Porre limiti a ricchezza aziende

Non sono preparato in economia e faccio fatica a giudicare ma stavo riflettendo sui benefici che potrebbe avere porre dei limiti all'espansione di grandi aziende per evitare che queste diventino pachidermi che riescono a comprarsi tutto ciò che vgliono e ridurre la concorrenza sul mercato (difficile non pensare alle aziende americane di punta). Il fatto di porre dei limiti sulle acquisizioni , ad esempio, potrebbe agevolare lo sviluppo di altre aziende(specialmente i competitors).
Date un occhiata a quelle di Cisco e ditemi se vi sembra normale che un azienda ne incorpori centinaia:
Acquisitions - Acquisition Summary - Cisco

So che esistono organismi che regolano la concorrenza ma seguendo la mia logica (basata su conoscenze molto limitate)...mi sembra che qualcosa non stia funzionando.

Capisco che limitare l'espansione di un azienda significhi probabilmente limitarne l'evoluzione la ricerca e lo sviluppo..... ma allo stesso tempo il mercato viene distrorto dallo strapotere di queste.

Porre dei limiti a queste aziende significherebbe anche mettere a rischio posti di lavoro ma, allo stesso tempo, avere piu' aziende competitive sul mercato sul quale ricollocare quelle persone.

Forse le realtà aziedali sono troppo complesse per definire tali limitazioni? ( parlo principarlmente di anziende multinazionali).

Per fare un esempio un pò estemizzato: supponiamo che nell'ambito della ristorazione (pizzerie) le catene di pizzerie si espandano enormemente e riescano a comprarsi i caseifici che producono mozzarella di bufala. Risultato: solo alcune aziende/catena potranno offrice pizze con mozzarella di bufala a discapito dei concorrenti.

Il problema che hai sollevato esiste, e ha molteplici sfaccettature.

Ad esempio, in agricoltura i gruppi che controllano sia i mercati degli input, sia la commercializzazione finale, riescono a guadagnare quando i prezzi delle derrate sono alte, ma anche quando sono bassi, intervenendo sui prezzi degli input.

Nei coloniali, le multinazionali usano le scorte come cuscinetto strategico per evitare o limitare eventuali incrementi di prezzo (anche se il valore della materia prima è una parte trascurabile del prezzo finale; parte che viene tenuta bassa grazie anche al trucco della tariff escalation).

Le gioie dell'integrazione verticale sono numerose e notevoli, e hanno come scopo di riuscire a ottimizzare i guadagni in ogni situazione di mercato (alterando, appunto, il mercato.)

Il discorso che fai riguardo alla concorrenza e all'innovazione è sacrosanto, anche se non sempre la concorrenza è sinonimo di efficienza, vedi l'industria farmaceutica americana e il loro sistema sanitario privato.

Il fatto che la ricerca di base sia portata avanti dal settore pubblico, fa sì che le industrie che producono i farmaci hanno molti più soldi da investire in marketing e promozione, che non è certo il massimo, se pensiamo anche alle implicazioni sociali che un'eccessiva medicalizzazione comporta.

Credo che però il punto fondamentale non sia la questione dell'efficienza, ma tout court il funzionamento del capitalismo stesso, che è diventato una macchina di profitti riservati all'1% più ricco della popolazione.

Questo comporta ovviamente una contrazione della domanda effettiva che si traduce in una crescita economica come minimo anemica (ad anni di crescita apparentemente buoni, seguono gli anni di crisi conseguenti allo sgonfiamento delle bolle del credito, resesi necessarie per sostenere i consumi di ampie fasce della popolazione che in realtà vai stavano impoverendo.)

Non vedere questo nesso più che evidente (che si può riscontrare anche in America Latina confrontando il periodo di sostituzione delle importazioni con il periodo neoliberista ancora in auge) è davvero singolare, ma come diceva sempre mia madre, il peggio non è mai morto.
 
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Il problema che hai sollevato esiste, e ha molteplici sfaccettature.

Ad esempio, in agricoltura i gruppi che controllano sia i mercati degli input, sia la commercializzazione finale, riescono a guadagnare quando i prezzi delle derrate sono alte, ma anche quando sono bassi, intervenendo sui prezzi degli input.

