Una realtà che sfugge ai nostri sensi, ma che esiste.

Scritto da Chandrasekhar
Come tesi filosofica è condivisibile e stimolante ma tale rimane.
La conoscenza umana, può piacere o meno, avanza di pari passo con i risultati della scienza. La scienza fisica oggi dà una certa descrizione e spiegazione della realtà, con la meccanica quantistica a livello microscopico e con la relatività generale a livello macroscopico. A me piace fare riferimento a questa realtà, la quale anche se sempre più sfuggente, sottostà comunque a delle leggi matematiche.

Fare riferimento a qualcosa di ulteriore, di umanamente irraggiungibile proprio perchè Reale, Vero, non porta conoscenza alcuna. Mi sembra quasi che pensarla in questo modo sia un esercizio consolatorio, utile per "riscattarsi" da una Vita che è fondamentalmente angosciante e priva di senso.

Ciao
stele

Prima premessa generale: questa è una discussione degna di questo nome. Con tutto il rispetto, mi sembra di affrontare una della tante discussioni con vecchi amici e nuove reclute (in questo luogo la recluta sono io).

Vedi Chandrasekhar, non posso essere d'accordo con te già per la premessa della tua risposta. Qualificare una descrizione del mondo e della vita come filosofica, e, in quanto tale, ritenerla per ciò stesso incapace di assolvere l'arduo compito che si è posta, significa evidentemente ritenere la filosofia incapace e inadatta a priori di darci tali risposte. Facciamo un'analisi di cosa ciò puo' significare? Nessuno credo possa affermare che chi specula, e chi lo ha fatto nella storia, era un oscurantista, avesse come mira la dimostrazione della minorità dell'uomo inteso singolarmente, dell'uomo comune, di accedere ed iniziarsi ai grandi temi dell'essere. E' vero il contrario, la filosofia, incentrandosi sulla ragione, sullo sforzo intellettivo, ha caratterizzato tutti coloro che al contrario hanno avuto coscienza e fiducia sulla capacita razionali dell'uomo stesso, libero di determinarsi, libero da tutto se non dai propri limiti. Affermare ciò sulla filosofia, che è attività speculativa, riflessiva, che ha come unica origine e mezzo l'intelletto, significa alludere all'incapacità e ai limiti dell'intelletto stesso. In favore di cosa? Di un'attività non certo di matrice opposta, la scienza, che osserva e descrive Razionalmente, la realtà. La differenza (non parlo di superiorità, bensì di ruoli ambedue necessari) consiste nel fatto che il fine della scienza è quello di osservare e descrivere (attraverso leggi): la filosofia parte dal punto in cui arriva (si ferma...) la scienza, e forte delle sue conquiste e dichiarazioni, si incammina in un sentiero molto più tortuoso e oscuro. Non si puo' concepire la filosofia come attività ludica, da perditempo, a fronte di una scienza concreta e di persone che vivono con i piedi per terra. Questo discorso lo si sente quando nei pranzi di famiglie in cui la maggioranza dei membri non ha avuto la fortuna/l'onere di affrontare certe tematiche, richiamata precocemente dalle esigenze di lavoro, che è un eufemismo credo elegante per dire famiglie di modesto livello culturale. E bada bene che non alludo alle tue origini, non mi permetterei mai, ma penso alle mie. Non è degno di te questo argomento, che contribuisci con così tanto valore a questa discussione.

Tu in realtà hai eluso la "dimostrazione" che io ho avanzato, tacciandola come "filosofica". Entra nel merito di ciò che ho detto, dimostrando con metodo scientifico la sua incapacità di superare le controprove che la dovrebbero dimostrare vera.

Mi fermo perché questi caffè e brioche che devo offrire mi stanno costando più delle commissioni minime del trading :D
 
Scritto da Enig Mistico
Scusami se ti cito stralciandoti (la sottolineatura, ovviamente, è mia).
Solo una (piccola) chiosa formale.

Sulla dialettica (l'arte della discussione) moltissimo si è detto, scritto, e letto. Le tesi e le antitesi Hegeliane, le trascendenze Kantiane, giusto per sfiorarne (impropriamente e a caso; a caso?) due.

Sulla ragione s'è sentito forse ancor di più. Quindi meglio tacere.

Di certo c'è, e qui scendo nel (mio) personalissimo, che la prima non va mai usata per "ottenere" la seconda.
Sennò tutto diventa prevedibile, calcolabile (e quindi poco interessante e per nulla educativo) e banale (come il discorso di un candidato alle elezioni).

