Settore oil e materie prime in generale

Potrebbe essere un'idea cedere Eni e accumulare Exxon e Chevron...
Il dividendo netto è ormai molto simile..dando per scontato che Exxon e Chevron non facciano decurtazioni.
 
Potrebbe essere un'idea cedere Eni e accumulare Exxon e Chevron...
Il dividendo netto è ormai molto simile..dando per scontato che Exxon e Chevron non facciano decurtazioni.
Chevron ,andando indietro al 1990 non ha mai tagliato un dividendo..Exxon penso sia ancora meglio.
 
Chevron ,andando indietro al 1990 non ha mai tagliato un dividendo..Exxon penso sia ancora meglio.

molto interessante.ho però alcuni dubbi.
Ipotizzando che il calo oil sia temporaneo, ci sono però alcune cose che mi preoccupano: il ns. idolo WB ha ceduto per intero la sua partecipazione in EXXON quest'anno e Obama ha appena dichiarato che ha come obiettivo il taglio del 30% delle emissioni.
è vero che in passato si consumava ogni anno di più, la cosa varrà anche per il futuro?
 
molto interessante.ho però alcuni dubbi.
Ipotizzando che il calo oil sia temporaneo, ci sono però alcune cose che mi preoccupano: il ns. idolo WB ha ceduto per intero la sua partecipazione in EXXON quest'anno e Obama ha appena dichiarato che ha come obiettivo il taglio del 30% delle emissioni.
è vero che in passato si consumava ogni anno di più, la cosa varrà anche per il futuro?

lascia stare quello che fa WB ... ti faccio un esempio:

entrai su DE a 90$ circa, il titolo rimane stabile per un po poi inizia lentamente a perdere qualche dollaro, fino al giorno in cui esce la news che WB aveva ceduto la sua intera partecipazione in DE....il titolo cala, e dopo un pò si porta sugli 80$... da li parte una lenta risalita, poi verso i 90$ uscì la news che WB aveva incrementato (?) la sua posizione su DE, ed anche abbastanza tracotantemente....quindi il titolo continuava a salire fino a 95$ dollari circa....
 
Perchè siete short su ENI?
 
cut
 
Ultima modifica:
cutlo ha fatto per evitare questo calo di earning power e allocare quei soldi in alto modo, ma anche dopo la cessione ha sempre elogiato XOM come migliore delle integrated oil, con il costo per barile più basso,ecc Munger qualche anno fa sosteneva che, a meno che non si riesca a sintetizzarlo chimicamente, il petrolio nel lungo periodo è inevitabilmente destinato a diventare sempre più raro e a salire di prezzo

Ed effettivamente il petrolio è ricavabile dal carbone ^^

Ripropongo la mia domanda:
Perchè siete short su eni?
 
Ed effettivamente il petrolio è ricavabile dal carbone ^^

Ripropongo la mia domanda:
Perchè siete short su eni?

Non penso sia questione di short...ma a parità ipotetica di dividendo sceglierei una major americana rispetto ad Eni.
 
Non penso sia questione di short...ma a parità ipotetica di dividendo sceglierei una major americana rispetto ad Eni.

Perchè?
Eni sarebbe tassata anche di meno, perchè dai ad una major americana tutto questo valore in più?
Non mi sembre che le trimestrali di ENI siano andate male, tenendo conto che poi soffre la preswenza di Saipem.
 
interessantissimo topic. da ignorante quale sono di O&G, voi come la vedete per lo shale in risposta all'ultimo atto di obama sulle energy quotas (che verrà ridimensionato dagli sforzi lobbisitici) soprattutto alla luce dell'oversupply che è sul filo di rendere lo shale non economico (moltissimi pozzi sono già stati drillati quindi in realtà è solo una questione di prezzi per riprednere la produzione a manetta).

