Giorgio Griffa 3.0

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quesito interessante, ti chiedo di approfondire la tua idea e di essere più esplicito. Capisco che il valore delle opere degli anni 70 sia indiscutibilmente più elevato adesso e che non hanno senso per formati simili prezzi così vicini in epoche così distanti, però anche l'ultimo Griffa piace molto (in particolare all'estero mi sembra di notare) e quando un artista cresce così tanto credo sia logico immaginare che cresce il valore di qualsiasi opera, soprattutto se apprezzate e belle anche se più recenti (non oso immaginare dopo la morte dell'artista). Tra le opere che hai messo a confronto c'è anche un elemento di godimento estetico a favore della più recente, mentre quella del 70 è più un investimento economico che estetico. Comunque ormai i prezzi sono già alle stelle, Griffa è pronto ad entrare nell'olimpo?
 
quesito interessante, ti chiedo di approfondire la tua idea e di essere più esplicito. Capisco che il valore delle opere degli anni 70 sia indiscutibilmente più elevato adesso e che non hanno senso per formati simili prezzi così vicini in epoche così distanti, però anche l'ultimo Griffa piace molto (in particolare all'estero mi sembra di notare) e quando un artista cresce così tanto credo sia logico immaginare che cresce il valore di qualsiasi opera, soprattutto se apprezzate e belle anche se più recenti (non oso immaginare dopo la morte dell'artista). Tra le opere che hai messo a confronto c'è anche un elemento di godimento estetico a favore della più recente, mentre quella del 70 è più un investimento economico che estetico. Comunque ormai i prezzi sono già alle stelle, Griffa è pronto ad entrare nell'olimpo?
piccola osservazione: una tela tarda della Accardi grande meno di 1/4 di queste di Griffa che vanno intorno ai 20k si è pagata di recente 3 o 4 volte di più. Dire che i prezzi di Griffa sono alle stelle, se lo si reputa un grande artista (o anzi grandissimo), mi sembra eccessivo. Certo se queste tele si compravano a 5mila euro (io allora non seguivo il mercato ma l'ho sentito dire, non so se sia vero) a 20mila può sembrare un'enormità, ma in senso assoluto mi sembrano cifre ancora basse per un certo mercato, e proprio per questo mi stupisco di certi risultati in asta (ma mi si dice, quel che conta è il prezzo in galleria, e poi c'è il fattore X che pochi sanno che fa si che il mercato di Griffa va come va, o meglio che alcune opere vanno come vanno).
 
Ultima modifica:
personalmente trovo molto più affascinante il messaggio visivo e concettuale di Griffa rispetto ad Accardi, ma è facile immaginare che possa seguire traiettorie simili nei prossimi anni anche Griffa. Difficile però paragonare i formati, Griffa sarà sempre più economico sui grandi formati perché la scala dei suoi lavori non rende possibile applicare coefficienti "alla Accardi", anche quando il mercato gli riconoscerà un importanza simile (si spera). I dati parlano di un futuro radioso, io ho avuto la fortuna-sfortuna di innamorarmene recentemente senza neppure conoscere valori presenti e passati, forse potrebbero essere gli ultimi periodi in cui è ancora possibile comprarlo a prezzi "popolari". Le opere degli anni 70 iniziano già a costare tanto e la salita è soltanto agli inizi.
 
Salve T. Segui l’andamento dell’asta di Martini, dove le due opere anni 70 sono assai lontani dai prezzi di galleria. Ovviamente devono piacere, ma il 50x50 ha fatto una mostra storica da Lorenzelli e a coefficiente pieno (per quel che servono i parametri) costerebbe 20mila. Te lo dice uno che ha preso opera “sorella” a quel prezzo, seppur facilitato da permuta e dilazione di pagamento. Oggi come oggi gira a seimila, anche se fa ottomila con le commissioni lo prendi a 10. Dato che avevi reso pubblico la tua disponibilità in altro post mi sembra oggetto papabile… 😉
 
che ne pensate di questo del 1991? mi piace il formato e lo stile, aiutatemi a capire come relazionarmi al canale delle televendite, di solito partono con prezzi altissimi per abbassare le pretese anche del 50%, loro dichiarano di non fare questo tipo di prezzi ma immagino sia comunque da trattare moltissimo. Partono da 38k, io vorrei offrire 25k senza permute e dilazioni di pagamento, mi aiuterebbe molto un vostro parere sull'opera e la trattativa, grazie :)

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che ne pensate di questo del 1991? mi piace il formato e lo stile, aiutatemi a capire come relazionarmi al canale delle televendite, di solito partono con prezzi altissimi per abbassare le pretese anche del 50%, loro dichiarano di non fare questo tipo di prezzi ma immagino sia comunque da trattare moltissimo. Partono da 38k, io vorrei offrire 25k senza permute e dilazioni di pagamento, mi aiuterebbe molto un vostro parere sull'opera e la trattativa, grazie :)

