Non ho ancora finalizzato il portafoglio ma l'idea di massima è la seguente.
Investimenti personali:
- 50% STOXX600
- 50% MSCI EM
Lo Stoxx600 è un asset estremamente interessante, sicuramente un mercato 'maturo' soprattutto con un simile orizzonte temporale. Sui Paesi Emergenti faccio presente che ad orizzonte temporale 30+ non saprei cosa saranno per quell'epoca. Basti pensare a cosa erano Est Europa e Cina prima del 1991.
Investimenti con holding:
- 50-65% direct indexing con maggiori aziende SP500
L'unico aspetto è che a orizzonte temporale così lungo dovrai periodicamente aggiornare il contenuto, scaricare la lista del S&P500 ed escludere chi esce inserendo chi entra... ribilanciamenti ogni 1-2 anni almeno? Inutile dire che Tesla, Facebook, ma anche Apple in gran parte erano lungi dall'affacciarsi all'indice 30 anni fa.
- 35-45% stock picking/value investing (con impostazione buy and hold, prendendo spunto dai 13F filing dei vari Buffett & co) cercando per quanto possibile di investire su aziende USA ma su aziende EU e EM
- 0-10% aziende immobiliari (prendendo spunto da ETF REIT)
Finora questo approccio è stato il più solido su orizzonti lunghissimi. Guardando a 10 anni il value è stato sottoperformante rispetto ai Big Tech, tuttavia negli investimenti "generazionali" i grandi complessi industriali, finanziari, assicurativi, le grandi Utilities mondiali, i grandi Reits hanno mostrato corsi più "certi" della Tesla di turno. Questo non solo nel 1991-2021, ma anche nel 1961-1991 o nel 1931-1961.
I dubbi e le domande sono molteplici tra cui:
- Se si ha amplissima tolleranza al rischio perché non fare tutto azionario?
Con amplissima tolleranza al rischio si fa spesso tutto azionario, o lo si bilancia con un 10% di obbligazioni molto solide come 'cash'. Si guardino le allocazioni di Buffet, tra le più note. Comunque ho visto anche io società e holding che dovendo fare paniere d'investimenti a lunghissimo creavano essenzialmente portafogli di singoli titoli, spesso innumerevoli. Gli indici (ETF) sono un valido abbinamento. Sui bond il momento storico è abbastanza inclemente, tuttavia anche l'azionario mostra dei rapporti tra prezzi di mercato ed utili che oggi preoccupano non poche persone.
- Perché includere oro se ha rendimenti più bassi del altre asset class e non ho bisogno di stabilità?
Infatti è un asset più sensato, a questo punto, in portafogli di 'risparmiatori', anche se su orizzonti temporali generazionali: tesoretti famigliari e simili. Si consideri che su orizzonti così lunghi possono venire fasi depressive, fasi inflattive etc... quindi se ne tiene da parte comunque una piccola quantità.
- Perché includere REITs se sono per me fiscalmente meno efficienti per via della doppia tassazione del dividendo?
Concettualmente per la natura stessa dei REITS. La proprietà immobiliare è, da secoli, un asset con triplice connubio con altri settori dell'economia:
- Per le imprese è complemento indispensabile all'attività produttiva (sì, adesso si paga di decentraland e metaverso, ma comunque la struttura immobiliare è un asset cui difficilmente si può fare totalmente a meno)
- Per i risparmiatori è spesso 'fine' di molto del risparmio: una normale famiglia ha frequentemente nell'immobile un obiettivo per grandi sforzi economici
- Per la finanza è stato almeno dal XVI secolo sottostante ("collaterale" diciamo) della leva finanziaria tipica del settore, anche per i punti 1 e 2 citati (cioè spesso anche obiettivo di finanziamenti garantiti da ipoteche etc...).
Infine non tutta la "ricchezza" è concentrata nei mercati finanziari, investita nel Nasdaq o nel Nyse o nel LSE. Una quantità IMMENSA è in beni immobili.
Se in un portafoglio "piccolo" e a "medio lungo periodo" potrei anche considerare degli approcci più diciamo 'moderni' (tech/growth/emergenti) come premianti (a seconda della strategia), per un investimento lunghissimo (30+ anni addirittura) valuterei non solo una significativa diversificazione, ma anche una diversificazione che non escluda fondamentali ineludibili all'economia moderna (per moderna intendo rivoluzione industriale in poi) tra cui immobiliare, grande finanza, infrastrutture, industria etc...
- Secondo voi per gli investimenti come holding quali sarebbero i pro e i contro di affidarsi ad un consulente indipendente? Quali i costi?
I costi sono molto soggettivi, come la qualità del consulente indipendente. C'è tanta varietà, c'è anche il Beppe Scienza, il Trader, lo YouTuber...
Sicuramente per volumi significativi ragionare in punti percentuali "tondi" secondo me è tanto, tutto dipende dal lavoro poi che deve fare (se ci vuoi in portafoglio immobili fisici e questo deve barcamenarsi per agenzie immobiliari sul territorio nazionale è una cosa, se deve consigliare 10 ETF un'altra). Come orientarsi bene nella consulenza? Eh, bella domanda... imparando a controllarne l'operato sicuramente.
Altra mossa saggia per significativi patrimoni mettere più fonti di consulenza a confronto.
Va tenuto presente che in Italia la consulenza indipendente non è molto 'friendly' quanto a costi da affrontare per l'aspirante professionista, c'è anche da dire che nella consulenza non indipendente nella mia umile esperienza i costi "tondi" saranno molto più significativi, ma soprattutto le ore negli uffici di Private Banker si concentreranno principalmente su come ottenere maggiore redditività dal tuo portafoglio e su come far digerire al cliente alcuni 'obiettivi commerciali' piuttosto che su come gestire bene il portafoglio a seconda delle vicende di mercato (anzi di queste frega pochissimo, salvo il non trovarsi in criticità commerciali con il cliente per perdite significative di cui potrebbe 'accorgersi').
Ammetto che di consulenza indipendente (salvo il mio approccio personale ma più culturale che altro perché io non sono un Consulente Autonomo purtroppo) all'opera ho meno esperienza (quindi cerco di farmene un'utopica immagine).