Il manifesto dell'Arteconomy

  • Ecco la 66° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    I principali indici azionari hanno vissuto una settimana turbolenta, caratterizzata dalla riunione della Fed, dai dati macro importanti e dagli utili societari di alcune big tech Usa. Mercoledì scorso la Fed ha confermato i tassi di interesse e ha sostanzialmente escluso un aumento. Tuttavia, Powell e colleghi potrebbero lasciare il costo del denaro su livelli restrittivi in mancanza di progressi sul fronte dei prezzi. Inoltre, i dati di oggi sul mercato del lavoro Usa hanno mostrato dei segnali di raffreddamento. Per continuare a leggere visita il link

grazie mille Isola per il link...
inserisco qua nuovo (o vecchio?) :confused:argomento correva l'anno 2000...
La New Economy ha messo in rilievo quelle imprese finanziarie, ed in particolare quegli investimenti basati su un uso distorto delle nuove tecnologie informatiche e telematiche gestibili su internet, diffondendo una isterica fiducia nel web e nelle nuove dinamiche economiche, con l'inganno di poter mettere nei cassetti dei ricordi la Old Economy.
Pareva che la cultura dell'innovazione, del rischio, delle aspettative, e, in definitiva, della speranza per il futuro potesse cambiare il mondo, come se l'economia potesse trovare nuova luce.
Se prima l’economia era al servizio dell’uomo, con la New Economy l’economia è passata al servizio della finanza, annebbiando e dimenticando il reale valore di mercato.
Manifesto dell'Art Economy Art Economy

notizia del 22 maggio 2011:
FINANZA E WEB (REPUBBLICA.IT)
La pazza corsa dei titoli Internet
la seconda bolla pronta a scoppiareLa super valutazione per le nuove star delle rete spaventa Wall Street. A guidare la speculazione Linkedin. Acquisizioni e alleanze per reclutare nuovi talenti e far salire il valore delle societàdal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI

Il fondatore di Linkedin Reid Garrett (a sinistra) con il Ceo Jeff Weiner
NEW YORK - I sintomi dell'impazzimento ci sono. Nello stesso articolo del New York Times, l'inaudito rialzo in Borsa del sito Linkedin (+110% in un giorno) viene trattato come un fenomeno chiaramente sospetto e patologico: "L'azienda è fragile".

"Il suo modello di business deve ancora fare le prove. Dovrebbe crescere in modo incredibile per giustificare un simile prezzo". Linkedin è una versione su scala ridotta di Facebook, usato soprattutto per contatti professionali. Sono davvero tanti 11 miliardi di dollari di valore in Borsa, per una società che ha appena 240 milioni di fatturato. Ma poche righe sopra, nello stesso articolo del New York Times le banche vengono criticate per avere fissato un prezzo di collocamento troppo basso, negando così ai fondatori di Linkedin un guadagno ancora più colossale giovedì scorso nel giorno del primo collocamento.

E' la schizofrenia tipica delle bolle speculative: s'intuisce che i prezzi sono insensati, ma quel che dà oltremodo fastidio è se qualcuno ne approfitta più di altri. Da mesi ormai si parla di una nuova bolla speculativa, creata attorno a tutte le neonate società che sfruttano nuove potenzialità di Internet: Facebook, Twitter, Skype, e tanti altri nomi meno noti. Anche nel 1999 la stampa abbondava di titoli che mettevano in guardia: "bolla", "euforìa di massa", "febbre speculativa", "esuberanza irrazionale" erano termini usati generosamente.
Eppure il Nasdaq continuò la sua ascesa verso la stratosfera, il crollo arrivò solo nel marzo 2000: e fu una prova generale dell'altra grande bolla, quella dei mutui subprime nel 2007.

Anche adesso gli investitori preferiscono ignorare gli avvertimenti. Al culmine delle bolle vale sempre la "teoria dello stupido più stupido": approfittiamo della bengodi, ci dev'essere qualcun altro ancora meno avveduto di me, a cui alla fine lascerò in mano il cerino acceso.

L'elenco delle valutazioni da capogiro è lungo ma deve partire per forza da Facebook. Il sito sociale più celebre del mondo, che ha superato il mezzo miliardo di frequentatori, viene valutato a 50 miliardi (la data del suo collocamento in Borsa non è stato deciso). Nessuno nega che Facebook sia uno dei fenomeni che hanno segnato la nostra èra della socializzazione digitale. Ma questo giustifica che valga più della Boeing, il colosso che produce jet su cui viaggia da generazioni il mondo intero? Twitter vale più della Ford. Groupon, che offre voucher online per sconti su acquisti, ha rifiutato i 6 miliardi che offriva Google per acquistarla: preferisce quotarsi in Borsa dove è convinta di valere almeno 15 miliardi, anche se il suo fatturato è di soli 760 milioni.

Tra i sintomi dell'euforìa si moltiplicano i fenomeni di "acq-hire", gioco di parole che si può tradurre in "compr-assumi": società come Facebook acquistano sul mercato concorrenti molto più piccoli, al solo scopo di reclutare i talenti che ci lavorano dentro. E' una bella conferma che il fattore umano è fondamentale nella Silicon Valley, ma questo contribuisce a far lievitare i prezzi di tutto.

Gli ottimisti sottolineano che è sbagliato far paragoni con l'altra bolla della Silicon Valley, quella scoppiata nel marzo 2000. I cambiamenti principali da allora sono tre. Il primo è il prodigioso balzo in avanti delle tecnologie. Oggi un semplice telefonino incorpora più potenza del personal computer di dieci anni fa. E le sue capacità sono esaltate dall'accesso alla "nuvola": così vengono chiamati i servizi digitali disseminati su vari server, ai quali ogni utente ha facilmente accesso. Un esempio di "nuvola tecnologica" è la discoteca-libreria digitale iTunes della Apple. Le applicazioni proliferano all'infinito e così le opportunità di guadagno per chi sa sfruttare queste piattaforme, tenuto conto che si vendono ormai 450 milioni di smartphone all'anno.