Invece bisogna imitare gli scrittori di ottimi romanzi gialli.
Avvii la discussione (più o meno dialettica). La ragione (qualunque essa sia) prende corpo a tratti, lentamente, a passi disordinati, poi scompare di nuovo, poi riappare...
E l'unica maniera per arrivare alla ragione è di non conoscerla.
E allora non sai quale sarà il ragionamento-personaggio che ucciderà gli altri.
E nemmeno chi avrà la capacità di arrestare (nè se lo farà) l'uccisore.
Meglio pensarci a metà racconto.
O forse a tre quarti.
O giusto nell'ultima pagina.

Enig Mistico

Enig Mistico, come avrai notato (non lo do per certo solo perché non si è sempre felici nell'esprimersi, soprattutto trattando simili argomenti) la riserva fatta a favore delle potenzialità della dialettica è stata motivata per ragioni di completezza espositiva e...dialettiche appunto, ovvero per evitare facili "attacchi" alla struttura del mio discorso. Credo che l'utilizzo dignitoso di questo potente strumento abbia spazi angusti, perché da sempre ho come valore l'onestà intellettuale, evidentemente incompatibile con la dialettica pura. Ma la dialettica ha come scopo quello di ottenere la ragione, non da fessi, ma dimostrando l'inconsistenza delle tesi dell'avversario (perché così in questo caso va chiamato), nient'altro. Se contesti, giustamente a mio avviso, il voler a tutti i costi ottenere ragione, contesti al tempo stesso la dialettica, che è lo strumento più adatto per questo scopo, non ha altre funzioni. Altra cosa è la retorica, che puo' avere effetti analoghi, ma con finalità ben diverse.
Per ciò che concerne l'esperienza del buon oratore, di tenersi degli assi nella manica, è una cosa che comunque solo lui puo' sapere, e s'arrischia colui che da per scontato che così non sia stato.
Un'altra colazione...:p
 
"Fare riferimento a qualcosa di ulteriore, di umanamente irraggiungibile proprio perchè Reale, Vero, non porta conoscenza alcuna. Mi sembra quasi che pensarla in questo modo sia un esercizio consolatorio, utile per "riscattarsi" da una Vita che è fondamentalmente angosciante e priva di senso. "

Chandrasekhar

ultimo post per questo "giro". Anche in quest'ultimo scorcio del tuo intervento trovo conferma del fatto che non son riuscito evidentemente a spiegarmi a dovere. Non ho parlato di irraggiungibilità umana. Chi se non gli scienziati ci spiegano come funziona il mondo attorno a noi? E gli scienziati non sono uomini? Il fatto è che io non contesto alcunché degli assunti scientifici, nella maniera più assoluta. Ma fermarmi lì, sarebbe come parlare della divina commedia, o di un quadro d'autore, rispettivamente, come di un libro, rilegato in tal modo, di tot pagine, scritto con questo tipo di inchiostro. E poi, di carta composta chimicamente in questo e quel modo, di resistenza dell'inchiostro al tempo per queste e queste altre caratteristiche e così via.
E poi, parlare di un dipinto di un grande pittore negli stessi termini, di quadro caratterizzato da certe dimensioni, materiale, assemblamento delle parti, inchiostri, resistenza, composizione chimica e così via. Dopo le ore e ore di descrizione naturalistica, sulla quale nessun appunto sarebbe, a mio avviso, possibile, cosa avremmo descritto? Tutto? Finito quì il nostro "onere" in qualità di soggetti pensanti, al vertice della scala evolutiva? No, converrai che saremmo solo all'inizio. Perché vuoi vedere contrapposizioni quando in realtà è solo un naturale e logico sviluppo? Non è una forma di contrapposizione "ideologica", fondamentalista?

E poi l'ultima tua conclusione: se parli di vita angosciante, son d'accordo, se fossimo completamente coscienti della nostra posizione in confronto al Bene e al Male e alla Morte, conosceremo la pazzia. Evviva quindi la sana ignoranza! Ma perché poi parlare di vita priva di senso? Come dice il luminare (della teoria della volontà del vivere) Nietzsche, "solo dove sono i sepolcri sono le resurrezioni", che equivale a dire viva i fallimenti se apriranno le porte alle nuove sfide, ad una rigenerata volontà di vittoria. O no?

Ho (finalmente!) finito i soldi, non posso più invitare colazioni, e debbo tacere. Non è polemica, è solo una battuta (spero) simpatica. Con grande stima,
Alberto.
 
Scritto da Chandrasekhar
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A me piace fare riferimento a questa realtà, la quale anche se sempre più sfuggente, sottostà comunque a delle leggi matematiche.
...................................................
stele
Un piccolo inciso: a mio avviso la Scienza tenta di di descrivere con il rigoroso linguaggio della matematica quella realtà, non è la realtà che sottostà.
Tantè che questi tentativi di descrizione vengono ogni volta perfezionati dalle nuove conoscenze e talvolta superati.