Vedi l'allegato 2904033
Dico la mia a mio gusto,Non mi piace
 
Invenduta tela degli anni '80, 65x82cm.
Immagino si dirà che non era di buona qualità
Domani in asta grande opera recente, poi varie anni '70 nelle aste di giugno, vedremo come andranno

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Dove l’invenduto? (e dove domani?)
Grazie :)
 
"alla base" si intende il prezzo di partenza o la cifra più bassa della forchetta indicata? comunque non lo trovo sul loro sito :specchio:
Secondo me vuol dire 10mila + diritti, che non ricordo qui quanto sono di preciso, se 23, 25... Poi non so se accettino in qualche caso una trattativa, io nei dopo asta ho esperienza 0, ma anche fosse, su Griffa non penso proprio la farebbero.
GIORGIO GRIFFA (1936) - Connessione discendente, 1986 | STUDIO D'ARTE BORROMEO | ArsValue.com
 
in italia a quale galleria bisogna rivolgersi per vederne qualcuno? altrimenti tocca organizzare un viaggio a Madrid
Sono presenti continuamente nelle aste...non credo sia necessario andare in Spagna....anche io lo sto seguendo da poco ,un mesetto fa ad un asta in Francia fece il minimo della base d'asta intorno ai 5/6 mila euro nonostante fosse un anni 70 mi sembra....d'altronde come postato sotto le due opere hanno avuto quotazioni vicine ma di epoche differenti....a me piace la più moderna.
 
(...) Ammetto, però, che mi sfugge il riferimento agli "elementi politici" a cui accenni: se non chiedo troppo te la senti di illustrarli? Magari spostando la risposta nel thread propriamente di Griffa sul FOL.... saluti, Tony
Nella discussione su Agnes Martin è venuto fuori il nome di Griffa e Tony mi ha chiesto di chiarire cosa intendo quando mi riferisco agli elementi politici della sua ricerca. Ne avevo già parlato qui in passato, ma posso provare a fare un discorso più sistematico. Per rendere più comoda un’eventuale discussione, dividerò le mie considerazioni in più post. La mia non vuole essere una “spiegazione”, ma solo una condivisione delle idee che mi sono fatto io.

Due premesse.

La prima premessa è che il mercato dell’arte tende a preferire che non si parli di politica, perché non è funzionale alla vendita delle opere. Se insisto a introdurre l’argomento nel caso di Griffa non è per nuocergli, ma perché secondo me è una chiave importante per apprezzare la sua ricerca degli anni ritenuti più significativi, anche se poi il Maestro ha intrapreso in seguito altre strade.

La seconda premessa è che la chiave politica per interpretare l’opera di Griffa non è una mia invenzione. A titolo di esempio, riporto nuovamente la citazione di Marco Meneguzzo dal saggio “Sentieri ininterrotti” contenuto nella monografia di Griffa pubblicata da Silvana Editoriale/Galleria Fumagalli:

« (…) il pittore -come un operaio- produceva quadri come beni, e nel contempo prendeva coscienza dei modi, dei tempi, degli strumenti del produrre e quindi della propria collocazione all’interno del sistema lavoro. Si parla di sistema lavoro, e non di sistema capitalistico, proprio perché i margini di libertà che l’artista percepisce per sé, e alcune anomalie nel campo della produzione – prima fra tutte il fatto che egli sia contemporaneamente il lavoratore e anche il proprietario dei mezzi di produzione, cosa inconcepibile nel sistema capitalistico, così come lo aveva identificato il marxismo – fanno pensare all’arte e alla sua produzione anche come una possibile variante libertaria nei confronti dei sistemi di produzione vigenti, benché sempre riconducibile (…) a una sorta di concessione da parte del sistema che poteva sopportare al suo interno anche qualche area apparentemente fuori controllo».

(1/4, segue)
 
(2/4)

Il clima strutturalista

I miei studi filosofici non vanno oltre il liceo e qui è possibile solo un’estrema sintesi. Comunque, se non interviene qualche esperto a dare spiegazioni più precise, ci possiamo arrangiare con un buon manuale delle superiori (per es. Abbagnano).

Il precursore dello “strutturalismo” è Ferdinand de Saussure, che introduce un nuovo metodo scientifico in linguistica. Negli anni ’60 una serie di intellettuali francesi (marxisti) pensa di poter applicare metodi analoghi agli altri settori (l'antropologia, la psicanalisi, l'economia, la sociologia, il diritto, la storia, la critica letteraria, la musica, il cinema, ecc.). Lo strutturalismo ha successo perché, auto-presentandosi come filosofia “scientifica”, va incontro all'esigenza di porsi in sintonia con un mondo divenuto molto scientifico e tecnico.

È difficile dare una definizione univoca sia di “strutturalismo” sia di “struttura”, ma per i nostri scopi potremmo dire che il lavoro analitico in un certo ambito isola degli elementi fondamentali, che assumono valori differenti in base alle relazioni che si creano, le combinazioni possibili e le regole che si instaurano fra di loro (in questo senso gli elementi formano una “struttura”).

