Biennale di Venezia: Beatrice & Buscaroli nominati curatori del Padiglione Italia

  • Ecco la 66° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    I principali indici azionari hanno vissuto una settimana turbolenta, caratterizzata dalla riunione della Fed, dai dati macro importanti e dagli utili societari di alcune big tech Usa. Mercoledì scorso la Fed ha confermato i tassi di interesse e ha sostanzialmente escluso un aumento. Tuttavia, Powell e colleghi potrebbero lasciare il costo del denaro su livelli restrittivi in mancanza di progressi sul fronte dei prezzi. Inoltre, i dati di oggi sul mercato del lavoro Usa hanno mostrato dei segnali di raffreddamento. Per continuare a leggere visita il link

se credete di trovare capolavori indiscussi di maestri assoluti sui listini dei discount o sui cataloghi di postal market, fate pure. Ma mi sa che il punto è un altro: non interessa il valore spirituale ma l'investimento economico. Niente di male, basta essere chiari
 
microalfa, invece, è aggiornatissimo... che tu possa trovare bravi artisti in giro per l'Italia non ne dubito, ma è come far la spesa alla drogheria sotto casa avendo sul'altro lato della strada un megastore.

Non dimenticare che noi come popolazione siamo 50.000.000 circa e sinceramente preferisco fare la spesa in un negozio specializzato e non presso un megastore forse il negozio sotto casa è più specializzato basta essere un intenditore non per essere nazionalista ma preferisco valorizzare le cose nostre i nostri artisti e quello che vogliono trasmettere con le loro opere
 
se credete di trovare capolavori indiscussi di maestri assoluti sui listini dei discount o sui cataloghi di postal market, fate pure. Ma mi sa che il punto è un altro: non interessa il valore spirituale ma l'investimento economico. Niente di male, basta essere chiari

siamo ospiti di un sito finanziario ed in una sezione dal titolo inequivocabile..non pensavo fossero necessari ullteriori chiarimenti.

i capolavori indiscussi di maestri assoluti sono già in buone mani e il droghiere caso gliene fosse sfuggito uno non aspetta certo voi.
 
Non dimenticare che noi come popolazione siamo 50.000.000 circa e sinceramente preferisco fare la spesa in un negozio specializzato e non presso un megastore forse il negozio sotto casa è più specializzato basta essere un intenditore non per essere nazionalista ma preferisco valorizzare le cose nostre i nostri artisti e quello che vogliono trasmettere con le loro opere

scelta che rispetto anche se non mi trova concorde. Ho anch'io diversi italliani in collezione, soprattutto giovani, li sostengo e li incoraggio ma non mi faccio soverchie illusioni sul loro futuro per ragioni che microalfa ha sintetizzato brillantemente ed io stesso ripetuto più volte.
Come si faccia a non rendersi conto che siamo un paese in recessione culturale proprio non me lo spiego. Probabilmente riavremo ancora un altro Rinascimento ma temo di non riuscire a vederlo.
Quanto alla metafora tra drogheria e megastore (che il sig. Daw tende maliziosamente a travisare) evidentemente si fa finta di non capire che perdere l'opportunità di rivolgersi ad un mercato mondiale per accontentarsi di ciò che passa il convento patriottico, mi sembra una grandissima sciocchezza, sia sotto il profilo culturale che economico.
Comprereste un auto scegliendo solo tra fiat, lancia ed alfa, pur sapendo che trovate analoga qualità a prezzi migliori oltre le alpi?
Evitereste di leggere Hemingway solo perché è straniero?
e tutti quei dischi stranieri chi li compra? mia nonna?
suvvia!
 
chiariamo alcuni punti:

intanto credo che sia sempre l'economia a doversi adeguare alle esigenze della cultura, o che quanto meno ne debba tenere in considerazione le istanze. Se ci sono storture da denunciare, artisti sopravvalutati e altri sottovalutati, credo che le cause siano da ricercare proprio nell'ansia da profitto immediato, che comporta scarsa lungimiranza (e il discorso si potrebbe estendere facilmente al di fuori del sistema dell'arte). In ogni caso su questo forum compaiono spesso e volentieri proclami in cui si prevede l'emergere, sulla lunga distanza, dei "veri valori" spirituali e di ricerca dell'arte. Ora, se arsonist non si fa "soverchie illusioni" sul futuro dei giovani italiani che ha in collezione, bisogna distinguere due livelli del discorso:

1-questi giovani italiani non si rivaluteranno quindi non ci guadagnerò un soldo, mentre speculando sui cinesi o sull'est europa ho concrete possibilità di vedere crescere gli investimenti

2-nessuno mi assicura che il valore intrinseco, storico-estetico di questi artisti sia effettivamente superiore a quello dei colleghi italiani. Ma al momento il mercato li premia e mi offre determinate garanzie. Fra 100 anni si tireranno le somme, ma intanto business as usual

