ciao!
 
spesso scrivi correttamente e sono molto interessantile tue ultime puntate e quindi un grazie per il lavoro ti spetta di diritto;)...

io + leggo e mi informo sulla situazione finanziaria del 29 e +mi inquieto, le analogie sono incredibili...

Ciao da Rambotre
 
spesso scrivi correttamente e sono molto interessantile tue ultime puntate e quindi un grazie per il lavoro ti spetta di diritto;)...

io + leggo e mi informo sulla situazione finanziaria del 29 e +mi inquieto, le analogie sono incredibili...

Ciao da Rambotre
le analogie ci sono ..ma il buco di dodici volte il pil mondiale ,allora ,non aveva queste dimensioni
 
x Zigzag2000
effettivamente non era chiara la larghezza smisurata di quel “ci” (ci sono state nascoste), che si dilatava fino a comprendere i contemporanei di Stalin. Solo nel 1956 Krusciov rivelò al mondo la vera terrificante portata delle “grandi purghe” staliniane.

Veramente lo stesso Stalin non ne faceva mistero con gli altri capi di stato, almeno a quanto ne racconta Churchill nella sua storia della II G.M.: durante la conferenza di Yalta Churchill chiese a Stalin se era vero quello che si diceva delle purghe, di quante persone fossero finite nei gulag, e dice che il dittatore sovietico alzò tutte le dita delle due mani come a dire "10 milioni". Il numero è cmq controverso, probabilmente i deportati complessivamente furono di più (ma non rimanevano sempre nei gulag a vita, molti furono amnistiati nel 1941 purché accettassero l'arruolamento al fronte per la guerra) le vittime molte meno (forse 2-3 milioni quelli morti nei gulag tra il 1929 [salita al potere assoluto di Stalin] e il 1953 secondo cifre ufficiali sovietiche, a cui vanno però aggiunti 4-5 milioni di contadini fatti morire di fame con sequestri coatti di prodotti agricoli durante la collettivittazione forzata del 1932-33 in Ucraina ma non solo, e probabilmente un altro milione tra le minoranze considerate collaborazioniste deportate dopo il 1945)
 
Sono rari come le mosche bianche, ma esistono… mi riferisco a quei guru che riescono a interpretare davvero lo spirito del Mercato. Per esempio, Michael Cohn dell’ Atlantis Asset Management e Quincy Krosby della Hartford, intervistati dalla CNBC.
Il crollo dell’altro ieri lasciava molti interrogativi: solo un sell-on-news? un messaggio trasversale lanciato a Obama da Wall Street? L’inizio di una nuova gamba ribassista? e così via… Per noialtri erano domande destinate a restare senza risposta… (esclusi naturalmente i veggenti che pullulano nel fol). Invece Cohn e Krosby hanno osservato che dietro l’ondata di vendite non c’era un rifiuto del piano, né un messaggio politico -sarebbe stato al di fuori dello stile (e degli interessi) di Wall Street. Gli operatori, gente pratica, semplicemente volevano informazioni spicciole, concrete. Quale sarà l’esatto meccanismo per prezzare i famosi “distressed assets”… Chi li comprerà materialmente? Invece il discorso di Geithner è rimasto sul vago, non ha portato niente di nuovo, per questo a Wall Street non è piaciuto, secondo l’articolo della CNBC. La sostanza non era in discussione, dato che non spetta agli operatori di borsa individuare i modi per risolvere la crisi. “The devil's going to be in the details with this stuff" Il casino di ‘sta roba consiste nei dettagli.

Questa mancanza di concretezza non dà al mercato la sensazione che il governo abbia ben chiara la strada da prendere per uscire dalla crisi, e questo lascia gli operatori nell’incertezza, e come si sa l’incertezza è la morte della borsa. Non si potrà sperare nell’inversione o in rally veramente importanti finché dura l’incertezza. "Is there a reason to deploy a lot of capital in this market?”. Non c’è una sola ragione per mettere in campo grossi capitali in questo mercato. "In the market economy, the financial infrastructure is the lifeline." Quindi finché non sarà “riparato” il sistema finanziario -o almeno finché non si capirà che il governo è in grado di farlo tornare efficiente- si prevede una prosecuzione del laterale, senza escludere nuovi test dei minimi di novembre.