Ringrazio di cuore tutti quelli che stanno rendendo ricco e interessante questo thread. Lo scopo era quello d'incuriosire e stimolare la discussione ed è quello che sta accadendo.
Io vivo nel dubbio, e leggo con grande interesse tutto ciò che porta ad una maggiore conoscenza di noi e del mondo circostante.
FR
 
Ultima modifica:
Scritto da Strd
Prima premessa generale: questa è una discussione degna di questo nome. Con tutto il rispetto, mi sembra di affrontare una della tante discussioni con vecchi amici e nuove reclute (in questo luogo la recluta sono io).

Vedi Chandrasekhar, non posso essere d'accordo con te già per la premessa della tua risposta. Qualificare una descrizione del mondo e della vita come filosofica, e, in quanto tale, ritenerla per ciò stesso incapace di assolvere l'arduo compito che si è posta, significa evidentemente ritenere la filosofia incapace e inadatta a priori di darci tali risposte. Facciamo un'analisi di cosa ciò puo' significare? Nessuno credo possa affermare che chi specula, e chi lo ha fatto nella storia, era un oscurantista, avesse come mira la dimostrazione della minorità dell'uomo inteso singolarmente, dell'uomo comune, di accedere ed iniziarsi ai grandi temi dell'essere. E' vero il contrario, la filosofia, incentrandosi sulla ragione, sullo sforzo intellettivo, ha caratterizzato tutti coloro che al contrario hanno avuto coscienza e fiducia sulla capacita razionali dell'uomo stesso, libero di determinarsi, libero da tutto se non dai propri limiti. Affermare ciò sulla filosofia, che è attività speculativa, riflessiva, che ha come unica origine e mezzo l'intelletto, significa alludere all'incapacità e ai limiti dell'intelletto stesso. In favore di cosa? Di un'attività non certo di matrice opposta, la scienza, che osserva e descrive Razionalmente, la realtà. La differenza (non parlo di superiorità, bensì di ruoli ambedue necessari) consiste nel fatto che il fine della scienza è quello di osservare e descrivere (attraverso leggi): la filosofia parte dal punto in cui arriva (si ferma...) la scienza, e forte delle sue conquiste e dichiarazioni, si incammina in un sentiero molto più tortuoso e oscuro. Non si puo' concepire la filosofia come attività ludica, da perditempo, a fronte di una scienza concreta e di persone che vivono con i piedi per terra. Questo discorso lo si sente quando nei pranzi di famiglie in cui la maggioranza dei membri non ha avuto la fortuna/l'onere di affrontare certe tematiche, richiamata precocemente dalle esigenze di lavoro, che è un eufemismo credo elegante per dire famiglie di modesto livello culturale. E bada bene che non alludo alle tue origini, non mi permetterei mai, ma penso alle mie. Non è degno di te questo argomento, che contribuisci con così tanto valore a questa discussione.

Tu in realtà hai eluso la "dimostrazione" che io ho avanzato, tacciandola come "filosofica". Entra nel merito di ciò che ho detto, dimostrando con metodo scientifico la sua incapacità di superare le controprove che la dovrebbero dimostrare vera.

Mi fermo perché questi caffè e brioche che devo offrire mi stanno costando più delle commissioni minime del trading :D



Strd, sono figlio di operai e ne sono orgoglioso. I miei hanno conseguito la licenza elementare e a tavola quando ero piccolo si parlava di necessità quotidiane. Al di là di ciò, qualcosa di filosofia ne so e posso assicurarti che non è tra i compiti di tale disciplina dare risposte, al limite porre domande. La filosofia "fondazionale", quella che si occupa degli interrogativi classici del pensiero umano (cos'è l'essere, da dove deriva, perchè il male.....) si è conclusa con Kant e Hegel. Kant, ad esempio, per la "Critica della ragion pura" si è basato sui concetti di tempo assoluto e spazio assoluto di matrice newtoniana che oggi sappianmo essere obsoleti. La "ragione filosofica", ci si è accorti, non può fondare alcunchè e infatti il novecento filosofico è tutto incentrato sulla crisi della Filosofia e delle filosofie.

La filosofia non parte dal punto in cui si è fermata la scienza, anzi è vero il contrario, è la scienza che si ispira a molte idee metafisiche, pensa agli a-tomi di Democrito.

Alla prossima.
 
Stdr,
non riesco a capire se affermi che la scienza è data dall'attività dell'intelletto o da quella della ragione.
A me pare di capire che tu affermi la prima delle due dusgiunzioni.

