Dedalo Invest

Riporto un post che ho pubblicato stamani su LinkedIn. Magari a qualcuno può interessare.


Quando si procede all'ottimizzazione di un Lazy portfolio tenendo conto dei più recenti avvenimenti sui mercati, si compie un'operazione che sembra logica e inevitabile, ma che in realtà rende il nostro portafoglio meno robusto.

Il 2022 non era prevedibile. Alcuni Lazy portfolios includevano ETF obbligazionari di lungo termine, che hanno avuto un impatto negativo sui rendimenti. Se oggi decidiamo di rimuovere o modificare il peso di questi ETF, perché i backtest degli ultimi 10, 20, 30 anni, ecc. mostrano risultati migliori senza di essi, siamo in presenza di look-back bias (talvolta detto data-mining bias). Crediamo di "migliorare" il portafoglio, ma in realtà lo stiamo rendendo più fragile: stiamo “overfittando” i pesi degli asset.

Siamo convinti che questa operazione migliorerà il portafoglio, ma una cosa sono i backtest, tutt’altra cosa la performance futura – a mercato – che sarà quasi sicuramente peggiore. Lo stesso discorso vale per tutte quelle migliorie, quei ritocchi volti a minimizzare la volatilità, il massimo drawdown, ecc.

Non è un concetto facile da assimilare. È, forse, il più difficile da comprendere sia per chi costruisce trading system, sia per chi brama a un'allocazione "ottimale" in un Lazy portfolio.
Procedere nel modo descritto in precedenza è un approccio errato: a meno che non si parta da un ragionamento basato su logiche statistiche o macroeconomiche, che giustificano l'inclusione di un certo asset o la modifica del suo peso in portafoglio, non si dovrebbero apportare modifiche basate sui backtest. Quello che si può fare, semmai, è ripartire da zero e creare un nuovo portafoglio, fondato su ragionamenti differenti.

Un esempio rappresentativo è il Permanent Portfolio, che si distingue per la sua impeccabile concezione e solide logiche di base. Browne lo concepì a partire da esse oltre 40 anni fa e il portafoglio che conosciamo tutti ne è stata la conseguenza naturale. Lo stesso vale per molti altri portafogli, come l'All Weather di Dalio. Sono ottimi portafogli che non hanno bisogno di essere "migliorati".

Certo, è vero che Dalio abbia suggerito delle modifiche: ha introdotto una componente di market timing e talvolta ha avuto ragione. Ma non sempre. Molti altri investitori hanno invece modificato il loro portafoglio anni prima del “momento giusto”, sbagliando.

Il market timing non perdona: più del 90% di chi lo pratica ottiene risultati peggiori di quelli che avrebbero realizzato rimanendo fedele all'asset allocation originale.

Questo concetto è tremendamente controintuitivo: il look-back bias è un'insidia per gli investitori e i trader. Sono sicuro che lo stesso valga per molti gestori. È una trappola che pochi riescono a evitare.

Concludendo, è importante prestare molta attenzione alle ottimizzazioni: non apporteranno robustezza al portafoglio, ma lo renderanno invece più vulnerabile.
 
Non è un concetto facile da assimilare. È, forse, il più difficile da comprendere sia per chi costruisce trading system, sia per chi brama a un'allocazione "ottimale" in un Lazy portfolio.
Procedere nel modo descritto in precedenza è un approccio errato: a meno che non si parta da un ragionamento basato su logiche statistiche o macroeconomiche, che giustificano l'inclusione di un certo asset o la modifica del suo peso in portafoglio, non si dovrebbero apportare modifiche basate sui backtest. Quello che si può fare, semmai, è ripartire da zero e creare un nuovo portafoglio, fondato su ragionamenti differenti.
A questo proposito, come consideri gli aggiustamenti di quote per mantenere una ripartizione geografica "coerente" (penso soprattutto rispetto alla ripartizione del mercato azionario globale)? Ad esempio nel caso il pf contenga ETF su specifiche aree geografiche (US, EU, EM). Non son sicuro (ma non escludo di sbagliarmi, per questo ti chiedo) che ricadano nella categoria delle "ottimizzazioni" di cui parli.
 
