Come hanno votato PD e Cinque Stelle?
Il PD l'ha messo nel cùlo al PD
Regione Veneto, la dem che sul fine vita ha «disobbedito» al Pd. «Il partito ora mi accusa? La mia coscienza ha detto no»
Bigon: «In tanti mi avevano chiamato per farmi cambiare idea». «Ma la proposta di legge sarebbe stata comunque bocciata. Nessuno può dire con certezza cosa sarebbe successo»
La sua astensione sulla
proposta di legge sul fine vita è stata determinante per la
bocciatura. Ha resistito alle pressioni sia telefoniche che personali di tanti esponenti del suo partito, il Pd, ma Anna Maria Bigon, avvocata veronese, consigliera regionale dem dal 2020, resta convinta di non avere nulla da rimproverarsi per la sua scelta.
Alessandro Zan, membro della segreteria nazionale, sostiene che « ha agito contro la linea del gruppo del Pd».
«A me dispiace che il Pd reagisca in questo modo, ma sbaglia. Non ho agito contro. Ho ritenuto sbagliato produrre leggi regionali su un tema così delicato. E ho pertanto fruito del diritto alla libertà del voto di coscienza, come avevamo concordato. La linea del gruppo regionale peraltro è diversa dalla linea del gruppo Pd alla Camera che votò il fine vita per recepire la sentenza Corte costituzionale».
Era una possibilità, ma poteva pensarci bene di fronte al voto positivo dei suoi cinque colleghi di gruppo.
«Tutti abbiamo concordato sulla libertà di coscienza. Ma non è così strano perché ricordo che l’articolo 1, comma 8, dello Statuto del partito recita: “Il Pd riconosce e rispetta il pluralismo delle opzioni culturali e delle posizioni politiche al suo interno come parte essenziale della sua vita democratica”. Sono rimasta nell’ambito delle regole».
Anziché astenersi, poteva uscire dall’aula abbassando il numero legale.
«Ma la proposta di legge sarebbe stata comunque bocciata. C’erano diversi movimenti in aula in quel momento. Nessuno può dire con certezza cosa sarebbe successo».
Ci spieghi perché si è astenuta, allora?
«Mi occupo di sanità da diversi anni. So di cosa stiamo parlando. Quando si parla di garantire la libertà di scelta per il fine vita bisogna che sia assicurato anche l’accesso alle cure palliative».
E questo non avviene?
«In Veneto le cure palliative raggiungono solo il 30% delle persone malate, appena il 23% degli ambulatori è stato attuato e solo un malato su due viene preso in carico».
Lei ha contestato la competenza della Regione a legiferare su questa materia.
«Se si trattava di unificare tempi e procedure tra tutte le usl bastava una semplice delibera di giunta».
Perché non è stata fatta?
«Perché è più facile portare in Consiglio regionale una proposta di iniziativa popolare. Se davvero si vuole approvare una legge si presenta il testo in Parlamento. Ed è tanto più facile farlo approvare se si ha la maggioranza».
L’ufficio legale della Regione non ha obiettato nulla.
«Come procedura sanitaria era lecita. Ma l’Avvocatura dello Stato ha detto che quella legge avrebbe potuto essere impugnata».
Non si sente sotto accusa?
«Il Pd dovrebbe piuttosto mettere in risalto la debolezza del centrodestra che su 41 voti ne ha espressi 15. Perché dovrei sentirmi responsabile? Il Pd è un partito plurale. Ho esercitato un mio diritto».
Ma l’hanno chiamata in molti per farle cambiare idea.
«Era giusto parlare con tutti. Ho ascoltato e espresso la mia opinione. Però io devo rispondere alla mia coscienza. Ed è quello che ho fatto».