Credo esista qualche pb. nella scuola italiana, nella mia esperienza di ingegneria vecchio ordinamento ho visto persone metodiche e costanti laurearsi facilmente, altri brillanti lasciare perchè delusi dall'appoccio agli studi, dalla molta teoria e poca applicazione pratica, dalla poca interazione con i docenti, soprattutto di provenienza ITIS elettrotecnica/elettronica, spesso sono diventati imprenditori. Ho visto altri non battere chiodo ad ING laurearsi brillantemente in architettura o economia, altri passare direttamente a fisica o matematica. Contando sul numero e sulla prevalenza maschile ho visto compiti scritti fatti dall'amico o addirittura gruppetti mimetizzati che lavoravano tutti per uno, non consegnando alla fine il proprio compito, le difficoltà rendono creativi! Un corso di studi particolare che funziona come una maratona, più questione di resistenza e concentrazione a parte poche rare eccezioni di elementi duttili, intelligenti, creativi, quelli che nemmeno sembrano ingegneri , quelli che suonano e fanno sport, quelli ai quali riesce bene tutto, quelli da invidiare... in senso buono!
Concordo, in quanto anch'io ingegnere vecchio ordinamento, bioingegneria (politecnico milano). Una delusione immensa, per le ragioni che ho evidenziato nel tuo intervento a cui rispondo.
Infatti ho iniziato subito ad occuparmi d'altro (attività politica, lavoretti, programmazione prima nelle software house poi in proprio, servizio civile, insegnamento) proprio per imparare qualcosa di concreto, laureandomi ovviamente molto tardi
Ho avuto anche l'onore di sostenere l'esame di meccanica razionale con Amalia Ercole Finzi (compare spesso, arzilla 85enne) da Floris, allora poco più che quarantenne, ancora assistente, una veramente tosta e una dei pochi docenti sempre presenti nelle ore di sportello.
Certo, poi all'esame mi ha massacrato ....
A parte alcuni indirizzi (es elettronica, telecomunicazioni), dove era impossibile passare alcuni esami capestro (gli esami di Bellini e Drufuca, per chi sa di cosa sto parlando) senza conoscere a fondo la materia e poche altre eccezioni, era effettivamente più un corso di sopravvivenza che un ambito in cui acquisire una preparazione reale.
La maggior parte degli esami si passava assistendo agli esami di altri per capire cosa voleva il docente, più che la preparazione (comunque in parte indispensabile) era richiesta tanta furbizia
Mai visto un laboratorio, a parte la frequentazione del centro di calcolo per l'esame di programmazione che richiedeva tassativamente un progetto in fortran da realizzare su schede perforate (credo di averle ancora da qualche parte), esame per altro passato dopo aver lavorato nelle software house
Da quello che so, oggi è un indirizzo più abbordabile, non fosse altro per la tecnologia oggi disponibile (un sogno per la mia generazione, ai tempi) e la mole impressionante di materiale di ogni tipo (testuale e multimediale) disponibile in rete.
Ai tempi per tracciare grafici usavo una calcolatrice programmabile in pseudo-assembly (Texas T56 e T59), oggi ci sono software di simulazione in quasi tutti gli ambiti richiesti.
E quanto al materiale, noi dovevamo arrangiarci con gli appunti del corso (spesso di altri, quando non si seguiva) e con il libro di testo (quando c'era). Si andava in copisteria sperando che qualche anima buona avesse lasciato copie dei propri appunti, per avere una fonte in più
Quanto all'interazione con i docenti, dopo aver lavorato nel settore informatico ho cambiato indirizzo di studi, da telecomunicazioni (specializzazione tanto dura quanto astratta e teorica) a bioingegneria.
Avrei preferito ovviamente l'indirizzo informatico, ma era noto che alcuni docenti dell'indirizzo fossero particolarmente poco disponibili e poco corretti, a differenza di bioingegneria.
Quanto ai contenuti, ricordo la delusione dopo anni di programmazione in campo gestionale, quando presi in mano il testo di "complementi di programmazione", convinto che sarebbe stato tutto più chiaro e comprensibile, scoprendo invece dopo due pagine che non aveva niente a che vedere con quanto avevo affrontato sul campo, astrazione e logica puri.
Da qui la scelta di passare a bioingegneria. Due compagne di studi le ho poi ritrovate come colleghe molti anni dopo
In effetti, ho imparato più insegnando (e sfruttando sempre più la tecnologia, poco sfruttata dai miei studenti, un po' per pigrizia un po' in quanto data per scontata, cosa che non è per la mia generazione) che per quanto acquisito al politecnico. Ho sempre cercato, da insegnante, di evitare ai mie studenti l'esperienza disastrosa del mio percorso universitario
La laurea è stata una liberazione. Mai capito chi invece di studiare liberamente, da autodidatta, si mette in testa di prendersi seconde e terze lauree.
Ma in fondo è lo stesso per la musica, a parte l'essere fuori tempo massimo, per crescere come pianista non mi è mai passato per la testa di diplomarmi al conservatorio, sarei stato costretto a studiare anche (e soprattutto) tutto ciò che non mi serviva e non interessava.
In rete ci sono montagne di video sull'armonia jazz e sulla tecnica sia esecutiva sia di apprendimento (alcuni recenti video di Black sui passi da seguire nello studio dei brani li ho trovati molto interessanti), fatti da dio, molto più stimolanti.