Banche, chi vince e chi perde con la nuova versione della tassa sugli extraprofitti. Gli analisti
di Elena Dal Maso
Le modifiche alla tassa sugli extraprofitti bancari piace al mercato. Ma non andrà a beneficio di tutti, spiegano gli analisti, che hanno fatto due conti in tasca agli istituti di credito. Ecco chi beneficia di più delle novità
Il settore bancario corre a Piazza Affari,
Banco Bpm,
Mps e
Bper salgono fra il 2% e il 2,85% lunedì 25 settembre dopo l’ultima versione della tassa sugli extraprofitti degli istituti di credito voluta dal governo Meloni-Salvini.
I partiti di maggioranza hanno trovato un accordo in relazione alle modifiche da applicare alla
tassa sugli extraprofitti bancari inserita all’interno del
Decreto Asset, espresso attraverso un emendamento approvato dalla Ragioneria Generale dello Stato.
Le due modifiche importanti
In particolare, due sono le modifiche sostanziali rispetto alla versione inizialmente proposta, come sottolineano gli analisti di
Equita Sim:
1. Il tetto massimo della tassa che dovrà essere versata da ogni istituto è definito come lo 0,26% degli RWA (asset ponderati per il rischio) invece dello 0,1% degli attivi.
2. Agli istituti viene data la possibilità di destinare a una
riserva non distribuibile un importo non inferiore a 2,5 volte l’ammontare dell’imposta, andando quindi a rafforzare la posizione del coefficiente di solidità patrimoniale, il Cet1 ratio. Qualora la riserva venga successivamente utilizzata per la distribuzione di utili, la banca dovrà pagare l’imposta maggiorata per la quota di interessi maturata al tasso di interesse sui depositi Bce.
Viene inoltre espressamente fatto
divieto alle banche di trasferire gli oneri derivanti dall’imposta sui costi dei servizi erogati
nei confronti dei clienti.
L’emendamento della tassa sugli extraprofitti viene incontro alle richieste Bce, «che aveva evidenziato il rischio di indebolimento della posizione di capitale delle banche, e per fronte alla pressione di alcuni esponenti della maggioranza che avevano richiesto l’esclusione dei titoli di Stato dal calcolo dell’imposta e un impatto meno gravoso per le banche di minori dimensioni», ricordano gli analisti della Sim milanese. Le
BCC, infatti, non distribuendo dividendi, «non saranno infatti ragionevolmente impattate dalla tassa».
Non è invece prevista la deducibilità dell’imposta.
I calcoli degli analisti
Sulla base dei calcoli di
Equita, a parità di condizioni, l’impatto della tassa sul settore bancario passerebbe (sui titoli quotati)
da circa 2,1 miliardi a 1,8 miliardi, quindi l’1% della capitalizzazione di mercato dei titoli coinvolti,
con un impatto medio sugli utili 2023 atteso scendere dal 9% all’8%.
Secondo gli esperti, a questo punto «la maggior parte degli istituti sotto nostra copertura opterà per il
pagamento della tassa, alla luce di un impatto gestibile e per mantenere maggiore flessibilità sulla politica di remunerazione», senza quindi cambiare i progetti sui dividendi.
Chi beneficia di più della nuova versione
Da questo punto di vista, i maggiori beneficiari dalla nuova definizione dell’imposta sono
Mps e ICCREA che, non prevedendo in ogni caso di distribuire dividendi quest’anno, «ragionevolmente porteranno
l’utile generato a riserva e non saranno soggetti alla tassazione straordinaria», mentre l’impatto atteso pre emendamento era di, rispettivamente, 120 e 166 milioni di euro».
L’impatto dalla nuova definizione della tassa è minore anche per gli istituti caratterizzati da un «modello di business più
capital light e
conseguentemente con una minore
RWA density, quindi
FinecoBank e Banca Generali tra i gestori patrimoniali e
Credem tra le banche tradizionali»,
...E chi ci perde
Dall`altro lato, la nuova definizione del tetto dell’imposta basato sullo 0,26% degli asset ponderati per il rischio (RWA) è «leggermente più penalizzante rispetto alla versione iniziale per soggetti con maggiore RWA density come
Mediobanca, Banca Ifis e illimity», conclude
Equita.
Orario di pubblicazione:
25/09/2023 09:38
Ultimo aggiornamento:
25/09/2023 10:10