Il che non è. La scienza opera, infatti, palesemente con lo strumento dell'intelletto, e non con quello della ragione (affermazione problematica: con una certa idea determinatasi storicamente di ragione).

E con questo strumento riduce a misura quantificabile, rielaborandolo, il reale (ciò che cade in questo "apparato di cattura"), che poi, lato sensu, sarebbe la natura (la sua storia inizia così). Con ciò stesso, "la scienza non pensa" (come direbbe qualcuno). Infatti, dopo aver ridotto (in questo Enig ha ragione) la materia esperibile nei limiti di un linguaggio che la pro-voca, non le rimane che attendere la risposta di questa pro-vocazione (un po' come dire che la domanda anticipa le "vie di fuga" di ogni possibile altra indagine di comprensione).

Tutto ciò di cui si discute in questo thread non è altro che il problema del linguaggio; il linguaggio dà forma alla natura (questa affermazione è problematica) e determina mondi. E rientra nello specifico del linguaggio anche lo strumento (quale che sia) di misurazione, tanto che se si dovesse essere precisi, nella scienza (nella sua storia) bisognerebbe dedicare una sezione a parte allo strumento: cannocchiale, microscopio etc...
Ma non si è detto ancora niente della scienza, se non si sottolinea che di questo linguaggio che determina mondo siamo ancora solo utenti, e che il modello paradigmatico (qui si potrebbe discutere sul valore di "giudicato" che il tribunale storico della comunità scientifica assegna al "nuovo" nel momento in cui decide la sostituzione del modello; oppure delle resistenze che si incontrano per determinati e determinanti tipi di modelli) è sempre custodito, in un certo senso laddove ne può sortire una "euristica" di convenienza. (E qui si pone il problema delle politiche di restrizione e di apertura della comunità scientifica.)
Insomma, ne cogliamo solo il profilo della prassi (che, anche, indubbiamente elabora il mondo) e non quello teorico, o meglio: vi è una risalita dal basso, che non può attingere la pienezza paradigmatica.

Ora devo andare, considerate quanto sopra affermazioni scritte per plessi problematici.
 
Ultima modifica:
Scritto da Chandrasekhar
Strd, sono figlio di operai e ne sono orgoglioso. I miei hanno conseguito la licenza elementare e a tavola quando ero piccolo si parlava di necessità quotidiane. Al di là di ciò, qualcosa di filosofia ne so e posso assicurarti che non è tra i compiti di tale disciplina dare risposte, al limite porre domande. La filosofia "fondazionale", quella che si occupa degli interrogativi classici del pensiero umano (cos'è l'essere, da dove deriva, perchè il male.....) si è conclusa con Kant e Hegel. Kant, ad esempio, per la "Critica della ragion pura" si è basato sui concetti di tempo assoluto e spazio assoluto di matrice newtoniana che oggi sappianmo essere obsoleti. La "ragione filosofica", ci si è accorti, non può fondare alcunchè e infatti il novecento filosofico è tutto incentrato sulla crisi della Filosofia e delle filosofie.

La filosofia non parte dal punto in cui si è fermata la scienza, anzi è vero il contrario, è la scienza che si ispira a molte idee metafisiche, pensa agli a-tomi di Democrito.

Alla prossima.


il riferimento alla famiglia, come ho detto in maniera non equivoca, era alla mia, anche io sono figlio di operario, nessun problema, figurati se mi potrei permettere atteggiamenti vagamente classisti (e figurati che atteggiamento inqualificabile sarebbe...).

La scienza, e nota bene che io credo in essa, adoro ad esempio la tecnologia e mi affascina tutto il resto, non puo' andare oltre il suo seminato, la materia. Nessuno glielo vuole insidiare, così come non ritengo che il compito della filosofia (a prescindere da quello che è stato, puo' esser stato e sia in base a categorizzazioni più o meno valide ed efficaci) sia di spiegare con leggi assolute il movimento dei pianeti o la presunta sostanza dell'anima. Il suo campo è l'uomo, lo spirito, i grandi temi etici ed esistenziali. Ci possono anche spiegare perché il mondo si è generato e in base a quali fenomeni, ma la domanda "Dio esiste?" rimane tale, sono campi paralleli, che si completano a vicenda.
Io, non per polemica, ma per fornire una comparazione e verifica diretta di quanto affermiamo, senza evitare di parlarci sopra con discorsi che non si incontrano, ti chiedo di entrare nello specifico degli esempi che nei miei due post (il primo e quello in risposta a te) ho citato. Cosa ci dice la scienza dell'interpretazione di un'opera d'arte, cosa delle emozioni che provo quando sto con gli amici e facciamo le rimpatriate, cosa del dolore di una persona cara che scompare. Leggi fisiche? O facciamo finta che tanta parte del mondo sensibile non esista, che la vita sia solo materia. Sarebbe una negazione della realtà che nella sostanza si equivarrebbe, mutatis mutandis, a quella portata avanti da Enig Mistico.
 