In un altro topic sostenevo che forse lo spirito dei nostri tempi sta proprio in questa spregiudicata ricerca del profitto e che probabilmente una speculazione può essere altrettanto geniale ed artisticamente rilevante quanto un dipinto. Bisogna però specificare: l'intenzione resta fondamentale, la volontà artistica che si inserisce negli interstizi del sistema creando un cortocircuito esteticamente valido. Quindi NON tutte le speculazioni e gli affari, ma solo quelli che si pongono in competizione con dipinti e sculture (eterogeneità della forma, omogeneità degli intenti e del sistema di relazioni).
Il fenomeno è culturalmente rilevante e degno di attento studio, tantopiù che la situazione attuale ne subisce la quasi totale egemonia. Nulla vieta però di pensare che la fase sia transitoria e storicamente determinata e che il futuro ci possa prospettare un riassestamento del sistema globale poggiato su criteri diversi e per ora imperscrutabili. Tuttavia le istanze vanno in direzioni abbastanza precise: senza rinnegare la consapevolezza "relazionale" ed affaristica che l'arte ha conquistato negli ultimi due secoli (si, perché non è certo un discorso riferito solo alla stretta contemporaneità) assistiamo ad un prepotente ritorno di "carico spirituale", di ricerca sempre più serrata sui contenuti e sulle forme, di mediazione (ormai assolutamente necessaria) fra moda e persistenza, peso storico. Insomma, anche Hirst si chiede esplicitamente se i suoi lavori resisteranno al giudizio dei posteri. Paradossalmente quelli che se ne preoccupano meno sono proprio i collezionisti, ma tant'è. In particolare però i collezionisti "provinciali", che per questioni di status e, come detto, di profitto a breve termine, snobbano proposte artistiche poco "cool" e "à la page" (sic). Eppure guardate quest'articolo (http://www.exibart.com/notizia.asp?IDCategoria=44&IDNotizia=27215), che grida allo scandalo della mediocrità italica. Guardate le immagini che Guaglianone propone come termine di paragone. Vi sembra accettabile una tale stroncatura del panorama italiano? Pensate ad uno come Yan Pei Ming, a Jenny Saville, Cecily Brown, Glenn Brown, Jason Martin, Wilehlm Sasnal, Andro Wekua su su fino a Schnabel e Murakami. Tutti ottimi artisti, senza paragone in Italia per impatto economico, ma non certo dal punto di vista del valore artistico. Certo che se il metro di paragone resta la transavanguardia, la polemicuzza sull'arte povera di sinistra e roba del genere, strada non se ne fa. E soprattutto non si fa strada se gli operatori permangono in questo stato permanente di minorità, con questi complessi provinciali che, come detto, nascondono la volontà di attenersi a dettami globalizzati in quanto portatori di lucro e prestigio, entrambi sovrastimati. Intanto, giusto per fare un esempio, abbiamo una scena di ex-writer che il mondo ci invidia e BLU, snobbato in patria, espone alla Tate.

Tutto questo per dire che la qualità in Italia c'è eccome, ma deve essere sostenuta dai privati e dalle istituzioni, al di là delle mode e fuori dalle retoriche autarchiche (non è certo questo il punto). Chissà che in futuro non torni alla ribalta sulla scena internazionale il made in italy, come più volte, quasi sempre a sorpresa, in passato è successo.
 
chiariamo alcuni punti:

intanto credo che sia sempre l'economia a doversi adeguare alle esigenze della cultura, o che quanto meno ne debba tenere in considerazione le istanze. Se ci sono storture da denunciare, artisti sopravvalutati e altri sottovalutati, credo che le cause siano da ricercare proprio nell'ansia da profitto immediato, che comporta scarsa lungimiranza (e il discorso si potrebbe estendere facilmente al di fuori del sistema dell'arte). In ogni caso su questo forum compaiono spesso e volentieri proclami in cui si prevede l'emergere, sulla lunga distanza, dei "veri valori" spirituali e di ricerca dell'arte. Ora, se arsonist non si fa "soverchie illusioni" sul futuro dei giovani italiani che ha in collezione, bisogna distinguere due livelli del discorso:

1-questi giovani italiani non si rivaluteranno quindi non ci guadagnerò un soldo, mentre speculando sui cinesi o sull'est europa ho concrete possibilità di vedere crescere gli investimenti

2-nessuno mi assicura che il valore intrinseco, storico-estetico di questi artisti sia effettivamente superiore a quello dei colleghi italiani. Ma al momento il mercato li premia e mi offre determinate garanzie. Fra 100 anni si tireranno le somme, ma intanto business as usual

