Telecom Italia 2033 TF 7,75% isin XS0161100515 Vol. 5

Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.
Per il momento non vola ma sale tutti giorni il rateo!!! A gennaio qualche giorno sulle piste da sci è pagato!!!
 

Altro che barriere: così la cinese Huawei domina le telecom 5G in Italia e Germania​

Nonostante la «guerra» occidentale contro Huawei, otto Paesi europei continuano ad affidare più di metà delle proprie infrastrutture 5G all’azienda cinese. E in Italia il livello di penetrazione supera il 50 per cento

Ricordate la guerra occidentale contro la cinese Huawei perché rischiava di dominare la nostra telefonia di quinta generazione o 5G?
Non se ne parla più ed è prevalsa l’impressione che l’invasione di Huawei in un settore strategico delle nostre telecom sia stata bloccata.

Ben otto paesi europei continuano ad affidare più di metà delle proprie infrastrutture 5G alla Huawei. La più dipendente dalla Cina è la Germania, ma l’Italia segue con un livello di penetrazione cinese che supera il 50%. Lo rivela un’inchiesta di Politico che riaccende i riflettori su una vicenda dimenticata.

Ricapitolo le puntate precedenti.

Ben due governi americani – prima l’Amministrazione Trump poi quella attuale di Joe Biden – lanciarono un’offensiva diplomatica per mettere in guardia tutti gli alleati: comprare da Huawei le infrastrutture del 5G significa mettersi in casa un cavallo di ***** dello spionaggio cinese.

Il 5G è la tecnologia che consentirà una nuova rivoluzione digitale, un salto di velocità in tutte le nostre comunicazioni, l’apertura di opportunità inaudite per il cosiddetto Internet delle cose - la comunicazione ultra-rapida tra macchine dotate di «intelligenza artificiale (prima ancora dei consumatori, le applicazioni più interessanti saranno nell’industria, nella logistica e nei trasporti).

Come tante rivoluzioni tecnologiche anche il 5G ha caratteristiche «duali» cioè invade un territorio dove l’economia civile, la sicurezza nazionale, la difesa e la dimensione militare sono contigue. L’invasione delle nostre telecomunicazioni da parte di un colosso pubblico cinese che ha forti rapporti con le forze armate di Pechino, secondo gli americani è un pericolo da evitare.

La campagna di Washington contro Huawei sembrò avere successo, alcuni governi (a cominciare da quello britannico) cancellarono dei contratti con l’azienda di Stato cinese, altri promisero solennemente di limitarne la penetrazione. Poi su Huawei si è abbattuta un’altra offensiva dagli Stati Uniti, con l’embargo sulle forniture di semiconduttori made in Usa. Per quanto il grosso dei micro-chip siano prodotti in Asia, gli Stati Uniti conservano una leadership nella progettazione e produzione di alcuni semi-conduttori particolarmente avanzati, di cui Huawei ha bisogno. La proibizione di venderglieli, da parte dell’Amministrazione Biden, ha sferrato un colpo all’azienda cinese.

Di Huawei negli ultimi mesi si è parlato sempre meno, e la sua fortuna è parsa in declino. Ma Politico pubblica due studi recenti che gettano una luce nuova su questa vicenda. Il primo è di una società di analisi e consulenza con sede in Danimarca, la Strand Consult. Il secondo è della società Dell’Oro Group basata in California. La conclusione è che Huawei, pur avendo perso quote di mercato in molti paesi europei, che hanno preferito rivolgersi a Ericsson e Nokia per il 5G, rimane il principale fornitore in altri paesi tra cui l’Italia.

Nella media europea i cinesi oggi i cinesi forniscono il 22% delle apparecchiature 5G contro il 42% di Ericcson (svedese) e il 32% di Nokia (finlandese). Però in Italia continua a dominare Huawei con il 51% e in Germania arriva al 59%. Anche Olanda e Austria figurano tra i paesi dove Huawei occupa più del 50% del mercato.