A questo proposito, come consideri gli aggiustamenti di quote per mantenere una ripartizione geografica "coerente" (penso soprattutto rispetto alla ripartizione del mercato azionario globale)? Ad esempio nel caso il pf contenga ETF su specifiche aree geografiche (US, EU, EM). Non son sicuro (ma non escludo di sbagliarmi, per questo ti chiedo) che ricadano nella categoria delle "ottimizzazioni" di cui parli.
L'asset allocation iniziale è basata su ragionamenti che l'investitore accetta, nella speranza che ne sia consapevole: diversificazione globale o minore, più USA o area euro in base "ai gusti", la presenza dell'oro o delle materie prime e così via.

Poi si può decidere di ribilanciare oppure no (di solito sì), su base annuale o su altra base, ecc. Ci sono un sacco di considerazioni da fare prima di investire ed è giusto farle.

Poi, una volta iniziato l'investimento, le ottimizzazioni di cui parlavo io saranno peggiorative nel 99% dei casi. Quelle previste in partenza, invece (tipo il ribilanciamento), è giusto farle: non sono sovra-ottimizzazioni e sono finalizzate a mantenere la rischiosità del portafoglio costante nel tempo.
 
Lo studio prende in considerazione un trentennio dove il mercato è salito di molto.
Sai se esiste qualche studio che raffronta gestione attiva vs gestione passiva in un periodo brutto di borsa, come ad esempio il periodo 2000-2010?

Sarebbe interessante vedere se in un periodo negativo della borsa, l'investitore che cerca di fare market timing, riesce a fare meglio oppure addirittura peggio, magari comprando alto durante qualche bull trap.
 
Lo studio prende in considerazione un trentennio dove il mercato è salito di molto.
Sai se esiste qualche studio che raffronta gestione attiva vs gestione passiva in un periodo brutto di borsa, come ad esempio il periodo 2000-2010?

Sarebbe interessante vedere se in un periodo negativo della borsa, l'investitore che cerca di fare market timing, riesce a fare meglio oppure addirittura peggio, magari comprando alto durante qualche bull trap.
Probabilmente la stessa Dalbar Inc. offre quel tipo di report (ovviamente è tutta roba a pagamento).

Ma se cerchi, qualcosa trovi sicuramente. O puoi farti dei confronti direttamente analizzando le serie storiche (procedura più complicata). In ogni caso, il risultato sarà la solita statistica: in quel decennio, è molto probabile che un 80% circa della gestione attiva avrà sottoperformato la gestione passiva.
 
Bello. Il rischio dell'intelligenza artificiale è di potenziare il "bias" di schematizzazione e modellizzazione degli eventi. Non tutto è schematizzabile e modellizzabile. La natura ha creato la selezione naturale e l'evoluzione non per raggiungere la perfezione, ma per consentire agli esseri viventi di 'adattarsi' anche all'imprevisto.
Voler creare un modello previsionale sarebbe stato sciocco lì (chiediamolo ai dinosauri), figuriamoci su un fenomeno umano, psicologico oltre che meccanico.
C'è chi ha considerato prevedibile anche il Covid ("perché dopotutto pandemie c'erano già state"... si vabbé in periodi dai fondamentali ben diversi).
Inutile voler fissare delle leggi: puoi diversificare e dare al tuo investimento un 'DNA' più adattabile (anche se per farlo dovrai scegliere il piccolo topolino) oppure no, magari uno investe sul Nasdaq puntando sul suo maggiore potenziale (scegliendo magari il grande brontosauro).
 
I pericoli dell'intuizione

Provate a cercare qualche aforisma sull'intuizione: ne troverete decine, tutti positivi e fonte di ispirazione.

Cos'è l'intuizione?

