Mamma.....



«Mia madre profumava di cannella. Aveva la pelle rosa, sottile e trasparente. Si intravedevano i celesti pallidi delle vene. Da giovane aveva i capelli rossi e gli occhi verdi. Era innamorata pazza di mio padre, che l'amava in un modo che io non ho mai capito. L'ha tradita, offesa, trascurata, umiliata. Eppure sono stati sempre insieme. Da quando è morta, mio padre parla di lei e del loro rapporto come se io non fossi stata presente. Lo racconta come forse lo avrebbe voluto. Anche lei parlava di lui come lo avrebbe voluto, dimenticando tutte le offese. La sentivo chiacchierare con le amiche raccontando la sua vita con lui, la nostra con lei, piena di dettagli, di particolari sconosciuti.
Niente aveva a che fare con la realtà, nemmeno il colore degli occhi e dei capelli dei miei fratelli o i miei. Raccontava una vita che noi non avevamo vissuto, specialmente nelle piccole cose.
Era bellissima. A me diceva che da giovane, quando aveva incontrato mio padre, aveva gli occhi verdi. Invecchiando erano diventati grigi pallidi, umidi di leggere lacrime che spuntavano quasi per tutto: se rideva, se era felice, se era infelice, se leggeva una lettera, se guardava la televisione. Specialmente il telegiornale la faceva piangere. Ma non con i singhiozzi. Le lacrime le venivano giù senza volere, senza che se ne accorgesse. Era il suo modo di partecipare agli avvenimenti, il suo modo di ascoltare. Poteva anche improvvisamente ridere a crepapelle, mentre piangeva. Bastava raccontarle qualcosa di non doloroso, di diverso: il modo di parlare o di muoversi di una sua amica, ricordarle un avvenimento ridicolo. Rideva senza potersi trattenere, ma sempre con una grazia innata.»

Monica Vitti
 

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La mamma è quella persona che vedendo che i pezzi di torta sono quattro
e le persone sono cinque, dice che i dolci non le sono mai piaciuti.

(Tenneva Jordan)


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Ti ho riempito la valigia.
E' piena di era e di fu
di momenti e pensieri
di volti e nomi
sorrisi e lacrime.
Aspettiamo assieme
che il treno parta.

Mi lascerai in silenzio
mentre ti fai
sempre più piccola.
E' il solito treno
che già conosci.
L'hai visto partire
altre volte
dalla nostra stazione
sempre più vuota.

Agli addii
ci siamo abituati.
Lo sai.
E quando arrivi
salutami gli altri.

PAOLO CARBONAIO


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Intanto lei torna da me ogni volta che dormo in sogno
e le dico bentornata, siediti intanto,
e lei rassetta, al suo solito, il cuscino,
è innaturale che una madre non rassetti il cuscino a suo figlio
e che il figlio rassetti invece il cuscino di sua madre
e asciugo i suoi sudori freddi e liscio i suoi capelli stopposi
e stringendole la mano fredda le dico non temere
il posto dove vai, non ne tornerai
a mani vuote come tante volte ne tornasti
perché nel posto dove vai non ci sono speranze
né perdita, rimorso e dolore, neppure quello di madre,
nel posto dove vai non manca nulla. È un posto perfetto.

INTANTO - NATHAN ZACH
(scrittore e poeta israeliano.)



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Mia madre cuoceva nel forno il mondo
intero per me
in dolci torte.
La mia amata riempiva la mia finestra
con uva passa di stelle.
E le nostalgie sono racchiuse in me come
bolle d’aria
nel pane.

(Yehuda Amichai)


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Lady Diana non ha sofferto solo a causa di Carlo che amava Camilla e non lei… No. Lady Diana, la Principessa del popolo, aveva già sofferto.
Da bambina. Quando vide la madre andarsene e non tornare più…

Il primo giugno 1954 il Visconte John Spencer (30 anni) sposa la nobilissima Frances (18).
Dodici anni dopo lei abbandonerà marito e figli per raggiungere l’amante… Lady Diana, a 5 anni, la aspetterà piangendo. Inutilmente.

