Putin l'autarchico. A Mosca c'è un'economia di guerra e le imprese straniere scappano (di M. Di Pace)
Dall'inizio della guerra quasi 10mila aziende a capitale estero sono sparite. Intanto si profila un'altra battaglia non militare fra Russia e Occidente: quella sugli asset, da una parte e dall'altra della rinata cortina di ferro.
Mentre l’Occidente, ed in particolare l’Ue, discute in questi giorni il tema dell’utilizzo degli asset russi congelati, quasi a proporre una sorta di suggerimento di retaliation, in realtà già anticipata da Dmitrij Peskov, il portavoce del Cremlino, interviene il quotidiano economico russo Kommersant, che con un articolo del 20 marzo fa il punto della situazione sulle società a partecipazione estera (e quindi non solo occidentale) in Russia.
Il primo dato che emerge è che, effettivamente, vi è stata, rispetto al 2021, ultimo anno prima del conflitto, una riduzione del 34% delle società con capitale non russo, ossia - 9.940. Più precisamente, il numero di persone giuridiche di proprietà estera è passato da 29.220 nel marzo 2021 a 19.280 nel marzo 2024. Vale la pena ricordare che il conteggio dell’Università di Yale sulle imprese occidentali che hanno lasciato il mercato russo si ferma a 1.045, ma si riferisce solo alle grandi aziende, che inoltre potevano avere più società nel mercato russo.
Considerando il numero totale di imprese russe, che è pari a 3,19 milioni (a fine 2023 in Italia erano iscritte invece 5,1 milioni di imprese), la quota delle persone giuridiche con partecipazione straniera è scesa in 3 anni dallo 0,87% allo 0,6%, indubbio segnale di tendenza all’autarchia, cara ai dittatori europei del passato, che hanno preceduto Putin (ma non insegnato a quest’ultimo che fine si fa...). I calcoli sono stati effettuati dagli analisti del progetto Kontur.Focus sulla base dei database ufficiali (Registro delle persone giuridiche dello Stato, Registro degli imprenditori individuali dello Stato).
La riduzione del numero di aziende estere è dovuto essenzialmente per la loro uscita dal mercato della Federazione russa, che è stata dettata, secondo Alexey Sapozhnikov, titolare dell’omonima società di consulenza, oltre che da eventuali considerazioni morali, soprattutto da motivi pratici, come l’incapacità di mantenere le catene di approvvigionamento, sia a causa di restrizioni alle importazioni, sia per i problemi con i pagamenti, sia per le sanzioni di alcune controparti russe. La riduzione delle attività imprenditoriali di soggetti stranieri nella Federazione russa è, secondo Kommersant, perfino superiore ad un terzo, in quanto non sono poche le imprese di altri paesi, ancora presenti nei registri, ma non più operative.
A questo si aggiunge che non sono poche le società straniere che sono rimaste, obtorto collo, nella patria di Putin, in quanto ben presto è stato istituito un meccanismo di autorizzazione per l’uscita degli investitori esteri, che spetta alla commissione governativa sugli investimenti esteri emanare, che viene rilasciata se l’investitore di un altro paese riconosce uno sconto del 50% del valore della partecipazione al socio russo acquirente (e a dire che la portavoce del Ministero degli Esteri Russo, Marija Zacharova, ha definito “banditi” i vertici dell’Ue per le proposte di requisizione degli interessi derivanti dagli asset russi congelati).
Ciononostante, secondo l'agenzia di analisi AK&M (citata da una nota di Bloomberg del 9/11/2023), le aziende straniere avevano venduto in Russia assets per oltre 21 miliardi di dollari tra il 2022 e il primo semestre 2023. Il fenomeno dell’uscita di società estere è stato denominato dai giornalisti russi con un neologismo anglosassone, ossia “деофшоризации” cioè “deoffshorization”. L’analisi settoriale delle imprese estere fuoriuscite dalla Russia evidenzia che il comparto più penalizzato è stato quello energetico (petrolio, gas, carbone), seguito dal settore finanziario, e poi da quello automobilistico. Kommersant ha anche valutato la distribuzione temporale dell’uscita delle aziende estere presenti in Russia, facendo notare che da marzo 2022 a marzo 2023 erano scomparse dal registro 3.039 società, mentre nell’ultimo anno (3/2023 – 3/2024) se ne erano andate altre 2.673.
Insomma, continua l’onda lunga degli effetti delle sanzioni.