Scritto da Strd
[...]Sarebbe una negazione della realtà che nella sostanza si equivarrebbe, mutatis mutandis, a quella portata avanti da Enig Mistico.

Bene.
Devo essere (stato) davvero poco comprensibile.

Riprovo.
Non si puo' negare la realta'.
Ma, non negarla non significa necessariamente che essa sia anche conoscibile (da noi).
E se non e' conoscibile, allora o non ha senso parlarne, oppure parliamone, ma tenendo conto del fatto che non la conosciamo.

Non e' il caso di ricapitolare tutto quel che e' stato detto (negli ultimi cent'anni in particolare).
Io, come e' noto, di opinioni non ne ho.
Ma se dovessi davvero schierarmi, farei fatica a sposare le hidden variables, o i many worlds di Everett, e, credo, preferirei l'interpretazione di Copenhagen.

Cosa che ci porta dritti dritti al problema della non algoritmicita' della coscienza...

Enig Mistico
 
Scritto da Enig Mistico
Bene.
Devo essere (stato) davvero poco comprensibile.

Riprovo.
Non si puo' negare la realta'.
Ma, non negarla non significa necessariamente che essa sia anche conoscibile (da noi).
E se non e' conoscibile, allora o non ha senso parlarne, oppure parliamone, ma tenendo conto del fatto che non la conosciamo.

Non e' il caso di ricapitolare tutto quel che e' stato detto (negli ultimi cent'anni in particolare).
Io, come e' noto, di opinioni non ne ho.
Ma se dovessi davvero schierarmi, farei fatica a sposare le hidden variables, o i many worlds di Everett, e, credo, preferirei l'interpretazione di Copenhagen.

Cosa che ci porta dritti dritti al problema della non algoritmicita'
della coscienza...

Enig Mistico

la sua specificazione mi conferma che avevo intuito abbastanza fedelmente il suo pensiero, nonostante la sua complessità e il difetto di mie conoscenze scientifiche di tale livello. Il richiamo alle "debite distinzioni" era da intendere in senso più ampio.
 
Scritto da Strd
il riferimento alla famiglia, come ho detto in maniera non equivoca, era alla mia, anche io sono figlio di operario, nessun problema, figurati se mi potrei permettere atteggiamenti vagamente classisti (e figurati che atteggiamento inqualificabile sarebbe...).

La scienza, e nota bene che io credo in essa, adoro ad esempio la tecnologia e mi affascina tutto il resto, non puo' andare oltre il suo seminato, la materia. Nessuno glielo vuole insidiare, così come non ritengo che il compito della filosofia (a prescindere da quello che è stato, puo' esser stato e sia in base a categorizzazioni più o meno valide ed efficaci) sia di spiegare con leggi assolute il movimento dei pianeti o la presunta sostanza dell'anima. Il suo campo è l'uomo, lo spirito, i grandi temi etici ed esistenziali. Ci possono anche spiegare perché il mondo si è generato e in base a quali fenomeni, ma la domanda "Dio esiste?" rimane tale, sono campi paralleli, che si completano a vicenda.
Io, non per polemica, ma per fornire una comparazione e verifica diretta di quanto affermiamo, senza evitare di parlarci sopra con discorsi che non si incontrano, ti chiedo di entrare nello specifico degli esempi che nei miei due post (il primo e quello in risposta a te) ho citato. Cosa ci dice la scienza dell'interpretazione di un'opera d'arte, cosa delle emozioni che provo quando sto con gli amici e facciamo le rimpatriate, cosa del dolore di una persona cara che scompare. Leggi fisiche? O facciamo finta che tanta parte del mondo sensibile non esista, che la vita sia solo materia. Sarebbe una negazione della realtà che nella sostanza si equivarrebbe, mutatis mutandis, a quella portata avanti da Enig Mistico.

Il tema del 3D è la realtà esterna, il mondo sub-atomico.
In questo campo credo che la scienza, pur con tutti i limiti che la caratterizzano, abbia da dire qualcosa in più della filosofia.

Il campo di indagine della scienza (esatta) non tocca l'interpretazione di un'opera d'arte, le emozioni che provo quando sto con gli amici e facciamo le rimpatriate, il dolore di una persona cara che scompare. Le scienze cognitive stanno iniziando lo studio di tali settori ma la disputa tra riduzionismo, strumentalismo, olismo, realismo.... è ancora lontana da una soluzione.

