Siamo quasi nel 2019, credo si possa aggiornare la descrizione della situazione.
Come già scritto in passato, a me pare che in parte dei paesi del mondo vi sia stata negli ultimi decenni (secoli) una crescita economica favorita sostanzialmente da 2 elementi di base: l’allargamento dei mercati (incremento demografico, inserimento femminile nel mondo del lavoro, progressivo coinvolgimento nel sistema economico “moderno” di categorie che sino a 100 anni fa o molto meno a seconda dei paesi ne erano escluse o scarsamente coinvolte, si pensi ad un contadino che vive in una valle e si nutre di quanto ricava dalla sua coltivazione diretta più il baratto con un allevatore dello stesso paesino). Quindi allargamento dei mercati e sviluppo tecnologico-scientifico, questi probabilmente i 2 elementi chiave ai quali è stato legato lo sviluppo negli ultimi decenni.
A questi 2 elementi di fondo secondo me si è sovrapposto un tipo di ciclicità che è quasi intrinseca del sistema economico in cui viviamo, ed è legata a 2 fattori essenziali: la crescita tende ad autoalimentarsi, a favorire ulteriore crescita poiché quando un imprenditore investe, mette in circolazione moneta che va a favorire la realizzazione di utili altrui, utili di chi ha investito prima e che sarà portato ad investire ancora. Quindi in aggregato quando l’economia ricomincia, partendo da un rallentamento, ad andar bene, se crescono gli investimenti in maniera cospicua, è più che possibile che il processo tenda ad autoalimentarsi: il mio investimento di oggi rappresenta, favorisce utili per chi ha investito prima, ed io raccoglierò utili anche grazie al fatto che domani vi saranno ulteriori investimenti altrui. Argomenti già trattati e descritti in messaggi passati.
Questo processo virtuoso può tendere ad autoalimentarsi sin quando il sistema può espandersi, ed in ciò il livello di occupazione gioca un ruolo significativo: quando la disoccupazione è molto elevata, le possibilità di espansione del sistema sono molto elevate; quando invece la disoccupazione è ai minimi, fingiamo sia a zero, la prosecuzione dell’espansione diviene sostanzialmente legata all’incremento di capacità di consumare e di produrre di ogni attore economico, ma non si ha più un allargamento del numero di attori economici coinvolti nel sistema (se non per via dell’eventuale e lento aumento demografico, cosa completamente diversa dal rapido aumento del numero di attori economici coinvolti generato dal reinserimento nel mondo produttivo di chi era disoccupato sino al giorno prima).
Naturalmente a questa ciclicità intrinseca di un sistema, si sovrappone una ulteriore ciclicità indotta da scelte e comportamenti umani (operazioni politiche e strategiche, guerre, azioni delle bc, dazi, ecc).
Si veda il disastro venezuelano, o quello di Macri (liberalizzazione del cambio e dei movimenti di capitali in un pese non pronto a subirli, e quando la cosa fu evidente, a fuga di capitali e svalutazione largamente innescate, invece di reintrodurre limiti ai flussi di capitali han proseguito in quella direzione reperendo valuta estera tramite il debito in valuta estera. Errori ed incapacità di ammettere gli errori e tornare indietro. Nei prossimi mesi l’Argentina dovrà ristrutturare il debito ed attuare riforme pesanti per limitare l’import ed avviarsi verso un periodo di bilancia dei pagamenti positiva; i limiti sul flusso di capitali son già stati reintrodotti. Ed il fmi, non esente da responsabilità pesanti, dopo la ristrutturazione del debito pubblico, garantirà altri prestiti per consentire un lungo periodo di stabilizzazione e ritorno ad una maggior fiducia sul peso; ma è prevedibile rimarranno i limiti sul cambio a lungo).
Come si colloca l’Europa in questo scenario?
La gestione dell’euro dal 2008 in poi è stata molto lontana dall’ideale. Nel 2008 Trichet alzò ancora i tassi a crisi ormai innescata. Negli anni successivi proprio l’europa fu, trai paesi (vabbè, non è un paese e forse fu questo il problema) economicamente evoluti, forse in assoluto il più ritardatario nell’intraprendere scelte espansive al fine di far fronte alla crisi (taglio dei tassi e qe, risanamento delle banche, taglio fiscale accettando maggiori deficit). Tutto in colpevole e dannoso ritardo. E quali furono le cause? Le cause sono distribuite tra alcuni paesi europei, in particolare il comportamento pessimo negli anni precedenti di paesi come Grecia ed Italia, che hanno sostanzialmente utilizzato il calo del costo per interessi sul debito generato dall’ingresso nell’euro per “rubare di più” (riassumiamo così le politiche economiche di certi paesi) e spendere al fine di comprar voti;…questo pessimo comportamento di alcuni paesi europei ha favorito il risentimento di altri paesi che si sono così a lungo opposti alle scelte espansive, talvolta anche in malafede e per interessi eccessivamente nazionalistici e con una visione economica miope. Le responsabilità dei ritardi e della pessima gestione dell’euro sono quindi distribuite in europa, ed oggi tutti paghiamo un prezzo per le sconsiderate scelte passate. In particolare lo pagano anche paesi come la Germania, perché se la bce oggi di fatto non può alzare i tassi è anche perché la gestione del ciclo economico è mancata a partire dal 2008 anche a causa dell’opposizione tedesca (legata in parte al comportamento di certi altri paesi, come scritto sopra): tagli dei tassi, qe e tagli fiscali accettando deficit maggiori avrebbero con ogni probabilità favorito maggior crescita in europa, maggior inflazione e l’innescarsi di quel processo privato post crisi, fatto di investimenti>assunzioni>occupazione che avrebbe favorito ripresa economica e rialzo dei tassi, invece rimasti a zero.
