" Faremo crollare l'economia russa" cap. 3

Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.
Ti ringrazio per la stima ma è difficile dare una risposta chiara e sicura se non altro perchè mi sono trasferito da pochi mesi oltre a non essere proprio il mio campo.

Calza però a pennello un aneddoto al tema trattato.

Da quello che mi è stato detto le penne a sfera che usiamo noi tutti nello spazio non funzionano a causa della mancanza di gravità che rende inagibile l'uscita dell'inchiostro e quindi i tratti lasciati dal roteare delle sfera stessa.

Così gli americani hanno assunto i migliori specialisti fra fisici, meccanici e tecnici di vario tipo e dopo diversi tentativi ed un budget di ricerca mastodontico sono riusciti a creare una penna capace di scrivere anche in assenza di gravità.

Per quanto riguarda i russi semplicemente hanno optato per una semplice matita.
Ehmm, Fisher Space Pen - Wikipedia
 
Ecco guarda mi basta già vedere la scatola per capire che è fuori budget per me, ricordo una pennina sfigata che mi è stata regalata da un amico per la prima laurea che era costata 150 euro :asd:
Tanto cara non deve essere, la comprano anche i russi.
 
l'economia russa si era integrata e stava diventando addirittura complementare a quella dell'europa occidentale, e questo piaceva a tutti in europa...è stato solo una visione arcaica imperiale -un rigurgito nella continuità storica- che ha rovinato il giochetto...aggiungo inoltre che un paese bianco, razzista, cristiano come la russia non potrà mai avere rapporti "fraterni" con paesi razzisti, non-bianchi, atei o di religione diversa, e non facili all'integrazione come cina ed india...
Ma complementare dove?
E' complementare solo nella misura in cui sono un paese di produttori di materie prime in prossimità di economie sviluppate che le consumano.
Fossero complementari avrebbero sfruttato il costante cashflow per migliorare il sistema economico e creare qualcosa di valore aggiunto, gettando le basi per veri interscambi tecnologici. Invece da buon regime hanno sempre preferito massimizzare la priorità dell'avere grossi muscoli da mostrare.
 
a me sembra poco credibile che un paese come la Russia, capace di costruire e mandare nello spazio la stazione orbitale, non sia in grado di produrre tecnologia per auto e carri armati

Ti sembra incredibile perché vedi la cosa da prospettive errate.
Il punto non è avere o meno degli scienziati in grado di supportare un progetto scientifico di alto livello come può essere una missione spaziale (ci sarebbe poi da valutare quando la corsa allo spazio sia salutare per un'economia come quella russa), quando l'avere in piedi un sistema produttivo che competa in settori complessi.
Significa avere anche parecchie competenze manageriali a diversi livelli, un sistema che favorisca lo sviluppo, dinamiche giuridiche e/o politiche meno invasive.
Un'economia di regime tende ad avere più corruzione e dispersione delle competenze risultando altamente inefficiente nella gestione di imprese complesse, per questo motivo sono tendenzialmente sempre sbilanciate verso roba a basso valore aggiunto.
 
Infatti credo siano molto diversi da noi. Mentre nella visione del capitalismo occidentale ci specializziamo su tutto e la stessa specializzazione in ogni ambito di costruzioni e di prodotti finisce per diventare un fine, presumo che loro si dedichino a fare ed a specializzarsi soprattutto negli ambiti di loro stretto interesse "passionale".

Mi sembra una visione un po' creativa. La specializzazione è, nella storia umana, figlia dell'aumento della produttività che consente di dedicare le risorse ad altro.
Come l'agricoltura nei tempi che furono consentì l'abbondanza di risorse che permise di dedicare parte della popolazione ad altro (soldati, sacerdoti, artigiani), in tempi recenti l'automazione industriale consente di spostare personale operativo ad altro (servizi).
Nell'economia russa vedo ben poco di passionale.

Ebbene, ora che devono trasformare la loro economia in economia di guerra, si concentreranno quasi unicamente nell'aumentare le potenzialità fisiche e tecnologiche dei loro armamenti e di tutto quanto sia collegato alle questioni belliche. Al riguardo chiamo a rapporto Michelasso che ha vissuto in Russia ne sa molto più di me per ragguagli in tal senso, in primis in relazione a questa tipologia di approccio diverso dal nostro.

Che si concentrino su quello mi pare ovvio, ne va della loro sopravvivenza, ma non mi sembra un aspetto culturale.
 