L'intuizione è un'arte, è un modo di raggiungere la verità, è creatività che ci parla, è la più alta forma di intelligenza. L'intuizione ci rivela chi siamo; l'intuizione ci indica la via. Dovremmo avere il coraggio di seguire le nostre intuizioni.

E l'esperienza?

L'esperienza non è da meno: è la migliore maestra di vita, è un gioiello. L'esperienza è il nome che ciascuno dà ai propri errori, ma è anche quella cosa meravigliosa che ti permette di riconoscere un errore ogni volta che lo commetti di nuovo. L'esperienza è l'insegnante di tutte le cose.

Se lo dicono alcune menti geniali, dobbiamo credergli, no?

No. Purtroppo, il mondo finanziario funziona in un modo diverso.

È vero, nel business l'intuizione è un ingrediente fondamentale. I protagonisti delle storie di successo sono quasi sempre presentati come ottimisti, intuitivi e pieni di fiducia: in loro stessi, nelle loro imprese e nelle loro idee. Sono personaggi da imitare, esempi da seguire: persone da cui imparare. Persone dal grande intuito.

Tutto molto bello, ma c’è un piccolo problema: il problema è che noi seguiamo il nostro intuito anche quando è sbagliato. È vero che se siamo davvero competenti in qualcosa – quando siamo, cioè, degli esperti – la probabilità che le nostre intuizioni siano giuste aumenta.

L'esperienza, da sola, non è però sufficiente. Kahneman ci ricorda come molte ricerche abbiano dimostrato che:
  • L'esperienza aumenta la fiducia nelle proprie idee.
  • L'esperienza non aumenta, necessariamente, la correttezza delle proprie idee.
La competenza richiede un tipo particolare di esperienza: quella che si acquisisce in un contesto che fornisce dei feedback regolari e verificabili.

Nel mondo finanziario e, in particolare, nel mondo delle previsioni finanziarie, questo processo non funziona. Non è infatti chiaro in che cosa – più esattamente – dovrebbe sviluppare delle specifiche competenze chi vuole prevedere l'andamento del mercato.

Questo qualcosa non esiste, perché i mercati finanziari non sono sufficientemente "ordinati" – nel senso di razionali e strutturati – per poter dedurre delle regole che ci permettano di prevederli.

Ma se non ci sono regole chiare, come possiamo sviluppare la nostra competenza in questo dominio? Come possiamo imparare quando non c'è niente da imparare?

Non possiamo. Nelle previsioni dei mercati, la nostra intuizione non è nient'altro che superstizione.
Sì, superstizione.

Sapete cosa ci consiglia di fare Kahneman quando qualcuno ci dice che è davvero convinto delle sue previsioni del mercato? Quando qualcuno ci suggerisce quali titoli comprare o vendere?

Non credergli. Le previsioni dei mercati non hanno alcun fondamento scientifico: il mercato si può seguire, replicare, ma non si può battere – se non per puro caso.
 
I pericoli dell'intuizione

Provate a cercare qualche aforisma sull'intuizione: ne troverete decine, tutti positivi e fonte di ispirazione.

Cos'è l'intuizione?

L'intuizione è un'arte, è un modo di raggiungere la verità, è creatività che ci parla, è la più alta forma di intelligenza. L'intuizione ci rivela chi siamo; l'intuizione ci indica la via. Dovremmo avere il coraggio di seguire le nostre intuizioni.

E l'esperienza?

L'esperienza non è da meno: è la migliore maestra di vita, è un gioiello. L'esperienza è il nome che ciascuno dà ai propri errori, ma è anche quella cosa meravigliosa che ti permette di riconoscere un errore ogni volta che lo commetti di nuovo. L'esperienza è l'insegnante di tutte le cose.

Se lo dicono alcune menti geniali, dobbiamo credergli, no?

No. Purtroppo, il mondo finanziario funziona in un modo diverso.