è vero che nella produzione di energia elettrica l'oil non è così rilevante ma stiamo parlando di prezzi che rendono anche questo shift importante.

voi come la vedete?
 
dalla conference call sul dividendo:
Chevron (CVX) Q2 2015 Results - Earnings Call Transcript | Seeking Alpha

Patricia E. Yarrington - Chief Financial Officer & Vice President

So I think there's two elements there. Let me just start with the last component here. Really, we did say we would cover our dividend from free cash flow at the $70 price. What I was trying to indicate in my earlier words is we intend to cover the dividend from free cash flow at whatever the ensuing price is. That is a firm commitment on the part of the company, and we have tremendous flexibility, really, in our 2017 C&E to flex that down. We are being very successful in driving our operating costs lower and working through the supply chain to accomplish not only operating expense but capital reductions as well. And that really is an affordability component for us. It's a cash flow management element for us, and after we get these projects that are currently under construction online, that flexibility in C&E becomes quite significant in 2017. So I'll let Jay talk to his prioritization process in terms of looking at the capital program in 2017.

(...)

A good question. So our broader dividend strategy hasn't changed. Our financial priorities haven't changed. Maintaining a competitive and growing dividend is our absolutely number one objective. What has changed, though, is obviously our immediate financial environment, and so the board chose not to raise the dividend in this quarter. I think that's a prudent action at this point because we're not running as strongly, certainly, as we would like on both earnings and cash flow because of where commodity prices sit. And it's not – I would say it's probably we're not in a very stable either revenue or cost environment. We have a lot of fluidity on those two components here.

I will say the board is very committed to growing the dividend and seeing our pattern of dividend increases every year materialize, but what's important here is that it's the annual dividend payment that has moved up every year. That doesn't mean you get an increase in the per share every single year, because we typically have moved them in the second quarter. So it's an annual dividend payment history that applies to the 27-year factor. So I think the board is committed to that. We are committed to that.

So I would like to be able to say our entire objective is being able to grow the dividend when the time is appropriate. We don't want to get out over our skis. We want to do it in a manner and at a time when we can see that we can hold on to that increase, sort of in perpetuity. We don't want to put ourselves into a position where we're pushing things, where we are having to fund the dividend off the balance sheet for an extended period of time, so we'll do it as soon as the financials really allow us to get there. It is our number one priority, though.
 
ciao, leggendo altro thread trovo interessanti EV ENERGY PARTNERS e DENBURY RESOURCES ovviamente altissimo rischi e niente di paragonabile con chevron ed exxon, ma mi interesserebbe una vs. opinione
 
Perchè?
Eni sarebbe tassata anche di meno, perchè dai ad una major americana tutto questo valore in più?
Non mi sembre che le trimestrali di ENI siano andate male, tenendo conto che poi soffre la preswenza di Saipem.

Semplicemente per l'incredibile andamento storico di dividendi e buy back di un'azienda come Exxon rispetto ad Eni.
Eni ha dovuto ridurre il dividendo mentre Exxon continua a riacquistare azioni e ad aumentarlo tutti gli anni.
Poi c'è anche un fattore dimensioni che potrebbe essere determinante in uno scenario così difficile.
Detto questo non ho nulla contro Eni...anzi.
 
Alla miniera di Kloof di proprietà di Sibanye Gold nel cuore della maggiore riserva aurifera nota, più di 10.000 lavoratori tutti i giorni sgobbano alla profondità di 2 miglia sotto terra – un’immagine suggestiva dell’entità e della temerarietà di un settore che fino a non molto tempo fa godeva di utili prosperosi e di un’abbondante produzione.

Tuttavia, il secolo d’oro dei produttori del Sudafrica ora sembra essere giunto al termine. Abbattuto da una combinazione tossica di calo dei prezzi, dispute sindacali sempre più intense e dalla lievitazione dei costi di prospezione a causa delle sempre più elevate profondità, i maggiori produttori del Paese stanno annaspando. Spremuti dal crollo degli utili e da uno scialbo outlook per le quotazioni dell’oro, molti dei maggiori produttori di oro del Sudafrica stanno addirittura diminuendo le stime sul ciclo vitale delle proprie attività.

“Si tratta di un settore maturo, vecchio e in una certa misura in sofferenza”, ha commentato Dawie Mostert, senior vice president dell’efficacia organizzativa per Sibanye. “Dobbiamo fare in modo di garantire la sostenibilità” per il futuro. Si prevede che la miniera di Kloof, in attività da quasi cinquant’anni, in alcuni punti più profonda di sei New York City Freedom Towers impilate una sull’altra, chiuderà nel 2033. Dopo aver riportato un calo del 70% nell’utile netto del primo semestre di quest’anno, la società sta facendo i conti con crescenti venti contrari.