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Lady Diana bambina amava la mamma. Frances. Donna bellissima, aristocrazia inglesissima e antichissima. Più antica dei Windsor
Diana passava le sue giornate aspettando la mamma. Piangendo. La mamma non tornò mai.
I rapporti si riallacciarono solo più avanti. Furono sempre tempestosi, però.
Si dice che Frances non accettò mai gli amori non WASP della figlia. Dodi al-Fayed per esempio. È morta nel 2004, dopo una lunga malattia. La figlia era morta a Parigi 7 anni prima…


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Le donne Tuareg, un’eccezione nel panorama arabo

Presso questo popolo, le cui misteriose origini si perdono tra i miti e leggende, le donne vivono una condizione pressoché unica nel mondo arabo e per alcuni versi “progressista” anche rispetto le condizioni di vita occidentali. Le donne Tuareg, pur essendo musulmane, rispondono ad una tradizione e a codici comportamentali molto più antichi di quelli islamici e i contatti con i vicini berberi sedentari non hanno intaccato la loro cultura.

Tanto per cominciare, non portano il velo, portano i bellissimi visi scoperti e grazie alla loro grande creatività li decorano con i colori del deserto, rendendoli ancora più seducenti. Presso i Tuareg vige la tradizione del matrimonio monogamico e un sistema ereditario in parte matrilineare. Le donne possono scegliere l’uomo che desiderano sposare e divorziare da lui quando vogliono. All’interno della famiglia le donne non possono essere relegate dentro casa, ma al contrario posseggono ed amministrano i beni, allevano i figli e curano le attività più pesanti. Hanno, tra le altre cose, il compito di tenere vive e salde le tradizioni. Se un bambino nasce malato, prematuro o addirittura morto, la colpa – che per molto tempo nella società occidentale è ricaduta soltanto sulle donne – ricade sul marito, incapace di proteggere la moglie durante la gravidanza.
L’albero genealogico viene registrato attraverso la linea materna e, per questo, tradizionalmente è l’uomo a entrare a far parte della famiglia della donna dopo il matrimonio, non il contrario. Inoltre, gli uomini lasciano i loro beni in eredità non ai propri figli, ma a quelli delle loro sorelle. Questo perché il legame genetico con i propri nipoti è assolutamente certo, a differenza di quello con i figli della propria compagna.

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La natura ti ha fatta bella
Come l’oasi nel deserto
Vivi nel Sahara immenso
Come immensa è la tua cultura
Il tuo viso senza velo
Sfida i venti di sabbia
Donna del vento e del sole
Stella del deserto
La tua luce illumina i tuoi pretendenti
Nei loro viaggi lontani
Tra deserto e savana
Donna del sole e del vento
Ti corteggiano soli i mufloni
Invisibili di giorno
Invisibili di notte
Mufloni del deserto
Che ti svegliano di notte
In mezzo ai tuoi sogni
Per realizzare il tuo sogno
Di un vero amore

Sidi Moussa





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ROBERT PLANT TROVA UNA LETTERA DELLA MADRE DEL '67:
"SE L'AVESSI APERTA FORSE AVREI LASCIATO LA MUSICA, ORA SAREI UN SIGNORE QUALSIASI"


La storia del rock poteva essere scritta in modo diverso, se Robert Plant, il cantante dei Led Zeppelin avesse letto una lettera che sua madre gli ha scritto nel 1967.
Durante il lockdown, Plant ha raccontato di aver messo mano al suo archivio personale, ritrovando lettere, appunti e note della sua lunga carriera, iniziata nella scena blues delle Midlands, poi nei Band of Joy insieme a John Bonham e infine con Jimmy Page nei New Yardbirds, che nel 1968 cambiano nome in Led Zeppelin e il 12 gennaio 1969 debuttano con un devastante primo album omonimo.
«Tra le tante cose ho ritrovato una lettera che mi madre mi ha spedito nel 1967 ma che non avevo mai aperto».