Un'altra novità è l'ingresso in campo di nuovi investitori: al tradizionale venture capital (22 miliardi di investimenti l'anno scorso) e agli "angeli" che accudiscono gli incubatori di nuove imprese (20 miliardi l'anno) si affiancano hedge fund, private equity, e anche le grandi banche di Wall Street come Goldman sachs e JP Morgan. Infine a differenza dal 2000 il gioco stavolta è diventato planetario. Alcuni dei più spettacolari collocamenti di Borsa hanno avuto per protagoniste delle aziende Internet cinesi, come il sito sociale Renren. La Cina sfiora ormai il mezzo miliardo di utenti Internet e salirà a 700 milioni entro cinque anni. Il commercio online cinese è destinato a quadruplicare, dai 70 miliardi di dollari attuali a 300 miliardi.

Ma è proprio dalla Borsa di Shanghai che è arrivato un segnale allarmante: dopo un collocamento strepitoso, il sito Renren ha già perso 20% del suo valore in Borsa. A Wall Street, Goldman Sachs ha già venduto la sua quota in Linkedin e incassato la plusvalenza. Si rischia forse di assistere a un fenomeno simile al boom delle materie prime: la punta massima è già dietro le spalle, un grande investitore come George Soros è "uscito" dall'oro con lauti profitti e ora sta alla larga dal metallo giallo. Proprio mentre tanti piccoli risparmiatori saltano sul carro, forse all'ultima curva?
(22 maggio 2011)
La pazza corsa dei titoli Internet la seconda bolla pronta a scoppiare - Repubblica.it
 
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quando arrivano queste notizie ormai mi collego anch'io al concetto.
il mercato ha assimilato e dimenticato...

Sentenza Cirio: Cragnotti condannato a nove anni, Geronzi a quattro anni - Il Sole 24 ORE

da il sole 24 ore 04/07/2011
Sergio Cragnotti è stato condannato a nove anni di reclusione per il crack da 1.125 milioni di euro del gruppo agroalimentare Cirio. Quattro anni per l'ex presidente della Banca di Roma Cesare Geronzi. Le richieste dei pubblici ministeri erano state più severe. Per Cragnotti era stata chiesta una condanna a quindici anni, mentre per Geronzi erano stati sollecitati otto anni.
Tra gli altri imputati che il tribunale ha ritenuto colpevoli del crac del colosso agroalimentare figurano anche il genero di Sergio Cragnotti, Filippo Fucile (4 anni e 6 mesi), i figli Andrea (4 anni), Massimo (3 anni) ed Elisabetta (3 anni), e poi Ettore Quadrani (3 anni e mezzo), Francesco Scornajenchi (3 anni), Gianluca Marini (3 anni), Annunziato Scordo (3 anni), e gli ex funzionari della Banca di Roma Pietro Locati (3 anni e 6 mesi), Antonio Nottola (3 anni e 6 mesi) e Michele Casella (3 anni).
AUDIO
Cragnotti a Radio 24: abbiamo fondate speranze per l'appello

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La sentenza è stata emessa dopo una lunghissima camera di consiglio dai giudici della prima sezione del tribunale di Roma presieduta da Giuseppe Mezzofiore. Nessuno degli imputati eccellenti è presente in aula dove è ancora in corso la lettura del dispositivo. Trentacinque gli imputati accusati, a seconda delle posizioni, di bancarotta fraudolenta, preferenziale e distrattiva, oltreche di truffa. Il processo era cominciato il 14 marzo 2008.
Unicredit (quale responsabile civile) e gli imputati riconosciuti colpevoli dovranno versare un risarcimento di 200 milioni di euro in via provvisionale. I fondi dovranno essere messi a disposizione dell'amministrazione del gruppo agroalimentare, rappresentata dall'avvocato Nicola Madia. I giudici della I sezione del tribunale penale di Roma hanno deciso anche il risarcimento per le spese di giudizio sostenute dalle altre parti.
 
I miei complimenti a Giorgio Gost che vedo presente insieme ad artisti di altissimo livello, eh?
OK!OK!
 

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quando arrivano queste notizie ormai mi collego anch'io al concetto.
il mercato ha assimilato e dimenticato...

E´ un altro lunedì nero per la Borsa di Milano con l´indice Ftse Mib che è scivolato sotto quota 18.000 punti. Pesanti i titoli del comparto bancario che hanno snobbato l´esito degli stress test. Il mercato si è quindi mostrato scettico nei confronti della manovra varata in tempi record dal Governo, visto che oggi sono entrate in vigore alcune misure contenute nel programma italiano per centrare il pareggio di bilancio entro il 2014. La tensione si è fatta sentire anche sul mercato obbligazionario: lo spread Btp-Bund ha infatti toccato i 337 punti base, in rialzo rispetto all´ultima seduta della scorsa settimana. Il ritorno dell´avversione ha fatto scattare l´oro che oggi ha raggiunto il nuovo record storico appena sopra i 1.600 dollari l´oncia. In questo quadro a Piazza Affari il Ftse Mib ha ceduto il 3,06% a 17.885 punti, mentre il Ftse All Share è arretrato del 2,87% a quota 18.627.

Banche in caduta libera: Intesa SanPaolo ha ceduto il 6,51% a 1,48 euro, Monte dei Paschi il 7,22% a 0,46 euro, Unicredit il 6,36% a 1,133 euro, Popolare di Milano il 4,65% a 1,455 euro, Ubi Banca il 5,04% a 3,278 euro. Travolto dalle vendite anche il Banco Popolare (-6,67% a 1,343 euro) nonostante l´approvazione del progetto Banca Unica che porterà un impatto sull´utile netto del gruppo di oltre 90 milioni di euro annui. L´Ad del Banco, Pier Francesco Saviotti, ha inoltre ribadito di non avere in programma un altro aumento di capitale. Male anche gli assicurativi: Fondiaria-Sai ha perso il 7,88% a 1,789 euro, Generali è arretrata del 3,75% a 12,58 euro.
 
