Ottone Rosai

  • Due nuove obbligazioni Societe Generale, in Euro e in Dollaro USA

    Societe Generale porta sul segmento Bond-X (EuroTLX) di Borsa Italiana due obbligazioni, una in EUR e una in USD, a tasso fisso decrescente con durata massima di 15 anni e possibilità di rimborso anticipato annuale a discrezione dell’Emittente.

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Ringrazio il forum per avermi dato la possibilità di esprimere il mio parere in questi anni. Da collezionista vero, ho deciso che questa esperienza può finire qui.
Un saluto a tutti e grazie per la compagnia.

:bye:

Vedo solo ora questo post di @zong, che spero ci legga, e approfitto per invitarlo a tornare. Ti aspettiamo zong! :)
 
Questa riflessione, di cui attendo gentilmente :bow::bow::bow: un commento da parte di Giovanni Faccenda
mi va di proporla visto che potrebbe essere oggetto di un interessante dibattito.
______________________________________________________________________;)___________________________

Stralcio da :
in difesa di Ottone Rosai di ARMANDO PUGLISI, del 1981

_______________________________________________________________________;)__________________________

Un giorno di settembre del 1980 andai ad Acqui Terme per visitare la mostra antologica di Ottone Rosai.
Appena entrato nell'edificio che l'ospitava, il primo quadro che mi colpì, anche per le sue grandi
dimensioni, fu “Il gobbo alla finestra”, del 1937.

Non sapevo che "Crepitus" (il gobbo), descritto da Rosai nel suo libro -"Via Toscanella"- del
1930, avesse una versione pittorica, posteriore di circa 10 anni.

Cercai di stabilire quali fossero i punti di contatto e diversità tra le due figure: il gobbo
letterario ha una “faccia da ippopotamo” (dalla cui "bocca escono le più nere sentenze"), il tronco
supe-riore di lunghezza normale e quello inferiore accorciato dall'attacco anticipato delle gambe,
mentre in quello pittorico la faccia è una specie di triangolo isoscele dal cui lato minore si staccano
un naso a forma di cuneo e una bocca violacea, quasi una cicatrice cucita, mentre identica è la
rappresentazione del corpo sia nella parte superiore che inferiore.

Mi posi la domanda: quale il significato del gobbo pittorico?
Mi si affacciò alla memoria che il mito della razza, coltivato durante tutti gli anni trenta da
correnti minoritarie del partito fascista, diventò negli anni '37-38 precisa azione di governo con
l'approvazione, da parte del “Consiglio dei Ministri”, di atti legislativi a tutela della purezza del
sangue.

Sorretto da questo ricordo, riguardai e rilessi con più attenzione il dipinto.

L'ampia stanza rappresentava il luogo di detenzione nel quale il regime racchiudeva e isolava i
perseguitati della sua politica razziale e il gobbo, ritratto con la gamba e il braccio appoggiati,
rispettivamente, sopra il giacilio di pietra e il davanzale della finestra, per dilatarne l'immagine e
colmare il nudo carcere, stava a significare che non esisteva una razza italica da tutelare dalla
contaminazione delle altre razze, semmai che anche il figlio più sfortunato delle razze migliori
possedeva tanto orgoglio da poter schernire coloro che ne mutilavano l'umanità.

La collina, i prati, la grande casa seminascosta dai cipressi che si profilavano al di là dell'ampia
finestra e che racchiudevano, cingendolo di soffusa bellezza, il volto tagliente dello sfortunato, rive
lavano che natura e umanità trepidavano per la sua sorte.
Dopo questa lettura mi fu facile rispondere alla domanda che mi ero posto: “Crepitus”
rappresentava una delle condanne più vigorose che mai artista, operante in Italia sotto il fascismo,
avesse osato fare, in nome di ideali umani e di dignità individuale, contro aberranti scelte politiche
operate congiuntamente dal partito e dallo stato autoritari.



Varcai la soglia, scesi i pochi gradini che mi dividevano dalla strada e cominciai a sfogliare il
catalogo e a leggere, qua e là, la presentazione dal titolo: "Ricordo di Rosai" di Luigi Carluccio.
Leggevo: “c’è sempre nelle immagini pittoriche di Rosai l’espressione di un profondo
risentimento, quasi di stizza o di corruccio perché essi (‘i suoi modelli, gli uomini) accettano le
condizioni imposte dalle circostanze della loro esistenza senza un accenno alla ribellione”, e poco
più sopra; “Il suo forte istinto popolaresco lo metteva sempre dalla parte del rischio.