«Dipendere dalle telecom cinesi – sostiene l’analisi Strand – è ancora più pericoloso che dipendere dal gas russo». Il problema non lascia indifferente la Commissione europea, che di recente – per bocca della commissaria Magrethe Vestager – ha lanciato un allarme sulla lentezza di alcuni governi nel garantire la sicurezza del 5G. La vicepresidente della Commissione nonché responsabile per il settore digitale ha dichiarato: «Ci sono Paesi che hanno varato nuove normative ma non le hanno applicate. La Germania è uno di questi, ma non è sola».

Nel mirino ci sarebbe anche la Golden Share adottata dal governo Draghi, che dà poteri di controllo e di veto sugli investimenti stranieri in settori strategici, ma non è stata utilizzata in modo tale da impedire una posizione dominante dei cinesi.

Tra i paesi «virtuosi» si segnalano Francia e Belgio dove la quota di mercato della Huawei è crollata, rispetto ai livelli raggiunti con il 3G e il 4G. Il 5G è uno dei tanti casi dove l’Europa ha un mosaico di normative diverse, le competenze e i poteri di vigilanza sono nazionali, con il risultato che manca un approccio comune. Nel caso della Cina la frammentazione delle regole sembra essere un’opportunità.
 
Tim: prima la rete poi il merger (MF)
Oggi 08:31 - MF-DJ
ROMA (MF-DJ)--Sorpresa di Natale: i tavoli non servono solo per mangiare e perdere tempo. Dopo quello tenutosi ieri sul futuro della rete nazionale e quindi anche sul futuro di Tim hanno sottolineato tutti il clima "costruttivo", facendo filtrare "grande ottimismo" e anche se molti vogliono far passare il messaggio che tutte le strade sono ancora aperte, sembra pian piano evidente ai soggetti coinvolti che la soluzione ci sia e preveda una sorta di ritorno all''impalcatura dell''MoU siglato in estate tra Cdp, Open Fiber, Kkr e Tim. Quell''operazione, che e'' stata scambiata a lungo come un desiderata della Cassa, partiva in realta'' da un progetto elaborato dall''attuale ad di Telecom, Pietro Labriola. Un progetto, si legge su Milano Finanza, che di recente il ceo, nella lettera inviata ai dipendenti, ha difeso sottolineando nero su bianco la sua validita''. Il terzo incontro tecnico si e'' tenuto ancora una volta al ministero delle Imprese e del Made in Italy con sostanzialmente gli stessi partecipanti alla riunione precedente. C''erano il capo di gabinetto Federico Eichberg, Francesco Soro (che guida la Direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica, di radiodiffusione e postali), Carla Colelli (capo dell''ufficio legislativo della Presidenza del Consiglio), Angelo Borrelli (capo del Dipartimento per la Trasformazione Digitale) oltre a un esponente del Mef e al capo di gabinetto della Presidenza del Consiglio Gaetano Caputi. Per Cdp era presente invece l''amministratore delegato di Cdp Equity Francesco Mele assieme all''advisor Credit Suisse, mentre per Vivendi c''erano Alessandro Daffina di Rothschild, advisor del gruppo francese, assieme a Carmen Zizza, advisor per i rapporti con il governo, e ai consulenti Irving Bellotti e Daniele Ruvinetti. Da quello che filtra, tra i punti centrali dell''incontro di ieri ci sono stati il debito e ancora una volta i livelli occupazionali di Tim. Ma se l''obiettivo della politica e'' lo stato di salute della societa'' tlc, la soluzione e'' gia'' stata indicata da Labriola e passa dalla separazione della rete (anche i cavi internazionali di Sparkle sono stati oggetto di particolare attenzione dell''esecutivo) con circa 23.000 unita'' che dovrebbero spostarsi insieme a Netco. Rispetto all''MoU dell''estate, che prevedeva l''acquisto di Netco da parte di Open Fiber, ora viene valutata la possibilita'' di creare un veicolo alternativo, partecipato da Cdp e da uno o piu'' fondi, sul modello di Aspi, che acquisti la rete da Tim. Una volta fatta uscire l''infrastruttura dal perimetro della societa'' e portata sotto il controllo della Cassa, la successiva alleanza/fusione con Open Fiber sarebbe solo una questione formale. Certo, resta lo scoglio della valutazione di Netco, un problema per qualsiasi veicolo o societa'' dovesse rilevare gli asset, ma la speranza di molti dei soggetti che stanno partecipando agli incontri e'' che avere i rappresentanti di Vivendi seduti al tavolo renda piu'' facile trovare una quadra. Messa cosi'' sembra semplice, ma c''e'' chi scommette che in qualche modo la trattativa potrebbe complicarsi. Cosi'' come gia'' successo nel recente passato, talvolta quando sembrava si fosse arrivati all''ultimo miglio del percorso. Se pero'' venisse confermata l''impostazione e si trovasse un accordo sulla valutazione di Netco, Tim si ritroverebbe con molto meno debito, meno personale (con ulteriori possibilita'' di snellimento), con un asset come il Brasile in costante crescita e con tutto il potenziale del business Enterprise da sfruttare. E cosi'' c''e'' chi gia'' scommette che a quel punto potrebbe essere Tim la protagonista del tanto atteso e invocato (da tutti gli operatori) consolidamento del settore delle telecomunicazioni. Superato uno scoglio difficile come lo scorporo della rete, per un manager come Labriola a quel punto affrontare un merger tra gruppi privati potrebbe quasi apparire come una strada in discesa.
 
