Perché il ritorno dei Bot People è solo il frutto di una triste illusione
di Guido Salerno Aletta
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Gli alti tassi di interesse non rappresentano altro che un maggior costo del debito, che cresce di conseguenza e si paga con tagli alle spese e maggiori imposte
Tornano i Bot People. Mentre si stringe la cinghia per via dell’inflazione, le famiglie italiane allocano le loro disponibilità in maniera più vantaggiosa rispetto ai depositi bancari a vista e riducono i debiti: un comportamento assolutamente razionale.
Il successo della sottoscrizione di titoli di Stato destinati al mercato al dettaglio, come nel caso del Btp Valore, conferma la tendenza alla ricomposizione delle attività finanziarie delle famiglie, già vistosa nel primo trimestre dell’anno: Banca d’Italia aveva rilevato vendite nette per 1,6 miliardi di euro, con l’acquisto di titoli per 43,2 miliardi e di azioni e altre partecipazioni per 3 miliardi più che compensato dalla notevole diminuzione dei depositi bancari per 32,2 miliardi, dalla vendita di strumenti del risparmio gestito per 8,9 miliardi e di altre attività finanziarie per 6,7 miliardi.
Le passività erano intanto diminuite di 13,6 miliardi, con i prestiti bancari ridotti di 2,8 miliardi. Anche le società non finanziarie avevano fatto lo stesso: ma nel loro caso il saldo era stato sostanzialmente nullo in quanto la ancor più rilevante riduzione dei depositi, per 35,6 miliardi, aveva compensato l’acquisto di azioni e altre partecipazioni per 23,3 miliardi e di titoli per 9,3 miliardi.
«Nazionalizzare» il debito pubblico, cercando di ridurre al minimo la quota detenuta da non residenti, servirebbe a evitare le crisi finanziarie derivanti dai violenti disinvestimenti che effettuano per fronteggiare altre perdite, come è successo con le banche del nord Europa che avevano investito nelle cartolarizzazioni dei mutui subprime americani, oppure in Grecia e in Spagna: per rimborsare gli Stati che erano intervenuti in emergenza, vendettero a mani basse i titoli italiani e ritirarono il credito all’ingrosso che avevano concesso alle nostre banche.
L’interdipendenza crea rischi di instabilità. Cosa ben diversa è un sistema alla giapponese: un debito pubblico enorme non fa paura perché è la banca centrale ad assorbirlo, azzerando gli oneri sul bilancio che altrimenti finirebbe strangolato se dovesse pagare i tassi consueti in Occidente.
È attraverso il canale del Tesoro che si immette la liquidità nell’economia reale, a tasso zero: ma non c’è nessuna rendita da incassare sul debito pubblico, né per i giapponesi, né per gli stranieri. Quella di lucrare sulla rendita dei titoli di Stato è stata una triste illusionedei Bot People, già negli anni 80: gli alti tassi di interesse non rappresentano altro che un maggior costo del debito, che cresce di conseguenza, che si paga con tagli alle spese e maggiori imposte: le ben note tasse sui tassi.
MF - Numero 195 pag. 4 del 05/10/2023