Ma veniamo all’interpretazione precisa del sell-off, che si è rivelata perfetta, altrimenti avremmo avuto un calo del 5% anche sui nostri mercati e ieri l’America non avrebbe chiuso positiva. La scorsa settimana i mercati si erano lanciati in un rally sulla notizia che il piano di salvataggio era in via di definizione. Poi, ecco il sell-off. Quindi evidentemente c’è da considerare anche il fattore sell-on-news, e proprio per questo -oltre che per il discorso fatto prima sulla mancanza di dettagli operativi nel piano- si può pensare, sempre secondo l’articolo, che si sia trattato di un evento singolo, destinato a non influire sulla fase di consolidamento in atto. "This is a trader's selloff, 100 percent pure and simple. When (the Dow) gets back to 7,900, 7,850, buyers come back. It's nothing."

Ed ecco la parte più interessante (e più ottimistica) dell’articolo: “Buying begets buying, and that’s a takeaway that has served me in good stead” afferma Krosby “What gives you, the retail investors, hope is when you start to see the hedge funds go back into equities, institutional buying into equities, that pushes the market up for two or three days."
“Professional investors would much rather see an organic move in the market, meaning it's not induced by any move from Washington but rather by a company saying revenue looks better than expected, that orders have picked up," prosegue Krosby "Or they begin to see the news, the macroeconomic data are stabilizing, that's what moves the market ultimately."
"Slowly but surely this thing is going to get better," aggiunge Kohn. "It's just really slow. Until the bad news stops, you're not going to change the world's perception”
Come ripeto, mi sono limitato a riportare qualche passaggio dell’articolo, che comunque non esclude che vengano toccati di nuovo i minimi di novembre. Per conto mio, sono entusiasta di quest’andamento dei mercati, che saltano e ballano come ossessi, ma restano sempre sulle stesse mattonelle. Finora.


Un grazie per l’attenzione a Rambotre e Vileggo

x Zigzag 2000
Io mi riferivo alla gente, ai grandi numeri. Quanti conoscevano l’episodio di Churchill o le confidenze degli occidentali che siedevano nel Komintern? Del resto, se le notizie sulle purghe fossero state di pubblico dominio, le rivelazioni di Krusciov non avrebbero suscitato l’enorme scalpore che suscitarono. Comunque sia era solo un esempio a caso, non è questo il punto. Quello che volevo dire (non so com’è uscito fuori questo discorso!) è che nella storia:
a) molte cose vengono nascoste (pensa ai veri motivi delle guerre, puntualmente nascosti dietro ideali “fiammeggianti”)
b) spessissimo le cose ci vengono raccontate in maniera faziosa, considerandole solo da un lato, che guarda caso è quello del vincitore. Quanti “terroristi” sono diventati “eroi” dopo che la loro parte ha vinto? Terrorista, partigiano, brigante, guerrigliero, sono parole perfettamene intercambiabili, varia solo il punto di vista di chi le usa
c) ancora più spesso le cose non è che ci vengano nascoste, ma sono lasciate lì in un angoletto sperduto, non gli si dà la diffusione che meritano e l’effetto è sempre quello. Come in borsa -per tornare a bomba- uno può pompare o denigrare un titolo senza mentire, ma soltanto mettendo in luce gli aspetti che più gli fanno comodo, la stessa cosa -amplificata milioni di volte- succede nella storia. Ci sarebbe tanto da dire, ma mi sembrano cose ovvie, e comunque siamo fuori tema. Ciao.


2Face Idibia (Nigeria) “African Queen”
http://www.youtube.com/watch?v=MuVsngBBDgQ
 