Sempre in prima linea; con i pazzi di ‘Lacerba’…; con i futuristi; con gli arditi in guerra; con i fascisti in pace,
fin-tantoché… non dovette prendere atto che la guerra per la vita è, come lui stesso ha scritto: ‘...
guerra di insidie e di patimenti, lunghi più dell’eterno’”.


.... poi mi vennero in mente le parole scritte da Ernesto Rossi: “Ottone Rosai era stato squadrista ma dopo l’assassinio
Matteotti aveva avuto una crisi di coscienza ed era venuto con noi. Non faceva parte dell'Italia
Libera, ma funzionava come franco tiratore… aveva due enormi pugni che sembravano fatti per
abbattere i buoi”.


Quando il giovane pittore aveva incontrato il futurismo, assieme ad artisti che erano pronti,
addirittura, a perdere la vita per amore del manifesto futurista, altri ne aveva conosciuti che non
disdegnavano di ravvisare nella loro professione un mezzo di promozione sociale, ed è da questi che
egli si era sentito meno lontano.

Se poi era diventato interventista e fascista era perché, per quanto
difficili e laceranti fossero queste esperienze, non immaginava che potessero chiedergli di
rinunciare a valori che riteneva intangibili.



Quale poi fosse l'ideale di giustizia che Rosai associava alla libertà era possibile desumerlo dai
contenuti della formazione popolare che aveva ricevuto e dalle opere che aveva dipinto
: i primi
portavano a configurare una società dove accanto alla partecipazione di tutti i cittadini a lavori
socialmente utili e all’abolizione della discriminazione tra lavoro manuale e intellettuale, viene
fornito il necessario per vivere agli anziani, ai disoccupati e assistenza a veri inabili e bisognosi; le
seconde a criticare e a opporsi all’operato di quelle classi dominanti che sì rifiutano di dare al
popolo quella dignità che solo una democrazia giusta e socialmente avanzata potrebbe assicurare.


Grazie per le Vostre risposte, Giovanni compreso;)
 

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A me ( che non sono certo un Critico o Intellettuale ) sembra il tentativo "poetico" di salvare la figura di Rosai, bella prosa, ma a mio modo di vedere un "Gobbo sgraziato" o un edificio, una strada ..insomma, un quadro dovrebbe avere certe caratteristiche, soprattutto parlando di figurativo. Che poi sia stato dipinto da un voltagabbana, un omosessuale, un pedofilo, un opportunista, un comunista dell'ultima ora ...mi importa ben poco. Se poi si deve osannare un Artista molto mediocre per vari motivi, fra i quali una vita "difficile" ripeto che ho molto più rispetto per una mia zia di 95 anni, che in tempo di guerra si cuccava 40 km al giorno in bici per andare a lavorare alla Pirelli, anche con il freddo e i mitragliamenti aerei, chi ha vissuto quel periodo storico ha sempre o quasi avuto una vita grama... per cui, per me resta un pittore veramente modesto ..che ha avuto la ventura di vivere in quegli anni. Adesso il Prof. Faccenda mi farà a pezzettini, parlandomi di poetica, di Toscanità ecc ecc ... ma io, Rosai, veramente non lo digerisco.
 
Questa riflessione, di cui attendo gentilmente :bow::bow::bow: un commento da parte di Giovanni Faccenda
mi va di proporla visto che potrebbe essere oggetto di un interessante dibattito.
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in difesa di Ottone Rosai di ARMANDO PUGLISI, del 1981

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Un giorno di settembre del 1980 andai ad Acqui Terme per visitare la mostra antologica di Ottone Rosai.
Appena entrato nell'edificio che l'ospitava, il primo quadro che mi colpì, anche per le sue grandi
dimensioni, fu “Il gobbo alla finestra”, del 1937.

Non sapevo che "Crepitus" (il gobbo), descritto da Rosai nel suo libro -"Via Toscanella"- del
1930, avesse una versione pittorica, posteriore di circa 10 anni.

