Mobili di ieri, di oggi e oggetti di design

A proposito di automotive. Correva l'anno 2004 ed ebbi la ventura di visitare gli Studi dei designer Carcerano e Fioravanti. Mi raccontabbero tante cose (e la Fiat nel 2004 era in stato semi agonico)...cosa avevano fatto i coreani e cosa avrebbero realizzato in metà tempo i cinesi. Era andato colà per procurarmi un modello 3D di una macchina a marchio Alfa Romeo (ma futuribile) per il nostro corto di presentazione di film tridimensionale. In seguito facemmo da soli da bravi bambini. Riporto qui seguito il prototipo propostomi da Carcerano l'imponente Triagmos con assonanze gotico-decò. Altri tempi, ma sentivo che "l'aria stava per cambiare e si necessitava un bel maglioncino.

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A proposito di automotive. Correva l'anno 2004 ed ebbi la ventura di visitare gli Studi dei designer Carcerano e Fioravanti. Mi raccontabbero tante cose (e la Fiat nel 2004 era in stato semi agonico)...cosa avevano fatto i coreani e cosa avrebbero realizzato in metà tempo i cinesi. Era andato colà per procurarmi un modello 3D di una macchina a marchio Alfa Romeo (ma futuribile) per il nostro corto di presentazione di film tridimensionale. In seguito facemmo da soli da bravi bambini. Riporto qui seguito il prototipo propostomi da Carcerano l'imponente Triagmos con assonanze gotico-decò. Altri tempi, ma sentivo che "l'aria stava per cambiare e si necessitava un bel maglioncino.

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OK!Arte, cultura, comunicazione, industria...

" Ritengo che Triagmos vada oltre, cambia fisionomia a seconda dei punti d’osservazione.
Questo progetto l’abbiamo realizzato in due mesi, una specie di record da Guinness, sviluppato interamente al calcolatore, senza
la mediazione di un bozzetto".
Piero Luigi Carcerano

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Il prototipo Carcerano Sonny al Motor Show di Bologna del 2006.
Sonny, la piccola concept di Carcerano

Il Motor Show 2006 ha visto il debutto di un interessante prototipo realizzato dalla Carcerano Creative Engineering, una solida realtà torinese che opera nel campo della progettazione auto e del design industriale. La Sonny spiccava sulle ipotetiche concorrenti della mostra “L’auto che verrà” con il suo colore giallo, nonostante le ridotte dimensioni da Urban Car


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Carlo Gaino (Torino, 1957) è un designer torinese.

Nel 1988 fonda Synthesis design e inizia l'attività come designer indipendente, occupandosi di svariati settori del product
design e dell'automotive design.

Ha disegnato, tra le altre, la Lancia ECV II, l'Alfa Romeo 155 GTA, la Maserati Barchetta e la De Tomaso Guarà, oltre a
svariate consulenze con case automobilistiche internazionali.


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:DSESSO DA ARREDAMENTO

Dagli anni Sessanta alcuni grandi designer hanno affrontato il tema dell'erotismo riscrivendo i codici del paesaggio domestico.
Fortemente influenzata dalle tematiche del femminismo è per esempio la poltrona Up5 del 1969 di Gaetano Pesce per B&B Italia:
il blocco di poliuretano assume la sagoma di una enorme donna accogliente.
Il pouf sferico collegato alla poltrona attraverso una corda, denuncia esplicitamente la condizione di schiavitù a cui la donna è costretta da secoli.

La UP5 divenne un vero e proprio simbolo, venne usata non solo come semplice seduta, ma anche come elemento scenografico soprattutto in fotografia o come elemento di decorazione.

E’ divenuta uno dei prodotti più famosi al mondo, nonché maggiore testimonianza del made in italy e dell’arredamento senza tempo.

La serie (prevalentemente col modello UP5) fa parte della collezione permanente di molti musei, come quella del Triennale Design Museum di Milano, del MoMA di New York (in questo caso col modello UP1) ecc ecc, ed è stata esposta in mostre e musei, dedicati al design, all’arredamento e all’arte contemporanea di tutto il mondo.

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Fino al 1973, le sedute della serie 7, venivano confezionati sottovuoto, in questo modo occupava nell’imballaggio il 90% in meno dell’ingombro.