Eh Eh… davvero adorabile questo mercato. Chissà quanto rimpiangeremo un trading range con la volatilità implicita a questi livelli (stasera Vix 41.25 Vstoxx 43.42). La discesa di oggi era rimasta lontana dalla base del laterale, che per l’Eurostoxx50 è a 2127-2147, quindi con rischio di rottura dell’incantesimo sotto i 2100. Per le mie posizioni i livelli di guardia sono a 2000 per la ormai vicinissima scadenza di febbraio e a 1850 per quella di marzo, ma naturalmente ho già programmato le contromisure se i prezzi dovessero avvicinarsi a quelle quote.
Secondo i commenti americani, l’imprevisto aumento dell’1% delle vendite al dettaglio ha fatto da catalizzatore per il violento rush finale che ha caratterizzato la seduta. Altro elemento favorevole è stata la notizia che è in preparazione un pacchetto di sussidi per i “troubled homeowners”, i famosissimi titolari dei mutui subprime che sarebbero (il condizionale ci sta tutto) all’origine di questo po’ po’ di putiferio. Il piano dovrebbe porre un freno al continuo calo dei prezzi delle case, che nell’ultimo trimestre del 2008 sono scesi ai livelli più bassi dal 2003.
L'ormai fin troppo atteso pacchetto di stimulus dovrebbe essere approvato venerdì per dar modo a Obama di firmarlo in pompa magna proprio nel President’s Day, lunedì. Sembra di capire che le aspettative siano abbastanza modeste “because a lot of its impact on the economy won't be felt until next year.”e comunque -con molta semplicità- “the market is reflecting the realization that we still have a big problem and we are still not sure how to deal with it".
Quindi sembrerebbe che non siano in vista enormi movimenti del mercato, con tutte le riserve del caso e le sempre presenti possibilità di sorprese, in positivo o in negativo. In realtà mi sembra abbastanza strano che un presidente nuovo, giovane, attento all’immagine, pieno di voglia di fare, finisca per appiattirsi sulla strada aperta dall’amministrazione precedente senza tirar fuori dal cilindro qualche grossa novità sostanziale o apparente, con quel gusto dello spettacolo tipicamente americano (ancor più tipicamente italiano, ma qui si parla dell'America). Staremo a vedere... intanto sarebbe ottima cosa se il mercato continuasse a oscillare violentemente intorno allo stesso asse.



Marisa Monte (Brasile) “Pra ser sincero”
http://www.youtube.com/watch?v=kCpS3nqjI9Y
 
Secondo i commenti americani, l’imprevisto aumento dell’1% delle vendite al dettaglio ha fatto da catalizzatore per il violento rush finale che ha caratterizzato la seduta.
Ciao Fil.
La mattina di buon ora leggo sempre volentieri i tuoi interventi che a mio giudizio denotano pacatezza, ottima preparazione professionale, ed in particolar modo molta molta obbiettività, qualità quest'ultima che come hai sottolineato nell'intervento di ieri è merce rara fra gli utenti del Fol.
Mi limito solo ad una considerazione spicciola, oserei dire da donnicciola di mercato....... :D
Vorrei solo capire, e con tutto il rispetto mi permetto di dire che non sarai certo te a spiegarmelo e sfido chiunque a poterlo fare con cognizione di causa, perchè alle ore 13.30 negli States (ore 19.30 italiane) detto catalizzatore non sortiva i suoi effetti (indice praticamente a -2%) mentre ha avuto pienamente effetto per l'effettuazione di un rush finale :confused:
Bisogna percio' dedurre che anche gli operatori di Wall Street siano soggetti a tempeste ormonali che ne condizionano pesantemente il loro modo di operare? :D

E' come stabilire se è comparso sulla terra prima l'uovo o la gallina! :)

Con stima.

Un salutone BIG
 
Sì, in effetti ho trovato più convincente questa:

http://it.biz.yahoo.com/12022009/92/wall-street-stupisce-finale-sorpresa.html

"A questo movimento però ha fatto seguito un rapido e significativo recupero, alimentato dai rumors relativi ad un possibile nuovo provvedimento dell'amministrazione Obama, finalizzato ad aiutare le famiglie in difficoltà con il pagamento delle rate dei mutui. "
 