Viceversa in Europa i tassi furono addirittura alzati nel 2011 (forse ai vertici della bce, tra le altre cose, pensavano che così, partendo da tassi più alti, i poco successivi prestiti ltro sarebbero stati più efficaci nel favorire la realizzazione di utili per le banche, che fra l’altro comprarono titoli di stato e beneficiarono poi del taglio dei tassi e del qe avvenuti dopo i ltro?). In ogni caso il parziale risanamento del sistema bancario in europa giunse per vie traverse ed in ritardo, così come il qe.
Negli stati uniti le azioni furono più rapide ed incisive; quando poi pareva di esser giunti se non proprio alla fine, comunque verso la fase matura di un ciclo espansivo, la vittoria elettorale di Trump e le conseguenti scelte fiscali hanno dato un ulteriore impulso alla crescita. Cosa pensare di queste ulteriori scelte economiche espansive? Mah…luci ed ombre, i tassi in america, all’insediamento di DT erano ancora bassi e sarebbe stato complicato e poco efficace dover riniziare a quasi a breve con scelte di politica monetaria espansive, perlomeno la leva monetaria sarebbe stata di dubbia efficacia e poteva esser quindi ragionevole ritenere di dover dare ancora un impulso; però la disoccupazione era già a livelli molto bassi ed i mercati a livelli alti.
Mercati già alti e disoccupazione bassa: e allora in che direzione va e cosa genera l’ulteriore sviluppo economico favorito da quell’impulso fiscale? Certamente non ha avuto notevoli effetti sulla disoccupazione, ancora scesa, ma di poco, era già contenuta all’insediamento di DT. Viceversa certamente il mercato azionario ed obbligazionario sono cresciuti molto e parte dei soldi rimpatriati dalle aziende Us son stati usati per incrementare il buy-back. In particolare dall’avvento di Greenspan in poi, la tendenza da parte della fed ad utilizzare il market (azionario ed obbligazionario) per incidere sulla crescita si è sempre più affermata. L’attenzione della fed sugli effetti delle proprie scelte e delle singole frasi dei governatori sul market è una costante da anni. Il market è divenuto un vero e proprio strumento da utilizzare per favorire la realizzazione di utili, la creazione e la circolazione di moneta. Se tutti noi ci mettiamo progressivamente nel tempo long in leva sul nasdaq in crescita, creiamo moneta circolante e redditi, che poi si riversano anche sull’economia detta reale. Alcune bc hanno già iniziato a comprare l’azionario. Inoltre un mercato in crescita favorisce l’investimento, le ipo ed in generale favorisce la scelta di investire, spinge verso la creazione e quotazione di aziende, favorisce la ricerca di capitali.
Quindi in un certo senso l’attenzione al market da parte delle bc è fondata e ragionevole. Ci si dovrebbe però chiedere quali devono essere i tempi, le logiche ed i rischi in questo fenomeno, che è pure classista, non è che tutti i cittadini raccolgano equamente gli utili di queste scelte, alcuni molto più degli altri e magari qualcuno raccoglie solo gli effetti collaterali. Credo, come già scritto, che una certa ciclicità sia inevitabile ed intrinseca di un sistema, e può esser innescata anche solo da qualche disastro improvviso (guerre, bolle, grandi errori o frodi di fondi, bc o aziende importanti). Come sono stati utilizzati i maggiori redditi e la liquidità reperita grazie alle riforme economiche di Trump? Un effetto positivo è certamente stato la prosecuzione della crescita e l’uscita dal tasso zero, la fed ha potuto parzialmente “normalizzare” la sua politica monetaria, però quella liquidità può aver accentuato la dipendenza dei risultati economici dal market: è stata utilizzata per buy-back ed abbiamo assistito ad una notevole crescita dei mercati, mentre la disoccupazione era già molto contenuta. L’effetto sull’occupazione è stato minimo, l’effetto sui mercati è stato massimo. Ottimo, per il breve periodo, però è piuttosto chiaro che i mercati danno i contributo positivo solo sin quando continuano a crescere e più crescono e più vi è poi il rischio di discese rapide o prolungate, con deleveraging e distruzione di moneta, con effetto negativo sull’economia detta reale.