L’imballaggio consisteva in una scatola piatta di cartone con un rivestimento interno in PVC che manteneva sottovuoto la seduta.
Una volta scartata dall’imballaggio la seduta acquistava lentamente la sua forma definitiva grazie all’aria che penetrava all’interno delle celle del poliuretano e ne aumentava il volume.
Per i modelli più grandi, come la UP5, il processo durava circa un’ora.
Una volta raggiunta la forma definitiva la seduta non poteva più raggiungere la forma compatta, ma anzi acquistava una definitiva rigidità.

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Letto Lullaby (1969) di Luigi Massoni per Poltrona Frau.


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Il designer marchigiano Massoni immagina un letto rotondo con ruote e con una testiera di pelle imbottita e colorata.
Nulla richiama l'anatomia umana, ma è chiaro l'intento del designer prefigurare sfrenate notti d'amore rotolandosi liberamente senza temere di cadere giù. Se non c'è più un sopra e un sotto, un alto e un basso, anche i ruoli possono essere rimessi, appunto, in circolo.
A partire dal Sessantotto il design entra in rapporto con il sesso sia in chiave giocosa, ironica e vitale sia in chiave politica e di denuncia. Ma queste componenti si intrecciano inestricabilmente e, a seconda del progettista, prevale o l'una o l'altra.

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Him e Her Casamania sono sedute in polietilene realizzate mediante stampaggio rotazionale di Casamania by Frezza, design Fabio Novembre.

La loro forma deriva dalla scansione tridimensionale di due sculture in gesso. Him e Her Casamania possono essere utilizzate anche all'esterno.
Him e Her sono arredi carichi di una portata culturale elevata: l’attitudine poetica del designer Fabio Novembre si rifà alla Genesi biblica, con la creazione del primo uomo e della prima donna e all’esposizione dei due corpi nudi, senza vergogna, armoniosi modelli di seduzione.
La perfezione nell’armonia dei due sessi.


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Grazie per gli spunti Dormammu...OK!:)

La chaise longue Djinn di Olivier Mourgue

La sua forma organica e l’importanza del colore nell’impatto visivo attrassero l’attenzione del regista Stanley Kubrick, che notoriamente le utilizzò nel suo capolavoro 2001: Odissea nello Spazio del 1968, dove esse risaltano, nella scena che si svolge in una capsula spaziale girevole, su uno sfondo quasi completamento bianco.


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La chaise longue Djinn è considerata tra i primi design di mobili in acciaio tubolare con imbottitura di schiuma di poliuretano: questa innovativa struttura le conferiva la sua caratteristica morbidamente curvata.

La Djinn, proposta anche nella versione a due posti, era rivestita da una fodera di jersey di lana rimovibile, disponibile in una grande varietà di colori. Grazie al design, che la rendeva leggera ma robusta al tempo stesso, era facilmente trasportabile anche sotto braccio.

La Djinn era pertanto in perfetta sintonia con lo stile di vita del periodo che prediligeva il design di oggetti di facile uso, concepiti per uno stile di vita dinamico ed esigente dal punto di vista estetico.

La chaise longue era stata progettata dal poliedrico designer francese, Olivier Mourgue, noto anche per i suoi dipinti e per i suoi jardins imaginaires.

Per la Djinn, Mourgue si era ispirato alla mitologia musulmana e aveva tratto il nome dagli esseri misteriosi e potenti protagonisti di storie come Aladino e il genio della lampada.

La chaise longue Djinn, incarnando con la sua combinazione di funzionalità e aspetto futuristico un diffuso desiderio di libertà, versatilità o anticonformismo, diventò quindi un vero simbolo dello stile degli anni Sessanta.

Inclusa nella collezione di design del MoMA di New York e in quella del Centre Georges Pompidou a Parigi, grazie alla sua forma insolita e ispiratrice la Djinn merita pienamente il suo status di classico del design.

Prodotto da Airbourne International dal 1965 al 1986, la sedia non è più in produzione.