Cercai di stabilire quali fossero i punti di contatto e diversità tra le due figure: il gobbo
letterario ha una “faccia da ippopotamo” (dalla cui "bocca escono le più nere sentenze"), il tronco
supe-riore di lunghezza normale e quello inferiore accorciato dall'attacco anticipato delle gambe,
mentre in quello pittorico la faccia è una specie di triangolo isoscele dal cui lato minore si staccano
un naso a forma di cuneo e una bocca violacea, quasi una cicatrice cucita, mentre identica è la
rappresentazione del corpo sia nella parte superiore che inferiore.

Mi posi la domanda: quale il significato del gobbo pittorico?
Mi si affacciò alla memoria che il mito della razza, coltivato durante tutti gli anni trenta da
correnti minoritarie del partito fascista, diventò negli anni '37-38 precisa azione di governo con
l'approvazione, da parte del “Consiglio dei Ministri”, di atti legislativi a tutela della purezza del
sangue.

Sorretto da questo ricordo, riguardai e rilessi con più attenzione il dipinto.

L'ampia stanza rappresentava il luogo di detenzione nel quale il regime racchiudeva e isolava i
perseguitati della sua politica razziale e il gobbo, ritratto con la gamba e il braccio appoggiati,
rispettivamente, sopra il giacilio di pietra e il davanzale della finestra, per dilatarne l'immagine e
colmare il nudo carcere, stava a significare che non esisteva una razza italica da tutelare dalla
contaminazione delle altre razze, semmai che anche il figlio più sfortunato delle razze migliori
possedeva tanto orgoglio da poter schernire coloro che ne mutilavano l'umanità.

La collina, i prati, la grande casa seminascosta dai cipressi che si profilavano al di là dell'ampia
finestra e che racchiudevano, cingendolo di soffusa bellezza, il volto tagliente dello sfortunato, rive
lavano che natura e umanità trepidavano per la sua sorte.
Dopo questa lettura mi fu facile rispondere alla domanda che mi ero posto: “Crepitus”
rappresentava una delle condanne più vigorose che mai artista, operante in Italia sotto il fascismo,
avesse osato fare, in nome di ideali umani e di dignità individuale, contro aberranti scelte politiche
operate congiuntamente dal partito e dallo stato autoritari.



Varcai la soglia, scesi i pochi gradini che mi dividevano dalla strada e cominciai a sfogliare il
catalogo e a leggere, qua e là, la presentazione dal titolo: "Ricordo di Rosai" di Luigi Carluccio.
Leggevo: “c’è sempre nelle immagini pittoriche di Rosai l’espressione di un profondo
risentimento, quasi di stizza o di corruccio perché essi (‘i suoi modelli, gli uomini) accettano le
condizioni imposte dalle circostanze della loro esistenza senza un accenno alla ribellione”, e poco
più sopra; “Il suo forte istinto popolaresco lo metteva sempre dalla parte del rischio.

Sempre in prima linea; con i pazzi di ‘Lacerba’…; con i futuristi; con gli arditi in guerra; con i fascisti in pace,
fin-tantoché… non dovette prendere atto che la guerra per la vita è, come lui stesso ha scritto: ‘...
guerra di insidie e di patimenti, lunghi più dell’eterno’”.


.... poi mi vennero in mente le parole scritte da Ernesto Rossi: “Ottone Rosai era stato squadrista ma dopo l’assassinio
Matteotti aveva avuto una crisi di coscienza ed era venuto con noi. Non faceva parte dell'Italia
Libera, ma funzionava come franco tiratore… aveva due enormi pugni che sembravano fatti per
abbattere i buoi”.


Quando il giovane pittore aveva incontrato il futurismo, assieme ad artisti che erano pronti,
addirittura, a perdere la vita per amore del manifesto futurista, altri ne aveva conosciuti che non
disdegnavano di ravvisare nella loro professione un mezzo di promozione sociale, ed è da questi che
egli si era sentito meno lontano.

Se poi era diventato interventista e fascista era perché, per quanto
difficili e laceranti fossero queste esperienze, non immaginava che potessero chiedergli di
rinunciare a valori che riteneva intangibili.



Quale poi fosse l'ideale di giustizia che Rosai associava alla libertà era possibile desumerlo dai
contenuti della formazione popolare che aveva ricevuto e dalle opere che aveva dipinto
: i primi
portavano a configurare una società dove accanto alla partecipazione di tutti i cittadini a lavori
socialmente utili e all’abolizione della discriminazione tra lavoro manuale e intellettuale, viene
fornito il necessario per vivere agli anziani, ai disoccupati e assistenza a veri inabili e bisognosi; le
seconde a criticare e a opporsi all’operato di quelle classi dominanti che sì rifiutano di dare al
popolo quella dignità che solo una democrazia giusta e socialmente avanzata potrebbe assicurare.