Nei coloniali, le multinazionali usano le scorte come cuscinetto strategico per evitare o limitare eventuali incrementi di prezzo (anche se il valore della materia prima è una parte trascurabile del prezzo finale; parte che viene tenuta bassa grazie anche al trucco della tariff escalation).

Le gioie dell'integrazione verticale sono numerose e notevoli, e hanno come scopo di riuscire a ottimizzare i guadagni in ogni situazione di mercato (alterando, appunto, il mercato.)

Il discorso che fai riguardo alla concorrenza e all'innovazione è sacrosanto, anche se non sempre la concorrenza è sinonimo di efficienza, vedi l'industria farmaceutica americana e il loro sistema sanitario privato.

Il fatto che la ricerca di base sia portata avanti dal settore pubblico, fa sì che le industrie che producono i farmaci hanno molti più soldi da investire in marketing e promozione, che non è certo il massimo, se pensiamo anche alle implicazioni sociali che un'eccessiva medicalizzazione comporta.

Credo che però il punto fondamentale non sia la questione dell'efficienza, ma tout court il funzionamento del capitalismo stesso, che è diventato una macchina di profitti riservati all'1% più ricco della popolazione.

Questo comporta ovviamente una contrazione della domanda effettiva che si traduce in una crescita economica come minimo anemica (ad anni di crescita apparentemente buoni, seguono gli anni di crisi conseguenti allo sgonfiamento delle bolle del credito, resesi necessarie per sostenere i consumi di ampie fasce della popolazione che in realtà vai stavano impoverendo.)

Non vedere questo nesso più che evidente (che si può riscontrare anche in America Latina confrontando il periodo di sostituzione delle importazioni con il periodo neoliberista ancora in auge) è davvero singolare, ma come diceva sempre mia madre, il peggio non è mai morto.

Premesso che ogni sistema economico,qualsiasi esso sia,dovrebbe puntare al benessere collettivo e che il capitale è il mezzo con cui perseguire tale obiettivo,non certo il fine,la concentrazione della ricchezza è una tendenza diretta conseguenza della rivoluzione informatica e di automazione dei processi degli ultimi decenni che ha spazzato o spazzerà via interi settori economici non più necessari,mi vien da pensare al commercio ma in generale a tutti quei processi che sono ripetitivi e/o di intermediazione tra produzione e consumo.

In un mondo che nei prossimi decenni sarà sempre più automatizzato/robotizzato,in cui basteranno sempre meno persone (e per fortuna aggiungerei) per generare ricchezza su grande scala e soddisfare le esigenze produttive,la grande sfida del nostro tempo sarà quella di capire come reimpiegare quella parte maggioritaria della popolazione che non sarà più necessaria,ma che dovrà comunque continuare a ricevere un reddito per mantenere in piedi tutto il sistema economico.Penso sarà una sfida simile a quello che successe durante la rivoluzione industriale dell'800,con la differenza che allora fu il settore dei servizi ad assorbire gran parte della popolazione esclusa dai processi industriali e/o agricoli,al giorno d'oggi settori alternativi non ne vedo.Che questa rivoluzione tecnologica porti come conseguenza di lungo termine la rottura della secolare unione tra lavoro e reddito?
 
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Premesso che ogni sistema economico,qualsiasi esso sia,dovrebbe puntare al benessere collettivo e che il capitale è il mezzo con cui perseguire tale obiettivo,non certo il fine,la concentrazione della ricchezza è una tendenza diretta conseguenza della rivoluzione informatica e di automazione dei processi degli ultimi decenni che ha spazzato o spazzerà via interi settori economici non più necessari,mi vien da pensare al commercio ma in generale a tutti quei processi che sono ripetitivi e/o di intermediazione tra produzione e consumo.