La realtà materiale, conoscibile o meno, sappiamo che esiste e lo sappiamo con un buon grado di certezza; lo spirito, il trascendente in genere, si può pensare che esista, compiendo un atto di fiducia o di fede, ma qui ci si deve fermare.

Io sono credente ma non è che conosco il Trascendente, ci credo appunto.
 
Scritto da Enig Mistico
Bene.
Devo essere (stato) davvero poco comprensibile.

Riprovo.
Non si puo' negare la realta'.
Ma, non negarla non significa necessariamente che essa sia anche conoscibile (da noi).
E se non e' conoscibile, allora o non ha senso parlarne, oppure parliamone, ma tenendo conto del fatto che non la conosciamo.

Non e' il caso di ricapitolare tutto quel che e' stato detto (negli ultimi cent'anni in particolare).
Io, come e' noto, di opinioni non ne ho.
Ma se dovessi davvero schierarmi, farei fatica a sposare le hidden variables, o i many worlds di Everett, e, credo, preferirei l'interpretazione di Copenhagen.

Cosa che ci porta dritti dritti al problema della non algoritmicita' della coscienza...

Enig Mistico


Uno spicchio della Realtà, quella che parla il linguaggio matematico, la conosciamo e la viviamo con una certa naturalezza.

ciao
 
Scritto da alter
Stdr,
non riesco a capire se affermi che la scienza è data dall'attività dell'intelletto o da quella della ragione.
A me pare di capire che tu affermi la prima delle due dusgiunzioni.

Il che non è. La scienza opera, infatti, palesemente con lo strumento dell'intelletto, e non con quello della ragione (affermazione problematica: con una certa idea determinatasi storicamente di ragione).

E con questo strumento riduce a misura quantificabile, rielaborandolo, il reale (ciò che cade in questo "apparato di cattura"), che poi, lato sensu, sarebbe la natura (la sua storia inizia così). Con ciò stesso, "la scienza non pensa" (come direbbe qualcuno). Infatti, dopo aver ridotto (in questo Enig ha ragione) la materia esperibile nei limiti di un linguaggio che la pro-voca, non le rimane che attendere la risposta di questa pro-vocazione (un po' come dire che la domanda anticipa le "vie di fuga" di ogni possibile altra indagine di comprensione).

Tutto ciò di cui si discute in questo thread non è altro che il problema del linguaggio; il linguaggio dà forma alla natura (questa affermazione è problematica) e determina mondi. E rientra nello specifico del linguaggio anche lo strumento (quale che sia) di misurazione, tanto che se si dovesse essere precisi, nella scienza (nella sua storia) bisognerebbe dedicare una sezione a parte allo strumento: cannocchiale, microscopio etc...
Ma non si è detto ancora niente della scienza, se non si sottolinea che di questo linguaggio che determina mondo siamo ancora solo utenti, e che il modello paradigmatico (qui si potrebbe discutere sul valore di "giudicato" che il tribunale storico della comunità scientifica assegna al "nuovo" nel momento in cui decide la sostituzione del modello; oppure delle resistenze che si incontrano per determinati e determinanti tipi di modelli) è sempre custodito, in un certo senso laddove ne può sortire una "euristica" di convenienza. (E qui si pone il problema delle politiche di restrizione e di apertura della comunità scientifica.)
Insomma, ne cogliamo solo il profilo della prassi (che, anche, indubbiamente elabora il mondo) e non quello teorico, o meglio: vi è una risalita dal basso, che non può attingere la pienezza paradigmatica.

Ora devo andare, considerate quanto sopra affermazioni scritte per plessi problematici.

nelle prime righe c'è sicuramente un errore di battitura. Comunque la mia posizione nei confronti della scienza, del suo compito e dei suoi limiti (non nel suo campo, bensì nei campi, che per semplicità si possono definire extrascientifici) è a mio avviso fin troppo chiara negli esempi che ho riportato. Non parlo di limiti che valgono a 360°, parlo di sua incapacità strutturale a spiegare ciò che si sottrae, per essenza, al suo metodo; limiti che sono visibili quindi solo volgendo lo sguardo verso una direzione ben definita. Avanti, è così chiaro! Nessuno continua a spiegarmi cosa mi da la scienza di fronte ad un'opera d'arte scultorea o ad una poesia.
Dei problemi che la scienza ha nel campo di competenza non faccio cenno, non li conosco, esulano dal mio discorso.
Il problema del linguaggio è, quello sì, problematico e trasversale, ma nella descrizione che io do della posizione in cui un individuo si trova in rapporto al resto fuori da se, al tutto, il problema della lingua è un'ulteriore elemento che corrobora la problematica dell'interpretazione soggettiva del mondo. Nostro malgrado dobbiamo interpretare con i nostri mezzi e schemi e bagaglio emozionale (e culturale e caratteriale, e storico, e sociale...) tutto ciò che è fuori da noi e si riflette all'interno nostro: noi siamo una sorta di lente che deforma la realtà, che esiste, ma che è, in quanto tale, inconoscibile nei suoi tratti originali, nella sua essenza più profonda e vera (Enig Mistico, nella sostanza lei non sostiene questo?).
 
