Aste Sotheby's

C’è un po’ di tutto nel bel catalogo Sotheby’s dedicato a mobili, elementi d’arredo e opere d’arte raccolti dalla collezionista Pauline Karpidas per la sua casa a Idra. La parte del leone è per il designer ticinese Mattia Bonetti. L’asta si tiene a Parigi il 30 ottobre.

Hydra: The Karpidas Collection
 
Sothebys MILANO
primi lotti visibili

https://www.sothebys.com/en/buy/auction/2023/contemporary-auction-2?locale=en&lotFilter=AllLots

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Il grande Asher più attuale che mai:

Asher viene invitato alla grande mostra collettiva “The Museum as Muse: Artists Reflect” (“Il museo come musa: gli artisti riflettono”) che si tiene al MoMA dal 14 marzo al 1° giugno del 1999.

Come dice il titolo, si tratta di una mostra che ha come argomento il museo. Naturalmente, Asher dà un’interpretazione alla sua maniera, incentrata sulla critica istituzionale. Asher approfondisce il tema di ciò che in inglese chiamano “deaccession”, cioè la maniera con la quale il museo vende opere presenti nella propria collezione. Questa pratica è molto meno conosciuta dal pubblico rispetto alle acquisizioni, alle quali viene dato spesso molto risalto nelle comunicazioni. Anche le dismissioni e le vendite contribuiscono alla creazione di quel “canone” museale che è poi un punto di riferimento per tutti.

Asher intende documentare tutte le opere che sono uscite dalla collezione del MoMA dalla sua istituzione nel 1929 fino al 1998, attraverso la pubblicazione di un catalogo che imiti quello che il MoMA realizza per annunciare le nuove acquisizioni. Asher scopre così che le informazioni non sono disponibili e non sono accessibili. La lista delle opere uscite dalla collezione viene ricostruita per lui da uno stagista che gli viene messo a disposizione dal museo. Sei settimane prima dell’inaugurazione della mostra, il capo dei curatori Kirk Varnedoe impone, contro la volontà dell’artista, di pubblicare nel catalogo che Asher intende proporre nella mostra una nota con la policy del museo sulla “deaccession” e una dichiarazione a nome del MoMA: “Non siamo stati in grado di assicurarci che la presente lista risponda ai criteri di completezza o accuratezza che richiederemmo in una pubblicazione del Museo”. Questo nonostante la lista sia stata preparata dallo staff del museo nel non breve lasso di tempo di sei mesi. Secondo la testimonianza di Asher, Varnedoe in origine contesta addirittura che il catalogo prodotto da Asher si possa considerare una pubblicazione “ufficiale” del museo; la casa editrice allora domanda a Varnedoe se esistano cataloghi “ufficiali” e lui deve ammettere di no.

Per prendere le distanze dal catalogo, in modo che tutti sappiano che non si tratta di qualcosa voluto dal MoMA, tentano di imporre una “X” grigia su ogni pagina, ma si accordano solo sulle seguenti modifiche: la dicitura “by Michael Asher” stampata in copertina e il nome in maiuscolo “ASHER” su ogni pagina. Cosa che fa abbastanza ridere, visto che l’artista avrebbe ben volentieri compilato da solo la lista di opere, ma il MoMA si è opposto e ha preparato la lista senza il suo contributo.

In questa immagine, la copertina del catalogo voluto da Asher:
Vedi l'allegato 2944973

In quest’altra, una pagina esemplificativa della lista di opere, che include, tre le altre, 8 Cézanne e 4 de Chirico:
Vedi l'allegato 2944975

A questo link è possibile consultare il catalogo completo, che comprende un totale di 403 opere:

Painting and sculpture from the Museum of Modern Art : catalog of deaccessions, 1929 through 1998

Come se non bastasse, i curatori cambiano la collocazione dell’installazione di Asher all’interno della mostra, rispetto a quella prevista. Asher trova il modo per fare funzionare lo stesso l’installazione. Al fondo della mostra alcune copie del catalogo vengono collocate con una panca di cortesia. Un’etichetta identifica il lavoro di Asher e informa gli spettatori che il catalogo può essere richiesto al negozio del museo presentando il biglietto. La cosa significativa è che nel negozio il catalogo di Asher è tenuto lontano dalla vista, dietro al bancone e viene tirato fuori solo su richiesta dei visitatori. Questo sistema di distribuzione, voluto dal museo e non suggerito da Asher, è stato paragonato in maniera indipendente fra loro dai critici Thomas Crow e Roberta Smith al sistema di distribuzione di materiale pornografico. Ha detto in particolare Smith: “Sembra singolarmente appropriato che si possa portare a casa per un’attenta analisi in privato”. Con tale sistema il MoMA ha limitato molto il numero di cataloghi distribuiti.