In un mondo che nei prossimi decenni sarà sempre più automatizzato/robotizzato,in cui basteranno sempre meno persone (e per fortuna aggiungerei) per generare ricchezza su grande scala e soddisfare le esigenze produttive,la grande sfida del nostro tempo sarà quella di capire come reimpiegare quella parte maggioritaria della popolazione che non sarà più necessaria,ma che dovrà comunque continuare a ricevere un reddito per mantenere in piedi tutto il sistema economico.Penso sarà una sfida simile a quello che successe durante la rivoluzione industriale dell'800,con la differenza che allora fu il settore dei servizi ad assorbire gran parte della popolazione esclusa dai processi industriali e/o agricoli,al giorno d'oggi settori alternativi non ne vedo.Che questa rivoluzione tecnologica porti come conseguenza di lungo termine la rottura della secolare unione tra lavoro e reddito?

1. L'accoppiata riduzione della crescita economica/aumento delle disuguaglianze è tipica dei paesi avanzati?

No, la si ritrova anche in America Latina e in molti paesi meno sviluppati. Infatti questo trend non è stato innescato dall'innovazione tecnologica labour saving ma dal sistema neoliberale.

2. Si sta facendo/pensando a qualche correttivo che rivitalizzi il mercato del lavoro depresso dalle nuove tecnologie?

Anche qui la risposta è negativa. Gli Stati sono ridotti all'osso, non esistono più sistemi politici basati su istituzioni (i partiti) che siano in grado di elaborare un'agenda di ampio respiro.

3. Si vede qualche proposta, progetto, all'orizzonte, che segni una rottura con il passato?

Nulla di nulla. Ogni proposta che viene avanzata ha la curiosa caratteristica di essere nel solco dei sistemi precedenti (ad esempio, si pensa di tassare certe tecnologie in modo da contenerne l'impatto, rallentarlo, sperando che poi il mercato faccia il resto).

In sostanza, si cerca di modificare al minimo il sistema, lasciando gli Stati in disparte a fare da arbitri (non loro direttamente, ma attraverso apposite istituzioni: antitrust, incentivi/certificati verdi, mercato delle emissioni di CO2, ecc. ecc.).

Il problema è che gli Stati sono le uniche entità che possono permettersi certi tipi di investimenti/innovazioni.

Prendete le centrali nucleari. Io sono contrario al nucleare, però devo ammettere che non sono competente sul giudicare i rischi effettivi e i costi a lungo termini. Rilevo solo l'aspetto curioso, per il quale i partigiani del nucleare sono quasi sempre i sostenitori dello Stato minimo, quando è noto che il problema del nucleare è che le incertezze legate ai costi futuri e al livello della domanda energetica sono tali, che oggi nessun provato di impegna in progetti di questo genere.

Se quindi volete il nucleare allo scopo di dare un taglio robusto alle emissioni di CO2, dovete fare entrare in campo gli Stati. Non c'è alternativa.
 
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1. L'accoppiata riduzione della crescita economica/aumento delle disuguaglianze è tipica dei paesi avanzati?

No, la si ritrova anche in America Latina e in molti paesi meno sviluppati. Infatti questo trend non è stato innescato dall'innovazione tecnologica labour saving ma dal sistema neoliberale.

2. Si sta facendo/pensando a qualche correttivo che rivitalizzi il mercato del lavoro depresso dalle nuove tecnologie?

Anche qui la risposta è negativa. Gli Stati sono ridotti all'osso, non esistono più sistemi politici basati su istituzioni (i partiti) che siano in grado di elaborare un'agenda di ampio respiro.

3. Si vede qualche proposta, progetto, all'orizzonte, che segni una rottura con il passato?

Nulla di nulla. Ogni proposta che viene avanzata ha la curiosa caratteristica di essere nel solco dei sistemi precedenti (ad esempio, si pensa di tassare certe tecnologie in modo da contenerne l'impatto, rallentarlo, sperando che poi il mercato faccia il resto).

In sostanza, si cerca di modificare al minimo il sistema, lasciando gli Stati in disparte a fare da arbitri (non loro direttamente, ma attraverso apposite istituzioni: antitrust, incentivi/certificati verdi, mercato delle emissioni di CO2, ecc. ecc.).

Il problema è che gli Stati sono le uniche entità che possono permettersi certi tipi di investimenti/innovazioni.

