non mi pare di averlo visto postato per intero... personalmente concordo solo nella parte in cui parla della dismissione di OF, il resto sono farneticazioni campate in aria del tipo, il mercato boccia la cessione della rete.... io direi piu' il piano industriale e la sua esposizione, o del tipo che deve diventare un pivot di innovazione... forse non si rende conto che quel treno e' andato e non tornera' dato il vantaggio competitivo di altri attori... e dove ci si dimentica del fatto che AGCOM abbia bloccato la profittabilita' delle TLC a fronte di investimenti maggiori richiesti... ce ne sono altre di chicche ma mi fermo qui...
Tim: per salvarsi adotti il modello Finmeccanica e non Fs (MF)
Oggi 08:15 - MF-DJ
Di Guido Salerno Aletta ROMA (MF-NW)--La cessione della rete di Tim non convince il mercato. E non e'' affatto una novita'' la perdita registrata in Borsa dal titolo di Tim di ieri, lunedi'', passando dagli 0,227 euro dell''apertura agli 0,212 euro della chiusura. A Tim serve una strategia completamente alternativa a quella meramente liquidatoria su cui da anni si sono forsennatamente incaponiti il management e gli organi di vertice: conti alla mano, la cessione si sta dimostrando non solo inutile dal punto di vista finanziario, visto che alla fine di quest''anno, per ragioni interne e nonostante la cessione, il debito sara'' piu'' alto rispetto a quello registrato alla fine del 2023, ma soprattutto perche'' ancora nel 2025 il cash flow netto sara'' pari a zero, mentre lo si prevede di 0,5 miliardi di euro nel 2026. In questi anni nessuno ha pensato all''azienda, ad una chiara prospettiva di sviluppo: con lo scorporo, Tim rimarra'' un call center, un reseller commerciale della rete ceduta a Kkr, che offrira'' condizioni uguali a tutti gli operatori. Non risolutiva dal punto di vista finanziario, la cessione sara'' disastrosa dal punto di vista industriale: una volta abbandonata la scalata al mondo dei contenuti e dei servizi televisivi, immaginata da Tim Vision e dall''integrazione a livello europeo ipotizzata dall''ingresso dei soci francesi, ci si e'' baloccati con i proventi sostanzialmente anelastici derivanti dal trasporto dei bit, ipotizzando come unica scalata il passaggio generalizzato alla fibra ottica. Una strategia, questa, che si e'' rivelata enormemente costosa per gli investimenti richiesti, e poco apprezzata dal mass-market: alle famiglie, la connessione potenziata su rame via X-DSL e'' piu'' che sufficiente. Promuovere la fibra costa troppo in termini di capex e rende troppo poco in termini di incassi per renderla minimamente appetibile abbassando il prezzo di offerta: sara'' un altro bagno di sangue, che Kkr evitera'' dismettendo motu proprio la rete in rame, area dopo area, con uno switch off obbligatorio. Di certo, non ne manterra'' due sovrapposte, ed a pagare saranno le famiglie con un brusco aumento del canone alla linea fissa: un altro monopolista e'' in arrivo. Se, stando anche ai dati appena diffusi da Tim, cedere la rete e'' un esercizio finanziariamente non risolutivo, e'' invece una prospettiva liquidatoria per la perdita di tutte le conoscenze in campo informatico, sia di alto livello tecnologico e sistemistico che diffuse sul territorio. A Tim serve una strategia di sviluppo industriale focalizzata sulle piccole e medie imprese, fornendo chiavi in mano tutti i servizi che non solo si appoggiano alla rete in termini di trasporto, come la solita nuvola dei data center, ma che collassano in essa: deve essere un motore di innovazione sistemica, il pivot di Industria 5.0. Il tema organizzativo di questa prospettiva di sviluppo industriale sara'' delicatissimo, perche'' servono capacita'' innovative personali e gestionali che non devono essere buttate nel vecchio carrozzone della rete. Ne'' si deve "cogliere fior da fiore", selezionando il personale migliore di questa: fu l''errore commesso dalle Ferrovie dello Stato, che per realizzare l''Alta Velocita'' razzio'' le migliori risorse umane disponibili facendo collassare il servizio ordinario. I processi di innovazione tra rete e servizi devono muoversi in parallelo, come ben ha dimostrato Finmeccanica trasformandosi da holding di societa'' in perenne concorrenza tra loro su prodotti e servizi analoghi, in una One Company. Andra'' rottamata piuttosto Open Fiber, che boccheggia tra la posa della fibra ottica nelle aree a fallimento di mercato, finanziata dallo Stato con un enorme dispendio di risorse, e le ambizioni da competitor di Tim nelle altre aree, una strategia elaborata da Enel quando ne era azionista: uscitone alla grande, ora si profila un altro fiasco di cui nessuno paghera'' il conto. Alla Tim serve un catalogo nuovo, e soprattutto completo, di prodotti e di servizi chiavi in mano, che consentano di superare l''infinita maglia burocratica che strozza la volonta'' di innovazione delle imprese piccole e medie, che per questo rinunciano: Tim deve essere in grado di censire ed aggregare quanto di meglio esiste gia'' in Italia, a cominciare dalle start-up che muoiono di inedia per la carenza di investitori e di credito, ma non di mercato. Non sono mai stati i soldi a mancare: l''enorme debito di Tim lo dimostra. Servono idee e uomini capaci: il resto e'' solo aria fritta. (Milanofinanza.it)