Inoltre, le cose non si stanno mettendo molto meglio per gli omologhi di Sibanye. Nella giornata di lunedì, AngloGold Ashanti, il terzo produttore al mondo di oro, ha pubblicato una perdita netta di 142 milioni di dollari nel trimestre chiuso a giugno, contestualmente a una perdita di 80 milioni di dollari dell’anno precedente. E Harmony Gold Mining mercoledì ha reso nota una perdita netta di 352 milioni di dollari per l’anno fiscale chiuso il 30 giugno, mentre Gold Fields giovedì ha notificato un calo annuale nell’utile del secondo trimestre del 40%.

Sebbene il settore minerario, e le materie prime in generale, siano spesso descritte come un business ciclico, le difficoltà che i produttori di oro incontrano in Sudafrica sono più profonde. Se i big del settore del Paese sopravvivranno ai prossimi decenni, sarà necessaria una radicale ristrutturazione dell’intera industria. Molti stanno investendo ingentemente in nuove tecnologie al fine di ridurre i costi del lavoro, diventando più efficienti nell’estrazione dell’oro e potrebbero essere in grado di lavorare 24 ore al giorno, 365 giorni l’anno. Attualmente, i minatori in Sudafrica lavorano circa due terzi della giornata, 275 giorni l’anno.

“Tutti i produttori stanno lavorando intensamente sugli elementi che possono controllare”, ha spiegato Meryl Pick, gestore di portafoglio per il fondo sull’oro del valore di 20,9 milioni di dollari di Old Mutual Investment Group. “Sfortunatamente i parametri che non possono controllare stanno andando contro di loro”.

Si tratta, per esempio, dei costi dell’elettricità e del lavoro. Qualsiasi ulteriore incremento nelle tariffe elettriche potrebbe erodere l’aspettativa di vita delle miniere di Sibanye dal 10% al 15%, ha calcolato Mostert. Nel 2015 Harmony Gold ha registrato una riduzione del valore totale di 271 milioni di dollari poiché la società ha riesaminato le aspettative di vita delle proprie miniere in un contesto di ridotte quotazioni delle commodity.

“Può soltanto peggiorare”, ha affermato Pick. La società che preferisce al momento, e in cui è maggiormente presente Old Mutual Gold Fund, è AngloGold Ashanti, principalmente per la sua limitata esposizione al Sudafrica. Circa il 70% della sua produzione deriva da fonti altre rispetto al Sudafrica, e il suo titolo è in rialzo del 7% quest’anno, rispetto a un calo del 30% per Sibanye, del 45% per Harmony e del 18% per Gold Fields.

Nel XX secolo, il Sudafrica ha dominato la produzione globale di oro, ma negli ultimi anni è calato dal primo posto al sesto a livello mondiale. “C’è molto oro qui, ma è molto in profondità”, ha riferito Nick Holland, ceo di Gold Fields, settimo produttore di oro del mondo.

Le miniere del Sudafrica, molte delle quali sono tra le più profonde e antiche del mondo, usano molta elettricità per issare i minatori e portarli su e giù per i suoi pozzi, e mantenere l’atmosfera respirabile, pompare aria abbastanza fresca migliaia di metri sotto terra. Secondo la Chamber of Mines of South Africa, i costi dell’elettricità sono più che triplicati tra il 2008 e il 2014 principalmente a causa dell’invecchiamento delle infrastrutture.

In aggiunta, più le miniere vanno in profondità, più l’attività sismica che ha luogo, si traduce in interruzioni dei lavori a causa di incidenti. “Non so se sia il caso di mandare della gente sotto terra per cinque chilometri”, ha commentato Holland.

Siccome le miniere sono invecchiate, le attività estrattive si realizzano sempre più lontano dai pozzi centrali, aumentando la durata del tragitto dei lavoratori dalle alle rocce, oltre che la quantità di oro perso nel trasporto verso la superficie e la fonderia. Un elemento che sta aiutando le società del settore aurifero a restare a galla è il dollaro forte, che ha dato una piccola tregua ai prezzi dell’oro, che ultimamente scambiavano appena sopra 1.110 dollari l’oncia troy, in ribasso di più del 40% dai massimi del 2011 di oltre 1.900 dollari l’oncia. I ricavi degli operatori sudafricani sono tipicamente nominati in dollari, mentre molti costi, come i salari, sono in valute locali. Anche le attività con una buona dove di operazioni fuori dal Paese, come AngloGold Ashanti e Gold Fields, hanno tratto vantaggio dai cali di altre valute, come il dollaro australiano.

