Francesco Spini
Milano
Cassa depositi e prestiti rompe gli indugi. In alleanza con il fondo australiano Macquarie, oggi lancerà un'offerta per conquistare il controllo della rete di Tim. Dopo mesi di tira e molla, due memorandum firmati e finiti nel cestino, proclami politici sulla «rete nazionale» e migliaia di condizionali, il numero uno del braccio finanziario del Tesoro, Dario Scannapieco, accende i motori di un'operazione che si annuncia complessa e dagli esiti incerti.
La decisione è maturata nell'ultima settimana, anche sulle pressioni del fondo Macquarie tutt'altro che rassegnato di finire in un angolo dopo la super valutazione a cui già aveva comprato il 40% di Open Fiber. E il disco verde è giunto venerdì nel corso di una riunione in cui le strutture tecniche di Palazzo Chigi, Tesoro e ministero delle Imprese hanno fatto il punto. Il risultato è la convocazione per il primo pomeriggio di oggi del cda di Cdp che dovrà far scattare l'operazione su NetCo, la futura società di rete. Sul tavolo del consiglio di Tim, così, entro la mattinata di domani giungerà una seconda offerta dopo quella da circa 18 miliardi presentata dal fondo Kkr ma che il board dell'ex monopolista ha giudicato insufficiente e da migliorare. Se le indiscrezioni saranno confermate, la proposta di Cdp e Macquarie potrebbe essere più generosa già in partenza. L'infrastruttura – in cui non sarebbero ricompresi i cavi internazionali di Sparkle – potrebbe essere valutata fino a 20-21 miliardi.
In particolare lo sforzo sarebbe quello di indirizzare a Tim più cassa a fronte di un minor accollo di debito (rispetto agli 8 di Kkr qualcuno parla di circa 6 miliardi). In particolare, poi, scenderebbe la valutazione della rete secondaria di FiberCop, che Kkr, già azionista del 37,5%, valuta intorno ai 12 miliardi, a vantaggio invece della rete primaria, favorendo così la riduzione del fardello debitorio di Tim che, al lordo, supera i 30 miliardi di euro. L'operazione di Cdp e Macquarie sarà condotta attraverso un veicolo in cui la prima avrà circa il 60% mentre il fondo australiano sarà al 40%, ricalcando gli equilibri che oggi i due soci hanno dentro Open Fiber, la società di rete concorrente di Tim. Sarà una manovra in due tempi. Subito l'ingresso, quindi in un secondo momento il conferimento di Open Fiber, una volta che saranno state risolte – attraverso cessioni – le sovrapposizioni nelle aree commercialmente più forti che costituiscono le maggiori criticità per l'Antitrust europeo. Punto debole: la valutazione di Open Fiber che, se ricalcherà quella a suo tempo giudicata «stellare» di Macquarie, sarà assai dibattuta. L'idea comunque è quella di creare sinergie con un progetto industriale che va verso quella rete «nazionale» e «a controllo pubblico» di cui il governo parla da tempo. Eppure, anche dopo l'ok di Palazzo Chigi che da qualche settimana ha avocato il dossier-rete, qua e là emergono, sottotraccia, perplessità e distinguo dentro lo stesso esecutivo. Dove c'è chi spiega la mossa con la volontà di permettere a tutti gli attori della partita di giocare le proprie carte in piena trasparenza. E questo senza escludere ulteriori evoluzioni. Perfino di ritrovare un'intesa con Kkr che, da giorni per la verità, appare lontana.
Gli occhi da domani saranno puntati sul cda di Tim, chiamato a giudicare la nuova proposta, e sul primo azionista Vivendi (23,75%), che assai difficilmente potrà digerire l'offerta di Cassa. Per il prezzo, visto che a parere dei francesi la rete vale almeno 31 miliardi tanto più ora che tornano in campo le sinergie con Open Fiber. E per le questioni Antitrust che, in attesa dei rimedi, rappresentano un'incognita non secondaria. Morale: col 24% Parigi può fermare tutto in un'assemblea straordinaria. Altra possibile tagliola sul cammino di Cdp&Co è costituita da Kkr che, qualora soccombesse anche dopo il rilancio allo studio, in un solo colpo perderebbe la seconda occasione (dopo la quasi Opa prospettata a fine 2021 e finita nel nulla) per mettere le mani sulla rete. L'antidoto, per gli americani, si chiama FiberCop (la rete secondaria destinata a confluire dentro NetCo), dove vantano un diritto di veto generosamente concesso dai contratti con cui due anni fa hanno acquistato il 37,5%. Il governo ha chiesto a Kkr di allungare i tempi dell'offerta sulla rete fino al 24 marzo. Non esclude di poter mettere ancora tutti d'accordo. Ma per ora il risultato è che mentre lavorano al rilancio, gli americani si ritrovano una Cdp, dopo mesi di panchina, decisa a giocare la partita. —
LA STAMPA 5.3.2023