Grazie per le Vostre risposte, Giovanni compreso;)


La riflessione di Puglisi, nota, appare suggestiva nell'ipotesi formulata ma, purtroppo, del tutto pretestuosa, inesatta, dunque priva di qualunque fondamento, rispetto alla realtà oggettiva del dipinto, la cui versione più importante, quella esposta nella mostra di Acqui Terme del 1980 e recentemente acquistata in un'asta da Georg Baselitz, è del 1938 e non del 1937.
Vere, peraltro, le parole di Ernesto Rossi, ovvero la profonda crisi di coscienza avvenuta in Rosai, circa i suoi ideali fascisti, dopo l'omicidio Matteotti.
Ma la pittura, per lui, era altra cosa rispetto alla politica (se si eccettuano rari, obbligati allora, esiti apologetici intorno al 1932/33, dei quali, poi, arrivò persino a vergognarsi), tutto concentrato come fu, sempre, fino all’ultimo dei propri giorni, sulla dolorosa condizione esistenziale degli uomini. Dunque quell'uomo, quel gobbo alla finestra, così diverso dall'altro "suo" letterario ("Crepitus"), è da intendersi – narrativamente parlando – come un’eloquenza emblematica di quel pessimismo cosmico che unisce Rosai a Leopardi, secondo una esegesi affascinante appena iniziata e tuttora da coltivare.
Mai dimenticare, inoltre, come in ogni uomo disegnato o dipinto, nelle sue sofferenze e nelle infinite inquietudini, nei torridi tormenti sepolti nell’anima, Rosai cercasse e trovasse una dolorosa immedesimazione, che trasformava, accentuandolo, il valore del soggetto da mero pretesto di pittura a simbolo universale di una filosofia sempre attuale.

P.S.– Mi permetto di suggerire di valutare impasti e stesure, particolarissimi, presenti in questo monumentale dipinto, ovviamente dopo una visione dello stesso dal vero. In Rosai, contrariamente a quanto si pensi, la pittura – intesa come esecuzione tecnica, senz’altro antiaccademica – non è meno importante del soggetto e regala percezioni e umori inattesi e mai didascalici.
P.S.1 – Kiappo ha espresso la sua opinione, e non sarò certo io a fargli cambiare un’idea in lui radicata da tempo. Ma, per favore, non si scriva mai più quella bestemmia ignobile di un Rosai pedofilo, perché adorava bambini e adolescenti con purezza di padre e perché altra cosa, questa, è rispetto all’omosessualità.
P.S.2 – Tornerò a scrivere su questo e altri argomenti, come detto in sede di presentazione, il lunedì e il martedì, quando mi sarà possibile. Ma sempre – credetemi – molto, molto volentieri.
 
La riflessione di Puglisi, nota, appare suggestiva nell'ipotesi formulata ma, purtroppo, del tutto pretestuosa, inesatta, dunque priva di qualunque fondamento, rispetto alla realtà oggettiva del dipinto, la cui versione più importante, quella esposta nella mostra di Acqui Terme del 1980 e recentemente acquistata in un'asta da Georg Baselitz, è del 1938 e non del 1937.
Vere, peraltro, le parole di Ernesto Rossi, ovvero la profonda crisi di coscienza avvenuta in Rosai, circa i suoi ideali fascisti, dopo l'omicidio Matteotti.
Ma la pittura, per lui, era altra cosa rispetto alla politica (se si eccettuano rari, obbligati allora, esiti apologetici intorno al 1932/33, dei quali, poi, arrivò persino a vergognarsi), tutto concentrato come fu, sempre, fino all’ultimo dei propri giorni, sulla dolorosa condizione esistenziale degli uomini. Dunque quell'uomo, quel gobbo alla finestra, così diverso dall'altro "suo" letterario ("Crepitus"), è da intendersi – narrativamente parlando – come un’eloquenza emblematica di quel pessimismo cosmico che unisce Rosai a Leopardi, secondo una esegesi affascinante appena iniziata e tuttora da coltivare.
Mai dimenticare, inoltre, come in ogni uomo disegnato o dipinto, nelle sue sofferenze e nelle infinite inquietudini, nei torridi tormenti sepolti nell’anima, Rosai cercasse e trovasse una dolorosa immedesimazione, che trasformava, accentuandolo, il valore del soggetto da mero pretesto di pittura a simbolo universale di una filosofia sempre attuale.