n 8

(“Il grande crollo” di JK Galbraith, 8a puntata)
Come succede anche oggi, nei mesi più caldi l’attività della borsa di solito diminuiva. Nel 1929 invece niente tregua estiva. Gli investment trust continuavano a sfornare un’iniziativa dietro l’altra e il rialzo pareva inarrestabile. Nei tre mesi dell’estate, General Electric salì da 268 a 391 (+46%), Westinghouse da 151 a 286 (+89%) e così via. Anche gli investment trust fecero faville: l’ Union Founders passò da 36 a 68 (+89%), l’ Alleghany Co. da 33 a 56 (+76%) ecc.
Il volume era stabilmente su livelli elevatissimi. A questo punto Galbraith ci ricorda che non bisogna tener presente solo Wall Street. Specialmente i trust, ma anche molte industrie, consideravano un vincolo eccessivo i controlli estremamente blandi della più grande borsa degli Stati Uniti, e preferivano quotarsi nelle borse minori, dove le formalità (e le garanzie per gli investitori) erano praticamente nulle. Così anche le più sperdute città di provincia si dotarono di una borsa valori, e tutte ebbero un’attività vivacissima. Nel 1929 nel mitico Nyse -New York Stock Exchange- si concentrava il 61% dell’operatività complessiva delle borse degli Stati Uniti, mentre nel 1932, quando la maggior parte degli investment trust e delle società più avventurose era ormai fallita, la percentuale salì al 79%. Questi dati, rileva il nostro autore, testimoniano il dinamismo delle borse minori nel ’29, ma sono anche un segnale del peso dei motivi poco nobili che spingevano molte aziende a quotarsi in provincia per evitare la “scrupolosa” (si fa per dire) Wall Street.

A testimoniare l’intensità della speculazione, alla fine dell’estate i prestiti per finanziare l’acquisto di azioni raggiunsero i sette miliardi di dollari. La metà proveniva da società industriali e da privati, americani e stranieri, che trovavano estremamente remunerativi i tassi fra il 7% e il 12% in assenza di qualsiasi rischio -così credevano tutti- per via della garanzia rappresentata dai titoli, il cui valore saliva continuamente. “Alcuni preoccupati osservatori” scrive Galbraith “ebbero quasi l’impressione che Wall Street stesse per inghiottire tutto il denaro del mondo. Comunque, in conformità con le indicazioni di chi se ne intendeva, col passare dell’estate i bravi portavoce dotati di senso di responsabilità biasimiarono non l’aumento dei prestiti su titoli, ma coloro che insistevano nel dare importanza a tale tendenza. Si criticarono aspramente i profeti di sciagure.”

Barron’s -tuttora qualificatissimo giornale finanziario- “spiegava che le persone preoccupate dai prestiti agli operatori in borsa e dall’afflusso di fondi dalle società, semplicemente non capivano la situazione.” Invece il giornale si sperticava in elogi per il nuovo modo di investire le riserve societarie.
Anche il mondo accademico non esitava a bastonare chi si azzardava a sollevare qualche timida critica. L’opinione generale era che “l’alto livello dei prestiti agli operatori non deve essere temuto come qualcuno vorrebbe farci credere”.
Gli ambienti di Wall Street naturalmente erano i più entusiasti: “In America non c’è posto per i DISTRUZIONISTI”… “Le condizioni economiche del mondo sembrano alla vigilia di un grande movimento in avanti”… “L’unanime giudizio dei milioni di persone le cui valutazioni muovono quel mirabile mercato che è la borsa, è che i titoli non sono attualmente sopravvalutati. Dov’è il gruppo di uomini dalla saggezza così sconfinata che li autorizza ad opporsi al giudizio di questa intelligente moltitudine?”

I banchieri aderirono in pieno alla tendenza ottimistica. “Avevano i loro motivi per farlo” puntualizza Galbraith “un considerevole numero di banche commerciali, fra cui le più grosse di New York, avevano organizzato delle consociate per le operazioni in titoli; queste vendevano azioni ed obbligazioni al pubblico, e tale attività era diventata importante, tanto da imporre una rosea visione del futuro, Per di più i singoli banchieri, forse prendendo l’imbeccata dai capi della National City e della Chase di New York, si erano messi a speculare vigorosamente per conto proprio. Era improbabile che dicessero -e più ancora che auspicassero- qualcosa che fosse in contrasto con l’andamento del merato.”