In un altro topic sostenevo che forse lo spirito dei nostri tempi sta proprio in questa spregiudicata ricerca del profitto e che probabilmente una speculazione può essere altrettanto geniale ed artisticamente rilevante quanto un dipinto. Bisogna però specificare: l'intenzione resta fondamentale, la volontà artistica che si inserisce negli interstizi del sistema creando un cortocircuito esteticamente valido. Quindi NON tutte le speculazioni e gli affari, ma solo quelli che si pongono in competizione con dipinti e sculture (eterogeneità della forma, omogeneità degli intenti e del sistema di relazioni).
Il fenomeno è culturalmente rilevante e degno di attento studio, tantopiù che la situazione attuale ne subisce la quasi totale egemonia. Nulla vieta però di pensare che la fase sia transitoria e storicamente determinata e che il futuro ci possa prospettare un riassestamento del sistema globale poggiato su criteri diversi e per ora imperscrutabili. Tuttavia le istanze vanno in direzioni abbastanza precise: senza rinnegare la consapevolezza "relazionale" ed affaristica che l'arte ha conquistato negli ultimi due secoli (si, perché non è certo un discorso riferito solo alla stretta contemporaneità) assistiamo ad un prepotente ritorno di "carico spirituale", di ricerca sempre più serrata sui contenuti e sulle forme, di mediazione (ormai assolutamente necessaria) fra moda e persistenza, peso storico. Insomma, anche Hirst si chiede esplicitamente se i suoi lavori resisteranno al giudizio dei posteri. Paradossalmente quelli che se ne preoccupano meno sono proprio i collezionisti, ma tant'è. In particolare però i collezionisti "provinciali", che per questioni di status e, come detto, di profitto a breve termine, snobbano proposte artistiche poco "cool" e "à la page" (sic). Eppure guardate quest'articolo (http://www.exibart.com/notizia.asp?IDCategoria=44&IDNotizia=27215), che grida allo scandalo della mediocrità italica. Guardate le immagini che Guaglianone propone come termine di paragone. Vi sembra accettabile una tale stroncatura del panorama italiano? Pensate ad uno come Yan Pei Ming, a Jenny Saville, Cecily Brown, Glenn Brown, Jason Martin, Wilehlm Sasnal, Andro Wekua su su fino a Schnabel e Murakami. Tutti ottimi artisti, senza paragone in Italia per impatto economico, ma non certo dal punto di vista del valore artistico. Certo che se il metro di paragone resta la transavanguardia, la polemicuzza sull'arte povera di sinistra e roba del genere, strada non se ne fa. E soprattutto non si fa strada se gli operatori permangono in questo stato permanente di minorità, con questi complessi provinciali che, come detto, nascondono la volontà di attenersi a dettami globalizzati in quanto portatori di lucro e prestigio, entrambi sovrastimati. Intanto, giusto per fare un esempio, abbiamo una scena di ex-writer che il mondo ci invidia e BLU, snobbato in patria, espone alla Tate.

Tutto questo per dire che la qualità in Italia c'è eccome, ma deve essere sostenuta dai privati e dalle istituzioni, al di là delle mode e fuori dalle retoriche autarchiche (non è certo questo il punto). Chissà che in futuro non torni alla ribalta sulla scena internazionale il made in italy, come più volte, quasi sempre a sorpresa, in passato è successo.

Sono perfettamente d'accordo complimenti per l'analisi
 
Caro Varoon potrei sapere cosa sia successo?
Scusa, ma mi sono perso qualche passaggio,
anzi mi sembra che siano letteralmente "spariti" alcuni messaggi !!!
Come mai?


Grazie






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chiariamo alcuni punti:

intanto credo che sia sempre l'economia a doversi adeguare alle esigenze della cultura, o che quanto meno ne debba tenere in considerazione le istanze. Se ci sono storture da denunciare, artisti sopravvalutati e altri sottovalutati, credo che le cause siano da ricercare proprio nell'ansia da profitto immediato, che comporta scarsa lungimiranza (e il discorso si potrebbe estendere facilmente al di fuori del sistema dell'arte). In ogni caso su questo forum compaiono spesso e volentieri proclami in cui si prevede l'emergere, sulla lunga distanza, dei "veri valori" spirituali e di ricerca dell'arte. Ora, se arsonist non si fa "soverchie illusioni" sul futuro dei giovani italiani che ha in collezione, bisogna distinguere due livelli del discorso:

1-questi giovani italiani non si rivaluteranno quindi non ci guadagnerò un soldo, mentre speculando sui cinesi o sull'est europa ho concrete possibilità di vedere crescere gli investimenti

2-nessuno mi assicura che il valore intrinseco, storico-estetico di questi artisti sia effettivamente superiore a quello dei colleghi italiani. Ma al momento il mercato li premia e mi offre determinate garanzie. Fra 100 anni si tireranno le somme, ma intanto business as usual

