Le scommesse dei mercati su una prima sforbiciata imminente dei tassi da parte di Powell & Co. continuano di fatto ad affievolirsi. Per la riunione del Fomc – il braccio di politica monetaria della Banca centrale Usa – di maggio, lo strumento CME Fed WatchTool indica una probabilità pari a quasi il 99% di un nulla di fatto, ovvero di tassi Usa invariati al range attuale, compreso tra il 5,25% e il 5,5%. Per il mese di giugno, la probabilità è scesa invece dal 70,1% di una settimana fa al 62,5%. A far diminuire le speranze di un taglio ai giugno – che i trader avevano dato nelle ultime settimane quasi per certo – è stata la diffusione di altri dati macro, in primis il
PMI manifatturiero Usa stilato dall’ISM che, nel mese di marzo,
è tornato a superare la soglia di 50 punti – linea di demarcazione tra fase di contrazione (valori al di sotto) e fase di espansione (valori al di sopra) – per la prima volta dal settembre 2022, particolare che è stato più che sufficiente
per ribaltare la convinzione su una Fed prossima a tagliare i tassi,: convinzione che era stata riaccesa dalla diffusione, nel giorno del Good Friday, del
PCE core, il dato preferito dalla Fed per monitorare il trend dell’inflazione. Insomma, lo spettro dell’inflazione continua ad assillare le banche centrali, soprattutto la Bce e la Fed. Quest’ultima si trova ad agire anche in un contesto in cui l’economia americana continua a rimanere più che solida, rendendo sicuramente meno urgente un taglio immediato dei tassi. Tanto che non è mancato chi ha previsto anche la possibilità che
Powell & Co tornino ad alzare i tassi.