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"se la old economy (la vecchia economia ossia la manifattura) era ricchezza senza valore, la new economy (la nuova economia ossia la finanza) è valore senza ricchezza.
Preferiamo la Old Economy poichè è meglio una ricchezza materiale pur senza un corrispondente valore nominale che un valore virtuale senza una proporzionata ricchezza reale"
 
"se la old economy (la vecchia economia ossia la manifattura) era ricchezza senza valore, la new economy (la nuova economia ossia la finanza) è valore senza ricchezza.
Preferiamo la Old Economy poichè è meglio una ricchezza materiale pur senza un corrispondente valore nominale che un valore virtuale senza una proporzionata ricchezza reale"

la Cina in quattro anni è passata al primo posto come mercato mondiale dell’arte
Alcuni esperti, guardando verso la Cina, ritengono che le cifre record di questi anni potrebbero rappresentare una reminiscenza delle bolle speculative del Giappone del 1987 e dell’America del 2007. L’investimento immobiliare in Cina rappresenta il 6% del PIL, lo stesso livello che gli Stati Uniti hanno raggiunto nel 2006. Il governo cinese ha inoltre speso grosse somme per la costruzione di città-fantasma come Qungbashi, costruita per ospitare 1,5 milioni di persone, ma che è occupata da solamente 20mila residenti. Ricordiamo che la Cina in quattro anni è passata al primo posto come mercato mondiale dell’arte, sorpassando addirittura gli Stati Uniti. Questa primavera, un vaso cinese stimato $ 800 è stato venduto a $ 18milioni! È un esempio degli acquisti clamorosi effettuati dai ricchi cinesi, attratti da soldi facili che promettono crescite esponenziali.
 
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Corriere della Sera > Economia > Piazza Affari subito giù (-1,60%)Il differenziale Btp-Bund schizza a 372 2Share LA CRISI E IL DEBITO
Piazza Affari subito giù (-1,60%)
Il differenziale Btp-Bund schizza a 372
Affondano le banche (Intesa Sanpaolo -4,5%). Nuovo record negativo del «rischio» sui titoli decennali italiani
(Ap)
MILANO - Piazza Affari apre deciso in ribasso (-1,60%) e teme un'altra giornata nera , con le banche già in caduita libera. Intesa Sanpaolo perde il 4,5%, Unicredit il 3,6%. Lo «spread» il differenziale tra il Btp decennale e il Bund tedesco vola intanto al nuovo record di 372 punti base. La forbice tra i due titoli si allarga indicando la minor affidabilità del bond italiano il cui acquisto è incentivato con un premio (un rendimento) maggiore. Da Londra rimbalzano intanto voci senza conferma di un'ondata di vendite sul listino milanese già programmata dagli hedge fund. Il ministero del Tesoro valuta la convocazione del Comitato di stabilità con la Banca d'Italia e la Consob

ma gli speculatori sono sempre "gli altri" ?
 
Panic selling in borsa, l'indice Ftse-Mib va in tilt. Finale -5.16%
Di Francesca Gerosa

Panic selling in borsa, l'indice Ftse-Mib va in tilt. Finale -5.16%

Le principali Borse europee sulla scia dell'andamento negativo di Wall Street si sono compattate alla fine a Milano. In una giornata convulsa, dove a regnare sovrana è stata la volatilità e la speculazione, Londra ha perso il 3,43%, Parigi il 3,90% e Francoforte il 3,4%. A Milano l'indice Ftse Mib è andato in tilt: Borsa Italiana ha ufficializzato il blocco del calcolo sull'indice Ftse Mib: "il valore dell'indice Ftse Mib non è diffuso" e da Piazza Affari finora non sono arrivate altre spiegazioni. Basandosi sull'andamento del future sull'indice, si può desumere che il ribasso sia stato del 5,5%

panic selling è una parola che esisteva già con la old economy o è nata con la new economy?
 
Economia : la scienza che ha toccato la Old Ecomy e al New Economy, nella arte contemporanea di Giorgio Gost


Il termine ‘economia’ proviene dal Greco oikos (casa) + nomos (regola, nemein = amministrare, avere cura) e significa regole della casa o, più precisamente, regole volte a una buona amministrazione domestica.
Una buona amministrazione domestica si basa, nel suo complesso, sull’uso attento di risorse generalmente scarse; ne segue che le caratteristiche essenziali associate all’economia sono la frugalità, la parsimonia e il risparmio associati con l’efficienza, la prudenza e la previdenza.
Nel corso della storia la generale semplicità e immediatezza delle relazioni tra gli esseri umani e le risorse ha significato che non c’era bisogno di una scienza complessa e apposita avente per oggetto l’economia. In una fase successiva, quello che è ora considerato come un comportamento economico fu esaminato e valutato dal punto di vista della moralità, portando, ad esempio, alla condanna dell’usura o alla difesa del giusto prezzo. Oltre a ciò, l’economia, per la maggior parte delle persone, era l’avere a che fare con beni scarsi prodotti e consumati all’interno di un ristretto agglomerato di persone.

I sostenitori della scienza economica in opposizione ai sostenitori dell’economia politica si battevano per il libero mercato ma erano ancora all’interno di uno schema in cui uno stato territoriale aveva ancora il controllo monopolistico di alcuni aspetti dell’economia, quali le questioni economiche.

Dobbiamo arrivare al 1976 perché Hayek iniziasse a introdurre la proposta di una denazionalizzazione del denaro (Choice in Currency: the Denationalization of Currency, 1976).
E solo nel 1993 abbiamo lo scritto di un economista, Murray Rothbard, Nations by Consent: decomposing the nation-state, in cui lo stato nazionale è messo tra i rottami della storia.
Anche la scuola della “public choice” che ha prodotto l’idea del “fallimento del governo” per correggere e bilanciare la tesi del “fallimento del mercato” sostenuta dagli economisti politici, rimane ancora vincolata alla concezione dello stato territoriale nazionale e dell’economia territoriale nazionale.