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Tavolino E1027. Eileen Gray, ClassiCon, 1927

Questo è il classico dei classici. La sua forma ingegnosamente proporzionata e distintiva ha reso questo tavolo regolabile in altezza una delle icone del design più apprezzate del XX secolo. Prende il nome dalla casa E 1027 "Maison en bord de mer" che Eileen Gray ha costruito per sé e per il suo compagno, Jean Badovici. Anche il nome in codice deriva da: E sta per Eileen, 10 per Jean (J è la decima lettera dell'alfabeto), 2 per B (adovici) e 7 per G (igio).

L'elegante atmosfera minimalista dell'appartamento dell'affascinante banchiere d'affari Patrick Bateman continua a essere una visione dello chic modernista degli anni Ottanta. Dai disegni di Robert Longo alle eleganti sedie in pelle Mies van der Roche Barcelona, ​​il soggiorno dell'assassino psicopatico è ricco di mobili iconici.

Film American Psycho | regia Mary Harron | 2000


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ALESSANDRO MENDINI

Architetto, designer, pittore, giornalista, teorico dell’architettura, ideatore del design banale e del re-designer

Le sue creazioni sono frutto del suo spirito ironico e dissacratore, un invito a guardare la vita con leggerezza.
Non è un cavatappi, ma è una signora che danza, è un giovanotto, è un pappagallo colorato.
Mendini ha trasformato molti oggetti di uso comune in icone di design.
Come Anna G., il cavatappi più celebre al mondo, tanto da meritare un nome proprio. Disegnato per Alessi, ha venduto oltre 1,5 milioni di copie nel mondo.

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Mendini progetta anche gli “oggetti ad uso spirituale“: una divertente e dissacratoria collezione che ci invita a non prenderci sul serio e a riflettere sulla natura transitoria degli oggetti e dell’uomo.

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Ne sono un esempio la sedia Lassù, troppo alta per potercisi sedere, o la Scivolavo, che costringe a sedersi in posizioni improbabili per non cadere, o la Valigia per l’ultimo viaggio, troppo pesante da sollevare.

Una delle opere cult di Mendini è la poltrona Proust, del 1978: si tratta di una finta poltrona del ‘700, con un finto rivestimento puntinista. Un pezzo decisamente spiazzante, che negli anni ha visto nascere decine di versioni. Con questa poltrona Mendini omaggia il grande scrittore.
Colore, colore, colore. Macchie, forti, decise. E poi puntini, che si confondano l’uno sull’altro, che ci confondano, in omaggio alla pittura dell’800. Nel design di Mendini il colore ha un ruolo predominante. Molto evidente l’influsso del puntinismo, che viene riproposto su diverse creazioni.


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A Mafá sí troppo na cosa bella :clap:

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:flower::flower::flower::flower::flower::flower::flower::flower::flower::flower::flower::flower::flower::flower::flower:

Grazie....e questo lo riempio di fiori per te!:D


VENINI
FAZZOLETTO OPALINO
Vaso fatto a mano in vetro soffiato
Designer Fulvio Bianconi, Paolo Venini
Collezione Fazzoletto


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Luigi Massoni
Designer, nato a Milano nel 1930; attivo a Cermenate. Inizia la carriera professionale nel 1954.
Dal 1972 è stato presidente e responsabile per l’architettura e per l’industrial design di A&D.
Tra le aziende sue clienti ci sono Poltrona Frau, dal 1967; Fratelli Guzzini, dal 1964; Nazareno
Gabrielli, dal 1969; Gallotti & Radice, dal 1969.

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Poltroncina a pozzetto, anni 80, rivestita in pelle pieno fiore


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LAMPADA BELLHOP FLOOR DI EDWARD BARBER E JAY OSGERBY PER FLOS

La fortunata famiglia Bellhop nasce nel 2016 con una piccola lampada pensata per illuminare i tavoli del Members’ Lounge e del Parabola Restaurant al London Design Museum.
Nel 2021, il nuovo progetto Bellhop Floor, disegnato per Flos dalla matita e all'estro di Edward Barber e Jay Osgerby, arriva a impreziosire la linea.