JP Morgan Chase e BNY Mellon hanno deciso di interrompere la gestione dei propri conti di corrispondenza in dollari USA con Gazprom Bank.

Gazprom Bank è la principale banca russa (di proprietà statale) che opera in dollari ed esegue transazioni su gas e acquisto di attrezzature militari.

Russia's Gazprombank says U.S. banks to stop servicing its dollar correspondent accounts

"MOSCA, 24 gennaio (Reuters) - L'istituto di credito statale russo Gazprombank ha dichiarato martedì che due banche statunitensi, JP Morgan Chase e BNY Mellon, hanno deciso di interrompere la gestione dei propri conti di corrispondenza in dollari USA.

Le banche possono accordarsi bilateralmente per istituire conti di corrispondenza, che consentono loro di operare più liberamente in altre valute o in tutte le giurisdizioni in cui hanno una presenza più limitata.

Le due banche statunitensi non hanno risposto immediatamente a una richiesta di commento di Reuters.

"A causa della decisione unilaterale di due banche statunitensi, JP Morgan Chase Bank e Bank of New York Mellon, il servizio dei conti di corrispondenza in dollari verrà interrotto", ha dichiarato Gazprombank in una dichiarazione su Telegram.

"Vi chiediamo di non utilizzare Gazprombank per i trasferimenti in dollari USA, a partire dal 27 gennaio compreso."[...]"


 
su Statista.com il calo dei consumi di gas in EU
Infographic: How Europe Reduced Its Natural Gas Consumption

C
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"Gli effetti delle sanzioni? Un collasso mai visto". Ora parla l'ex ministro di Putin

24 Gennaio 2023 - 07:06

Pil, disoccupazione, qualità della vita e consenso: la verità nascosta dietro ai dati. Vladimir Milov smonta la propaganda del Cremlino sull’impatto delle sanzioni.

L’arma del gas usata come ricatto per scoraggiare il supporto militare all’Ucraina sta portando l’Europa a fare a meno di Mosca. E, a quasi un anno dall’inizio del conflitto, la Russia, isolata, ha ormai perso la sua leva economica sul mercato globale. Con la Cina che, da acquirente alternativo per svendere a prezzi stracciati i combustibili russi, potrebbe ripiegare verso alleanze, e mercati, più convenienti. Mentre la propaganda del Cremlino non basta più per far digerire le sconfitte sul campo e gli effetti delle sanzioni sulla vita reale, il malcontento represso rischia di compromettere la tenuta sociale. “Putin ha perso la scommessa e nessun tentativo di contrastare le sanzioni - ci spiega Vladimir Milov, viceministro russo dell’Energia durante la prima presidenza Putin, ora leader insieme ad Aleksej Navalny del principale partito d’opposizione Scelta democratica, ricercatore presso il Martens Centre, think tank ufficiale del Partito popolare europeo - salverà la Russia da un collasso economico senza precedenti. Come dimostra la dissoluzione dell'Unione Sovietica, una volta che il popolo scontento protesta, il cambiamento può avvenire in un attimo. Questo è il motivo per cui i leader occidentali devono solo dare alle sanzioni il tempo di fare effetto”.