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La madre, Annie Celia Plant, gli parla della sua decisione di lasciare casa a 16 anni, la carriera scolastica e un posto da contabile trovato dal padre Robert C.Plant, ingegnere che lavora per la Royal Air Force, per seguire la sua passione per la musica. «Nella lettera c’era scritto: “Robert, dovresti tornare a casa. Sue ti sta aspettando e nello studio di contabili sarebbero felici di riaverti”. È incredibile, non so perché non l’ho aperta, in fondo era una lettera di mia madre! Se l’avessi fatto forse sarei tornato indietro e adesso sarei un signore qualsiasi che se ne va a caccia nelle campagne lungo il confine del Galles».


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“Appena mia madre è apparsa sulla carta, mi è stato molto difficile controllare le emozioni. E mentre disegnavo la sua infanzia, la sua adolescenza, la sua giovinezza, non c’era modo di rimanere semplice spettatore. Mi riusciva impossibile continuare a disegnare”
Mia madre, è una graphic novel di Li Kunwu, fumettista cinese, classe 1955

“Passati i quarant’anni, ho scoperto l’importanza di accompagnare mia mamma nei suoi spostamenti, di camminare insieme a lei, contemplare le montagne, i laghi, osservare gli alberi dietro casa, il cielo e le nuvole. Durante quelle passeggiate parlavamo di tutto e di niente, ma anche della sua infanzia”.


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Se anche solo per un istante pensavo di essere strana, gli occhi di mia madre mi
guardavano da sopra gli occhiali, e come due puntine da disegno mi fissavano
saldamente al mio posto nel mondo.
(Banana Yoshimoto)

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Ieri sera ho rispolverato un po' di foto della mia infanzia e le ho riguardate tutte con occhi nuovi.
E' strano vedere come col tempo io abbia assunto connotati sempre più simili a mia madre. Fa uno strano effetto.
Un'altra cosa che mi ha colpito è il volto sorridente di mia madre in ogni occasione: ad un battesimo,
ad un matrimonio, sulla spiaggia, sul portone di casa. Ha sempre un sorriso accennato, mai uno sguardo serio,
contrariato. Ancora oggi dico "Grazie mamma"

 

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La madre di Victor Hugo

La madre è un angelo che ci guarda
che ci insegna ad amare!
Ella riscalda le nostre dita, il nostro capo
fra le sue ginocchia, la nostra anima
nel suo cuore: ci dà il suo latte quando
siamo piccini, il suo pane quando
siamo grandi e la sua vita sempre.
 

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Oh Mother by Christina Aguilera

Era così giovane con occhi così innocenti
Ha sempre sognato una vita da favola.
E tutte le cose che i tuoi soldi non possono comprare
Pensava che Papa ' fosse un ragazzo meraviglioso.
Poi all'improvviso, le cose sembravano cambiare.
E ' stato il momento in cui ha assunto il suo nome.
Le ha sfogato la rabbia sul viso.
Ha tenuto rinchiuso tutto il suo dolore.

Oh mamma, siamo più forti
Da tutte le lacrime che hai versato
Oh mamma, non guardare indietro
Perche 'non ci fara' mai piu ' del male.

..., mamma, Ti ringrazio.
Per tutto quello che hai fatto e che fai ancora
Mi hai preso, ti ho preso
Insieme ce la facciamo sempre
Ce la facciamo sempre
Ce la facciamo sempre
Oh madre, Oh madre, Oh madre
E ' stato il giorno in cui ha tradito i suoi figli.
Che sapeva che doveva lasciarlo.
Cosi ' tante voci dentro la sua testa
Ripetendo ancora e ancora e ancora,
"Ti meriti molto di più. "
Era cosi ' stanca di credere alle bugie e di cercare di nascondersi.
Copertura dei tagli e dei lividi (tagli e lividi))
Cosi ' stanca di difendere la sua vita, che avrebbe potuto morire.
Lotta per la vita dei suoi figli

Oh mamma, siamo più forti
Da tutte le lacrime che hai versato
Oh mamma, non guardare indietro
Perche 'non ci fara' mai piu ' del male.