P.S.– Mi permetto di suggerire di valutare impasti e stesure, particolarissimi, presenti in questo monumentale dipinto, ovviamente dopo una visione dello stesso dal vero. In Rosai, contrariamente a quanto si pensi, la pittura – intesa come esecuzione tecnica, senz’altro antiaccademica – non è meno importante del soggetto e regala percezioni e umori inattesi e mai didascalici.
P.S.1 – Kiappo ha espresso la sua opinione, e non sarò certo io a fargli cambiare un’idea in lui radicata da tempo. Ma, per favore, non si scriva mai più quella bestemmia ignobile di un Rosai pedofilo, perché adorava bambini e adolescenti con purezza di padre e perché altra cosa, questa, è rispetto all’omosessualità.
P.S.2 – Tornerò a scrivere su questo e altri argomenti, come detto in sede di presentazione, il lunedì e il martedì, quando mi sarà possibile. Ma sempre – credetemi – molto, molto volentieri.

Prof Faccenda, mi scuso per aver scritto "pedofilo"...in realtà non volevo dire che il "suo" Rosai lo fosse, intendevo dire che di fronte ad un quadro..SE dobbiamo giudicare solo il quadro, in realtà non importano le qualità o i vizi umani dell'autore dell'opera ...quelle interessano, semmai, un biografo o uno studioso; mi viene in mente una pubblicità di qualche tempo fa relativa alla omosessualità ...quando facevano vedere, mi pare, dei soccorritori del 118 e si chiedeva allo spettatore se gli importasse o meno della presunta omosessualità, o del numero di scarpe o se, viceversa, contava la qualità del soccorso prestato. Buona serata e buon lavoro, mi creda...io la stimo come professionista serio.
 
Benvenuto

Benvenuto nel fol professor Faccenda... mi dispiace a questo punto che Vanoni non scriva più qui anche perché tendenzialmente associo lei al figurativo, Vanoni all’arte povera e concettuale e Olivi a tutto il resto... ed io apprezzo molto l’arte concettuale/ povera e mi dispiace non si analizzino a dovere alcuni artisti... io purtroppo posso essere di poco aiuto essendo un piccolo collezionista e non uno studioso... a questo punto chiedo la sua intercessione per Vanoni... il fol non ne potrebbe che trarre vantaggio... ancora saluti.
 
allego foto per tutti:
 

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Benvenuto anche da parte mia al Professor Faccenda!
Sarò lieto di leggere i suoi interventi che non potranno che alzare il livello delle discussioni
 
Rosai fascista ragazzi non ce lo vedo, forse un Rosai, giovane e forte, ma non il Rosai che subisce il suicidio del padre nel 1922 e l'omicidio di Matteotti nel 1924.
Quando la morte ti sfiora, capisci bene la forza della vita.
Non dimentichiamo che anche Toscanini aderì al fascismo fino al 1919, dopo di che fu fortemente critico e non si piegò mai alle richieste di Mussolini, che voleva affiancare
il suo personaggio al maestro.
 
Mah..fenomeni storici come Fascismo e Nazionalsocialismo, hanno abbagliato e ottenebrato molte menti, anche brillanti ..l'importante era capire in fretta quanto fosse l'orrore dietro queste tristi ideologie ( soprattutto il Nazismo ...) e staccarsene ..ma purtroppo le masse non se ne sono accorte..Rosai a parte, ogni tanto mi chiedo che destino avrebbe avuto l'Italia se Mussolini avesse fatto come Franco in Spagna, o se avesse dato retta a quel suo gerarca intelligente e fine politico ( Federzoni ? ..non ricordo...) che lo aveva sconsigliato di andare a braccetto di Hitler ...Su Rosai Fascista prima e antifascista dopo la caduta del Fascismo stesso, non saprei che dire..diciamo che ha fatto come molti italiani, con annessa figura di m...agli occhi di altre Nazioni.
 
Kiappo, chi ha detto Rosai antifascista dopo la caduta del fascismo?
 