In un altro topic sostenevo che forse lo spirito dei nostri tempi sta proprio in questa spregiudicata ricerca del profitto e che probabilmente una speculazione può essere altrettanto geniale ed artisticamente rilevante quanto un dipinto. Bisogna però specificare: l'intenzione resta fondamentale, la volontà artistica che si inserisce negli interstizi del sistema creando un cortocircuito esteticamente valido. Quindi NON tutte le speculazioni e gli affari, ma solo quelli che si pongono in competizione con dipinti e sculture (eterogeneità della forma, omogeneità degli intenti e del sistema di relazioni).
Il fenomeno è culturalmente rilevante e degno di attento studio, tantopiù che la situazione attuale ne subisce la quasi totale egemonia. Nulla vieta però di pensare che la fase sia transitoria e storicamente determinata e che il futuro ci possa prospettare un riassestamento del sistema globale poggiato su criteri diversi e per ora imperscrutabili. Tuttavia le istanze vanno in direzioni abbastanza precise: senza rinnegare la consapevolezza "relazionale" ed affaristica che l'arte ha conquistato negli ultimi due secoli (si, perché non è certo un discorso riferito solo alla stretta contemporaneità) assistiamo ad un prepotente ritorno di "carico spirituale", di ricerca sempre più serrata sui contenuti e sulle forme, di mediazione (ormai assolutamente necessaria) fra moda e persistenza, peso storico. Insomma, anche Hirst si chiede esplicitamente se i suoi lavori resisteranno al giudizio dei posteri. Paradossalmente quelli che se ne preoccupano meno sono proprio i collezionisti, ma tant'è. In particolare però i collezionisti "provinciali", che per questioni di status e, come detto, di profitto a breve termine, snobbano proposte artistiche poco "cool" e "à la page" (sic). Eppure guardate quest'articolo (http://www.exibart.com/notizia.asp?IDCategoria=44&IDNotizia=27215), che grida allo scandalo della mediocrità italica. Guardate le immagini che Guaglianone propone come termine di paragone. Vi sembra accettabile una tale stroncatura del panorama italiano? Pensate ad uno come Yan Pei Ming, a Jenny Saville, Cecily Brown, Glenn Brown, Jason Martin, Wilehlm Sasnal, Andro Wekua su su fino a Schnabel e Murakami. Tutti ottimi artisti, senza paragone in Italia per impatto economico, ma non certo dal punto di vista del valore artistico. Certo che se il metro di paragone resta la transavanguardia, la polemicuzza sull'arte povera di sinistra e roba del genere, strada non se ne fa. E soprattutto non si fa strada se gli operatori permangono in questo stato permanente di minorità, con questi complessi provinciali che, come detto, nascondono la volontà di attenersi a dettami globalizzati in quanto portatori di lucro e prestigio, entrambi sovrastimati. Intanto, giusto per fare un esempio, abbiamo una scena di ex-writer che il mondo ci invidia e BLU, snobbato in patria, espone alla Tate.

Tutto questo per dire che la qualità in Italia c'è eccome, ma deve essere sostenuta dai privati e dalle istituzioni, al di là delle mode e fuori dalle retoriche autarchiche (non è certo questo il punto). Chissà che in futuro non torni alla ribalta sulla scena internazionale il made in italy, come più volte, quasi sempre a sorpresa, in passato è successo.

purtroppo, caro Daw, è la cultura che si è adeguata alle esigenze dell'economia. In altro thread è stata suggerita la lettura del libro di Thompson e credo che la parola più usata in quel libro sia stata "brand", terminolgia tipica del gergo degli economisti. scrivi che le cause siano da ricercare proprio nell'ansia da profitto immediato.
Ma da parte di chi? dei collezionisti provinciali come me che speculano? io non speculo, ma sicuramente non guadagno 12milioni dollari in una settimana come Cohen. perciò cerco di proteggere i miei risparmi attraverso scelte che (a mio esclusivo giudizio) ritengo mirate in tal senso, pur evitando di acquisire opere di artisti che non reputo interessanti.
Piuttosto il mercato è stato drogato da chi avrebbe gli strumenti (preparazione, conoscenza, contatti, ecc.) per raccontare la verità ma la vende al mercante di turno. Quali sono le scelte di campo delle riviste di settore? Dimmi un solo movimento artistico che sia stato stroncato da artforum o da flashart, un artista di cui non abbiano mai parlato. Persino le fiere, che per definizione sono luoghi in cui si mercanteggia, sono gestite dai galleristi, dai mercanti e dai curatori o critici che dir si voglia, con esclusuioni ed ammissioni spesso bizzarre. Il più importante museo d'arte contemporanea di questo paese è di proprietà del proprietario di Christie's, la casa d'aste più importante del mondo. Del tutto casualmente si trova a Venezia, del tutto casualmente in concomitanza con la Biennale si tengono in questo posto importanti mostre (d'arte? di promozione culturale?).. bah..io qualche dubbio me lo tengo... Abbiamo assistito ai primi casi di gestione diretta del proprio mercato da parte di artisti come Damien Hirst... Tu ci intravedi (se ho capito bene) nuove tendenze artistiche... io ci vedo solo speculazione.
In realtà io, piccolo collezionista, tutti noi che mettiamo la nostra passione e i nostri soldi in questo mercato siamo le uniche vittime di questo mondo, in cui dobbiamo muoverci quasi al buio fidandoci solo del nostro intuito e della nostra incoscienza.
Grazie, in ogni caso, di aver citato Blu, artista che ammiro, colleziono, e che probabilmente presto incontrerò. Purtroppo è vero: è nato nella nazione sbagliata.
 
Mi "auto-sospendo" per 15 giorni:

Carissimi "Amici dell'Arte",

Volevo comunicare a tutti che dopo una buona notte ( il sonno porta consiglio... ) ho maturato la scelta di prendermi 15 giorni di pausa dal forum.

Come aveva originariamente scritto l'amico Arsonist all'interno del gruppo sociale "Amici dell'Arte" http://www.finanzaonline.com/forum/group.php?do=discuss&discussionid=33&pp=10 in data 16/08/2008:

"Questo spazio tutto nostro, comunque, cerchiamo di utilizzarlo al meglio per le finalità originarie dell'iniziativa."