Scrive l’antropologo Lévi-Strauss:

« Saussure rappresenta la grande rivoluzione copernicana nell'ambito degli studi sull'uomo, per averci insegnato che non è tanto la lingua cosa dell'uomo quanto l'uomo cosa della lingua. Con ciò bisogna intendere che la lingua è un oggetto che ha le sue leggi, leggi di cui l'uomo stesso non è consapevole, ma che determinano rigorosamente il suo modo di comunicare e quindi il suo stesso modo di pensare. E isolando la lingua, il linguaggio articolato, come il principale fenomeno umano che, a uno studio rigoroso, riveli leggi dello stesso tipo di quelle che regolano lo studio delle scienze esatte e naturali, Saussure ha elevato le "scienze umane" al livello di vere e proprie scienze. Quindi dobbiamo essere tutti dei linguisti, e solo muovendo dalla linguistica, e grazie a un'estensione dei metodi della linguistica ad altri ordini di fenomeni, possiamo cercare di fare progredire le nostre ricerche».

In Italia il critico Filiberto Menna intende fare in modo che la pittura non rimanga indietro rispetto alle altre scienze umane, applicando ad essa il metodo strutturalista (il Corso di linguistica generale scritto da de Saussure è uscito in traduzione italiana nel 1967).

(segue)
 
(3/4)

L'individuo

La lettura strutturalista che fa Althusser di Marx ha tra i punti centrali l’“antiumanismo”: bisogna dimenticarsi dell’uomo in quanto “soggetto”, perché il processo analitico riguarda rapporti di produzione e non rapporti umani. All’obiezione che ciò sembrerebbe comportare un “disprezzo” per gli uomini, Althusser risponde:

« Il Capitale è pieno della sofferenza degli sfruttati, dagli orrori dell'accumulazione originaria sino al trionfo del capitalismo, ed è scritto per liberarli dalla schiavitù di classe. Ma ciò non soltanto non impedisce a Marx, ma anzi lo obbliga, nello stesso Capitale, in cui analizza i meccanismi dello sfruttamento, a fare astrazione dagli individui concreti, e a trattarli teoricamente come semplici "rapporti" di rapporti».

Più in generale, alla dottrina tradizionale dell'io come centro di attività e di libertà, gli strutturalisti contrappongono la tesi del primato della struttura sull'uomo (della Lingua sul parlante, dell'Organizzazione sociale sull'individuo, ecc.). L'individuo diviene il semplice ”punto di incrocio” di una serie di strutture che lo attraversano, determinandolo ad essere quello che è, e facendo in modo che egli, più che parlare sia “parlato”, più che pensare sia “pensato”, più che agire sia “agito”, e così via.

Questo si traduce nel gesto spersonalizzato di Griffa, con la sua mano guidata dalla pittura, e porta alle famose affermazioni: "Io non rappresento nulla io dipingo" (1972) e "il mio lavoro consiste soltanto nell'appoggiare il colore dentro la tela" (1975).

In un dialogo con Meneguzzo, Griffa dice: “Ma per affermare questo, per dire cioè che la mia mano è come la tua mano, facevo dei segni sulla tela come potresti fare tu: questo era il mio messaggio”.

Anche se possibile per chiunque, ogni segno non è espressione di una libertà soggettiva perché carico di tutta la storia precedente, ciò che è accaduto in pittura nei secoli, ma non solo (convenzioni, abitudini, ecc.).

(segue)
 
(4/4)

Il materialismo dialettico

Secondo Lenin, il principio fondamentale della dialettica è che “non esiste verità astratta, la verità è sempre concreta”.

Il contrario del materialismo dialettico, come scrive Dezeuze, è la metafisica, che rappresenta entità ferme, cose eterne, autosufficienti, astratte.

Griffa rende sempre chiaro l’elemento concreto e temporale del suo lavoro, si percepisce dove inizia una linea e dove finisce, il verso che viene seguito per essere tracciata, così come il tempo che è intercorso fra l’inizio e la fine. Lasciare sempre l’opera incompiuta pone in evidenza il fatto che il tempo non è sospeso, ma progressivo e prosegue, anche al di là dell’esecuzione dell’opera.

Spiega Griffa (1979): “Il lavoro non viene mai completato, cioè la tela non viene mai dipinta sino in fondo, affinché resti la traccia, su quel prodotto atemporale e compiuto che è il quadro, del metodo operativo che è invece per la sua natura temporale, la metafora di uno spazio che è perennemente incompiuto”.

Si potrebbero affrontare molti altri temi, ma, almeno per ora, mi fermerei qui.
 
Stefano, che excursus dettagliato e di assoluto rilievo! Ti ringrazio per aver articolato in modo così esaustivo il tuo pensiero, con tante citazioni ad hoc a sostegno. Leggerò con calma nei prossimi giorni, intanto buona domenica, e ancora grazie. 🙏 Tony
 
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