Prendete le centrali nucleari. Io sono contrario al nucleare, però devo ammettere che non sono competente sul giudicare i rischi effettivi e i costi a lungo termini. Rilevo solo l'aspetto curioso, per il quale i partigiani del nucleare sono quasi sempre i sostenitori dello Stato minimo, quando è noto che il problema del nucleare è che le incertezze legate ai costi futuri e al livello della domanda energetica sono tali, che oggi nessun provato di impegna in progetti di questo genere.

Se quindi volete il nucleare allo scopo di dare un taglio robusto alle emissioni di CO2, dovete fare entrare in campo gli Stati. Non c'è alternativa.

Finchè in occidente,Italia in particolare,si prenderà a modello quello americano penso che le cose non potranno che peggiorare,in primis perchè è un sistema che funziona bene in società non conservatrici come la nostra,secondariamente perchè è un sistema che produce troppe diseguaglianze e sacche di povertà imbarazzanti.Il modello secondo me a cui ambire è quello dei paesi come la Germania e del nord Europa fatto di una solida socialità di base finanziata da un sistema economico fortemente meritocratico.

In merito alla questione Stato-imprenditore,faccio notare che le più grandi aziende italiane,ma anche cinesi,tedesche,russe etc. sono nate e son state finanziate dallo Stato non dai privati e penso che in alcuni settori economici strategici sia un errore lasciare tutto all'iniziativa privata,perchè gli Stati sono gli unici soggetti che possono agire in nome di un interesse generale e non solo di un tornaconto monetario,spesso di breve termine.
 
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Anche qui la risposta è negativa. Gli Stati sono ridotti all'osso, non esistono più sistemi politici basati su istituzioni (i partiti) che siano in grado di elaborare un'agenda di ampio respiro.

in particolare a quali paesi fai riferimento? In Italia la presenza statale è massiccia, la tassazione è elevata, la % di pil fatta dallo stato pure.

Che poi i politici attuali non siano in grado di elaborare un'agenda sensata, è un problema diverso. Non è che triplicando i parlamentari, i ministri, i portaborse migliorerebbero le cose.

Non capisco proprio come si possa farne una questione di quantità, è più che altro una questione di qualità
 
in particolare a quali paesi fai riferimento? In Italia la presenza statale è massiccia, la tassazione è elevata, la % di pil fatta dallo stato pure.

Che poi i politici attuali non siano in grado di elaborare un'agenda sensata, è un problema diverso. Non è che triplicando i parlamentari, i ministri, i portaborse migliorerebbero le cose.

Non capisco proprio come si possa farne una questione di quantità, è più che altro una questione di qualità

Allora, corruzione e inefficienza in Italia ci sono sempre state.

Solo che, guarda caso, da quando è entrata nell'euro l'Italia ha perso una parte percentualmente importante del suo settore industriale.

Si racconta la favoletta dei tassi bassi, cioè l'opportunità che ci avrebbe dato l'euro, ma è un falso storico. Dal 2001 in poi il Governo Berlusconi mise in atto una serie di manovre per contenere il deficit, tutte fallite.

L'elevata tassazione è solo la conseguenza di una platea di contributori ridotta dalla deindustrializzazione e dai costi crescenti degli ammortizzatori.

Non si può non notare le differenze fra gli anni '90 e gli anni 2000, o tra la prima parte dello SME e lo SME credibile, che è sfociato nella rottura del '92.
 
Allora, corruzione e inefficienza in Italia ci sono sempre state.

Solo che, guarda caso, da quando è entrata nell'euro l'Italia ha perso una parte percentualmente importante del suo settore industriale.

Si racconta la favoletta dei tassi bassi, cioè l'opportunità che ci avrebbe dato l'euro, ma è un falso storico. Dal 2001 in poi il Governo Berlusconi mise in atto una serie di manovre per contenere il deficit, tutte fallite.

L'elevata tassazione è solo la conseguenza di una platea di contributori ridotta dalla deindustrializzazione e dai costi crescenti degli ammortizzatori.

Non si può non notare le differenze fra gli anni '90 e gli anni 2000, o tra la prima parte dello SME e lo SME credibile, che è sfociato nella rottura del '92.

Si ma non è colpa dell'Europa. Quello che dici è successo perchè in quel periodo c'è semplicemente stata la globalizzazione che sarebbe avvenuta a prescindere dalla nostra presenza in europa e nell'euro. Con la differenza che senza l'Europa saremmo stati da da soli e sarebbe stato anche peggio.