Ho cercato in tutti questi anni, il thread Piano di Accumulo Patrimonio Artistico (P.A.P.A.) "è nato" il 18/07/07 di crescerlo e difenderlo come fosse un figlio:

investart, padre fondatore della sezione e responsabile unico del papa (ratzinger non c'entra)

Tra i tanti amici, Investart è sicuramente il condottiero che con la sua tenacia ha consentito l'apertura di questa sezione e ne stimola costantemente l'appeal. Ama talmente l'arte che i suoi messaggi non sono pura comunicazione, diventano quadri: tra colori, dimensioni del carattere e impaginazione, dei quadri di impronta barocca. A lui vanno doverosi ringraziamenti.

Il "sentirmi come un padre" mi ha però ultimamente portato ad essere forse "troppo geloso" della mia creatura ed ad essere "meno lucido".

Non ho mai perso però la mia coerenza, non ho scritto per primo io delle Opere che vendevo su ebay ( arte e varoon me ne sono testimoni ) ed ultimo "il caso Vitone" ha dimostrato che in buona fede ho sempre consigliato agli "Amici dell'Arte" se non "il giusto investimento" sempre però quello che io facevo veramente per me

Ho quindi convenuto che è arrivato il tempo di lasciarlo, almeno per un pò, "camminare da solo" ed ho deciso di non leggere e scrivere per 15 giorni da oggi sul FOL.

Mi scuso quindi fin da ora se non leggerò e risponderò quindi per questi 15 giorni ai vostri messaggi.

Cordialmente.

investart

P.S. : pubblico questo messaggio anche sul thread del P.A.P.A. non per spam (:D) ma perchè mi sembra giusto essendo la sezione del FOL su "Arte & Investimenti" partita grazie a quel thread originariamente ospitato nella sezione dedicata a "ETF, Fondi e Gestioni e Investment Certificates"
 
Roberto,
detto molto amichevolmente, la stai facendo fuori dal vasino.

Non drammatizzare un semplice battibecco, specie in questa forma aulica che ho già definito "barocca".

Stai qui con noi, come sempre e come tutti esprimendo civilmente le tue idee e i tuoi gusti senza scene melodrammatiche o autocensure. Se occorressero eventualmente chiarimenti o scuse, si fanno e morta lì.

Come direbbe simpaticamente Carlo Verdone: ma va' a cagher...:):)

Ciao

micromario
 
Con l'amicizia che ci lega, ti chiedo di ripensarci. Capita a tutti di dire una cosa giusta, sebbene con il tono sbagliato. Tu sei una persona buona, per cui ci sei rimasto male tu per primo.

Con affetto, lascia stare e torna tra noi. Sei una colonna del Fol!!!
 
e' ora di dire basta al Padiglione Telemarket alla Biennale

Mi chiedo: ma perche' la Biennale continua ad appaltare il Padiglione Siriano a quegli organizzatori che continuano ad invitare artisti italiani, che poi sono quelli sponsorizzati da Telemarket??

Non ce l'ho tanto con TM, quanto con il fatto che - per colpa di questi organizzatori - non si riescono mai a vedere artisti siriani alla Biennale. Per invitare poi chi? Artisti italiani neanche tanto contemporanei...
Mi dicono che gli artisti siriani forse siano tra i migliori del medioriente, forse quelli su cui puntare. Sono anni che si dice che si vuole lanciare il mercato dell'arte araba, ma perche' non si puo' iniziare dalle Biennale e dalla Siria? Invece di vedere i soliti Emblema, Pozzati & Co al Padiglione Siriano?

Navigando su internet ho trovato un articoletto che si scaglia sui peggio padiglioni (non mi sembra citi il padiglione Italiano) e chiude su quello siriano, chiedendosi come mai invitano sempre un gruppo di pessimi artisti italiani...

http://bidoun.com/venice/?p=91
 
In merito al padiglione siriano, che ho visitato, volevo solo fare notare che ci sono anche artisti siriani (Issam Darwich e Yasser Hammoud) e un giovane finlandese.
Gli italiani sono 7. Non mi sembra siano tutti di TM (anche Lombardo e Simeti sono della scuderia?).

Io credo che gli organizzatori italiani mettano i soldi, le risorse e le idee... la siria consegna la chiave per entrare.
La falla eventualmente è a monte. nel sistema biennale.
Il curatore "cura" solo la mosrta centrale. Tolta quella, ogni padiglione invita chi vuole. La qualità dei signoli padiglioni non è dunque garantita da un organo centrale.
O almeno, non è uniforme, visto che c'è libertà per ogni nazione presente di invitare chi vuole affidando l'ideazione della micro-mostra ad un proprio organizzatore.
O mi sbalgio e vi risulta che le proposte delle varie nazioni siano soggette ad un controllo di qualità centrale?
Detto ciò, gli italiani erano presenti anche in altri padiglioni nazionali per un totale di 77 presenze, di cui solo una ventina nel padiglione italiano...
Quindi, a mio avviso, le stonature ci sono e sono un pò diffuse.
Ciao
 
In merito al padiglione siriano, che ho visitato, volevo solo fare notare che ci sono anche artisti siriani (Issam Darwich e Yasser Hammoud) e un giovane finlandese.
Gli italiani sono 7. Non mi sembra siano tutti di TM (anche Lombardo e Simeti sono della scuderia?).