È vero, nel business l'intuizione è un ingrediente fondamentale. I protagonisti delle storie di successo sono quasi sempre presentati come ottimisti, intuitivi e pieni di fiducia: in loro stessi, nelle loro imprese e nelle loro idee. Sono personaggi da imitare, esempi da seguire: persone da cui imparare. Persone dal grande intuito.

Tutto molto bello, ma c’è un piccolo problema: il problema è che noi seguiamo il nostro intuito anche quando è sbagliato. È vero che se siamo davvero competenti in qualcosa – quando siamo, cioè, degli esperti – la probabilità che le nostre intuizioni siano giuste aumenta.

L'esperienza, da sola, non è però sufficiente. Kahneman ci ricorda come molte ricerche abbiano dimostrato che:
  • L'esperienza aumenta la fiducia nelle proprie idee.
  • L'esperienza non aumenta, necessariamente, la correttezza delle proprie idee.
La competenza richiede un tipo particolare di esperienza: quella che si acquisisce in un contesto che fornisce dei feedback regolari e verificabili.

Nel mondo finanziario e, in particolare, nel mondo delle previsioni finanziarie, questo processo non funziona. Non è infatti chiaro in che cosa – più esattamente – dovrebbe sviluppare delle specifiche competenze chi vuole prevedere l'andamento del mercato.

Questo qualcosa non esiste, perché i mercati finanziari non sono sufficientemente "ordinati" – nel senso di razionali e strutturati – per poter dedurre delle regole che ci permettano di prevederli.

Ma se non ci sono regole chiare, come possiamo sviluppare la nostra competenza in questo dominio? Come possiamo imparare quando non c'è niente da imparare?

Non possiamo. Nelle previsioni dei mercati, la nostra intuizione non è nient'altro che superstizione.
Sì, superstizione.

Sapete cosa ci consiglia di fare Kahneman quando qualcuno ci dice che è davvero convinto delle sue previsioni del mercato? Quando qualcuno ci suggerisce quali titoli comprare o vendere?

Non credergli. Le previsioni dei mercati non hanno alcun fondamento scientifico: il mercato si può seguire, replicare, ma non si può battere – se non per puro caso.
Madò che bel post :clap:
 
I pericoli dell'intuizione

Provate a cercare qualche aforisma sull'intuizione: ne troverete decine, tutti positivi e fonte di ispirazione.

Cos'è l'intuizione?

L'intuizione è un'arte, è un modo di raggiungere la verità, è creatività che ci parla, è la più alta forma di intelligenza. L'intuizione ci rivela chi siamo; l'intuizione ci indica la via. Dovremmo avere il coraggio di seguire le nostre intuizioni.

E l'esperienza?

L'esperienza non è da meno: è la migliore maestra di vita, è un gioiello. L'esperienza è il nome che ciascuno dà ai propri errori, ma è anche quella cosa meravigliosa che ti permette di riconoscere un errore ogni volta che lo commetti di nuovo. L'esperienza è l'insegnante di tutte le cose.

Se lo dicono alcune menti geniali, dobbiamo credergli, no?

No. Purtroppo, il mondo finanziario funziona in un modo diverso.

È vero, nel business l'intuizione è un ingrediente fondamentale. I protagonisti delle storie di successo sono quasi sempre presentati come ottimisti, intuitivi e pieni di fiducia: in loro stessi, nelle loro imprese e nelle loro idee. Sono personaggi da imitare, esempi da seguire: persone da cui imparare. Persone dal grande intuito.

Tutto molto bello, ma c’è un piccolo problema: il problema è che noi seguiamo il nostro intuito anche quando è sbagliato. È vero che se siamo davvero competenti in qualcosa – quando siamo, cioè, degli esperti – la probabilità che le nostre intuizioni siano giuste aumenta.

L'esperienza, da sola, non è però sufficiente. Kahneman ci ricorda come molte ricerche abbiano dimostrato che:
  • L'esperienza aumenta la fiducia nelle proprie idee.
  • L'esperienza non aumenta, necessariamente, la correttezza delle proprie idee.
La competenza richiede un tipo particolare di esperienza: quella che si acquisisce in un contesto che fornisce dei feedback regolari e verificabili.