Scritto da Chandrasekhar
......

La realtà materiale, conoscibile o meno, sappiamo che esiste e lo sappiamo con un buon grado di certezza; lo spirito, il trascendente in genere, si può pensare che esista, compiendo un atto di fiducia o di fede, ma qui ci si deve fermare.

Io sono credente ma non è che conosco il Trascendente, ci credo appunto.

Non avevo, quindi, sbagliato troppo parlando di fede.

Masca
 
Scritto da Chandrasekhar
Il tema del 3D è la realtà esterna, il mondo sub-atomico.
In questo campo credo che la scienza, pur con tutti i limiti che la caratterizzano, abbia da dire qualcosa in più della filosofia.

Il campo di indagine della scienza (esatta) non tocca l'interpretazione di un'opera d'arte, le emozioni che provo quando sto con gli amici e facciamo le rimpatriate, il dolore di una persona cara che scompare. Le scienze cognitive stanno iniziando lo studio di tali settori ma la disputa tra riduzionismo, strumentalismo, olismo, realismo.... è ancora lontana da una soluzione.

La realtà materiale, conoscibile o meno, sappiamo che esiste e lo sappiamo con un buon grado di certezza; lo spirito, il trascendente in genere, si può pensare che esista, compiendo un atto di fiducia o di fede, ma qui ci si deve fermare.

Io sono credente ma non è che conosco il Trascendente, ci credo appunto.

Ma allora siamo d'accordo? Sembriamo esserlo nell'ovvietà che la scienza ha il suoi campi e non puo'/deve invadere quelli che non le competono, e viceversa per tutto ciò che scientifico non è, che si arrischiasse di dare definizioni e descrizioni della realtà fisica e sensibile.
Non sono d'accordo che il tema del thread sia quello: quello è stato il punto di partenza, al sesto intervento già c'era la provocatoria e fine affermazione di Enig Mistico. Da li in poi si è sviluppato un filone (non l'unico) del discorso sulla presunta negazione o meno della realtà fisica, e poi sulla rapporto realtà oggettiva/percezione/realtà soggettiva in cui mi sono addentrato io. In particolare è stato proprio un tuo intervento a stimolarmi, e ovviamente tutto in una delle discussioni più belle e piacevoli a cui ho partecipato in un forum ("Se, mentre sto digitando sulla tastiera del computer, le mie dita dopo aver toccato i tasti, rimbalzano indietro, vorrà dire che la tastiera è una realtà materiale esistente esternamente a me, e l'effetto prodotto dalla tastiera sulle mie dita viene spiegato dalle leggi della fisica.

Oppure è solo illusione, Enig Mistico?").

Quello che volevo specificare io era che non si trattava di illusione, ma che a prescindere dall'esistenza oggettiva della realtà materiale, come ho ampiamente argomentato nel mio primo post, siamo pur sempre in uno stato di incomunicabilità tendenzialmente assoluta, e quindi, in qualche modo, la pretesa funzione risolutiva della realtà oggettiva risulta essere quella, in realtà, l'illusione. Non pero' a livello scientifico, quanto umano, intellettuale (in senso atecnico), emozionale: che sono le parti che rendono l'uomo speciale.

Lo spirito invece, tutto ciò che non è misurabile, che è immateriale, non ha bisogno di tante prove ed esperimenti per capire che esiste. Tutti i miei ricordi esistono, tutto l'affetto e l'amore che provo per decide e decine di persone esistono, tutte le paure, le gioie, esiste tutto perché (e nel momento in cui) lo vivo. Quella è l'equivalente in campo spirituale della prova scientifica.
 
Scritto da Strd

Lo spirito invece, tutto ciò che non è misurabile, che è immateriale, non ha bisogno di tante prove ed esperimenti per capire che esiste. Tutti i miei ricordi esistono, tutto l'affetto e l'amore che provo per decide e decine di persone esistono, tutte le paure, le gioie, esiste tutto perché (e nel momento in cui) lo vivo. Quella è l'equivalente in campo spirituale della prova scientifica.

La discussione è piacevole anche per me ma con frasi del genere richiamo di arenarci perchè vorrebbe dire che esistono anche le monadi leibniziane, le apparizioni della Madonna a Lourdes, i sogni di Swedenborg e le previsioni del Mago Othelma. Dal punto di vista epistemologico godono della stessa dignità delle tue emozioni.
 
