Sull'andarsene in pace non mi trovi affatto d'accordo, proprio per conoscenza diretta di una coppia in cui lei segue la dipartita di lui. In quel caso è accaduto il contrario di quanto hai scritto: vita felice e serena in condivisione per vent'anni, poi la malattia di lui (ictus) che lo rende parzialmente invalido al punto che non tollera più il suo stato e si impicca in casa. E' proprio lei a trovare il suo corpo appeso privo di vita. Mesi di disperazione, poi la morte liberatoria: soffocata (pare) nel sonno.
Altro che andarsene in pace!
Puoi andartene in pace è un modo per dire che non hai più niente da chiedere alla vita senza il tuo compagno/a.
Parlo del fisico della parte della coppia che sopravvive, in questo caso la moglie, nel caso in cui ceda subito dopo la morte del compagno. Quando questo accade è proprio perché il fisico non reagisce più, si lascia andare, non sempre è una cosa consapevole, succede.
Solo che in certi casi, nelle primissime ore o giorni dalla morte del compagno, cede subito, in altri casi, come quello a cui hai assistito, ci mette di più, ed è una tragedia, perché si maledice di non essere morti subito dopo il compagno.
Quello che non penso è che a fronte di grandi amori, durati una vita, possa bastare "diversificare" per ricominciare a vivere, in un altro modo.
Quando si vive un rapporto così completo e profondo, e finisce per la morte del compagno, continuare a vivere è una scelta, devi volerlo.
Ma se non lo vuoi, se non ci riesci, non c'è niente che possa salvarti, neanche l'amore che hai e ricevi da tutte le persone che ti vogliono bene e a cui vuoi bene, figli compresi.
Ne ho sentite di storie così, figli che nel giro di ore o giorni perdono entrambi i genitori perché il fisico del sopravvissuto cede di schianto al dolore, subito o in poco tempo.
E non credo sia sempre dipendenza o stampella, credo che a volte, non così spesso ma neanche così raramente, sia proprio che con l'altro ti completi, e completarsi non è una dipendenza, almeno non la considero tale