La modalità di consultazione all’interno della mostra è documentata in questa foto:
Vedi l'allegato 2944976

È evidente che il progetto di Asher dia molto fastidio. Una delle possibili ragioni riguarda la possibile reazione dei donatori di opere; un’altra ragione sta nel fatto che i fondi ottenuti dalla vendita di opere spesso vengono utilizzati per la manutenzione degli edifici e per i servizi, piuttosto che per arricchire il patrimonio artistico. Su altre riflessioni si sofferma Asher in un’intervista a Stephan Pascher:

“Uno dei motivi per cui volevo fare questo lavoro era che desideravo proporre l’idea che il museo è molto coinvolto nel mercato, non solo offrendo dei modelli di come dovrebbero apparire le forme ideali della produzione, ma anche vendendo o scambiando oggetti d’arte per guadagnare ricavi o ulteriori opere. Per me, 403 opere dal 1929 ad oggi… per me sono parecchie”.

Più oltre Asher si sofferma sul fatto che quando un’opera entra in una collezione pubblica, diventa parte della cultura di quella comunità. È discutibile che degli amministratori ne possano liberamente disporre.

A dimostrazione dell’attualità dei temi sollevati, c’è molta polemica qui in Svizzera per tre opere di Cézanne messe in vendita da un museo di Baden. Se n’era parlato anche in Italia, ma prima delle polemiche:

Cézanne all’asta per finanziare Villa Langmatt

Questo un articolo più recente:

SWITZERLAND’S CASH-STRAPPED MUSEUM LANGMATT UNDER FIRE FOR SELLING CÉZANNES
 
No, vabbè.... ma qui si esagera in bellezza!!!
Già queste poche opere rendono bellissimo il catalogo...


No, vabbè...

un catalogo uguale quelli di anni fa, ormai soths si è omologata ai soliti 4 nomi e non si spingono ad alimentare ricerca e nuove tendenze.

Semper chela, direbbe Minini, da buon bresciano;)
 
No, vabbè...

un catalogo uguale quelli di anni fa, ormai soths si è omologata ai soliti 4 nomi e non si spingono ad alimentare ricerca e nuove tendenze.

Semper chela, direbbe Minini, da buon bresciano;)

Ma tu cerchi la ricerca e le nuove tendenze presso le case d'asta?
 
In effetti...le case d'asta propongono quello che si vende specialmente le sopra indicate.
 
A ognuno il proprio mestiere: le case d'asta selezionano tra ciò che raccolgono quello che pensano di poter vendere al meglio, all'interno della propria linea distintiva che caratterizza ogni casa d'aste.

Gli emergenti, le nuove tendenze e il recupero storico-artistico sono lavoro per le gallerie, non certo per le case d'asta.
 
A ognuno il proprio mestiere: le case d'asta selezionano tra ciò che raccolgono quello che pensano di poter vendere al meglio, all'interno della propria linea distintiva che caratterizza ogni casa d'aste.

Gli emergenti, le nuove tendenze e il recupero storico-artistico sono lavoro per le gallerie, non certo per le case d'asta.
... che poi se anche le case d'asta ci provassero a fare un lavoro del genere, qui diremmo che è in corso "un'operazione".
Quando uno è il "villain" della situazione, non se ne esce...
 
beh, la speranza mi rimane🤷‍♂️
ah se vuoi far fallire per sempre artisti emergenti mettili in asta e fai scatenare la gara al ribasso mentre fanno ricerca sperimentale 😆
le aste servono proprio al contrario: a far scontrare persone ricche per contendersi quello che tutti vogliono perché è già mainstream.
 
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