Io credo che gli organizzatori italiani mettano i soldi, le risorse e le idee... la siria consegna la chiave per entrare.
La falla eventualmente è a monte. nel sistema biennale.
Il curatore "cura" solo la mosrta centrale. Tolta quella, ogni padiglione invita chi vuole. La qualità dei signoli padiglioni non è dunque garantita da un organo centrale.
O almeno, non è uniforme, visto che c'è libertà per ogni nazione presente di invitare chi vuole affidando l'ideazione della micro-mostra ad un proprio organizzatore.
O mi sbalgio e vi risulta che le proposte delle varie nazioni siano soggette ad un controllo di qualità centrale?
Detto ciò, gli italiani erano presenti anche in altri padiglioni nazionali per un totale di 77 presenze, di cui solo una ventina nel padiglione italiano...
Quindi, a mio avviso, le stonature ci sono e sono un pò diffuse.
Ciao

Certamente le stonature sono un po' dappertutto, ma questa e' macroscopica. Padiglione siriano: 7 italiani e 2 siriani. E sono pure stati sbeffeggiati dalla stampa specializzata araba. E non e' nemmeno la prima volta che la Siria diventa il padiglione TM. Ma per favore...
 
Certamente le stonature sono un po' dappertutto, ma questa e' macroscopica. Padiglione siriano: 7 italiani e 2 siriani. E sono pure stati sbeffeggiati dalla stampa specializzata araba. E non e' nemmeno la prima volta che la Siria diventa il padiglione TM. Ma per favore...




Se per consolarsi un po' dalla grande delusione del nostro Padiglione occorre guardare a chi sta peggio di noi (la Siria!), vuol dire che siamo messi davvero molto male.




.
 
Se per consolarsi un po' dalla grande delusione del nostro Padiglione occorre guardare a chi sta peggio di noi (la Siria!), vuol dire che siamo messi davvero molto male.
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Ciao Arte,
il Padiglione Italia non c'entra nel mio discorso. Volevo postare un articolo che guardasse alla Biennale con occhi diversi (quelli del mondo arabo). Far notare i diversi punti di vista (quello che ho postato e' un articolo di un rivista d'arte mediorientale). Sarebbe errato liquidare con supeficialita' la view del mondo arabo sulla Biennale. Per loro lo scandalo non e' il Padiglione Italia, ma e' quello Siriano. E stiamo parlando probabilmente di un potenziale mercato che e' venti volte quello Italiano.

Noi crediamo che il Padiglione Italia sia al centro del mondo (nel bene e nel male): in realta' a livello di stampa specializzata internazionale e' passato sotto silenzio, come tanti altri padiglioni...

Ciao e buon fine settimana.
 
buon giorno

eeeeeeeeeee buon divertimento


Caso Brancusi
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Il caso Brancusi si riferisce ad una singolare vicenda giudiziaria che ebbe come protagonisti lo scultore rumeno Constantin Brancusi, un funzionario doganale americano e una scultura (oggi famosa): Bird in Space.


Indice [nascondi]
1 Premesse
2 Il fatto
3 Il processo
4 La decisione
5 Commenti
6 Collegamenti esterni



Premesse [modifica]
Due brevi premesse sono necessarie per meglio comprendere la dinamica dei fatti processuali:

la ricerca artistica di Brancusi porta lo scultore ad una progressiva stilizzazione delle forme;
nel 1910 diventa amico di Marcel Duchamp, il quale si incarica di promuovere le sue opere negli Stati Uniti.

Il fatto [modifica]
Nel'ottobre del 1926, Brancusi, decide di esporre negli Stati Uniti una sua scultura del 1923, Bird in Space, dalle forme molto stilizzate (attualmente la scultura è stata valutata 27,5 milioni di dollari[senza fonte]).

Brancusi sbarca a New York dalla nave Paris, accompagnato dall'amico Marcel Duchamp, diretti alla galleria d'avanguardia Brummer.

Un funzionario della Dogana (F.J.H. Kracke) apre la cassa e scopre, tra le altre cose, un oggetto di bronzo lucido su una base di metallo. Poiché non riusciva a vederci l'essenza del volo, cioè quello che l'artista voleva comunicare, il funzionario classificò l'oggetto come "Kitchen Utensils", destinato al commercio, rifiutando di applicare l'esenzione fiscale (duty free) prevista dal paragrafo 1704 del Tariff Act del 1922, relativo alle opere d'arte.


Duchamp e Brancusi si indignano, protestano, fanno presente che l'oggetto è una scultura ed è destinata al Brummer show, cercano di fare leva sulla notorietà dello scultore che aveva già esposto nel 1913 all' Armory show (una mostra minimalista), sulla evidente portata artistica dell'oggetto e anche sulla probabile ironia che avrebbero fatto i giornali definendo il maestro "scultore di cose insignificanti".

Ma non c'è nulla da fare: Brancusi si vede quindi costretto a pagare la cifra prevista dal paragrafo 399 per l'importazione di manufatti di metallo: il 40% del prezzo di vendita, ossia (su $240) circa $2,400. Il funzionario fuga ogni suo residuo dubbio (sull'introduzione di oggetti nel Paese a scopo di commercio, dunque tassabili) quando scopre che Brancusi ha venduto delle altre sculture.