A giudicare dai dati però, dalla contrazione modesta del Pil al basso tasso di disoccupazione, al rublo forte, non sembrerebbe che le sanzioni stiano funzionando. Perché, invece, non è così?
"Perché questi indicatori macroeconomici sono fuorvianti, non riflettono la situazione reale. Secondo la proiezione del ministero delle Finanze russo il Pil del paese si contrarrà del 2,7%, il che sembrerebbe sfatare la tesi che l'economia stia affondando sotto i colpi delle sanzioni occidentali. Ma questo dato include l'aumento della produzione militare per sostenere il conflitto in Ucraina. In pratica, un carro armato di nuova produzione, immediatamente inviato al fronte e magari distrutto da un missile Javelin ucraino, viene ancora conteggiato come contributo nominale al Pil russo. A confermare la grave contrazione economica sono le entrate da fonti diverse dalle esportazioni di petrolio e gas, che a ottobre 2022 sono diminuite del 20% su base annua. Le industrie manifatturiere e automobilistiche, dipendenti dalle importazioni di componenti occidentali, con un crollo di due terzi della produzione pagano il prezzo più alto. La disoccupazione ufficialmente è al 3,7%, con solo 2,7 milioni di russi disoccupati. Vista così sarebbe un minimo storico. Ma se conteggiassero anche i quasi cinque milioni di lavoratori russi soggetti a varie forme di disoccupazione nascosta, come il congedo non retribuito, si arriverebbe al 10%: un dato paragonabile ai peggiori livelli degli anni '90. Anche il rublo, è vero, si è rafforzato, ma solo perché le importazioni sono crollate e il governo ha reso praticamente impossibile prelevare denaro e convertirlo in valuta estera."
Anche il ricatto del gas, che Putin voleva usare per piegare l’Europa, ora gli si sta rivolgendo contro.
"L’economia russa dipende strettamente dall’esportazione di gas verso l’Europa. La scommessa di Putin era che i paesi europei non sarebbero riusciti a riempire i serbatoi per assicurarsi le scorte per l’inverno prima che la Russia chiudesse i rubinetti. Una scommessa persa. Bruxelles ha ripiegato su altri fornitori, mentre Gazprom non ha un modello di business in grado di fare a meno del mercato europeo. Costruire un’infrastruttura che convogli il gas prima diretto in Europa verso la Cina o altri paesi asiatici costerebbe centinaia di migliaia di dollari, soldi di cui non c’è nemmeno l’insegna. E una conversione verso l’India è tecnicamente impossibile. Per quanto riguarda il petrolio, le esportazioni verso l’Asia hanno compensato l’embargo europeo, ma a fronte di prezzi stracciati (sui 40 dollari al barile) e di extra costi di spedizione (10 dollari al barile) che azzerano di fatto i profitti. In pratica, Putin ha perso il mercato europeo senza essersi garantito un rimpiazzo per salvare l’economia russa."
Quale sarà l’effetto sul medio-lungo termine?
"Un crollo profondo e senza precedenti dell’economia russa. Tutti i prodotti occidentali che non possono essere importati a causa delle sanzioni verranno sostituiti con dei surrogati russi di minor qualità, tecnologicamente più arretrati ma con prezzi maggiori data la totale assenza di concorrenza. Ciò avrà un impatto generalizzato sulla qualità della vita, con un progressivo deterioramento dei redditi, del tasso di occupazione, del potere d’acquisto, delle possibilità di accesso a beni di consumo, come le auto occidentali, ai quali i russi si erano ormai abituati dagli anni ‘90. E sostituire parte delle importazioni europee con prodotti cinesi si tradurrà in un aumento dei costi della logistica che pagheranno ancora i consumatori. Nell’immediato futuro della Russia non c’è nessuna speranza di miglioramento, ma solo il collasso progressivo dell’economia. Un deterioramento graduale della qualità della vita di cui la popolazione si sta già rendendo conto."
Le sanzioni sono la via per indurre Mosca a trattare?
"Finché la Russia non avrà pagato fino all’ultimo centesimo la ricostruzione post bellica e non si sarà ritirata dai territori ucraini occupati, l’Occidente deve continuare a picchiare duro con le sanzioni. Sono l’unico modo di punire Putin per questa guerra genocida, costringendolo ad ammorbidire la linea. Anche se non penso che dopo si potrà tornare a farci affari come se niente fosse successo."
Lei che lo conosce bene, non crede che senza via d’uscita userebbe le armi nucleari?
"Già altre volte ha minacciato di usarle e non l’ha mai fatto. Di certo, se le usasse non ricaverebbe alcun vantaggio. Ricorrere alle armi nucleari tattiche costringerebbe i paesi che ancora non hanno aderito alle sanzioni, come India e Cina, ad aderirvi. Mentre se usasse le armi nucleari strategiche, la Russia verrebbe rasa al suolo in poche ore. Cosa che significherebbe la fine del regime, e di Putin. Quindi, di sicuro, un’ipotesi poco plausibile."
Perché, se le sanzioni stanno avendo un impatto sulla qualità della vita, i russi stanno ancora con lo zar?
"Putin non gode affatto di un alto consenso tra la popolazione. I sondaggi che lo danno oltre il 70% nascondono una realtà molto più complessa. I media sono vent’anni che non mostrano alcuna alternativa allo zar, per cui è difficile che qualcuno si svegli e decida di sostenere un'altro leader. Molti sondaggi dimostrano che i sentimenti collegati alla situazione attuale non sono certo ottimismo, ma paura, ansia, preoccupazione. In più bisogna considerare che le persone temono per la propria incolumità nell'ammettere apertamente di non approvare l'operato di Putin e la guerra in Ucraina. Ho lavorato per sei anni nel governo a contatto con le élite al potere e posso dire che anche lì il sostegno nei confronti di Putin è bassissimo. Il problema è che che la gente ha paura a parlare."
Quindi non è detto che Putin venga riconfermato alle elezioni del 2024?
"Parlare di elezioni non ha senso in un paese come la Russia, dove è stata eliminata ogni forma di opposizione e domina la censura più totale del dissenso. Ma da qui al 2024 può cambiare tutto. Può succedere che, di fronte alle ripetute umiliazioni sul campo e agli effetti delle sanzioni sull’economia, Putin perda l’appoggio anche dei suoi sostenitori più accaniti. È un’eventualità che non va affatto esclusa."
E cosa ne sarà della Russia dopo Putin?
"La richiesta popolare di un processo di democratizzazione è così forte e i costi di mantenimento di un regime come quello putiniano così alti, che chiunque verrà dopo si troverà costretto ad avviare una liberalizzazione paragonabile a quella avviata da Gorbacev negli anni ‘80. Continuare con la linea dura non sarebbe tollerato e non converrebbe a nessuno."
Si parla di Prigozhin, Kadyrov, Navalny come di possibili nuovi leader…
"Prigozhin e Kadyrov non hanno nessuna chance. Anzi, la loro importanza e il loro ruolo sono gonfiati dai media. Nei sondaggi raccolgono un misero 3% e non godono del consenso né all’interno dei palazzi del potere né ai vertici delle forze militari. Sommando gli uomini dell’uno dell’altro si arriva a malapena a 50 mila, praticamente lo stesso numero delle sole guardie federali del presidente. Nel futuro della Russia Navalny può giocare un grande ruolo ma serve un processo profondo di democratizzazione. E io sono sicuro che con il crollo progressivo del sistema a causa della guerra, delle sanzioni e dell’indebolimento del potere di Putin, risorgerà quella richiesta di democrazia e quel desiderio di chiudere con il passato imperialista, già visti negli anni ‘80. Un’occasione unica per la Russia che all’Occidente, questa volta, converrà non snobbare."
 