Penso che nell’ultimo anno una fed più indipendente e meno condizionata dalla politica avrebbe attuato scelte più restrittive, secondo me più opportune, i tassi potrebbero tranquillamente esser più alti negli Usa. Magari i mercati, azionario ed obbligazionario, avrebbero già corretto con decisione, ma questo va di tanto in tanto accettato e semmai gestito, non ha molto senso ritenere di poter gonfiare a tempo indeterminato i mercati per favorire l’economia reale, tanto una crisi, prima o poi arriva, l’importante è poterla gestire e non arrivarvi con tassi a zero o quasi.
Le crisi sono inevitabili e quando un paese è in piena occupazione è molto facile che ulteriori spinte (fiscali, monetarie, di spesa pubblica in deficit) tendano a creare bolle od investimenti che risulteranno poi profittevoli solo sino a quando verranno incrementate le scelta espansive, perché manca alla base l’aumento dell’occupazione, manca l’allargamento del mercato di consumatori e produttori (i tagli fiscali e la possibilità di rimpatriare capitali non possono nuovamente ripetersi negli usa, il loro effetto c’è stato e ora si troverà altro?).
Quindi in sostanza, giunti alla fine di un ciclo, dovrebbe esser compito delle bc e della politica gestire la situazione in modo che:
1) La crisi venga accettata, non deve esser considerata ragionevole la possibilità di rimandarla all’infinito
2) Le aziende devono poter licenziare e ristrutturarsi, e un buon sussidio di disoccupazione deve favorire la cosa
3) Cresciuta la disoccupazione, deve esser favorito il ritorno all’investimento che favorisce il ricrearsi di quell’espansione che coinvolge progressivamente più attori economici e reinnesca un ciclo virtuoso. Elemento chiave per favorire la ripartenza è il taglio dei tassi, poi potranno esservi il market, investimenti pubblici, riforme, ma solo il taglio dei tassi (e la svalutazione per alcuni paesi) hanno un effetto rapido, quasi immediato nel modificare la tendenza all’investimento.
Ecco che qui nasce un grande problema: i tassi sono già bassi e difficilmente tagliabili in maniera significativa.
La fed, con le scelte dell’ultimo anno, tagliando i tassi, rischia non di evitare il rallentamento economico, ma di rallentarlo, di renderlo più duraturo, in un certo senso lo accompagna, tentando di annullare una ciclicità economica che comunque ci sarà.
Tutto ciò non dovrebbe esser necessariamente considerato a priori negativo, però l’esperienza giapponese tende a lasciar pensare che l’idea di portare e mantenere i tassi a zero, annullando o quasi la ciclicità e le crisi non sia una scelta particolarmente favorevole allo sviluppo, meglio una ciclicità parzialmente governata.
In questo scenario di tassi bassi, qual è la strada che sta scegliendo l’europa? La giapponesizzazione, ovvero invece di “accettare” la ciclicità economica, accettando un periodo di crisi dopo 10 anni di crescita, l’europa sta scegliendo di tentare di rimandare la crisi con ulteriori tagli dei tassi (tassi negativi sulle riserve depositate presso la bce, scelta particolare). Tutto ciò è quasi inevitabile in europa, ove i tassi non sono stati alzati a causa di errori precedenti, e ove alcuni paesi trai quali l’italia, principalmente a causa di politiche economiche nazionali del tutto demenziali, non hanno avuto alcuna ripresa economica e hanno una situazione debitoria che mal sopporterebbe aumenti dei tassi.
Insomma, per l’europa la strada pare segnata, scelte keynesiane e giapponesizzazione.
L’america in caso di rallentamento economico o bassa crescita ha ancora un certo margine per scelte convenzionali sui tassi. Da notare che la fed potrebbe riprendere il qe prima di tagliare i tassi a zero, anche questa scelta è particolare: sapendo che la possibilità di taglio dei tassi ha un limite, le bc han scelto di incidere sulla curva dei rendimenti abbattendo il rendimento dei titoli a lunga scadenza ritenendo di poter così incidere sulle scelte degli investitori che potrebbero così preferire altri investimenti a breve nell’economia reale. E naturalmente generando utili per banche, fondi e privati long sull’obbligazionario. Scelte particolari ed innovative da parte delle bc legate alla consapevolezza della scarsa possibilità di agire sui tassi.
Ci si dovrebbe ora chiedere cosa accadrebbe all’economia americana nel caso di calo significativo dei mercati (azionario ed obbligazionario), vi sarebbero perdite per fondi, banche, privati che da anni raccolgono invece profitti, con conseguente deleveraging e distruzione di moneta.
La volontà da parte delle bc di spingere verso scelte inflattive, in larga parte non è legata ad una particolare ed illusoria fiducia nella curva di Phillips, ma essenzialmente al timore di cadere verso scenari che richiederebbero tassi negativi, di difficile attuazione.
Quindi, sia in europa sia negli usa, la risposta allo scenario di tassi bassi è e sarà:
1) Evitare o limitare la ciclicità, perché in sostanza non vi è certezza di poter facilmente agire per favorire la ripartenza dopo una crisi
2) Incremento di tutte quelle politiche considerata alternative al taglio dei tassi
Naturalmente tutto ciò difficilmente funzionerà bene ed altre strade dovrebbero e potrebbero esser valutate: i tassi negativi. Sono veramente possibili? Non oggi, ma forse in futuro sì