Tutta la vita che hai passato
Seppellire il dolore e il rimpianto
Ma mamma, non ci tocchera 'mai piu'.
Per ogni volta che ha cercato di distruggerti
Ricordati solo chi c'e ' ancora.
E 'finita, e noi siamo piu' forti.
E non dovremo mai piu ' tornare indietro.

Oh mamma, siamo più forti
Da tutte le lacrime che hai versato
Oh mamma, non guardare indietro
Perche 'non ci fara' mai piu ' del male.
Ti voglio bene, mamma.


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"Mammina non era mai in casa. Pranzava, si vestiva, usciva, si vestiva di nuovo, poi riusciva.
La sentivo spesso rientrare tardi la notte, canticchiando piano, mentre dietro di lei qualcuno
camminava con precauzione in punta di piedi"
Irène Némirovsky



Nel 1928, la scrittrice dedica il suo secondo romanzo La nemica alla «mammina», egoista, sfrontata,
avida, futile, infedele, che tornerà in tante sue opere. Un racconto al fiele


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Oggi la nipote Denise Epstein, figlia di Irène Némirovsky, ricorda così la nonna:

"Ricordo nonna Anna: sempre incipriata, in una scia di profumo, tutta pellicce e gioielli. O meglio, ricordo quell'odiosa dama dai grandi cappelli piumati che da me non voleva essere chiamata "nonna" ma "signora", perché non tollerava l'idea di invecchiare. Come non tollerava la maternità, minaccia alla sua avvenenza, al suo sogno di continua seduzione. Per lei che non svelò mai la sua età, la figlia rappresentava "un estratto di nascita vivente", come si legge nella Nemica. Una potenziale rivale che, crescendo, le avrebbe rubato la scena da maliarda. Allora faceva di tutto per non mostrarla al mondo: nei frequenti viaggi in Costa Azzurra, Anna alloggiava in grandi alberghi, ma relegava figlia e governante in pensioncine di seconda categoria. A Parigi, le confinava in un diverso piano del palazzo".

Così Anne Némirovsky, come la madre-nemica del romanzo, poteva flirtare e cambiare accompagnatore di continuo, senza testimoni:
"Bugiarda, venale, di un'avidità senza limiti, ha sempre tradito il nonno, non sposato per amore, ma per il suo portafoglio gonfio" (parole della nipote). "dopo la morte dei miei genitori ad Auschwitz, quando la governante a cui eravamo state affidate mia sorella ed io andò a bussare alla sua porta, nonna Anna - anzi, la signora dai grandi cappelli - quella porta non l'aprì, gridando attraverso i battenti: Io non ho nipoti".


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"La sua bellezza smagliante, vistosa, si stava già avvizzendo. Quante rughe sottili le striavano gli
angoli della bocca e delle palpebre, nonostante il belletto che le ricopriva"
.

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Ma che squisito strumento di vendetta è la scrittura. Si può fare invecchiare quella madre monstre.
Sulla carta la si può perfino sfidare al suo stesso gioco: soffiandole l'amante.
E così Irène Némirosky, che da bambina era sfuggita alla sua infanzia solitaria rifugiandosi nell'immaginazione, da adulta
sfogava la rabbia del ricordo con la lama affilata della scrittura
.


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"Sono figlia di una madre famosa, Antonia Fraser, la scrittrice di tanti bestseller. Lei è bionda, io sono mora… Mascella volitiva a parte, non ci assomigliamo per niente. Eppure da bambina mi hanno continuamente ammorbato con paragoni ridicoli e domande piene di buone intenzioni ma sostanzialmente idiote, tipo: «E tu, quando scriverai il tuo primo libro?». Fin da quando ero piccola mi sono sentita come eclissata dalla statura e dalla presenza di mia mamma. Così, almeno, avevo deciso che stavano le cose durante i miei difficili vent’anni e i miei frenetici trenta. Nel 1985 me ne ero anche andata dall’Inghilterra.


