Ti quoto tutto, e direi che forse quello che manca è la volontà di prendersi un rischio e rinunciare temporaneamente a qualcosa.
In tutta onestà, io ho avuto i miei figli poco prima di compiere 29 e 31 anni, la mia carriera era ancora tutta da scrivere, non mi sono mai risparmiato come genitore e tutto sommato sono stato in grado di dare qualche accelerata professionale quando erano ancora in età di asilo; morale della favola ora sono (credo purtroppo) all'apice, sono abbastanza giovane (43), i ragazzi son cresciuti (12 e 14) e non vi nascondo che son felicissimo di avere ancora le forze (e aver le risorse) per godermi qualsiasi cosa voglia con loro.
Da quello che vedo, la tendenza attuale che va all'opposto sembra suicida; io a quest'età non so se riuscirei a gestire lavoro e figli <6 anni, dopo che magari ho passato gli ultimi 10 anni a fare la bella vita. E ho ottimi esempi intorno a me che me lo confermano.
Per contro, devo dire che la strada per mia moglie è stata più difficile, perchè ha avuto tutta la flessibilità possibile (part-time come lo voleva lei, gestione ottima maternità) e non ha voluto reclamare nessun avanzamento di carriera (ha peccato della tipica mentalità italiana). Però ora, poco dopo i 40, ha tutte le carte in tavola per rilanciarsi professionalmente e lo sta facendo alla grande.
Grazie della testimonianza.
Penso anche io che la carriera sia conciliabile con la genitorialità, penso anche che lo sia meno quella femminile (come peraltro citi dall'esempio). Ovviamente esiste la possibilità di rilanciarsi professionalmente post gravidanza, ma oltre a presupporre una certa distribuzione dei carichi (carriera in 2 significa avere importanti sostegni alla crescita dei figli, in primis dal marito, ma anche esterni quali nonni, asili o altro), credo sia qualcosa che sia più facile a posteriori.
Nel tuo esempio hai avuto figli a 29 e 31 anni. Senza speculare sulla tua vita, e parlando quindi in termini generali, sottintendiamo che per figliare "serva" una relazione stabile da tempo, almeno un 3-4 anni, ma verosimilmente pure di più. Ciò significa che la compagna devi averla a 25 anni.
Come dicevo prima, tra Università e cambi di casa è sempre più difficile avere una relazione stabile in quest'età. Il fattore economico peraltro ha un suo peso (benché io non sia molto d'accordo nel ritenerlo un driver diretto così forte sulla natalità): essere precari e spiantati rallenta l'uscita di casa e la convivenza, impattando indirettamente sui futuri figli.
Personalmente vedo (ma qui siamo davvero all'opinione buttata là) i giovani moderni (me incluso) che nascono con un'infanzia ricca di benessere e crescendo prendono consapevolezza di prospettive grigie (futuro incerto, welfare in diminuzione, prospettiva di lavoro fino ai 70 anni) con il risultato di trovarsi una sorta di FOMO: si presenta la necessità di fare più esperienze possibili (vari partner, eventi musicali, viaggi, serate folli, erasmus, backpacking di mesi, ecc.) prima dell'assunzione di responsabilità (lavoro definito, figli, casa.. insomma la ruota del criceto). Per cui fino all'università inclusa si è in pieno dinamismo e difficilmente si hanno già le basi per una relazione che porti a figliare. Inoltre sempre più persone scelgono di non averne/averne meno perché ritengono prioritario avere una maggior libertà e godimento materiale rispetto alla genitorialità.
Se poi ci si aggiunge che spesso la ragazza è più giovane di almeno qualche anno rispetto all'uomo (ma comunque si aspetta di vivere anch'ella la sua parte di piaceri) si intravvede la difficoltà di avere
molte persone che siano nelle condizioni di arrivare alla genitorialità presto.
Alla fine, parlando meramente dalla prospettiva materiale, un figlio è più utile alla comunità che non al singolo (che se ne assume tutti gli oneri), per questo tutti dicono che servono più figli mentre ne fanno sempre meno.
Giusto per legarlo al topic milanese: questi aspetti demografici si notano dal n di single (peraltro crescente) in città che mettono sempre pressione sui prezzi dei tagli piccoli, con buona pace della rivoluzione post pandemia.
Dalla prospettiva del single sarà molto spesso più importante la location, benché cara impestata, rispetto ai benefici offerti dall'hinterland, più vicini ai bisogni delle famiglie.