Deliri ecologisti? così come l'ultima modifica della costituzione
Povertà, inflazione, lavoro povero, disuguaglianze, transizione ecologica e digitale, crisi demografica. Nuovi equilibri o dis-equilibri globali. Il ricorso alle guerre, i nuovi imperialismi e l’indebolirsi di qualsiasi autorità sovranazionale «terza» in grado di comporre i conflitti. Anche se le opportunità continuano a crescere, il mondo è oggi più debole di fronte alle questioni che lo attraversano. Con il rischio di avvitarsi in una spirale che lo conduce da una crisi all’altra.Abbiamo di fronte sfide da far tremare i polsi, e questo vale non solo per l’Italia. Per non farsi prendere dal catastrofismo, è però necessario non dimenticare che le nostre società – a partire da quella italiana – hanno tutte le risorse per farcela.Da dove iniziare? Come aggregare le tante forze costruttive che sono presenti e che vediamo attorno a noi, ma che sembra non riescano a «dare la linea» per attraversare questo tempo così sfidante?
La nostra convinzione è che, più che un nuovo partito, abbiamo bisogno di un nuovo «spartito», cioè di un nuovo metodo che metta in connessione permanente il pensiero con l’azione virtuosa ed efficace che viene già sperimentata dalle tante persone che nei territori, nelle organizzazioni, nelle istituzioni stanno lavorando per orientare l’intera comunità nazionale (e internazionale) verso un futuro di prosperità, integrazione e pace.La crisi della democrazia del nostro paese – che è simile a quella che si riscontra anche altrove – nasce dalla crescente incapacità dei partiti di stabilire contatti vitali con ciò che si realizza – nel bene e nel male – nel tessuto della società. Per questo serve una nuova rappresentanza sociale e politica, che renda quotidiano il rapporto tra queste due sfere su tutte le sfide globali e del territorio.L’impegno civico e sociale rimane ancora oggi il terreno più fertile per la rigenerazione di quel senso di cittadinanza senza il quale le democrazie si indeboliscono.Proponiamo dunque uno «spartito» perché non serve semplicemente un nuovo partito: i problemi della politica e della rappresentanza non si risolvono con formule o sigle, ma tornando a occuparsi delle vere ragioni che hanno messo in crisi il meccanismo stesso della rappresentanza.Piano B non intende costituire un orientamento omogeneo sulle forme attraverso le quali costruire la nuova rappresentanza, ma piuttosto vuole esprimere una convinzione, quella sì, netta e forte,sulla necessità di costruire discontinuità rispetto alle risposte politiche, economiche e sociali tutt’ora in campo, che risultano sempre più insufficienti ad affrontare e a risolvere le questioni che si aprono davanti alla condizione umana in questa fase storica. Il mondo così com’è non ci piace, al di là dei tanti traguardi che abbiamo raggiunto. Serve una nuova idea di futuro, di convivenza, di economia. Uno slancio nuovo che deve venire dal profondo dell anostra società.La nostra democrazia è ammalata di (non) partecipazione. Più della metà degli italiani non solo non vota più, ma in generale non partecipa. È sempre più difficile riunire e associare le persone per perseguire un obiettivo comune. Come documenta l’ultimo rapporto Censis, l’anno appena concluso è il primo in cui si registra un calo di partecipazione anche nel volontariato. Tendenza aggravata da una informazione sempre più delegittimata (e talvolta contaminata) dalle campagne di fake news. Ma se crolla la fiducia nella rappresentanza è tutta la democrazia a indebolirsi.Il lavoro svolto dalle tante realtà economiche e sociali che sono la vera forza del paese mostra che abbiamo un tesoro di competenze ed esperienze che già utilizza un paradigma nuovo, fortemente legato ai concetti di generatività, solidarietà, sostenibilità,complessità. Un paradigma che unisce già, con un filo invisibile, un vasto insieme di persone e organizzazioni capaci di quella razionalità sociale e di quella ricchezza di senso del nostro vivere che sono alla base della prosperità economica e sociale. Un tesoro fatto di imprese che coniugano la legittima ricerca del profitto con un elevato impatto positivo sociale e ambientale, di cittadini, comunità locali e organizzazioni del terzo settore che hanno sposato la mentalità «contributiva» (che si fonda sulla domanda «cosa posso fare per il mio territorio?») invece di quella «estrattiva» (basata su rendite e dipendenza passiva da sostegni pubblici).
Un metodo per il cambiamento.
Che fare, dunque? La nostra proposta è quella di procedere con un metodo ben preciso che parte dall’analisi dell’anatomia e delle patologie del mondo in cui viviamo ed elabora un’idea di «salute» e bene comune ponendola come l’orizzonte verso il quale le politiche di cura possono e devono orientarsi. La nostra idea di salute è molto chiara. Si basa sul legame profondo tra individuo e società. Esiste un filo d’Arianna che ci porta fuori da depressione, ansia, povertà di senso e, come conseguenza, da crisi ambientali, sociali edemografiche. Oggi sappiamo con certezza, grazie a innumerevoli ricerche condotte in vari paesi (compresa l’Italia), che le persone sono «cercatrici di senso» e che la soddisfazione e la ricchezza di senso del vivere dipende dalla qualità della nostra vita di relazioni,fatta di partecipazione, cittadinanza attiva e generatività (intesa come impatto positivo della nostra vita sulle vite altrui).Per ripartire è necessario rimettere al centro la costruzione di società che rendono più facile e possibile la fioritura della vita umana(life flourishing, come il titolo di un famoso corso di recente introdotto persino nella prestigiosa università di Harvard). Non dobbiamo avere paura di puntare in alto, alla felicità, un’aspirazione che è indicata come fine ultimo, peraltro, già dai padri della Costituzione americana, ispirati in questo dall’illuminismo napoletano che fece nascere l’economia civile. Tenendo sempre a mente, però, che la felicità è scomoda, arriva solo se accetti la fatica di metterti in cammino. Un cammino fatto di «beni di stimolo», che rende alla fine la tua vita interessante e ricca di senso.