"Continuando il lavoro iniziato con le lampade portatili e da esterno, ci siamo concentrati
su una versione da terra che facesse parte della collezione seppur emanando una luce
totalmente diversa. Mentre le lampade da tavolo sono spesso discrete e offrono
un'illuminazione diretta, la nuova Bellhop Floor ha un carattere più scultoreo.
Gli elementi archetipici rimangono simili a quelli della collezione esistente; abbiamo
preso la testa della Bellhop e l'abbiamo capovolta, inoltre abbiamo introdotto una
combinazione di nuovi materiali: cemento, alluminio, vetro. Abbiamo anche utilizzato
colori laccati brillanti”, raccontano i designer Edward Barber e Jay Osgerby.


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Jo Colombo

Un genio morto giovane.

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«Cabriolet Bed» (1969) di Joe Colombo


«Barba rossa, occhi luminosi e pipa in bocca, un po’ tarchiato d’aspetto, Colombo viveva con frenesia. Tutto lo interessava e lo attraeva»: così descrive Joe Colombo, uno dei maggiori designer del XX secolo, la storica assistente Ignazia Favata, autrice del primo catalogo ragionato dell’opera del suo maestro, pubblicato a 50 anni dalla morte, a soli 41 anni, dell’architetto milanese.

In 19 anni di attività Colombo ha lasciato un patrimonio di progetti avveniristici che hanno definito il design degli anni ’60-70 e dei decenni successivi, grazie a produttori lungimiranti e allo Studio che porta il suo nome.

In un’epoca in cui imperavano il beige e il marrone, i suoi arredi si distinguono per l’uso del colore e per la massima funzionalità, espressa attraverso nuovi materiali tecnologici ed elementi componibili da produrre in serie.

Tra gli esempi più noti la lampada «Acrilica» (medaglia d’oro alla XIII Triennale del 1964), il bicchiere «Smoke» e la «Poltroncina a elementi curvati», entrambi del 1964, la «Tube Chair» del 1969 (oggi al Musée des Arts Décoratifs di Parigi), la lampada «Spider» (Compasso d’Oro nel 1967) e il carrello «Boby» (premio S.M.A.U. nel 1971).

L’apice della sua visione di un habitat dinamico e trasformabile viene raggiunto dai monoblocchi polifunzionali, come «Minikitchen» (medaglia d’argento alla XIII Triennale del ’64, ancora in produzione) o «Cabriolet Bed» del 1969.




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Pentola a pressione Lagostina

Ufficio Tecnico 1960


Con il suo manico a leva la pentola a pressione Lagostina rappresenta un’icona del design italiano. È un testimone tramandato di generazione in generazione insieme alle ricette e ai segreti della cultura gastronomica italiana. La sua immagine è rimasta pressoché inalterata nel tempo, ma nel corso degli anni venne rinnovata dal punto di vista della funzionalità e della sicurezza.

Tra il 1967 e il 1973 comparve la campagna su carta, cinema e TV con le madri di famosi artisti italiani, testimoni delle buone qualità e della sicurezza della pentole a pressione. Ma è nel 1969 che Lagostina segnò la pubblicità italiana con il primo episodio de La Linea, personaggio ideato da Osvaldo Cavandoli e protagonista di una serie di caroselli mandati in onda dalla RAI.

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Ciao Dormammu!:)

Vespa Piaggio
scooter (1946)


Nell'aprile del 1946 nasce la Vespa, lo scooter per eccellenza, il più venduto e il più imitato al mondo. L'ingegnere Corradino D'Ascanio, appassionato di aeronautica, concepisce la Vespa con caratteristiche innovative come la carrozzeria portante, la forcella anteriore monobraccio e la trasmissione diretta alla ruota.

Corradino D’Ascanio era stato invitato a migliorare l’MP5, soprannominato Paperino, diretto antecedente della Vespa. Lo scooter, non aveva convinto del tutto la Piaggio che ne aveva prodotti solamente 50 veicoli nel ’43.

Nel 1945, momento storico cruciale per l’industria italiana, si presenta l’occasione di far fronte ad una grande domanda di mobilità con prodotti funzionali ed economici, da realizzare in serie da parte della grande industria. Il problema del mezzo di trasporto individuale, sicuro e a basso costo è centrale e Enrico Piaggio capisce che lo scooter può diventare l’oggetto simbolo della rinascita.