Ci fu qualche eccezione. La International Acceptance Bank previde perfettamente il futuro, ammonendo che se la Fed non avesse arrestato “l’orgia di sfrenata speculazione” si sarebbe giunti a un disastroso tracollo borsistico “che avrebbe provocato una depressione generale che avrebbe coinvolto l’intero paese”. Chiaramente la previsione venne accolta da una valanga di fischi. Qualcuno si limitò a definirla frutto di un atteggiamento antiquato. Altri dissero che “insidiava la prospettiva americana”. Altri ancora insinuarono che la banca doveva avere un motivo per uscirsene con quelle dichiarazioni… probabilmente una posizione short. Cappero, ma allora il fol non inventa mai niente di nuovo! Non facciamo che ripetere le frasi di ottant’anni fa…

Anche i giornali in maggioranza erano tutt’altro che scettici. Non sempre disinteressatamente. C’erano giornalisti “che chiedevano freddamente denaro contante in cambio di notizie favorevoli al mercato”. Per esempio un giornalista del Daily News ricevette 19000 dollari per parlar bene di certi titoli, e fece benissimo il lavoro per cui era stato pagato. Quando, dopo il crash di Wall Street, venne interrogato sull’argomento, il corruttore dichiarò che “era stata solo una coincidenza e che il pagamento era una manifestazione della sua più o meno abituale generosità”. Sempre dopo il crash, una commissione accertò che molta gente “aveva come attività sistematica l’acquisto di commenti favorevoli nella misura necessaria e al momento giusto”.

Qualcuno però non si lasciò condizionare. Fra quelli che cercarono di ammonire sulle sciagure che avrebbe comportato lo scoppio della bolla c’erano in prima fila la Poor’s (attuale Standard & Poor’s), che parlava apertamente del “grande inganno delle azioni” e soprattutto il New York Times, che addirittura “in parecchie occasioni annunciò, un po’ troppo prematuramente, che era giunto il giorno della resa dei conti”. “Soltanto un durevole senso di catastrofe poteva sopravvivere a quelle smentite” osserva il nostro autore con il consueto humour. Dire che quando arrivò davvero il giorno del giudizio universale il New York Times “riportò la notizia con giubilo, sarebbe un’esagerazione. Cionondimeno, ne parlò con un’inconfondibile assenza di dolore”.

Anche il mondo della cultura partecipò allegramente alla festa. “Quella minoranza raffinata che in altri tempi aveva manifestato il suo interesse per San Tommaso d’Aquino, Proust, la psicanalisi e la medicina psicosomatica, in quei giorni parlava di United Corporation. di United Founders e di Steel.”
In ogni cittadina americana c’è sempre stato qualcuno “in grado di parlare con cognizione di causa di compravendita di titoli. Ora egli diventò un oracolo.” I guru sapevano tutto sui progetti dei pools, manovre, manipolazioni, fusioni… Consigliavano le migliori occasioni… “Brillavano incontrastati perfino in compagnia di artisti, di commediografi, di poeti e di famose concubine. Le loro parole, più o meno letteralmente, erano d’oro. Il loro uditorio li ascoltava non con la casuale attenzione di gente che raccoglie battute ripetibili, ma con l’attenzione estatica di chi spera di far denaro mercé i consigli uditi”.

I discorsi sul mercato dominavano ovunque. Il nostro autore racconta che “a un pranzo nel centro di Scranton, un medico bene informato parlava dell’imminente frazionamento delle azioni della Western Utility Investors e del suo effetto sui prezzi. Né il medico né i suoi ascoltatori sapevano perché ci doveva essere un frazionamento, perché esso avrebbe aumentato i valori, o perché mai la Western Utility Investors avesse un valore. Ma né il medico né i suoi ascoltatori si rendevano conto di non averne la minima idea. La giustezza di una cosa, di per sé, è spesso un’astrazione associata non con i fatti o con la realtà, ma con l’uomo che la asserisce e con la maniera in cui la asserisce”.

Anche chi non aveva troppi quattrini da spendere faceva la sua parte. “L’autista del riccone guidava tendendo l’orecchio a quanto veniva detto dietro di lui su un imminente movimento nelle Bethlehem Steel, perché aveva un piccolo pacchetto di 50 azioni acquistate con la marginazione. Nell’ufficio del broker il pulitore di vetrate si fermò un attimo a guardare il ticker pensando che poteva convertire i suoi sudati risparmi in qualche azione della Simmons.” In giro si raccontava “di quel fattorino di un broker che si era guadagnato un quarto di milione in borsa, di quell’esperta infermiera che aveva messo da parte 30.000 dollari seguendo i suggerimenti dei pazienti grati, e di quell’allevatore di bestiame del Wyoming, a quaranta chilometri dalla più vicina ferrovia, che comprava o vendeva un migliaio di azioni al giorno”.