Quindi, a parte alcune notevoli eccezioni che comunque stanno crescendo di numero e di peso, siamo ancora molto lontani dall’essere sulla strada giusta e rimarremo così fino a quando non abbandoneremo definitivamente tutta la vecchia zavorra fatta di Prodotto Nazionale Lordo, bilancia commerciale, pieno impiego, banca centrale, moneta a corso legale, crescita economica nazionale. Quello che occorre non è nulla di meno che una trasformazione totale del paradigma.
Per fare ciò è necessario abbandonare completamente l’idea e la pratica dell’economia politica e muoversi verso quella che è qui definita “ecolonomia scientifica”.

In quanto scienza sociale, è logico che l’economia politica abbia rapporti con le altre scienze sociali, cioè con quelle scienze che studiano i comportamenti umani di relazione, e in particolare con il diritto, con la scienza delle finanze e con la statistica economica.
Notevole affinità sussiste in particolare con la scienza delle finanze, infatti studia un’attività pratica diretta alla soddisfazione di bisogni, e precisamente l’attività svolta dalla Stato e dagli enti pubblici per la soddisfazione dei bisogni pubblici.
Anche lo Stato, pertanto, nella sua attività finanziaria dovrà ispirarsi ai criteri ed ai principi economici, sia pure entro i limiti delle superiori esigenze politiche.

La scienza delle finanze è nata come disciplina principalmente economica che studia gli effetti (anche distorsivi) della imposizione fiscale sull'economia. Si è quindi allargata come non mai all'Economia del Settore Pubblico (in inglese Public Sector Economics). Essa coinvolge anche lo studio dei meccanismi decisionali collettivi e le teorie riguardanti la produzione e consumo dei beni pubblici.
L'imposizione di imposte sui redditi delle persone fisiche e giuridiche, sui consumi (IVA), su specifiche produzioni di beni e servizi (si pensi alle accise sui carburanti) nonché di tasse a carico dei soggetti che beneficiano di un dato servizio, influenza l'economia sia sul piano macroeconomico, modificando consumi, risparmi e investimenti, sia dal punto di vista microeconomico, modificando le scelte individuali. Inoltre si modificano le scelte di spesa della pubblica amministrazione, alla quale affluiscono tasse e imposte.

Tanto per ricordarcene qualcuna:
• Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF)
• Imposta sul reddito delle società (IRES)
• Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP)
• Imposta sostitutiva sui redditi da capitale (ISOS)
• Canone RAI
• Imposta Comunale sugli Immobili (ICI)
Sono indirette le imposte che colpiscono la ricchezza nel momento in cui viene trasferita (es. la vendita di un bene) o viene consumata (es. fruizione di un servizio o di una prestazione): le imposte indirette pertanto si trasferiscono da chi è tenuto a pagarle per legge ad altri soggetti.
Tali imposte possono portare ad un divario tra prezzi netti per il produttore e prezzi pagati dal consumatore.



Esse colpiscono la ricchezza nel momento in cui si manifesta in maniera indiretta, ossia quando essa viene o consumata oppure trasferita. Difatti si parla di imposte sui consumi (es. IVA) o sui trasferimenti (imposta di registro). Tra le imposte indirette troviamo:
• Imposta di registro
• Accisa
• Imposta ipotecaria
• Imposta catastale
• Imposta di bollo
• Imposta sulle pubblicità
• Imposta sulle successioni
• Imposta sulle assicurazioni
• Imposta sul valore aggiunto (IVA)


L'economia come scienza non può essere unicamente spiegata tramite la scienza matematica o la statistica in quanto essa è funzionale alle necessità dell'essere umano.
Se si esclude una parte del settore dell'organizzazione e qualche studio recente sul settore del marketing il resto degli studi economici comprende esclusivamente una costante ricerca nel mondo dei numeri.
Tutto ciò non è un male, anzi, questo tipo di studi ha aumentato la capacità, il raggio d'azione del sapere economico rendendo più sicura ed efficiente l'applicazione di questa scienza. Ma è certamente riduttivo ed altamente insensato pensare che l'economia sia solo matematica.

Anche se a livello ufficiale ancora non esiste una disciplina specifica che regoli il rapporto tra scienza economica e sociologia, psicologia o filosofia, queste scienze di carattere umanistico stanno assumendo sempre più importanza nelle relazioni economiche soprattutto nei Paesi industrializzati.

L'essere umano in questo assunto è visto come "variabile economica".

Quindi l'economia più che essere una scienza applicativa dei numeri è soprattutto una scienza sociale dove contano le interrelazioni tra gli esseri umani che si trasformano in produttori oppure in consumatori, in manager o operai, liberi professionisti, artigiani, in investitori o azionisti.
Non si vuole con questo porre soltanto il problema etico in economia, ma si intende dire che gli esseri umani sono il mercato cioè quel soggetto a cui la scienza economica si riferisce.

E non può sfuggire che l’economia politica sembra stia diventando sempre più una scienza di calcolo, frazionata in iperspecialismi, poco o nulla propensa a dialogare con le altre scienze umane; talvolta, persino restia a definirsi tale. Ciò non è del tutto sorprendente.
Da tempo gli economisti mostrano una forte attrazione per l’ordine, la precisione – e i successi – delle scienze naturali. C’è addirittura chi si chiede se non sia auspicabile un processo di fuoriuscita dell’economia politica dall’ambito delle scienze umane.