Articolo del WSJ (articolo nel link) sulle pressioni alla Turchia per cessare i voli aerei da/per la Russia su aerei di fabbricazione USA.


"Funzionari US. stanno facendo pressioni sulla Turchia affinché impedisca alle compagnie aeree russe di far volare aerei di fabbricazione americana da e verso il paese, hanno affermato funzionari che hanno familiarità con i colloqui, segnalando una nuova spinta a Washington per convincere i paesi a far rispettare le sanzioni imposte a Mosca dopo la sua invasione dell'Ucraina lo scorso anno.
[...]
Le compagnie aeree russe e bielorusse, tra cui l'Aeroflot a maggioranza statale di Mosca, hanno operato più di 2.100 voli utilizzando aerei di fabbricazione statunitense tra cui Boeing 777, 757 e 737 verso la Turchia dal 1° ottobre, secondo i dati della società di analisi dell'aviazione Cirium. I voli includono viaggi regolari da Mosca verso destinazioni turche tra cui Istanbul, Izmir e la città turistica mediterranea di Antalya.
[...]
Tra gli aerei diretti in Turchia ce n'è almeno uno di proprietà di una società irlandese che lo scorso anno ha dichiarato di aver interrotto ogni attività di leasing con la Russia, ordinando di fatto la restituzione dell'aereo. L'aereo, un Boeing 757, è volato l'ultima volta in Turchia il 13 gennaio, atterrando ad Antalya, secondo i dati raccolti da FlightRadar24, un servizio di tracciamento aereo.

"Questi aerei sono tecnicamente rubati", ha detto Yoruk Isik, capo di Bosphorus Observer, una società di consulenza con sede a Istanbul che monitora l'attività aerea e marittima, che ha contribuito a verificare i record di volo.[...]"

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"Gli effetti delle sanzioni? Un collasso mai visto". Ora parla l'ex ministro di Putin

24 Gennaio 2023 - 07:06

Pil, disoccupazione, qualità della vita e consenso: la verità nascosta dietro ai dati. Vladimir Milov smonta la propaganda del Cremlino sull’impatto delle sanzioni.