Per Brancusi non c'è altra strada che quella del processo, ma alle udienze non compare personalmente: preferisce farsi rappresentare dai propri legali, Maurice Speiser e il suo socio Charles Lane. Inizia il processo Brancusi v. United States, U.S. Customs Court, Third Division che terminerà due anni dopo con la decisione del 26 novembre 1928.


Il processo [modifica]
Supreme Court JusticeI giudici sono George Young e Byron Waite.
Sei testimoni depongono a favore di Brancusi: il fotografo Edward Steichen, lo scultore Jacob Epstein, l'editore della rivista The Arts Forbes Watson, l'editore di Vanity Fair Frank Crowninshield, il direttore the del Brooklyn Museum of Art William Henry Fox ed il critico d'arte Henry McBride.
Marcus Higginbotham è l'avvocato che rappresenta la Dogana. Ci sono anche due testimoni per il Governo U.S.A.: gli scultori Robert Aitken e Thomas Jones.
La Dogana difende l'operato del proprio funzionario, richiamando un precedente giudiziario: il caso United States v. Olivotti del 1916, dove si era riconosciuta la qualifica di "opera d'arte" solo a quei manufatti che sono "imitations of natural objects" (imitazioni di oggetti della natura).
Viene esibita la scultura come reperto Exhibit 1 e comincia l'interrogatorio dei testimoni.
Il giudice Waite chiede a Steichen «Lei come lo chiama questo?», e Steichen risponde: «Lo chiamo come lo chiama lo scultore, oiseau, cioè uccello».
Waite continua: «Come fa a dire che si tratti di un uccello se non gli somiglia?», e Steichen: «Non dico che è un uccello, dico che mi sembra un uccello, così come lo ha stilizzato e chiamato l'artista».
Waite incalza: «E solo perché egli (l'artista) lo ha chiamato uccello, questo le fa dire che è un uccello?» Steichen: «Si, vostro Onore».
Ma Waite insiste: «Se lei lo avesse visto per strada, lo avrebbe chiamato uccello? Se lo avesse visto nella foresta, gli avrebbe sparato?» e Steichen: «No, vostro Onore».
Durante il processo, tutti i testimoni di Brancusi difendono il lavoro di astrazione del maestro ed affermano che il nome dato all'opera non è rilevante quanto le proporzioni armoniose e la bella manifattura.
Al contrario, i testimoni governativi affermano che la scultura è too abstract (troppo astratta) ed è un abuso delle forme.
Nel controinterrogatorio, l'avvocato Speiser chiede ad Aitken (esibendo la scultura): «Mr. Aitken, mi direbbe perché questa non è un'opera d'arte?», e Aitken: «Prima di tutto perché non è bella e poi non mi piace".

I legali di Brancusi sostengono che la scultura è un'opera d'arte originale, argomentando dalla legge sul copyright; affermano che il loro assistito non l'ha prodotta for a profit (esibendo una lettera di Brancusi a Duchamp anteriore alla mostra, dove lo scultore scrive di aver rifinito l'oggetto by hand, cioè con le proprie mani). Ma questo non fa ancora di Brancusi un'artista agli occhi dei legali governativi, né dell'oggetto una scultura, perché nel Tariff Act del 1922, che dispone l'esenzione dal dazio per le opere d'arte, manca un criterio giuridico per individuarle e dunque i giudici devono fare ricorso ad elementi eterointegrativi.



La decisione [modifica]
Nella sentenza del 26 novembre 1928, i giudici assolvono Brancusi: Bird in Space è un'opera d'arte e come tale è esente dal dazio. In sentenza si legge: «L'oggetto considerato ... è bello e dal profilo simmetrico, e se qualche difficltà può esserci ad associarlo ad un uccello, tuttavia è piacevole da guardare e molto decorativo, ed è inoltre evidente che si tratti di una produzione originale di uno scultore professionale... accogliamo il reclamo e stabiliamo che l'oggetto sia duty free».


Commenti [modifica]
Edward SteichenI giudici che accolsero il reclamo di Brancusi, commentarono la vicenda affermando: «che abbiamo o no simpatia per le idee nuove o quelli che le rappresentano, pensiamo che la loro esistenza e la loro influenza nel mondo ... vada presa in considerazione».

Kracke (il funzionario doganale) in un'intervista all' Evening Post. spiega: «Se quello dice di essere un artista, io sono un muratore», ma in generale anche l'opinione pubblica era orientata a pensare che Brancusi come scultore lasciasse troppo all'immaginazione.

Lo stesso Steichen (che poi acquistò la scultura da Brancusi) afferma dopo il processo: «Bird in Space è stato il miglior testimone di sé stesso. È stato l'unica cosa che fosse chiara alla Corte: splendeva come un gioiello».
 
Ciao Arte,
il Padiglione Italia non c'entra nel mio discorso. Volevo postare un articolo che guardasse alla Biennale con occhi diversi (quelli del mondo arabo). Far notare i diversi punti di vista (quello che ho postato e' un articolo di un rivista d'arte mediorientale). Sarebbe errato liquidare con supeficialita' la view del mondo arabo sulla Biennale. Per loro lo scandalo non e' il Padiglione Italia, ma e' quello Siriano. E stiamo parlando probabilmente di un potenziale mercato che e' venti volte quello Italiano.