L’economista non può semplicemente stare in disparte ad osservare, o spiegare in modo distaccato. Per esempio, quando cerchiamo di capire le cause della disoccupazione o dell’inflazione, lo facciamo ovviamente con l’obiettivo di escogitare mezzi per superare questi fenomeni indesiderati.
Infatti l’economista Keynes pensava e voleva «enfatizzare con forza» il punto che «l’economia è una scienza morale»


Si parte principalmente dal principio che l'economia è una scienza positiva oppure normativa.
Per scienza positiva si intende una scienza che aspira ad analizzare "ciò che effettivamente è", ossia i fenomeni come essi si presentano.
In quest'ambito di studio è solito trovare teoremi e definizioni. Appartengono a questo ramo di studio le materie economiche come la microeconomia, l'econometria, la macroeconomia e via dicendo.

Per scienza normativa si intende lo studio finalizzato a individuare "ciò che dovrebbe essere", ossia gli interventi e i precetti necessari per raggiungere determinati obiettivi socioeconomici.
In quest'ambito di studio è solito trovare consigli empirici e precetti.
Appartengono a questo ramo di studio le materie economiche come la politica economica, le scienze delle finanze ecc.

Nel suo campo di studio l'economia comprende sempre sia un ramo positivo sia quello normativo.
Non si escludono mai.
Del resto senza teoremi e teorie sarebbe complicato elaborare precetti e consigli.


Giorgio Gost nella sua arte ha voluto mettere a confronto Old e New Economy e ricordare che economia è una scienza, che come tale va studiata ed approfondita continuamente.
Se la old economy (la vecchia economia ossia la manifattura) era ricchezza senza valore, la new economy (la nuova economia ossia la finanza) è valore senza ricchezza.
Io credo sia preferibile la Old Economy poichè è meglio una ricchezza materiale pur senza un corrispondente valore nominale che un valore virtuale senza una proporzionata ricchezza reale.


Gost ha cercato di sviluppare un percorso estremamente contemporaneo, calandosi nella realtà dei tempi che stiamo tuttora vivendo.
Ha saputo guardare avanti, molto avanti mescolando con la sua arte espressiva e concettuale insieme, con l’impeto di trasmettere una energia, anche in questa piacevole occasione, narrando un intenso percorso di cambiamento contemporaneo.
Lo si vede ancora immerso in questa scienza anche nelle opere che raffigurano concettualmente le fabbriche e le attività che gli stanno intorno; sembra ci voglia continuamente dire che tutto è economia. E in questo ha ragione.


“L'arte si trova in un periodo latente. C'è una forza che l'uomo non può manifestare.” Scriveva Lucio Fontana nel Manifesto Bianco del 1946.
Oggi quel contesto è ancora attuale. Molto attuale!

“La vicinanza tra i temi dell’arte e quelli dell’economia ha radici importanti e la trattazione
congiunta di questi problemi si suole indicare con il nome di Economia dell’arte, per alcuni una
denominazione affascinante, per altri invece blasfema, a seconda che si ritenga o meno che il valore
dell’economia abbia qualcosa a «che fare» con il Valore dell’arte.”

Infine l’arte sta seguendo la frenesia dell’economia, come fa notare la scrittrice Adriana Polveroni:
“Fiato corto, prospettiva limitata, alluvione di numeri, che fossero costi, pubblico, mostre, biennali, notti bianche e notti nei musei.
Negli ultimi anni l'arte contemporanea ha intrapreso una corsa che l'ha resa frenetica ed enfatica, riducendola a un appuntamento turistico o a un diversivo nell'agenda dello shopping. Richiamando però sempre più pubblico, stregato da artisti superquotati e da musei che somigliavano a macchine delle meraviglie.
Cosa poi ci fosse dentro importava di meno. Decisivo era lo stupore per il fuori.
Così il mondo dell'arte è diventato una grande bolla il cui fruscio ha anestetizzato lo sguardo, rendendoci tutti più indulgenti. Poi, a un certo punto, c'è stato lo sboom. I profitti di borsa, di cui si alimenta l'arte dei grandi numeri, sono calati, i musei hanno cominciato a chiudere, altri non aprono. Eppure la crisi non è il male peggiore.
Più profondo è un altro buco che ha messo in luce, qualcosa che non si voleva vedere, nascosto com'era anche dallo scintillio dell'arte.
Dell'arte che imita la moda, che ripiega nel grande lusso, che prende a prestito la vita e fa finta di spensierarsi. Si, la fine dei soldi ha rivelato la mancanza del senso.
La rinuncia a esercitare un pensiero critico rispetto al mondo in cui si muove. Il quale, però, ha ancora un fortissimo bisogno dell'arte, se non altro per quella sua inalienabile capacità di rinnovarsi, di produrre nuovi linguaggi.”


Fonti :
1.Polyarchy, On the social sciences as social scam and the social scientists as social scoundrels
Francesco Sylos Labini
2. Analisi Jan Tinbergen sulla politica economica
3. L'economia e l'arte di Guido Candela e Massimiliano Castellani
4. Lo Sboom. Il decennio dell'arte pazza tra bolla finanziaria e flop concettuale, Polveroni Adriana
 
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Economia : la scienza che ha toccato la Old Ecomy e al New Economy, nella arte contemporanea di Giorgio Gost


Il termine ‘economia’ proviene dal Greco oikos (casa) + nomos (regola, nemein = amministrare, avere cura) e significa regole della casa o, più precisamente, regole volte a una buona amministrazione domestica.
Una buona amministrazione domestica si basa, nel suo complesso, sull’uso attento di risorse generalmente scarse; ne segue che le caratteristiche essenziali associate all’economia sono la frugalità, la parsimonia e il risparmio associati con l’efficienza, la prudenza e la previdenza.
Nel corso della storia la generale semplicità e immediatezza delle relazioni tra gli esseri umani e le risorse ha significato che non c’era bisogno di una scienza complessa e apposita avente per oggetto l’economia. In una fase successiva, quello che è ora considerato come un comportamento economico fu esaminato e valutato dal punto di vista della moralità, portando, ad esempio, alla condanna dell’usura o alla difesa del giusto prezzo. Oltre a ciò, l’economia, per la maggior parte delle persone, era l’avere a che fare con beni scarsi prodotti e consumati all’interno di un ristretto agglomerato di persone.