Per quel che vale AT su questo titolo mosso più che altro da accordi/vicende a livello politico, quindi sopra le nostre teste..
agevolo cmq il grafico dove si evince una certa resilienza per le Telecom33 scende lungo un canale ma in modo blando,
dovesse ritornare verso 102,5 o più in basso potrei tentare un nuovo ingresso.
imho non ho fretta ma dopo la Befana sarebbe un regalo gradito :cool:

Telecom33 7,75
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Telecom Italia sostiene lo schema di eco rating degli smartphone​

21 DICEMBRE 2022

Il Gruppo TIM è stato l'ultimo di un numero crescente di operatori a sottoscrivere un sistema di rating che valuta l'impatto ambientale degli smartphone, unendosi a Orange, Telia, Deutsche Telekom, Telefonica e Vodafone.
L'iniziativa Eco Rating valuta il livello di sostenibilità dei dispositivi con l'obiettivo di "incoraggiare decisioni di acquisto più consapevoli e sostenibili da parte dei clienti".

Telecom Italia e TIM Brasil prevedono di iniziare ad applicare le etichette Eco Rating a specifici dispositivi il prossimo anno. I dispositivi vengono valutati in base a vari parametri relativi alla produzione, al trasporto, all'uso e allo smaltimento.
Nella sua dichiarazione sulla mossa, TIM ha osservato oltre a informare i consumatori, lo schema "incoraggerebbe i fornitori a ridurre l'impatto ambientale dei loro dispositivi e promuovere una maggiore trasparenza nella catena di produzione".
Da quando è stato istituito da un gruppo di operatori europei nel 2021, il numero di paesi coperti dal programma è aumentato a 35 in EMEA e Sud America. Gli attori coinvolti prevedono di aprirlo ai mercati della regione Asia-Pacifico in futuro.
Oltre agli operatori fondatori e al nuovo membro del Gruppo TIM, hanno aderito anche EE, NOS e Proximus. Anche fornitori come Samsung, Huawei, Sony, Vivo, Fairphone e Xiaomi sostengono lo schema.
 
Ne verremo mai fuori???
Nn se ne puo piu
😴😴😴😴
 

Altro che barriere: così la cinese Huawei domina le telecom 5G in Italia e Germania.​


Nonostante la «guerra» occidentale contro Huawei, otto Paesi europei continuano ad affidare più di metà delle proprie infrastrutture 5G all’azienda cinese. E in Italia il livello di penetrazione supera il 50 per cento

Ricordate la guerra occidentale contro la cinese Huawei perché rischiava di dominare la nostra telefonia di quinta generazione o 5G?