Galbraith conclude questa parte con una considerazione etica: “I valori di una società esclusivamente preoccupata di far denaro non sono del tutto rassicuranti.” e cita il modo indegno con cui la National Waterworks Co., specializzata nella gestione di acquedotti, invitava il pubblico a sottoscrivere le sue azioni: “Immaginate che -per un cataclisma- soltanto un piccolo pozzo rimanga a disposizione della città di New York: ogni secchio varrebbe un dollaro, cento dollari, mille dollari, centomila dollari! Possedere il pozzo vorrebbe dire possedere tutta la ricchezza della città”. Purtroppo anche in questo caso non mancano le similitudini con il mondo di oggi. Ricordo che subito dopo l’attentato del 2001 un folista che tradava i Btp a lunga scadenza -allora ovviamente in forte rialzo- sperava con tutta l’anima che l’attentato si ripetesse per incassare altri quattrini. Qualcuno gli scrisse “Ma non ti vergogni ad augurarti la morte e le sofferenze di migliaia di persone per guadagnare due lire?” e quella bestia ebbe la faccia tosta di rispondere “Lo dici tu che sono due lire!”. Che contributo può dare all’umanità uno che si riduce a questi livelli? Mi sembra scomparso dal forum… se il motivo è che si è rovinato, non mi dispiace neanche un po’.
(fine dell’ 8a puntata)


x Bigsmallit e Cassettone
Un saluto a cassettone. Big è stato simpatico con le sue letture mattutine, speriamo che non ci siano troppe delusioni. Ma non si può assolutamente parlare di “preparazione professionale”, e nemmeno ci terrei. Cerco solo di incrementare le entrate di casa, tutto qui.
Quello che si leggeva ieri era del tipo: “The stock market was down steeply prior to roaring to life after a surprising 1% increase in Retail Sales and word of a potential Obama generated mortgage subsidy package to help troubled home owners.” e in verità avevo citato entrambi i motivi, per quello che contano. Se non ricordo male, qualche sito accennava al fatto che il crollo del prezzo delle case e la conferma della gravità della disoccupazione avevano fatto passare inosservato, in un primo momento, il dato positivo sulle vendite al dettaglio.

Comunque sia, sicuramente c’è stato un motivo specifico per il balzo finale di ieri. Infatti -come ognuno può verificare sui grafici offerti dal proprio tol- tutti gli indici sono partiti improvvisamente al rialzo alle 21.08 precise. Per esempio il minifuture sull’S&P500 ha toccato un minimo di 806.00 alle 21.08 e alle 22 si trovava a 833.75. Mica male: +3.44% in meno di un’ora! Anche i volumi esplodevano, mentre -guarda caso- i bond crollavano. Dopo un massimo principale alle 20.55 e uno secondario alle 21.08 il future sul T-Bond è andato giù a picco fino alle 22.
Può darsi che alle 21.08 in punto tutti gli operatori si siano dati una manata in fronte dicendo “Caspiterina, non c’eravamo accorti del dato sulle vendite al dettaglio”, e giù acquisti a manetta. Oppure visto che si era scesi a livelli importanti (800 S&P500, 1200 Nasdaq) qualche grosso operatore ha cominciato a comprare a mani basse e gli altri si sono accodati. Oppure chissà che. E’ un’inutile chimera l’individuazione del WHY, quello che conta è il WHAT, come dicevano gli antichi. Ieri abbiamo avuto la conferma che AL MOMENTO c’è una precisa, forte volontà di mantenere il mercato in trading range, questo è l’importante, anche se tutto può cambiare dall’oggi al domani, come sempre. Ciao.





Los Guaraguao, “Casas de carton”
Chi si trova a New York può passare San Valentino con loro al Manhattan Center Ballroom. Per informazioni chiamare il 201-538-3909 (che efficienza, eh?)
http://www.youtube.com/watch?v=RuNBqFlgdak
 
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