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Eppure ci siamo divertite, siamo state bene insieme. Quei suoi regali di compleanno creativi, come la casa delle bambole che era la replica esatta della nostra di Londra, o il tutù da fatina disegnato per me dalla costumista del Ballet Rambert. Quando usciva di sera mi faceva scegliere gli anelli, gli orecchini e gli accessori che avrebbe indossato. Avevamo la passione per gli oggetti di cartoleria, carta da lettere, etichette adesive, penne.

E quanto adoravo starmene sul sedile della sua Mini Cooper, schiacciata contro uno dei miei cinque fratelli e sorelle, ad ascoltare i Beatles mentre lei sfrecciava in modo randagio per Londra. Al volante era un vero disastro e lo ammetteva. Ma era un’autentica bellezza anni Sessanta: ciglia finte, labbra à la Julie Christie, elaborate extension di capelli biondi (trecce e code di cavallo). E alla fine la passava sempre liscia. «Sorry, agente», diceva al poliziotto che l’aveva beccata mentre percorreva in retromarcia una via a senso unico. La facilitava il fatto che tutti la riconoscessero immediatamente. Allora Londra era piccola e provinciale e lei era una scrittrice e una star che alla radio e in tv conquistava tutti con la battuta pronta, una straordinaria memoria storica e quella sua voce deliziosa.

Aveva perso l’accento upper class, grazie ai corsi di dizione e quando scriveva per la versione inglese di Vogue cercava sempre, e ci riusciva, di essere immortalata da uno dei fotografi che erano sul set. Nomi del calibro di David Bailey, Patrick Lichfield e Norman “Parks” Parkinson. E poiché era un’autentica English rose, una vera bellezza inglese, succedeva raramente che non usassero la foto di mamma per illustrare il suo articolo.


(di Natasha Fraser Cavassoni)


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“Non sei tu, e sei tu! È la letteratura!”

rispose Marguerite Duras a sua madre, Marie Donnadieu, infuriata e offesa per il modo in cui la figlia
scrittrice l’aveva rappresentata nel romanzo Una diga sul Pacifico.


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Jennifer Lopez ha rivelato, di recente, di avrere avuto un rapporto – conflittuale e difficile per buona parte della sua vita – con sua madre Guadalupe “Lupe” Rodriguez.

«Mia madre ha fatto quello che doveva fare per sopravvivere, e questo l’ha resa forte, ma l’ha resa anche dura.
Abbiamo preso tante botte da lei
».

Riferendosi anche alle sue due sorelle, Leslie e Lynda. Che la donna, oggi 76enne, ha cresciuto nel Bronx insieme al marito David, da cui ha divorziato una volta che le ragazze sono cresciute.

«Sono sempre stata circondata da molte donne forti. Mia madre è una donna super complicata e si porta dietro
un bagaglio enorme. Voleva che fossimo indipendenti e non dovessimo mai fare affidamento su un uomo.
Mia madre diceva sempre: “Se vuoi vivere in questa casa, dovrai studiare”. Una sera abbiamo litigato e me
ne sono andata».


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La mamma di Jennifer Lopez ha ammesso di essere stata dura con J.Lo e le sue sorelle.
«Ho sempre avuto le aspettative molto alte su di loro», dice la matriarca.
Emigrata da Porto Rico a New York proprio per dare un futuro migliore alla famiglia.
«Non lo facevo solo per criticare e basta. Era solo per mostrar loro che si poteva fare di meglio».
Lupe Rodriguez lavorava in una scuola e conferma che «Jennifer è quella che mi ha fatto passare i momenti più difficili, a essere sincera. Ci siamo scontrate molto». Non solo. «Io so che sono lontana dall’essere la madre perfetta. L’unica cosa che posso dire è che tutto ciò che ho fatto, l’ho fatto avendo a cuore solo il loro migliore interesse».


Jennifer Lopez, Halftme, ricordo mamma | Amica

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