Kiappo, chi ha detto Rosai antifascista dopo la caduta del fascismo?

Così mi sembrava di aver capito ...Da Wikipedia..dopo l'8 Settembre 1943, Rosai viene aggredito da un gruppo di Antifascisti che gli rinfacciavano il suo supporto al regime ( così mi pare sia scritto, piu' o meno ..) senza conoscere le umiliazioni che gli erano state inflitte da alcuni Gerarchi dopo la pubblicazione di un articolo sulla "Devaticanizzazione" dell'Italia e che lo avevano praticamente costretto al matrimonio, pena la diffusione pubblica dei suoi "vizi" ...Ma sicuramente il Prof Faccenda ne saprà di più e meglio.
 
Ultima modifica:
il fatto che venga aggredito dopo l'8 settembre lo si può capire, ma non è una sua azione, lui la subisce.
Chi ti dice quale fosse stato il suo pensiero?
PS Vado a leggere cosa dice Wikipedia alla voce Ottone Rosai.
 
leggo e trasporto da wikipedia:
Fino al 1929 collabora come illustratore ad alcune testate dell'epoca fascista (Il Selvaggio, Il Bargello). La stipula dei Patti Lateranensi è per lui la conferma che l'anticlericalismo del primo Mussolini è stato tradito e provoca in lui una violenta reazione, che si traduce nella pubblicazione di uno scritto (Per lo svaticanamento dell'Italia) che desta scalpore tra le gerarchie fasciste. Nell'imbarazzo della federazione fiorentina, la voce dissenziente del pittore viene messa a tacere, facendo venire a galla particolari della sua vita privata finora tollerati e tenuti nascosti. Le voci di omosessualità minacciano di penalizzare il suo lavoro di artista, e Rosai viene praticamente costretto a sposare un'amica d'infanzia, che conosce e accetta le sue abitudini e le sue frequentazioni.

Non dimentichiamoci negli anni precedenti un Rosai forte ed interventista (pittore futurista), combattente nella prima Guerra Mondiale.

Quindi lo si può ben capire. Spiego meglio, una persona, non un artista, una persona che dipinge come Ottone Rosai non avrebbe mai potuto seguire pedestremente il personaggio Mussolini.
 
Quindi lo si può ben capire. Spiego meglio, una persona, non un artista, una persona che dipinge come Ottone Rosai non avrebbe mai potuto seguire pedestremente il personaggio Mussolini.[/QUOTE]

Non ho mai approfondito l'artista Rosai perchè i miei interessi sono sul contemporaneo ma credo che occorra tentare di calarsi in quel periodo storico. E' facile giudicare ex post comportamenti in contrasto con lo spirito dell'artista e conseguentemente dell'uomo.
 
Quindi lo si può ben capire. Spiego meglio, una persona, non un artista, una persona che dipinge come Ottone Rosai non avrebbe mai potuto seguire pedestremente il personaggio Mussolini.

Non ho mai approfondito l'artista Rosai perchè i miei interessi sono sul contemporaneo ma credo che occorra tentare di calarsi in quel periodo storico. E' facile giudicare ex post comportamenti in contrasto con lo spirito dell'artista e conseguentemente dell'uomo.[/QUOTE]

Mah, si è stato un periodo molto difficile, per Artisti e non ...vediamo anche Sironi, quanto ha pagato le sue scelte, però è stato piu' lineare e coerente, poi ci sono stati gli Artisti e non, saliti velocemente sul carro dei vincitori...Per fortuna, almeno questo, sono 70 anni che di guerre e dittature non ne abbiamo più viste, per cui se non lo si è vissuto, in effetti non è facile immedesimarsi in quel periodo ...
 
Sempre rischioso avventurarsi in considerazioni negli spazi in cui si esprimono gli studiosi di autori e periodi storici... Ma io sono una temeraria.

L'adesione almeno iniziale a simpatie fasciste mi pare emerga dai dati biografici. L'impressione e' tuttavia di una "emarginazione" sia da chi lo ritenne troppo contiguo, sia da chi lamento' la presa di distanza oltre al dato dell'omosessualità che di sicuro all'epoca non aiutava.