La discussione è piacevole anche per me ma con frasi del genere richiamo di arenarci perchè vorrebbe dire che esistono anche le monadi leibniziane, le apparizioni della Madonna a Lourdes, i sogni di Swedenborg e le previsioni del Mago Othelma. Dal punto di vista epistemologico godono della stessa dignità delle tue emozioni.

Chandrasekhar


continuo a ritenere, perdonami, che intersechi indebitamente i campi. Vuoi applicare criteri scientifici nati per misurare oggetti di un campo ben determinato, quello materiale, per rilevare e dimostrare ciò che fisico non è. E facendo ciò dimostri di ritenere superiore (più affidabile, più autorevole, più sicuro) il dato materiale a quello spirituale. Io mi rifiuto invece di ciò. Ad ogni cosa il suo campo e se per il dato materiale la prevalenza la si da giustamente alla scienza, di fronte all'elemento spirituale essa si deve fermare. A favore di chi? Innanzi tutto bisogna fare una considerazione di base: quali sono le implicazioni "pratiche" del dato spirituale? Quali esigenze ci portano a "dover" dimostrarne o studiarne l'essenza? Perché ci sarebbe quest'esigenza scientifica di dimostrare, col relativo metodo, le apparizioni della Madonna? In realtà non c'è quest'esigenza, e tali tentativi devono essere visti come volontà di invasione di un campo che alla scienza non compete. L'esigenza c'è, ma è soggettiva, e ha origini religiose, etiche, esistenziali. Il problema è che in termini assoluti non è possibile affermare che certi fenomeni esistono, ma neanche che non esistono. E come detto questa è una falsa esigenza (quella oggettiva di "dover" spiegare in maniera certa e valida per tutti). Ecco il perché è legittimo ritenere che un qualcosa esiste quando una persona lo vive. Perché le conseguenze sono solo nella sua sfera, e perché, intanto, a dispetto di tutto non è possibile negarlo con certezza.
Se Othelma afferma di essere in grado di spostare un oggetto, dico una stupidata, questo è verificabile scientificamente. Se Othelma fa un rito "purificatorio" che allontana le pressioni negative, questo non è verificabile scientificamente. Se uno ritiene che ciò sia vero, per lui, sarà vero; ma questa conseguenza non deve essere intesa come ovvia e logica, bensì nel senso che se uno crede ad un qualcosa di non dimostrabile, con certezza e con tutto se stesso, quella cosa, in quel momento, diventa vera, nella sua sfera si realizza. Per me, che riterrò invece lui un ingenuo, questa "creazione", questo accadimento non ci sarà.
Secondo te, per uno schizzofrenico, terrorizzato perché vede cadaveri con la testa mozzata che gli si avvicinano in grande numero, o per un paranoico che è convinto che Bush stia preparando l'attacco all'Irak per farsa, mentre in realtà vuole bombardare la sua casa, e che decine di spie lo stanno tenendo d'occhio, e ambedue urlano e si nascondono, e piangono e si strappano i capelli, secondo te, è tutto falso? Per loro è tutto falso? Il dato materiale, certo della falsita' di queste situazioni, credi che realmente abbia il potere di prevalere contro la loro visione?In realtà, e questo è il dramma a cui alludevo parlando di relativismo assoluto, per loro tutto ciò sarà vero, perché lo vivono, perché presunte certezze scientifiche non gli fanno stare meglio.
Questi sono esempi estremi, ma non peregrini, guai a credere che le realtà materiali, le misure scientifiche, ci diano le vere certezze. Di certezze in questo mondo non ne abbiamo, e tutto ciò che è il dato materiale, come ho detto dal primo intervento, nel momento in cui viene da noi percepito ed elaborato, viene trasfigurato col nostro determinante indefettibile contributo.
 
Di certezze in questo mondo non ne abbiamo...

Di questo sono pienamente convinto anch'io proprio perchè la percezione della realtà, anche scientifica, che abbiamo è sempre incompleta e suscettibile a cambiamenti dovuti a nuove continue conoscenze.
FR
 
Scritto da Strd


.... dimostri di ritenere superiore (più affidabile, più autorevole, più sicuro) il dato materiale a quello spirituale.

Dal punto di vista epistemologico senza ombra di dubbio.


QUOTE]Scritto da Strd


Lo spirito invece, tutto ciò che non è misurabile, che è immateriale, non ha bisogno di tante prove ed esperimenti per capire che esiste.
[/QUOTE]


Cortesemente mi spieghi come si capisce che lo spirito esiste, senza fare ragionamenti circolari in cui la giustificazione si basa sulla premessa (del tipo esiste perchè lo vivo e lo sento)?
 
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