Non se ne parla più ed è prevalsa l’impressione che l’invasione di Huawei in un settore strategico delle nostre telecom sia stata bloccata.

Falso.

Ben otto paesi europei continuano ad affidare più di metà delle proprie infrastrutture 5G alla Huawei. La più dipendente dalla Cina è la Germania, ma l’Italia segue con un livello di penetrazione cinese che supera il 50%. Lo rivela un’inchiesta di Politico che riaccende i riflettori su una vicenda dimenticata.

Ricapitolo le puntate precedenti.

Ben due governi americani – prima l’Amministrazione Trump poi quella attuale di Joe Biden – lanciarono un’offensiva diplomatica per mettere in guardia tutti gli alleati: comprare da Huawei le infrastrutture del 5G significa mettersi in casa un cavallo di ***** dello spionaggio cinese.

Il 5G è la tecnologia che consentirà una nuova rivoluzione digitale, un salto di velocità in tutte le nostre comunicazioni, l’apertura di opportunità inaudite per il cosiddetto Internet delle cose - la comunicazione ultra-rapida tra macchine dotate di «intelligenza artificiale (prima ancora dei consumatori, le applicazioni più interessanti saranno nell’industria, nella logistica e nei trasporti).

Come tante rivoluzioni tecnologiche anche il 5G ha caratteristiche «duali» cioè invade un territorio dove l’economia civile, la sicurezza nazionale, la difesa e la dimensione militare sono contigue. L’invasione delle nostre telecomunicazioni da parte di un colosso pubblico cinese che ha forti rapporti con le forze armate di Pechino, secondo gli americani è un pericolo da evitare.

La campagna di Washington contro Huawei sembrò avere successo, alcuni governi (a cominciare da quello britannico) cancellarono dei contratti con l’azienda di Stato cinese, altri promisero solennemente di limitarne la penetrazione. Poi su Huawei si è abbattuta un’altra offensiva dagli Stati Uniti, con l’embargo sulle forniture di semiconduttori made in Usa. Per quanto il grosso dei micro-chip siano prodotti in Asia, gli Stati Uniti conservano una leadership nella progettazione e produzione di alcuni semi-conduttori particolarmente avanzati, di cui Huawei ha bisogno. La proibizione di venderglieli, da parte dell’Amministrazione Biden, ha sferrato un colpo all’azienda cinese.

Di Huawei negli ultimi mesi si è parlato sempre meno, e la sua fortuna è parsa in declino. Ma Politico pubblica due studi recenti che gettano una luce nuova su questa vicenda. Il primo è di una società di analisi e consulenza con sede in Danimarca, la Strand Consult. Il secondo è della società Dell’Oro Group basata in California. La conclusione è che Huawei, pur avendo perso quote di mercato in molti paesi europei, che hanno preferito rivolgersi a Ericsson e Nokia per il 5G, rimane il principale fornitore in altri paesi tra cui l’Italia.

Nella media europea i cinesi oggi i cinesi forniscono il 22% delle apparecchiature 5G contro il 42% di Ericcson (svedese) e il 32% di Nokia (finlandese). Però in Italia continua a dominare Huawei con il 51% e in Germania arriva al 59%. Anche Olanda e Austria figurano tra i paesi dove Huawei occupa più del 50% del mercato.

«Dipendere dalle telecom cinesi – sostiene l’analisi Strand – è ancora più pericoloso che dipendere dal gas russo». Il problema non lascia indifferente la Commissione europea, che di recente – per bocca della commissaria Magrethe Vestager – ha lanciato un allarme sulla lentezza di alcuni governi nel garantire la sicurezza del 5G. La vicepresidente della Commissione nonché responsabile per il settore digitale ha dichiarato: «Ci sono Paesi che hanno varato nuove normative ma non le hanno applicate. La Germania è uno di questi, ma non è sola».