Un aspetto che mi incuriosisce e' la convivenza di lavori tanto diversi e quasi in contrasto tra loro, non so se a conferma di un'inquietudine/irrequietezza. Da un lato la versione "intimista" con il "campo lungo" e figure spesso di spalle e che di rado "guardano in camera", quasi soggetti anonimi o personaggi "da presepe", dall'altro autoritratti e nudi con una forza e fisicità quasi sfacciate sottolineate da una pittura incisiva che ricorda certi autori tedeschi del periodo.
 
Interloquisco volentieri con alcuni di voi, che hanno sviluppato questa bella e interessante discussione, scusandomi per l'annunciato ritardo delle mie osservazioni (per i motivi detti in sede di presentazione) e, anche, per la necessaria sommarietà delle medesime.

Kiappo1: "Su Rosai Fascista prima e antifascista dopo la caduta del Fascismo stesso, non saprei che dire..."

Caro Kiappo, non c'è una lettera, un solo documento, nel quale si possa trovare una dichiarazione di Rosai di antifascismo. Semplicemente perché la sua iniziale adesione si risolse - soprattutto dopo l'omicidio Matteotti - in una delusione giovanile cocente. Delusione, tuttavia, che non si trasformò mai in rifiuto o rigetto.

Kiappo2: "[...] senza conoscere le umiliazioni che gli erano state inflitte da alcuni Gerarchi [...] che lo avevano praticamente costretto al matrimonio, pena la diffusione pubblica dei suoi "vizi..."

Nessuna umiliazione, credimi. Mussolini, piuttosto, si dispiaceva del fatto che un pluridecorato eroe della prima guerra mondiale, ardito della prima ora, dipingesse (già nel 1922) umili artigiani e lastricatori, l'opposto, ovvero, di quanto desiderato dalla retorica fascista.
Quanto al matrimonio di Rosai, sarebbe ora di riporre definitivamente la leggenda metropolitana secondo la quale egli fu costretto per nascondere la sua omosessualità. Niente di più falso. Giacché Rosai, più bisessuale che omosessuale, si innamorò perdutamente della sua Francesca, la giovane impiegata del giornale La Nazione che, consapevole dell'indole e dell'orientamento sessuale dicotomico del futuro marito (per onesta confessione del medesimo), volle ugualmente diventarne la moglie: una moglie meravigliosa, che lo salvò da un quasi certo suicidio (nel 1930), arrivando, poi, a rischiare la propria vita per salvare quella dell'amato congiunto quasi tre lustri dopo (vicenda Fanciullacci). Un amore struggente, seppure "diverso", quello fra Ottone e Francesca, come si evince limpidamente nelle numerosissime lettere che i due si scambiarono fino alla prematura morte del primo (13 maggio 1957).

Heimat: "[...] credo che occorra tentare di calarsi in quel periodo storico. E' facile giudicare ex post comportamenti in contrasto con lo spirito dell'artista e conseguentemente dell'uomo."

Sacrosante parole! Impostazione fondamentale che, tuttavia, dimenticano o non tengono nella giusta considerazione anche taluni studiosi, autori di ricostruzioni parziali, incomplete, spesso (proprio per questo motivo) alquanto fallaci.

Loryred: "L'adesione almeno iniziale a simpatie fasciste mi pare emerga dai dati biografici. L'impressione e' tuttavia di una "emarginazione" sia da chi lo ritenne troppo contiguo, sia da chi lamento' la presa di distanza oltre al dato dell'omosessualità che di sicuro all'epoca non aiutava."

Ecco un'altra parola giusta: emarginazione. Reale nei fatti e dolorosamente avvertita da Rosai come condizione ingiusta e immeritata. Simile, per certi aspetti, a quella patita da Pier Paolo Pasolini all'interno del suo Partito: il Partito Comunista Italiano.

mmt: "[...] una persona, non un artista, una persona che dipinge come Ottone Rosai non avrebbe mai potuto seguire pedestremente il personaggio Mussolini."

Il sunto perfetto. Da una lettera (ancora inedita) di Rosai del 1928: "Il mio dio è l'uomo, la mia religione il disegno e la pittura. Vorrei scrivere a colori e in bianco e nero un Vangelo fatto di verità e umanità, non di arroganza e ipocrisia. Raccontare non gesta eroiche di figurine imbalsamate, ma l'eroismo di chi, in silenzio, vince la propria sfida con l'esistenza tutti i giorni".
 
Giovanni ma che bello poter interloquire.
Mi stai riempendo il vuoto che mi aveva lasciato Mario.
Un abbraccio.
 
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