Semplicemente con la globalizzazione si è ridotto tanto il valore della manodopera a favore di quello dei servizi e l'Italia non si è evoluta, non è che ci voglia chissà quale analisi economica per vedere che gli italiani hanno grosse difficolta con la tecnologia, sono fissati con le piccole attività, hanno problemi con la politica, tendono a innovare poco, ecc.
Sono tutte cose che non dipendono certo dall'Europa, siamo semplicemente noi a non essere cosi in gamba come pensiamo.

Senza l'Euro staremmo comunque con l'iPhone in mano, con la mercedes in garage e cosi via. La gente compra quelle cose perchè semplicemente le preferisce alle versioni italiane (nel caso della tecnologia nemmeno esistono opzioni italiane).
 
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Si ma non è colpa dell'Europa. Quello che dici è successo perchè in quel periodo c'è semplicemente stata la globalizzazione che sarebbe avvenuta a prescindere dalla nostra presenza in europa e nell'euro. Con la differenza che senza l'Europa saremmo stati da da soli e sarebbe stato anche peggio.

Semplicemente con la globalizzazione si è ridotto tanto il valore della manodopera a favore di quello dei servizi e l'Italia non si è evoluta, non è che ci voglia chissà quale analisi economica per vedere che gli italiani hanno grosse difficolta con la tecnologia, sono fissati con le piccole attività, hanno problemi con la politica, tendono a innovare poco, ecc.
Sono tutte cose che non dipendono certo dall'Europa, siamo semplicemente noi a non essere cosi in gamba come pensiamo.

Senza l'Euro staremmo comunque con l'iPhone in mano, con la mercedes in garage e cosi via. La gente compra quelle cose perchè semplicemente le preferisce alle versioni italiane (nel caso della tecnologia nemmeno esistono opzioni italiane).

Falso. Totalmente falso.

Dove sono andati i soldi degli italiani?

In Cina?

No.

Sono andati in Germania.

Mai sentito parlare dei saldi Target 2?

Ancora con sta balla che l'Italia, che era diventata la quinta potenza industriale, è un paese arretrato, mentre la Spagna, che non ha industrie, ci surclassa in tutto.

Queste stupidaggini me le disse pure un greco che era tornato in patria dopo le Olimpiadi. Siete finiti mi disse. Sono andato ad Atene, era tutto nuovo. Siete in un ritardo incolmabile...

Penoso che si creda ancora a queste sciocchezze, a queste fesserie messe in giro da Confindustria, e non si conosca uno straccio di dato economico che sia uno.

Due terzi degli scambi transfrontalieri sono intraeuropei. Conterà la questione valutaria, no?

No. Per voi che leggete i giornali la questione è semplice: in Italia manca la voglia di lavorare, come disse Debenedetti nel suo famoso annuncio di auguri a piena pagina.

Una pena.

Adesso arriva l'inventore del QE, fantastiliardi di acquisti di titoli senza riuscire a rimettere in moto niente.

Ma voi ci credete. Perché il problema è l'Italia. Spagna, Irlanda, Grecia, invece, quelli sì che sono Grandi Paesi. E mettiamoci pure i paradisi fiscali come l'Olanda: quello sì che è un paese avanzato.
 
Solo che, guarda caso, da quando è entrata nell'euro l'Italia ha perso una parte percentualmente importante del suo settore industriale.

Questo è un tipico caso di correlazione casuale senza causalità. Ce ne sono parecchi, è uno dei bias più tipici, non solo in economia.
Il settore industriale è caduto in una spirale negativa a partire dagli anni '90, quando è inziata la globalizzazione di massa . L'euro non c'entra nulla.
 
Questo è un tipico caso di correlazione casuale senza causalità. Ce ne sono parecchi, è uno dei bias più tipici, non solo in economia.
Il settore industriale è caduto in una spirale negativa a partire dagli anni '90, quando è inziata la globalizzazione di massa . L'euro non c'entra nulla.