Noi crediamo che il Padiglione Italia sia al centro del mondo (nel bene e nel male): in realta' a livello di stampa specializzata internazionale e' passato sotto silenzio, come tanti altri padiglioni...
Ciao e buon fine settimana.





Concordo che il Padiglione Italia NON sia il centro del Mondo, figuriamoci. Secondo me non rappresenta nemmeno l'Italia.
Il fatto è che vogliamo sempre "fare le pulci" agli altri, preferendo non "vedere" in casa nostra.
ziorufus ha spiegato benissimo alcuni meccanismi della Biennale: Padiglioni, curatori, ecc....
Pertanto, da italiano, trovo più scandaloso il Padiglione Italia che non quello siriano. Un siriano vedrà peggiore il Suo........ siamo comunque tra "il meno peggio".
E sinceramente la trovo una magra consolazione. Tutto qui.


Ciao




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Dalla newsletter di Flash Art


UN GRANDE SUCCESSO IL PADIGLIONE ITALIA?
LO SOSTIENE LUCA BEATRICE

Cari amici, cosa è meglio alla BIENNALE DI VENEZIA? La sezione internazionale “Making Worlds” di Daniel Birnbaum? Oppure Bruce Nauman, o Roman Ondák, Fiona Tan, Nathalie Djurberg, Wolfgang Tillmans, Wade Guyton, Michelangelo Pistoletto? No, tutto questo è solo un contorno al munifico PADIGLIONE ITALIA, il quale ha anche contribuito a incrementare l'affluenza record del pubblico, mentre Sandro Chia e Gian Marco Montesano, grazie al PADIGLIONE ITALIA, hanno addirittura visto crescere le loro quotazioni del 15-20%.
Non è Silvio Berlusconi a L'Aquila che ostenta questi risultati, ma l'amico Luca Beatrice, il curatore (assieme a Beatrice Buscaroli) del PADIGLIONE ITALIA, (vedi Il Giornale, domenica 13 settembre): per Beatrice il vero successo alla BIENNALE DI VENEZIA è stato decretato dal suo padiglione di artisti italiani.
Cari amici, l'Italia è il paese specializzato nelle autocelebrazioni, nel (far) credere che il nostro prodotto sia il migliore del mondo, ed esaltare anche l'opera, la mostra o l'evento meno attendibile e qualificato.
Però (e mi spiace dichiararlo) Luca Beatrice sta un po' esagerando. Dalle pagine di Libero prima a quelle de Il Giornale più recentemente (che, un po' come Sgarbi, usa in termini molto personalistici e propagandistici, senza che la redazione intervenga: come se i lettori, ammesso che ce ne siano, fossero interessati alle sue vicende personali), ora si sta prendendo troppo sul serio.
Chi per pudore, chi per quieto vivere, chi ancora per amicizia o per indifferenza, tutti noi amici, anche bonariamente, per non sparare troppo sulla Croce Rossa Italiana (perchè come dice il nostro beneamato Líder Máximo, non dobbiamo essere “antitaliani”), abbiamo glissato sul Padiglione Italia, che moltissimi (la maggioranza degli osservatori qualificati, cioè il vero Sistema dell'arte) hanno definito modesto, mediocre, patetico o tragico.
E noi credevamo di essercela cavata. Felici che Luca e gli artisti avessero trascorso una bella estate di gloria e di vanità a basso costo.
Ma no, il Luca nazionale torna a insistere chiamando a raccolta, dalle colonne delle sue testate (possiamo affermare, almeno sul piano culturale, dello stesso livello del suo PADIGLIONE ITALIA?), i suoi fidi seguaci: artisti dimenticati e diseredati, sognatori di gloria e pittori della domenica, gallerie in cerca di sopravvivenza, colleghi di bocca buona. E parla di DIPINGERE COME MANGIARE (cioè con le mani? O di tutto?), abbassando considerevolmente il livello della discussione, tirando anche in campo la solita sinistra che ha declinato in malo modo la cultura e sfasciato tutto.
Ma Luca (il giovanotto è oltremodo intelligente e il suo gusto e le sue qualità vanno ben oltre le sue scelte quotidiane) non si sa guardare attorno? Non vede dove e come si muove l'arte? Non guarda (almeno sul web) i programmi delle più autorevoli gallerie, i progetti dei curatori più "cool", le grandi mostre di Londra, New York, Berlino, Parigi, Tokyo? Non si è accorto che nulla, dico nulla, somiglia al suo PADIGLIONE ITALIA? Possibile che tutti gli altri siano sciocchi e solo lui intelligente? Certo, i lettori di Libero e Il Giornale (poveri innocenti) potranno anche crederlo, ma l'arte, la ricerca vera, l'intelligenza sofisticata, vanno in altra direzione. Continuando così, per compiacere Bondi & C., Luca resterà solo con la sua armata brancaleone (peraltro apprezzabile sul piano umano).
Caro Luca, se per il Líder Máximo le speranze di rinsavire sono poche, tu faresti ancora in tempo a ravvederti, senza concedere troppo alla piazza.
Un abbraccio da un tuo amico di sempre.
Giancarlo Politi


Tratto da: Dalla newsletter di Flash Art
 
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