Il ciclo di vita di miniere come il sito di Kloof può essere esteso di altri 20 o 30 anni, ha riferito Mostert, ma questo dipende molto dall’eventualità in cui si riesca ad evitare che altri costi, come il lavoro, crescano rapidamente. E non sta andando così bene. Le negoziazioni salariali nel settore delle miniere d’oro del Sudafrica sono stata avviate a giugno, ma i principali produttori e i sindacati sono in disputa, dopo che un’offerta finale è stata rifiutata dai maggiori sindacati lo scorso mese. Quindi i produttori hanno rimandato la questione all’organo di mediazione del Paese.

Contestualmente, analisti ed economisti sostengono che le probabilità di uno sciopero siano elevate, cosa che potrebbe ulteriormente intaccare i profitti delle società estrattive del Paese. “È molto triste quando ogni volta che i minatori chiedono un salario minimo, ci ricordano che le quotazioni delle materie prime non stanno andando bene sui mercati globali”, ha raccontato Livhuwani Mammburu, portavoce della Nation Union of Mineworkers, il principale sindacato dell’industria mineraria aurifera.

Lo stipendio medio di un minatore di oro appena assunto, che lavora a una profondità di quattro chilometri sotto terra, è di solo 6.000 rand al mese – ovvero 464 dollari circa - ma comprende benefit come l’alloggio, l’assistenza medica e la pensione; quel valore può salire a circa 12.000 rand. Peraltro, i salari rappresentano già quasi metà dei costi delle principali società estrattive del Sudafrica.

“Quello che non vogliamo fare è condannare a morte il settore di estrazione dell’oro”, ha puntualizzato Srinivasan Venkatakrishnan, ceo di AngloGold Ashanti. “Spero di non finire in un contesto di sciopero, perché abbiamo appena visto quello che è successo al platino”.
Una battaglia salariale tra i produttori di platino e i sindacati che rappresentavano i lavoratori del settore lo scorso anno ha portato a uno sciopero di cinque mesi, il più lungo mai verificatosi nel Paese. La produzione di platino è crollata del 15% e le società stanno ancora combattendo con il costoso accordo salariale che hanno accettato per porre fine alla situazione di stallo. Inoltre, a luglio, il produttore di oro sudafricano Lonmin ha fatto sapere che taglierà 6.000 posti di lavoro, ovvero il 17% della sua forza lavoro, nell’arco dei prossimi due anni.

Venkatakrishnan ha reso noto che l’impatto di uno sciopero dei lavoratori nel settore di estrazione dell’oro del Sudafrica implicherebbe meno miniere con un’aspettativa di vita ridotta, e meno posti di lavoro. Ma anche l’unica miniera d’oro del Paese totalmente meccanizzata, South Deep di proprietà di Gold Fields, non risulta redditizia.

“Se si osserva come operiamo al momento, è piuttosto terribile”, ha commentato Nico Muller, vice presidente esecutivo per il Sudafrica presso Gold Fields. Ha aggiunto che se le attività a South Deep, l’unica miniera restante in Sudafrica della società dopo lo scorporo di tre vecchie miniere finalizzato alla creazione di Sibanye nel 2013, potessero raggiungere anche un livello “ragionevole” di attività, la miniera inizierebbe a produrre denaro. Questo richiederebbe una leadership coerente e l’assunzione di manodopera più qualificata.

Gold Fields prevede che South Deep inizierà a guadagnare per la fine del 2016. Tuttavia, la meccanizzazione delle miniere, che riduce sostanzialmente la presenza di minatori dalle rocce – e il pericolo – non è popolare perché richiede meno dipendenti, per quanto più qualificati, in ogni miniera.

Ma le società affermano che se continueranno a operare con l’attuale sistema convenzionale, il numero di posti di lavoro crollerà a zero nel giro di 30 anni o quasi. “Ammetto che siamo condannati se non abbracciamo nuove tecniche estrattive”, ha riferito Muller di Gold Fields.
 
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