Esatto. L'euro proprio non centra nulla. Fallitaglia è tale perchè ha una demografia tremenda, la peggiore del mondo, sistema scolastico che peggiora ogni anno, cultura politica ed economica da terzo mondo.
 
Esatto. L'euro proprio non centra nulla. Fallitaglia è tale perchè ha una demografia tremenda, la peggiore del mondo, sistema scolastico che peggiora ogni anno, cultura politica ed economica da terzo mondo.

Così è.
Il declino italiano comincia molto prima dell'euro.
A occhio dalla metà degli anni '70.
 
Questo è un tipico caso di correlazione casuale senza causalità. Ce ne sono parecchi, è uno dei bias più tipici, non solo in economia.
Il settore industriale è caduto in una spirale negativa a partire dagli anni '90, quando è inziata la globalizzazione di massa . L'euro non c'entra nulla.


Falsità assoluta.

Se fosse come dici te, i saldi commerciali negativi li avremmo con tutti.

Invece li abbiamo con la Germania.

Con quella Germania con cui si è prodotto un differenziale di inflazione del 20% a partire dall'adozione dell'euro e che un tempo, nella prima fase dello SME (o dopo l'uscita con i cambi flessibili fra il 93 e il 98), sarebbe stato riassorbito, riequilibrando gli scambi.

In più, per vostra sfortuna, verrebbe da dire, (ma in realtà a voi dei dati non interessa nulla, interessa solo portare avanti la vostra ideologia di estrema destra), tutto questo è registrato nei saldi Target 2.

La vostra disonestà umana, prima ancora che intellettuale, perché quest'ultima presuppone un intelletto, è davvero imbarazzante.

Adesso chiederò di essere bannato, quando avrò un attimo di tempo andrò a informarmi sulla procedura.

Perché se le regole sono mentire sapendo di mentire, con ormai decine di libri dove la questione dell'euro, delle aree valutarie ottimali e dei danni causati dalla moneta unica, sono stati affrontati e sviscerati fino all'ultima piega, allora è giusto, doveroso, essere bannati.
 
Falsità assoluta.

Se fosse come dici te, i saldi commerciali negativi li avremmo con tutti.

Invece li abbiamo con la Germania.

Con quella Germania con cui si è prodotto un differenziale di inflazione del 20% a partire dall'adozione dell'euro e che un tempo, nella prima fase dello SME (o dopo l'uscita con i cambi flessibili fra il 93 e il 98), sarebbe stato riassorbito, riequilibrando gli scambi.

In più, per vostra sfortuna, verrebbe da dire, (ma in realtà a voi dei dati non interessa nulla, interessa solo portare avanti la vostra ideologia di estrema destra), tutto questo è registrato nei saldi Target 2.

La vostra disonestà umana, prima ancora che intellettuale, perché quest'ultima presuppone un intelletto, è davvero imbarazzante.

Adesso chiederò di essere bannato, quando avrò un attimo di tempo andrò a informarmi sulla procedura.

Perché se le regole sono mentire sapendo di mentire, con ormai decine di libri dove la questione dell'euro, delle aree valutarie ottimali e dei danni causati dalla moneta unica, sono stati affrontati e sviscerati fino all'ultima piega, allora è giusto, doveroso, essere bannati.

Purtroppo c'è chi scrive per ideologia, io no, a me della Germania non importa nulla. La Germania fino al 2004-2005 era il moribondo d'Europa, la grande locomotiva ferma. L'Introduzione dell'euro data Gennaio 1999, anzi erano due anni che i cambi tra valute della futura area euro non erano liberi di fluttuare se non in modo limitatissimo. Concentrarsi solo su import- export è ridicolo e denota una totale mancanza di preparazione economica dal punto di vista dottrinale, cosa che ho già notato nella discussione sulla moneta. Gli anni '90 sono stati quelli dove la delocalizzazione si è fatta sempre più massiccia, ecco cosa ha portato la fine del tessuto industriale italiano. Questo, più invasione di prodotti stranieri liberi di entrare senza pesanti dazi. Cina 2001, l'entrata nel WTO. Altro che Euro.
Che poi l'Euro abbia giovato alla Germania, questo è innegabile, ma non c'entra nulla con la causante del nostro impoverimento.
 