L’arma del gas usata come ricatto per scoraggiare il supporto militare all’Ucraina sta portando l’Europa a fare a meno di Mosca. E, a quasi un anno dall’inizio del conflitto, la Russia, isolata, ha ormai perso la sua leva economica sul mercato globale. Con la Cina che, da acquirente alternativo per svendere a prezzi stracciati i combustibili russi, potrebbe ripiegare verso alleanze, e mercati, più convenienti. Mentre la propaganda del Cremlino non basta più per far digerire le sconfitte sul campo e gli effetti delle sanzioni sulla vita reale, il malcontento represso rischia di compromettere la tenuta sociale. “Putin ha perso la scommessa e nessun tentativo di contrastare le sanzioni - ci spiega Vladimir Milov, viceministro russo dell’Energia durante la prima presidenza Putin, ora leader insieme ad Aleksej Navalny del principale partito d’opposizione Scelta democratica, ricercatore presso il Martens Centre, think tank ufficiale del Partito popolare europeo - salverà la Russia da un collasso economico senza precedenti. Come dimostra la dissoluzione dell'Unione Sovietica, una volta che il popolo scontento protesta, il cambiamento può avvenire in un attimo. Questo è il motivo per cui i leader occidentali devono solo dare alle sanzioni il tempo di fare effetto”.