Nel mondo finanziario e, in particolare, nel mondo delle previsioni finanziarie, questo processo non funziona. Non è infatti chiaro in che cosa – più esattamente – dovrebbe sviluppare delle specifiche competenze chi vuole prevedere l'andamento del mercato.

Questo qualcosa non esiste, perché i mercati finanziari non sono sufficientemente "ordinati" – nel senso di razionali e strutturati – per poter dedurre delle regole che ci permettano di prevederli.

Ma se non ci sono regole chiare, come possiamo sviluppare la nostra competenza in questo dominio? Come possiamo imparare quando non c'è niente da imparare?

Non possiamo. Nelle previsioni dei mercati, la nostra intuizione non è nient'altro che superstizione.
Sì, superstizione.

Sapete cosa ci consiglia di fare Kahneman quando qualcuno ci dice che è davvero convinto delle sue previsioni del mercato? Quando qualcuno ci suggerisce quali titoli comprare o vendere?

Non credergli. Le previsioni dei mercati non hanno alcun fondamento scientifico: il mercato si può seguire, replicare, ma non si può battere – se non per puro caso.
Gioiello di @Dedalo Invest .
Grazie.
 
Oggi, su Plus 24 de "Il Sole 24 Ore" potete trovare un interessante articolo intitolato “La diversificazione vince ma bisogna sapere gestire l’effetto valuta”, scritto da Andrea Gennai.

Ho avuto il piacere di collaborare con lui alla stesura dell’articolo :)

Dedalo_Invest_Lazy_portfolios_Plus_Il_sole_24_ore.jpg
 
Marcos López de Prado è uno dei maggiori esperti di Machine Learning al mondo e, nel capitolo intitolato "The Dangers of Backtesting" (“I pericoli dei backtest”) del suo libro "Advances in Financial Machine Learning", esamina approfonditamente il ruolo dei backtest e la loro rilevanza nell'analisi quantitativa.

Secondo López de Prado, il backtesting rappresenta un'operazione cruciale per valutare l'efficacia di una strategia di investimento, ma non dovrebbe essere considerato uno strumento di ricerca.

In concreto, il backtesting consiste nell'esaminare una strategia di investimento attraverso l'utilizzo di dati storici al fine di valutare la sua potenziale efficacia. Un backtest accurato che generi risultati positivi costituisce un prerequisito necessario ma non sufficiente per garantire la redditività effettiva di tale strategia.

Non essendo uno strumento di ricerca, de Prado sostiene che esso non dovrebbe essere parte integrante del processo preliminare di selezione di una strategia di investimento.

Una delle fasi della ricerca è invece quella della specificazione di un modello, avente una certa capacità previsionale basata su logiche causali, che deve essere individuato prima di effettuare i backtest. Un compito difficilissimo.

In altre parole, l'impiego dei backtest dovrebbe avere come scopo la convalida di una strategia già formulata, anziché costituire lo strumento per concepire la strategia stessa.

Quasi sempre, il backtesting viene invece erroneamente impiegato in senso opposto a quanto descritto: è proprio questa pratica scorretta che spiega le frustrazioni che molti investitori, trader, analisti e programmatori incontrano quando modelli eccezionali in fase di backtesting naufragano nel complesso scenario della realtà dei mercati finanziari.
 
Si vede che per te questo è un argomento molto interessante e credo che effettivamente sia molto sottovalutato salvo trovarsi in casi estremi dove allora ne parleranno tutti. Posso chiederti se hai provato a vedere l'influenza del cambio quanto è mitigata da un pac?
Oggi investo 100k euro e compro 108k dollari, non tocco nulla, quando liquido mi posso attendere di tutto; diverso il discorso se arrivo a 100k investendo 1k al mese, in quel caso la logica mi dice che quando sarò arrivato a 100k difficilmente avrò gli stessi 108k dollari. E' corretto? Il pac protegge in parte dal rischio cambio?
 
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