I sostenitori della scienza economica in opposizione ai sostenitori dell’economia politica si battevano per il libero mercato ma erano ancora all’interno di uno schema in cui uno stato territoriale aveva ancora il controllo monopolistico di alcuni aspetti dell’economia, quali le questioni economiche.

Dobbiamo arrivare al 1976 perché Hayek iniziasse a introdurre la proposta di una denazionalizzazione del denaro (Choice in Currency: the Denationalization of Currency, 1976).
E solo nel 1993 abbiamo lo scritto di un economista, Murray Rothbard, Nations by Consent: decomposing the nation-state, in cui lo stato nazionale è messo tra i rottami della storia.
Anche la scuola della “public choice” che ha prodotto l’idea del “fallimento del governo” per correggere e bilanciare la tesi del “fallimento del mercato” sostenuta dagli economisti politici, rimane ancora vincolata alla concezione dello stato territoriale nazionale e dell’economia territoriale nazionale.


Quindi, a parte alcune notevoli eccezioni che comunque stanno crescendo di numero e di peso, siamo ancora molto lontani dall’essere sulla strada giusta e rimarremo così fino a quando non abbandoneremo definitivamente tutta la vecchia zavorra fatta di Prodotto Nazionale Lordo, bilancia commerciale, pieno impiego, banca centrale, moneta a corso legale, crescita economica nazionale. Quello che occorre non è nulla di meno che una trasformazione totale del paradigma.
Per fare ciò è necessario abbandonare completamente l’idea e la pratica dell’economia politica e muoversi verso quella che è qui definita “ecolonomia scientifica”.

In quanto scienza sociale, è logico che l’economia politica abbia rapporti con le altre scienze sociali, cioè con quelle scienze che studiano i comportamenti umani di relazione, e in particolare con il diritto, con la scienza delle finanze e con la statistica economica.
Notevole affinità sussiste in particolare con la scienza delle finanze, infatti studia un’attività pratica diretta alla soddisfazione di bisogni, e precisamente l’attività svolta dalla Stato e dagli enti pubblici per la soddisfazione dei bisogni pubblici.
Anche lo Stato, pertanto, nella sua attività finanziaria dovrà ispirarsi ai criteri ed ai principi economici, sia pure entro i limiti delle superiori esigenze politiche.

La scienza delle finanze è nata come disciplina principalmente economica che studia gli effetti (anche distorsivi) della imposizione fiscale sull'economia. Si è quindi allargata come non mai all'Economia del Settore Pubblico (in inglese Public Sector Economics). Essa coinvolge anche lo studio dei meccanismi decisionali collettivi e le teorie riguardanti la produzione e consumo dei beni pubblici.
L'imposizione di imposte sui redditi delle persone fisiche e giuridiche, sui consumi (IVA), su specifiche produzioni di beni e servizi (si pensi alle accise sui carburanti) nonché di tasse a carico dei soggetti che beneficiano di un dato servizio, influenza l'economia sia sul piano macroeconomico, modificando consumi, risparmi e investimenti, sia dal punto di vista microeconomico, modificando le scelte individuali. Inoltre si modificano le scelte di spesa della pubblica amministrazione, alla quale affluiscono tasse e imposte.

Tanto per ricordarcene qualcuna:
• Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF)
• Imposta sul reddito delle società (IRES)
• Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP)
• Imposta sostitutiva sui redditi da capitale (ISOS)
• Canone RAI
• Imposta Comunale sugli Immobili (ICI)
Sono indirette le imposte che colpiscono la ricchezza nel momento in cui viene trasferita (es. la vendita di un bene) o viene consumata (es. fruizione di un servizio o di una prestazione): le imposte indirette pertanto si trasferiscono da chi è tenuto a pagarle per legge ad altri soggetti.
Tali imposte possono portare ad un divario tra prezzi netti per il produttore e prezzi pagati dal consumatore.



Esse colpiscono la ricchezza nel momento in cui si manifesta in maniera indiretta, ossia quando essa viene o consumata oppure trasferita. Difatti si parla di imposte sui consumi (es. IVA) o sui trasferimenti (imposta di registro). Tra le imposte indirette troviamo:
• Imposta di registro
• Accisa
• Imposta ipotecaria
• Imposta catastale
• Imposta di bollo
• Imposta sulle pubblicità
• Imposta sulle successioni
• Imposta sulle assicurazioni
• Imposta sul valore aggiunto (IVA)


L'economia come scienza non può essere unicamente spiegata tramite la scienza matematica o la statistica in quanto essa è funzionale alle necessità dell'essere umano.
Se si esclude una parte del settore dell'organizzazione e qualche studio recente sul settore del marketing il resto degli studi economici comprende esclusivamente una costante ricerca nel mondo dei numeri.
Tutto ciò non è un male, anzi, questo tipo di studi ha aumentato la capacità, il raggio d'azione del sapere economico rendendo più sicura ed efficiente l'applicazione di questa scienza. Ma è certamente riduttivo ed altamente insensato pensare che l'economia sia solo matematica.

Anche se a livello ufficiale ancora non esiste una disciplina specifica che regoli il rapporto tra scienza economica e sociologia, psicologia o filosofia, queste scienze di carattere umanistico stanno assumendo sempre più importanza nelle relazioni economiche soprattutto nei Paesi industrializzati.

L'essere umano in questo assunto è visto come "variabile economica".

Quindi l'economia più che essere una scienza applicativa dei numeri è soprattutto una scienza sociale dove contano le interrelazioni tra gli esseri umani che si trasformano in produttori oppure in consumatori, in manager o operai, liberi professionisti, artigiani, in investitori o azionisti.
Non si vuole con questo porre soltanto il problema etico in economia, ma si intende dire che gli esseri umani sono il mercato cioè quel soggetto a cui la scienza economica si riferisce.