Purtroppo c'è chi scrive per ideologia, io no, a me della Germania non importa nulla. La Germania fino al 2004-2005 era il moribondo d'Europa, la grande locomotiva ferma. L'Introduzione dell'euro data Gennaio 1999, anzi erano due anni che i cambi tra valute della futura area euro non erano liberi di fluttuare se non in modo limitatissimo. Concentrarsi solo su import- export è ridicolo e denota una totale mancanza di preparazione economica dal punto di vista dottrinale, cosa che ho già notato nella discussione sulla moneta. Gli anni '90 sono stati quelli dove la delocalizzazione si è fatta sempre più massiccia, ecco cosa ha portato la fine del tessuto industriale italiano. Questo, più invasione di prodotti stranieri liberi di entrare senza pesanti dazi. Cina 2001, l'entrata nel WTO. Altro che Euro.
Che poi l'Euro abbia giovato alla Germania, questo è innegabile, ma non c'entra nulla con la causante del nostro impoverimento.



Questo andrebbe sottolineato ovunque.
Non so perchè le persone facciano cosi fatica a mettere insieme i 2 concetti. Il fatto che la Germania abbia guadagnato dall'euro non va in alcun modo in contrasto col fatto che noi siamo scesi per problemi nostri, problemi che esisterebbero a prescindere dall'euro.
 
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Questo andrebbe sottolineato ovunque.
Non so perchè le persone facciano cosi fatica a mettere insieme i 2 concetti. Il fatto che la Germania abbia guadagnato dall'euro non va in alcun modo in contrasto col fatto che noi siamo scesi per problemi nostri, problemi che esisterebbero a prescindere dall'euro.

Ma l'enorme risparmio di interessi sul debito pubblico di cui ha goduto l'Italia con l'entrata nell'euro non li consideriamo?
Ora non ricordo il numero esatto (che peraltro è difficile da quantificare) ma mi sembra stia dentro la forbice 500-700 bln€
 
Ma l'enorme risparmio di interessi sul debito pubblico di cui ha goduto l'Italia con l'entrata nell'euro non li consideriamo?
Ora non ricordo il numero esatto (che peraltro è difficile da quantificare) ma mi sembra stia dentro la forbice 500-700 bln€

E' molto semplice, senza Euro l'Italia avrebbe fatto default già da un sacco di tempo. Questo perché non si sarebbe verificata nessuna delle due ipotesi per evitarlo, cioè riduzione mostruosa della stesa pubblica (con conseguente perdita di welfare, servizi e ricchezza in generale) e/oppure mostruosa tassazione sui patrimoni (con perdita di ricchezza in generale). Ed è proprio di questi tempi la notizia su voci che vorrebbero direttamente eliminare il debito pubblico detenuto da BCE, abbastanza inutile affermarlo perché di fatto è già così.
Credo ben pochi si rendano conto del 'capolavoro' politico, non ho ancora chiaro quanto voluto o no, dell'Italia da un trentennio a questa parte, in cui per preserverare lo status quo gattopardiano, siamo riusciti ad ingabbiare l'Europa, ora legata indissolubilmente a noi; ora non possiamo fallire, pena il fallimento di tutti. E' un qualcosa di sconvolgente, ma fa molto più presa 'la Germania cattiva che schiaccia l'eurozona'.
 
E' molto semplice, senza Euro l'Italia avrebbe fatto default già da un sacco di tempo. Questo perché non si sarebbe verificata nessuna delle due ipotesi per evitarlo, cioè riduzione mostruosa della stesa pubblica (con conseguente perdita di welfare, servizi e ricchezza in generale) e/oppure mostruosa tassazione sui patrimoni (con perdita di ricchezza in generale). Ed è proprio di questi tempi la notizia su voci che vorrebbero direttamente eliminare il debito pubblico detenuto da BCE, abbastanza inutile affermarlo perché di fatto è già così.
Credo ben pochi si rendano conto del 'capolavoro' politico, non ho ancora chiaro quanto voluto o no, dell'Italia da un trentennio a questa parte, in cui per preserverare lo status quo gattopardiano, siamo riusciti ad ingabbiare l'Europa, ora legata indissolubilmente a noi; ora non possiamo fallire, pena il fallimento di tutti. E' un qualcosa di sconvolgente, ma fa molto più presa 'la Germania cattiva che schiaccia l'eurozona'.

