Aveva gli occhi dei marinai, quello sguardo che Paolo Conte immaginava
“da veranda” (“[…] ma il suo sguardo è una veranda, tempo al tempo e lo vedrai, che si addentra nella giungla, no, non incontrarlo mai […]).
Curioso che qui abbia scelto il nick name
“Sano”: in ClubART moderava come
“PB58”, e il suo metro e novanta non lasciava dubbi sulla sua sanità fisica, e a questo punto c’è da chiedersi quanto sia rimasta
“sana” la sua capacità cognitiva dopo quell’esperienza…
Aveva allestito in vetrina un giocattolo divertente, e di grande spessore culturale, un porto dove si incontravano collezionisti, semplici appassionati, mercanti, galleristi, amministratori di case d’asta, perfino artisti. Ogni tanto attraccavano nani e ballerini (di tracce di donne nemmeno il sospetto, tranne la preziosa presenza di Bea), che facevano il loro numero, quasi sempre scorreggione, e venivano regolarmente sommersi di fischi. Insomma lo spettacolo della vita affidato ad un monitor e a una tastiera: qualche volta uno spettacolo di lusso, altre volte avanspettacolo da varietà.
Ricordo soci di grande personalità, che non ho ritrovato da queste parti, come
Stalker, e la sua
mission di
talent scout di giovani promesse artistiche dell’estremo Oriente, o
Lopedevega, l’eleganza dello scrittore
shakerata con la passione dell’esteta, oppure
Sicurarte e le sue interminabili scorribande per mostre e fiere. E poi
Barbarabona, con il suo tentativo di applicare le regole di gestione di un’azienda di pellami di successo nell’arte contemporanea, soprattutto quella nascente nella lontana Cina (memorabile un suo post dove condivideva lo studio durato un anno sui presunti
crack di mercato con gli occhi a mandorla). E ancora
Ciccio, con la sua passione per l’informale,
Pantera, che stava implementando con enorme competenza la collezione che aveva ereditato,
Nik, giovanissimo, ma che imparò in fretta,
AndreaBi, MaxMn, Renatone59, Phillips, Pontormo, e chissà quanti ne dimentico…
Impossibile però dimenticare
Ambrogio, una competenza grande quanto la sua arroganza verbale, un fiuto pazzesco che lo aveva guidato in tempi non sospetti verso la Peyton e Adrian Ghenie, spingendolo fino a riprendere la sua attività di gallerista, per sostenere il figlio (toppò con Faris Mac Reynolds, è vero, ma questi era un eccellente pittore, seguito anche da
Goff & Rosenthal, e chi poteva prevedere la sua successiva, tiotale perdita di creatività?)
L’implosione di ClubART si verificò all’improvviso, all’interno di un 3D all’apparenza innocuo e pure noioso, per il sottoscritto, sulle vicende di Azimuth: la discussione si incagliò, senza più riuscire a ripartire, su un quesito che naturalmente rimase inevaso: si può iscrivere Dadamaino tra i fondatori del gruppo? Partirono
calci, sputi e colpi di testa, e minacce di querele e di ritorsioni fino al terzo grado di parentela, tanto da costringere il povero
PB58, più abile di Sivori nel dribblare querele e ripercussioni di carattere corporale, ad impacchettare il suo bel giocattolo ed a riporlo nel giardino dei ricordi (il successivo ClubART a numero chiuso, troppo corretto e sterilizzato, avvincente come un romanzo di Coelho
, fu un’esperienza nostalgica tesa soprattutto ad addolcire e posticipare il dolore per la perdita del travolgente padre).
Sono passati un po’ di anni da quella stagione, e chissà che fine hanno fatto quei soci, se con le plusvalenze degli acquisti fortunati sono espatriati a Santo Domingo o se, al contrario, hanno cambiato identità, sesso e mestiere, inesorabilmente sconfitti da quei quadri che gli si sono scoloriti alle pareti.
Sono passati un po’ di anni da quella stagione, intrigante e formativa, ma a me, oltre alla dolcezza dei ricordi, è rimasta una curiosità: ma secondo voi, la Dadamaino, si puo’ iscrivere o no tra i fondatori del gruppo Azimuth?
Saluti da Marte