E non può sfuggire che l’economia politica sembra stia diventando sempre più una scienza di calcolo, frazionata in iperspecialismi, poco o nulla propensa a dialogare con le altre scienze umane; talvolta, persino restia a definirsi tale. Ciò non è del tutto sorprendente.
Da tempo gli economisti mostrano una forte attrazione per l’ordine, la precisione – e i successi – delle scienze naturali. C’è addirittura chi si chiede se non sia auspicabile un processo di fuoriuscita dell’economia politica dall’ambito delle scienze umane.

L’economista non può semplicemente stare in disparte ad osservare, o spiegare in modo distaccato. Per esempio, quando cerchiamo di capire le cause della disoccupazione o dell’inflazione, lo facciamo ovviamente con l’obiettivo di escogitare mezzi per superare questi fenomeni indesiderati.
Infatti l’economista Keynes pensava e voleva «enfatizzare con forza» il punto che «l’economia è una scienza morale»


Si parte principalmente dal principio che l'economia è una scienza positiva oppure normativa.
Per scienza positiva si intende una scienza che aspira ad analizzare "ciò che effettivamente è", ossia i fenomeni come essi si presentano.
In quest'ambito di studio è solito trovare teoremi e definizioni. Appartengono a questo ramo di studio le materie economiche come la microeconomia, l'econometria, la macroeconomia e via dicendo.

Per scienza normativa si intende lo studio finalizzato a individuare "ciò che dovrebbe essere", ossia gli interventi e i precetti necessari per raggiungere determinati obiettivi socioeconomici.
In quest'ambito di studio è solito trovare consigli empirici e precetti.
Appartengono a questo ramo di studio le materie economiche come la politica economica, le scienze delle finanze ecc.

Nel suo campo di studio l'economia comprende sempre sia un ramo positivo sia quello normativo.
Non si escludono mai.
Del resto senza teoremi e teorie sarebbe complicato elaborare precetti e consigli.



Se la old economy (la vecchia economia ossia la manifattura) era ricchezza senza valore, la new economy (la nuova economia ossia la finanza) è valore senza ricchezza.
Io credo sia preferibile la Old Economy poichè è meglio una ricchezza materiale pur senza un corrispondente valore nominale che un valore virtuale senza una proporzionata ricchezza reale.[/B]


anche ieri -6,15% la borsa di Milano e male le borse europee ed americana.
Magari un giorno ci si accorgerà che per far crescere la ricchezza interna bisognerà riportare a casa le produzioni spostate o affidate a Cina, India paesi dell'est o asiatici in generale.
Vivere di soli servizi o terziario più o meno avanzato e pubblico impiego non è facile se non si crea con la produzione.
Tanti prodotti fatti in serie e in quantità come commissionati a citati paesi possono costare uguale o poco di più anche se prodotti in Italia o altri paesi ex "industrializzati".
 
anche ieri -6,15% la borsa di Milano e male le borse europee ed americana.
Magari un giorno ci si accorgerà che per far crescere la ricchezza interna bisognerà riportare a casa le produzioni spostate o affidate a Cina, India paesi dell'est o asiatici in generale.
Vivere di soli servizi o terziario più o meno avanzato e pubblico impiego non è facile se non si crea con la produzione.
Tanti prodotti fatti in serie e in quantità come commissionati a citati paesi possono costare uguale o poco di più anche se prodotti in Italia o altri paesi ex "industrializzati".[/QUOTE]

Torna il sereno sulle borse che hanno già dimenticato i giorni negativi; adesso si pensa al tesoro e all'eredità della Libia.

simpatica intervista di giorgio su un giornale dove fra altre frasi esposte così in modo molto semplice, mi ha colpito la seguente: "nell'arte non importa dove stai, importa quello che vuoi dire"
Arte Shop Magazine
 
Un incoraggiamento per l'Italia e per gli italiani sempre più sotto pressione...
LA CRISI -Rivisitazione e composizione di BRUNO C..
LA CRISI -
Non pretendiamo che le cose cambino se continuiamo a farle nello stesso modo.
La Crisi è la miglior cosa che possa accadere a persone e interi paesi perchè è proprio la Crisi a portare progesso.
E' nella Crisi che nascono l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie.
Chi supera la Crisi supera se stesso senza dover essere superato.
Chi attribuisce le sue sconfitte e i suoi errori alla Crisi, violenta il proprio talento e e rispetta più i problemi delle soluzioni.
La vera Crisi è la Crisi dell'incompletezza.
Senza Crisi non ci sono sfide, senza Crisi non ci sono meriti.
E' nella crisi che il meglio di ognuno di noi affiora perchè senza Crisi qualsiasi vento è una carezza.
Parlare di Crisi è creare movimento, invece di adagiarci, lavoriamo duro!
L'unica Crisi minacciosa è la tragedia di non voler lottare per superarla.
rivisitazione e composizione di Bruno C. - Milano
 

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Ho da tempo sostenuto con forza che Gost è un artista contemporaneo in senso pieno.
Innovatore nel pensiero e della fermezza con cui ha voluto mettere in risalto le debolezze della New Economy e riprendere la cultura delle fabbriche dell’Italia del nostro passato recente, fondate sui principi dell’economia e non su quelli della finanza.

Oggi come non mai Gost si colloca in un frangente di assoluta contemporaneità e la sua arte è lo specchio che riflette in senso pieno quanto sta vivendo l’Italia ed in parte l’Europa.

E dire "oggi" in arte contemporanea ritengo possa intendersi un inequivocabile concetto di massima contemporaneità.
Oggi, e solo oggi, è il presente e quindi l'assoluto contemporaneo.

Oggi i mercati non si accontentano di promesse che non siano accompagnate da solidi impegni finanziari, forse la finanza deve riprendere le vecchie leggi economiche, in quanto scienza applicata.