Nel mirino ci sarebbe anche la Golden Share adottata dal governo Draghi, che dà poteri di controllo e di veto sugli investimenti stranieri in settori strategici, ma non è stata utilizzata in modo tale da impedire una posizione dominante dei cinesi.

Tra i paesi «virtuosi» si segnalano Francia e Belgio dove la quota di mercato della Huawei è crollata, rispetto ai livelli raggiunti con il 3G e il 4G. Il 5G è uno dei tanti casi dove l’Europa ha un mosaico di normative diverse, le competenze e i poteri di vigilanza sono nazionali, con il risultato che manca un approccio comune. Nel caso della Cina la frammentazione delle regole sembra essere un’opportunità.
 
avete idea del perchè su directa è sparito il book su telecom ?
 
Dal 1/1 il book su EuroTLX e' a pagamento, quindi l'hanno disabilitato a tutti. Se vuoi vederlo devi riattivarlo e pagare (2 euro al mese).
che spilorci !! KO!
ho solo telecom a 98 sul tlx e non ne vale la pena attivare il servizio .... tanto la ricomprerò solo dopo un crollo e non mi serve il book :D
 
che spilorci !! KO!
ho solo telecom a 98 sul tlx e non ne vale la pena attivare il servizio .... tanto la ricomprerò solo dopo un crollo e non mi serve il book :D
Se ci dici a quanto vuoi rientrare, qualcuno di noi per un euro al mese ti avvisa... :D
 
Telecom Italia - Proposte per la rete Tim entro metà gennaio
Oggi 11:01 - EQ
Il Messaggero riassume in un articolo la situazione relativa al dossier rete di Tim, senza aggiungere molti elementi rispetto a quanto emerso a fine dicembre. Il governo avrebbe chiesto al termine dell`incontro di fine dicembre alle parti (CDP e Vivendi) di formulare proposte per sbloccare l`impasse su come arrivare a una società della rete fissa a controllo statale. CDP sostiene la strada dell`offerta su NetCo e dovrebbe presentare un`offerta non vincolante insieme a Macquarie entro il 15-20 gennaio riproponendo quindi nella sostanza la strada del MoU incluso il tema antitrust. L`articolo parla di valutazioni di 15-18 bn, inclusive di 10bn di debito e 21k dipendenti, cifre già circolate in passato. Vivendi spingerebbe per un demerger ma CDP avrebbe sollevato il tema dell`eccesso di leva residua nella ServCo (8 bn di troppo secondo l`articolo).
Oggi non ci sono altri elementi che suggeriscano un avvicinamento tra le parti ma, come commentato nei giorni scorsi, rileviamo positivamente il forte impegno del governo sul dossier e la disponibilità da parte del governo di individuare forme di supporto al settore che possano avvicinare le parti. Tim avrà un CdA il 18 gennaio.
 