A giudicare dai dati però, dalla contrazione modesta del Pil al basso tasso di disoccupazione, al rublo forte, non sembrerebbe che le sanzioni stiano funzionando. Perché, invece, non è così?
"Perché questi indicatori macroeconomici sono fuorvianti, non riflettono la situazione reale. Secondo la proiezione del ministero delle Finanze russo il Pil del paese si contrarrà del 2,7%, il che sembrerebbe sfatare la tesi che l'economia stia affondando sotto i colpi delle sanzioni occidentali. Ma questo dato include l'aumento della produzione militare per sostenere il conflitto in Ucraina. In pratica, un carro armato di nuova produzione, immediatamente inviato al fronte e magari distrutto da un missile Javelin ucraino, viene ancora conteggiato come contributo nominale al Pil russo. A confermare la grave contrazione economica sono le entrate da fonti diverse dalle esportazioni di petrolio e gas, che a ottobre 2022 sono diminuite del 20% su base annua. Le industrie manifatturiere e automobilistiche, dipendenti dalle importazioni di componenti occidentali, con un crollo di due terzi della produzione pagano il prezzo più alto. La disoccupazione ufficialmente è al 3,7%, con solo 2,7 milioni di russi disoccupati. Vista così sarebbe un minimo storico. Ma se conteggiassero anche i quasi cinque milioni di lavoratori russi soggetti a varie forme di disoccupazione nascosta, come il congedo non retribuito, si arriverebbe al 10%: un dato paragonabile ai peggiori livelli degli anni '90. Anche il rublo, è vero, si è rafforzato, ma solo perché le importazioni sono crollate e il governo ha reso praticamente impossibile prelevare denaro e convertirlo in valuta estera."
Anche il ricatto del gas, che Putin voleva usare per piegare l’Europa, ora gli si sta rivolgendo contro.
"L’economia russa dipende strettamente dall’esportazione di gas verso l’Europa. La scommessa di Putin era che i paesi europei non sarebbero riusciti a riempire i serbatoi per assicurarsi le scorte per l’inverno prima che la Russia chiudesse i rubinetti. Una scommessa persa. Bruxelles ha ripiegato su altri fornitori, mentre Gazprom non ha un modello di business in grado di fare a meno del mercato europeo. Costruire un’infrastruttura che convogli il gas prima diretto in Europa verso la Cina o altri paesi asiatici costerebbe centinaia di migliaia di dollari, soldi di cui non c’è nemmeno l’insegna. E una conversione verso l’India è tecnicamente impossibile. Per quanto riguarda il petrolio, le esportazioni verso l’Asia hanno compensato l’embargo europeo, ma a fronte di prezzi stracciati (sui 40 dollari al barile) e di extra costi di spedizione (10 dollari al barile) che azzerano di fatto i profitti. In pratica, Putin ha perso il mercato europeo senza essersi garantito un rimpiazzo per salvare l’economia russa."
Quale sarà l’effetto sul medio-lungo termine?
"Un crollo profondo e senza precedenti dell’economia russa. Tutti i prodotti occidentali che non possono essere importati a causa delle sanzioni verranno sostituiti con dei surrogati russi di minor qualità, tecnologicamente più arretrati ma con prezzi maggiori data la totale assenza di concorrenza. Ciò avrà un impatto generalizzato sulla qualità della vita, con un progressivo deterioramento dei redditi, del tasso di occupazione, del potere d’acquisto, delle possibilità di accesso a beni di consumo, come le auto occidentali, ai quali i russi si erano ormai abituati dagli anni ‘90. E sostituire parte delle importazioni europee con prodotti cinesi si tradurrà in un aumento dei costi della logistica che pagheranno ancora i consumatori. Nell’immediato futuro della Russia non c’è nessuna speranza di miglioramento, ma solo il collasso progressivo dell’economia. Un deterioramento graduale della qualità della vita di cui la popolazione si sta già rendendo conto."
Le sanzioni sono la via per indurre Mosca a trattare?
"Finché la Russia non avrà pagato fino all’ultimo centesimo la ricostruzione post bellica e non si sarà ritirata dai territori ucraini occupati, l’Occidente deve continuare a picchiare duro con le sanzioni. Sono l’unico modo di punire Putin per questa guerra genocida, costringendolo ad ammorbidire la linea. Anche se non penso che dopo si potrà tornare a farci affari come se niente fosse successo."
Lei che lo conosce bene, non crede che senza via d’uscita userebbe le armi nucleari?
"Già altre volte ha minacciato di usarle e non l’ha mai fatto. Di certo, se le usasse non ricaverebbe alcun vantaggio. Ricorrere alle armi nucleari tattiche costringerebbe i paesi che ancora non hanno aderito alle sanzioni, come India e Cina, ad aderirvi. Mentre se usasse le armi nucleari strategiche, la Russia verrebbe rasa al suolo in poche ore. Cosa che significherebbe la fine del regime, e di Putin. Quindi, di sicuro, un’ipotesi poco plausibile."
Perché, se le sanzioni stanno avendo un impatto sulla qualità della vita, i russi stanno ancora con lo zar?
"Putin non gode affatto di un alto consenso tra la popolazione. I sondaggi che lo danno oltre il 70% nascondono una realtà molto più complessa. I media sono vent’anni che non mostrano alcuna alternativa allo zar, per cui è difficile che qualcuno si svegli e decida di sostenere un'altro leader. Molti sondaggi dimostrano che i sentimenti collegati alla situazione attuale non sono certo ottimismo, ma paura, ansia, preoccupazione. In più bisogna considerare che le persone temono per la propria incolumità nell'ammettere apertamente di non approvare l'operato di Putin e la guerra in Ucraina. Ho lavorato per sei anni nel governo a contatto con le élite al potere e posso dire che anche lì il sostegno nei confronti di Putin è bassissimo. Il problema è che che la gente ha paura a parlare."
Quindi non è detto che Putin venga riconfermato alle elezioni del 2024?
"Parlare di elezioni non ha senso in un paese come la Russia, dove è stata eliminata ogni forma di opposizione e domina la censura più totale del dissenso. Ma da qui al 2024 può cambiare tutto. Può succedere che, di fronte alle ripetute umiliazioni sul campo e agli effetti delle sanzioni sull’economia, Putin perda l’appoggio anche dei suoi sostenitori più accaniti. È un’eventualità che non va affatto esclusa."
E cosa ne sarà della Russia dopo Putin?
"La richiesta popolare di un processo di democratizzazione è così forte e i costi di mantenimento di un regime come quello putiniano così alti, che chiunque verrà dopo si troverà costretto ad avviare una liberalizzazione paragonabile a quella avviata da Gorbacev negli anni ‘80. Continuare con la linea dura non sarebbe tollerato e non converrebbe a nessuno."
Si parla di Prigozhin, Kadyrov, Navalny come di possibili nuovi leader…
"Prigozhin e Kadyrov non hanno nessuna chance. Anzi, la loro importanza e il loro ruolo sono gonfiati dai media. Nei sondaggi raccolgono un misero 3% e non godono del consenso né all’interno dei palazzi del potere né ai vertici delle forze militari. Sommando gli uomini dell’uno dell’altro si arriva a malapena a 50 mila, praticamente lo stesso numero delle sole guardie federali del presidente. Nel futuro della Russia Navalny può giocare un grande ruolo ma serve un processo profondo di democratizzazione. E io sono sicuro che con il crollo progressivo del sistema a causa della guerra, delle sanzioni e dell’indebolimento del potere di Putin, risorgerà quella richiesta di democrazia e quel desiderio di chiudere con il passato imperialista, già visti negli anni ‘80. Un’occasione unica per la Russia che all’Occidente, questa volta, converrà non snobbare."
grande pezzo
 
sono aerei in leasing: già con le prime sanzioni le società di leasing li hanno richiesti indietro, ma Aeroflot non li ha restituiti.
Da quel momento viaggiano in breach del contratto di leasing, tra l'altro senza adeguata manutenzione
4 o 40 mld di furto?
 
Stato
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