Oggi le tempistiche di questa emergenza non si conciliano con quelli della diplomazia e della politica, forse destinati a sfaldarsi dentro una crisi nuova o una recessione che ricorda il passato.

Oggi c’è da chiedersi se l’Europa si stia districando in una crisi di identità più culturale che economica.

Mai come in questo giorno la lettura di una bolla colorata di Giorgio Gost ci mette in evidenza quella identità culturale e sociale in cui l’imprenditore aveva un linguaggio più comune, più facile da comprendere e quindi da accettare.
La semplicità stava nei gesti della Old Economy che sapeva creare ricchezza senza valore, questo il messaggio che ci dava Gost.
Oggi la finanza è un complesso ed articolato valore privo di ricchezza.

Oggi, mentre sfogliavo gli innumerevoli articoli che riempiono i quotidiani economici, ho fatto cadere gli occhi sulle bolle del Gost, una gialla, una blu, una azzurra ed una rossa.

Forse non ho ancora ben compreso cosa volesse dirci l’Artista, ma credo abbia ragione.

Oggi credo abbia ragione nella sua arte e nel suo messaggio.
 
ALTRA TEGOLA IN ARRIVO.
S&P taglia rating Italia 'Governo e' fragile' - Economia - ANSA.it

S&P taglia rating Italia 'Governo e' fragile'
Sale lo spread tra Btp e Bund tedesco. Corsa contro tempo per evitare default Grecia
20 settembre, 08:43

Marcegaglia: 'Credibilità minata, no stallo governo'L'andamento della BorsaGrecia: Venizelos, in ritardo su riformeObama, arriva piano da 4 mila miliardiProtesta a Wall Street contro cupidigia e corruzioneSpeciali
Varate misure da 54 miliardi
La scure di Standard and Poor's si abbatte sull'Italia. Mentre tutti gli occhi erano infatti puntati su Moody's - che giorni fa ha rinviato la sua decisione sul nostro paese - S&P ha deciso a sorpresa di tagliare il rating sulla capacità dello Stato di far fronte all'elevatissimo debito pubblico. Motivo: una crescita economica sempre più debole e una situazione di incertezza politica che ostacola la ripresa. Incertezza che - secondo gli analisti di S&P - rende molto difficile raggiungere gli obiettivi fissati nel programma di austerity. In particolare il rating di lungo termine viene abbassato da A+ ad A, ma con outlook negativo. Ciò significa che in futuro il rating potrà ulteriormente essere tagliato. Anche perché le previsioni per il debito sono decisamente peggiorate: il picco - spiegano gli analisti dell'agenzia - è atteso più in là nel tempo e raggiungerà un livello ancor più elevato del previsto. Nel rapporto di Standard and Poor's non si usano mezzi termini: "La fragilità della coalizione di governo in Italia - si legge - limita la capacità di risposta dello Stato" nell'affrontare una crisi economica e finanziaria che sta colpendo il nostro Paese come altri dell'Eurozona. E i vari tentativi che hanno caratterizzato la messa a punto da parte del governo Berlusconi della manovra 'lacrime e sangue' da 60 miliardi di euro lasciano intravedere come non sarà per nulla facile attuare in maniera efficace il programma di consolidamento di bilancio. Anche perché - evidenzia Standard and Poor's - le autorità italiane appaiono "riluttanti" nell'affrontare quelle che vengono considerate le "questioni chiave" della crisi economica italiana: dagli ostacoli strutturali che da sempre rallentano la crescita al basso tasso di partecipazione al lavoro, alla eccessiva rigidità sia del mercato del lavoro sia di quello dei servizi. Il dito viene puntato non solo sul governo e sulle lotte intestine alla coalizione di maggioranza, ma anche sulle divisioni all'interno del Parlamento "che - sottolinea S&P - continueranno a limitare la capacità del governo di rispondere in maniera decisa alle sfide macroeconomiche interne ed esterne". Di qui l'outlook, con la possibilità di abbassare ulteriormente il rating dell'Italia nelle settimane a venire.
 
i cittadini e le imprese sperano che le banche tornino a fare le banche:(:(:(

Unicredit: sequestrati 245 mln, l'accusa è evasione fiscale

Finanzaonline.com - 19.10.11/08:33

Ieri il Gip di Milano Luigi Varanelli ha disposto il sequestro di 245 milioni di euro per Unicredit, prelevandola direttamente dal conto dell'istituto di Piazza Cordusio presso la Banca d'Italia. L'accusa è il reato di dichiarazione fiscale fraudolenta. Ad essere iscritti nel registro degli indagati l'ex Ad della banca Alessandro Profumo, alcuni top manager, e fino a tre dirigenti di Barclays, quest'ultima accusata di aver organizzato le operazioni con Unicredit.

Fonte: Finanza.com

http://www.finanzaonline.com/notizie/news.php?id={9B299FA7-BE5D-4072-B7C2-3D4C6614111E}?refresh_cens
 
Incredibile, eh?
Oltre ai danni che le banche hanno arrecato, ci mancava proprio anche questa,
la banca avrebbe provocato un danno all'erario di oltre 700 milioni di euro. L'operazione concordata con Barclays. Profumo ora rischia una pena da otto mesi a sei anni....

Sì, la galera, e chi ci crede più?
Brava Unicredit, davvero brava!:bow:
 
Incredibile, eh?
Oltre ai danni che le banche hanno arrecato, ci mancava proprio anche questa,
la banca avrebbe provocato un danno all'erario di oltre 700 milioni di euro. L'operazione concordata con Barclays. Profumo ora rischia una pena da otto mesi a sei anni....

Sì, la galera, e chi ci crede più?
Brava Unicredit, davvero brava!:bow:

a parte non crederci più, un motivo per cui gli stranieri non investono in Italia è il "recupero crediti" per cui non vi è mai certezza dei tempi in caso di controversia giudiziaria.
 
sabato 3 dicembre 2011 ore 18,30 collettiva al Museo della Scienza
 

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