Tim: rete, Macquarie puo' finanziare (MF)
Oggi 10:20 - MF-DJ
ROMA (MF-DJ)--Governo, azionisti e investitori interessati stanno tessendo la rete pubblica. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, settimana prossima, fra il 12 e il 13 gennaio, e'' in programma una nuova riunione del tavolo tecnico convocato per dipanare la matassa infrastrutturale. Pochi giorni piu'' tardi, il 15 gennaio, e'' previsto il cda di Fibercop, la societa'' partecipata da Tim, Kkr e Fastweb, mentre il 18 gennaio e'' in agenda il board di Tim. La trama va progressivamente componendosi e potrebbe contemplare un''offerta da parte di un veicolo ad hoc costituito da Cassa Depositi e Prestiti, un finanziamento ibrido da parte del fondo australiano Macquarie e un ruolo di sistema per le banche creditrici. La tela della rete pubblica, va detto, e'' stata disfatta piu'' volte negli ultimi mesi. Nulla esclude che l''esito possa ripetersi. Qualsiasi schema di operazione dovra'' infatti affrontare il vaglio delle parti coinvolte che hanno obiettivi diversi. A quanto filtra, tuttavia, gli interessi contrastanti sarebbero vicini a una composizione dopo gli incontri fra l''esecutivo e i soci di Tim, le cui rispettive posizioni sono ormai definite. Il governo intende portare sotto il proprio controllo la rete, un''infrastruttura strategica per la difesa e lo sviluppo del Paese. Forte del 23,8% del capitale, Vivendi punta a salvaguardare il suo investimento in Tim. Cdp e'' disposta a fungere da architrave dell''operazione, valorizzando l''investimento in Open Fiber, ma con un occhio ai bilanci e al divieto di aiuti di Stato. Per conciliare queste esigenze, le ipotesi alla studio sarebbero due: la scissione proporzionale della rete o la sua cessione a terzi. Il primo scenario, caldeggiato dai francesi, appare per tempi e procedure piu'' complicato e quindi, al momento, meno probabile. Starebbe invece prendendo slancio l''ipotesi di una vendita della rete Tim, se non altro perche'' si tratta di uno schema gia'' a lungo esplorato all''epoca dell''offerta di Open Fiber. Quel modello pare ormai superato, ma non i suoi artefici: Cdp e Macquarie. La prima potrebbe costituire un veicolo per acquisire Netco, la societa'' che racchiude le infrastrutture di Tim, per un prezzo da definirsi ma probabilmente compreso fra 15 e 20 miliardi e inclusivo di 10-11 miliardi di debito. Il fondo australiano Macquarie non ne sarebbe azionista e parteciperebbe all''operazione tramite uno strumento ibrido, a meta'' fra il debito e il capitale di rischio, che potrebbe assumere la forma di un finanziamento mezzanino. In questo disegno avrebbero un ruolo cruciale anche alcune banche creditrici che potrebbero ricevere strumenti finanziari partecipativi, un domani convertibili in azioni della nuova societa'' della rete. Sarebbe questo un ulteriore elemento di complessita'' in una trama gia'' intricata. La disponibilita'' degli istituti di credito a partecipare a un''operazione di sistema e'' tutta da accertare. D''altra parte, nelle intenzioni del governo, oltre che strategico la newco a controllo pubblico dovrebbe rivelarsi anche un investimento redditizio. Per la stessa ragione, il gruppo guidato da Pietro Labriola potrebbe mantenere una partecipazione nella societa'' infrastrutturale. La prospettiva di un apprezzamento della quota di Tim nella newco potrebbe del resto contribuire a ridurre le attese di incasso immediato da parte di Vivendi. Nel libro soci della rete dovrebbe infine figurare anche Kkr, azionista al 37,5% di Fibercop, societa'' della rete secondaria controllata al 58% da Tim. Il private equity americano ha gia'' fatto filtrare la disponibilita'' a investire nell''operazione in accordo col governo. Il finanziamento ibrido di Macquarie al veicolo di Cdp potrebbe aiutare a raggiungere un equilibrio fra i due fondi -che all''epoca della proposta di Open Fiber avevano interessi finanziari contrapposti- cosi'' come l''ingresso nel cda di Tim del presidente di Fibercop, Massimo Sarmi.
 

L'Italia indaga Telecom Italia per il reclamo sull'accesso ai dati.​

L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sta valutando la possibilità di costringere Telecom Italia a consegnare i dati chiave della copertura mobile ai rivali mentre indaga se la società ha abusato della sua posizione dominante bloccando i concorrenti da una gara d'appalto governativa.
 
Nel mentre......quasi a 109.
Rimango appollaiato poco sopra 105
 
Nel mentre......quasi a 109.
Rimango appollaiato poco sopra 105
io ho incrementato la 2034 in dollari.. sento che una piccola svolta nel futuro dell'azienda e' vicina.. e mi sembra che lo senta anche il mercato .. che da un po' fa lentamente salire sia questa in dollari che quella in euro scadenza 2033
 
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