Il demos italiano è quello che è.

"Siamo sovrani, dateci i sussidi o ci suicidiamo".
 
E' molto semplice, senza Euro l'Italia avrebbe fatto default già da un sacco di tempo. Questo perché non si sarebbe verificata nessuna delle due ipotesi per evitarlo, cioè riduzione mostruosa della stesa pubblica (con conseguente perdita di welfare, servizi e ricchezza in generale) e/oppure mostruosa tassazione sui patrimoni (con perdita di ricchezza in generale). Ed è proprio di questi tempi la notizia su voci che vorrebbero direttamente eliminare il debito pubblico detenuto da BCE, abbastanza inutile affermarlo perché di fatto è già così.
Credo ben pochi si rendano conto del 'capolavoro' politico, non ho ancora chiaro quanto voluto o no, dell'Italia da un trentennio a questa parte, in cui per preserverare lo status quo gattopardiano, siamo riusciti ad ingabbiare l'Europa, ora legata indissolubilmente a noi; ora non possiamo fallire, pena il fallimento di tutti. E' un qualcosa di sconvolgente, ma fa molto più presa 'la Germania cattiva che schiaccia l'eurozona'.

Tutto molto giusto e condivisibile
 
Ma l'enorme risparmio di interessi sul debito pubblico di cui ha goduto l'Italia con l'entrata nell'euro non li consideriamo?
Ora non ricordo il numero esatto (che peraltro è difficile da quantificare) ma mi sembra stia dentro la forbice 500-700 bln€

Si però allora bisogna anche considerare che l'Italia per l'adesione ad una moneta forte è diventata meno competitiva di un tempo sui mercati internazionali ed europei...questo fattore ha comunque avuto un effetto negativo sul PIL dal 2000 ad oggi che indirettamente ha avuto effetto sui rapporti deficit/PIL e debito/PIL.

Siccome il risparmio sugli interessi del debito agisce migliorando il denominatore,mentre la minor competitività e quindi un minor PIL dovuto ai consumi asfittici e il poco denaro che circola agisce peggiorando il denominatore,bisogna vedere quale dei due corre più veloce.Secondo me il costo per interessi ha effetto minore rispetto al PIL,anche considerato che gli interessi che lo Stato Italiano pagava prima dell'euro erano quasi tutti in valuta locale,quindi poco rilevanti per la solvibilità dello Stato.

Secondo me l'Italia aderendo all'euro ha perso più di quello che ha guadagnato...senza considerare tutti i danni dati da un mercato unico in cui è stato scelto di far confluire paesi economicamente troppo diversi tra loro,mi sto in particolare riferendo a tutti quei paesi dell'Europa dell'Est.
 
E' molto semplice, senza Euro l'Italia avrebbe fatto default già da un sacco di tempo. Questo perché non si sarebbe verificata nessuna delle due ipotesi per evitarlo, cioè riduzione mostruosa della stesa pubblica (con conseguente perdita di welfare, servizi e ricchezza in generale) e/oppure mostruosa tassazione sui patrimoni (con perdita di ricchezza in generale). Ed è proprio di questi tempi la notizia su voci che vorrebbero direttamente eliminare il debito pubblico detenuto da BCE, abbastanza inutile affermarlo perché di fatto è già così.
Credo ben pochi si rendano conto del 'capolavoro' politico, non ho ancora chiaro quanto voluto o no, dell'Italia da un trentennio a questa parte, in cui per preserverare lo status quo gattopardiano, siamo riusciti ad ingabbiare l'Europa, ora legata indissolubilmente a noi; ora non possiamo fallire, pena il fallimento di tutti. E' un qualcosa di sconvolgente, ma fa molto più presa 'la Germania cattiva che schiaccia l'eurozona'.

Non è detto,anzi non penso proprio,all'epoca il debito italiano era quasi tutto in valuta locale quindi in lire.
Quanto a ora beh,col una quota ormai preponderante del debito in mano a BCE anche impegnandoti non vedo come tu possa fallire...
 
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