Negli stessi anni l’Innocenti produce la Lambretta (dal nome del fiume che scorre vicino allo stabilimento), uno scooter di concezione opposta che utilizza come struttura portante un tubo di grosse dimensioni come quelli per cui è già nota l’industria milanese.

L’obbiettivo di D’Ascanio è quello di creare un mezzo facile da usare, comodo anche per piccole distanze e su strade strette e tortuose, adatto quindi agli spostamenti urbani ma anche alle gite familiari la domenica.

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“Non essendo schiavo di tradizioni motociclistiche, pensai che la macchina dovesse servire a chi, come me, non era mai stato in motocicletta e odiava la sua guida difficile. Stetti a rimuginare un po’ e una domenica mi venne l’idea base. La questione più importante era di poter inforcare il veicolo comodamente, cosa già risolta per la bicicletta da donna. Considerai più confortevole e più razionale la posizione ‘seduta’ che quella a cavalcioni del telaio; poi si trattava di facilitare al massimo la manovrabilità.

Bisognava tener conto dell’impiego cittadino del veicolo, che si doveva poter guidare senza togliere le mani dal manubrio: sul manubrio misi il comando del cambio. Un’altra cosa: non doveva sporcare mani e pantaloni, uno degli inconvenienti più vistosi della motocicletta. Quindi la mia motoretta deve avere il motore coperto, isolato dal guidatore: un complesso unico con la ruota posteriore. Di conseguenza feci la trasmissione senza catena, con il cambio in linea compreso nel gruppo ruota-motore. Altra soluzione dettata dalla mia esperienza aeronautica: il supporto monotubo per la ruota anteriore invece della forcella di origine ciclistica. E, novità primaria, introdussi la carrozzeria portante eliminando il sistema a tubi.

Altra esigenza: la ruota di scorta. Ricordando che molte volte, viaggiando in auto, avevo visto ai margini della strada dei motociclisti alle prese con camera d’aria bucata e smontata dal cerchione, decisi, che alla base di tutto, una bucatura non doveva costituire per un motociclista un problema da meccanico. Volli che il motociclista avesse qualcosa in comune con l’automobilista. Insomma cercai di costruire la macchina più semplicemente possibile”.

Così nasce l’MP6, prototipo della Vespa 98 del 1945.


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Fernanda Vigo, nota come Nanda Vigo(Milano, 14 novembre 1936 – Milano, 16 maggio 2020), è stata una designer italiana.

Fernanda Vigo ha lavorato per tutta la vita tra Milano e l’Africa Orientale; ha condiviso la sua avventura artistica e creativa con artisti come Lucio Fontana, Piero Manzoni, di cui è stata anche la compagna, e, più tardi, anche con Gio Ponti.
Partecipa alla Triennale di Milano, alla Biennale di Venezia, nel 1971 riceve New York Award for Industrial Design per la sua famosissima Lampada Golden Gate.


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Da Soho a Madison Avenue: il design italiano alla conquista di New York

C’è una nuova Little Italy a Lower Manhattan e sfoggia la bandiera del design italiano. Qualche strada più a ovest rispetto al quartiere che storicamente ha visto la presenza di ristoranti, negozi e famiglie degli immigrati italiani a New York, si concentrano oggi decine di marchi tra i più noti dell’arredamento made in Italy: da Kartell a Poltrona Frau, da Cassina a Cappellini, da Flos ad Artemide e Foscarini, e poi Flou, Driade, Valcucine, Moroso, Boffi e De Padova, solo per citarne alcuni. Una trentina di brand affacciati in pochi isolati, tra Wooster Street e Greene Street, nel cuore di Soho.

Qualche chilometro a Nord, a Midtown lungo Madison Avenue tra la 23esima e la 34esima strada, sta decollando un nuovo distretto del design e, anche in questo caso, sono i brand italiani a fare la parte del leone: l’ultimo arrivato, a fine maggio, è il flagship store del Gruppo Molteni, a pochi passi da quelli di B&B Italia, Poliform, Minotti, Giorgetti, Natuzzi, iGuzzini, Fendi Casa, Trussardi casa e Bentley Home (questi tre, tutti marchi del gruppo Luxury Living Group).

Altro quartiere nascente è Chelsea, dove per ora si stanno avventurando solo alcuni pionieri, tra cui Calligaris.


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