Biennale di Venezia: Beatrice & Buscaroli nominati curatori del Padiglione Italia

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Carissimi "Amici dell'Arte",

Mi rivolgo in particolare a chi ha tanto criticato la Biennale dei Beatrice&Beatrice ma nessuno di voi è stato a Venezia a vedere dal vero la Biennale ???

Gradirei comunque da ciunque è stato, che sia rimasto o meno soddisfatto, un suo resoconto/commento sulla falsariga del mio.

GRAZIE !!!

"VENI VIDI VICI"

Carissimi “Amici dell’Arte”,

Eccomi nuovamente tra voi dopo una intensa tre giorni passata a Venezia per visitare la Biennale 2009.

Innanzitutto vi devo dire del mio stupore nell’essere riuscito a vedere seppur con al presso una bambina di 20 mesi tutto quello che mi ero prefissato di vedere ad esclusione del Padiglione Inglese dove era veramente impossibile tenere ferma la bimba per i 30’ della durata del video di Steve Mc Queen.

Il Padiglione che personalmente più ho gradito è stato quello Finlandese perchè l’Artista Jussi Kivi ha esposto tra l’altro 30 manifesti anni 50 recuperati in un bunker Atomico estone con le indicazioni da seguire dopo un esplosione atomica. Ho trovato meravigliosi quei “pezzi di storia” e le sensazioni ed emozioni che trasmettono.

Come secondo Padiglione metterei quello della Romania dove nel visitarlo mi è tornato alla mente il grandissimo Emilio Villa quando diceva che la vita è come un viaggio in autobus se c’è qualche persona che non ti và bene nessun problema perché prima o poi uno dei due scende.

Il Padiglione dell’Ungheria con Péter Forgács riesce a parlare di Olocausto senza essere banale e ripetitivo e soprattutto senza “speculare” sull’argomento.

Trovo poi interessanti quelli di Francia, Giappone, Serbia ( il preferito da mia moglie ) ed Australia ( quello che la bimba ha "gradito" di più ).

Per quanto riguarda il Palazzo delle Esposizioni trovo che l’installazione di Tomas Saraceno “paghi da sola” il biglietto d’ingresso mentre devo purtroppo constatare che Alessandro Pessoli o è impazzito oppure che ha perso l’ispirazione.
Trovo i suoi 30 disegni con i quali ha “riempito” la sua sala di nessun valore storico-artistico.
Se proprio non aveva le capacità di realizzare grandi Opere su tela poteva almeno ricomperarsi quelle grandi carte anni ‘90 che Emilio Mazzoli ha ancora e che sono per me “il vero Pessoli” per adornare la sua stanza.

Per quanto riguarda invece il Padiglione Italia, devo premettere che ahimè anche il Lavoro di Marco Lodola non è brutto…Meno male che è lui stesso che non vuole essere chiamato Artista…
Trovo però assolutamente OUT Sissi, Roberto Floreali, Manfredi Bennati.

Non credo però che gli altri Padiglioni Nazionali abbiano a mio avviso "dato" quel tanto di più che noi italiani non abbiamo fatto, anzi tra tutti i Padiglioni, quello Italiano è stato a mio avviso la cosa che un non addetto ai Lavori si aspetta di trovarsi in una Mostra d'Arte, ovvero tanta pittura & colore.

Dei “nostri Artisti” mi aspettavo sinceramente di più da Marco Cingolani ( perfetto però con il “Battesimo di Sherlock Holmes” ) e da Daniele Galliano anche se per quest’ultimo devo dire che con i suoi Lavori mi sembra di rivedere nella cronologia della sua produzione il film “Trainspotting” che inizia con “lo sballo” dei suoi protagonisti ( le Opere di Galliano anni ’90 ) per arrivare alla scena finale del film quando il protagonista col suo piccolo bottino sogna anche lui di cambiare pagina, di iniziare una nuova vita: proprio quella che deprecava all'inizio del film ( e ci vedo/inserisco il Quadro di Galliano con il ragazzo che fotografa la mucca ).

Voglio concludere citando le parole con cui il Curatore del Padiglione Italia, Luca Beatrice conclude il suo articolo su “Il Domenicale” di Sabato 6 Giugno 2009 :

"…Intanto l’Artista più giovane invitato a Collaudi, il piemontese Valerio Berruti inscena un delizioso disegno animato ispirato alla parabola di Isacco, protagonista una bambina che sale e scende da una sedia. E forse è proprio questa l’immagine più rappresentativa del Padiglione italia 2009. Un immagine che sa di domani, che sa di futuro."


Ho voluto concludere con quelle parole perché trascorsi già 4 giorni dalla visione di tale “disegno animato” la mia bimba mi chiede ancora in continuazione di disegnarli la “bimba sulla sedia” quindi il messaggio di Berruti/Beatrice per “il futuro” mi sembra indovinatissimo.


P.S. : consiglio di alloggiare all’ Hotel All’Angelo ( 4 stelle ) vicinissimo Piazza S.Marco e “realmente” 4 stelle…


Pronto ai vostri giudizi/critiche sono però contento di avervi portato la mia personalissima testimonianza diretta dell'evento.

P.S.: non ho modificato sostanzialmente il testo ma ho solo corretto qualche carattere che mi era rimasto "nella penna", capirete, la bimba di 20 mesi è sempre vicina al papà e sono sempre di fretta:D...
 
Il tuo parere ?!?!?!;)...


Mi associo ai pareri precedenti per quanto riguarda il messaggio generale dei manifesti "nucleari" sovietici.

Aggiungo solo che graficamente, quindi per la parte che più interessa in questa sede, si ritrovano gli stilemi pesanti ed elementari dell'arte di regime dell'epoca, pur con una riuscita impaginazione che vuole sottolineare sì la paranoia indotta dal pericolo nucleare, però con relativa leggerezza, quasi una didattica per minorenni. La consueta propaganda illustrata riusciva ad essere, per altri soggetti, molto più asfissiante e rozza.

Tutto sommato dei reperti storici interessanti che attraggono perlopiù come memoria di un tempo e di una civiltà al passato. Con l'augurio che non ritorni.
 
Mi associo ai pareri precedenti per quanto riguarda il messaggio generale dei manifesti "nucleari" sovietici.

Aggiungo solo che graficamente, quindi per la parte che più interessa in questa sede, si ritrovano gli stilemi pesanti ed elementari dell'arte di regime dell'epoca, pur con una riuscita impaginazione che vuole sottolineare sì la paranoia indotta dal pericolo nucleare, però con relativa leggerezza, quasi una didattica per minorenni. La consueta propaganda illustrata riusciva ad essere, per altri soggetti, molto più asfissiante e rozza.

Tutto sommato dei reperti storici interessanti che attraggono perlopiù come memoria di un tempo e di una civiltà al passato. Con l'augurio che non ritorni.

GRAZIE microOK!
 
Per quanto riguarda il Palazzo delle Esposizioni trovo che l’installazione di Tomas Saraceno “paghi da sola” il biglietto d’ingresso mentre devo purtroppo constatare che Alessandro Pessoli o è impazzito oppure che ha perso l’ispirazione.
Trovo i suoi 30 disegni con i quali ha “riempito” la sua sala di nessun valore storico-artistico.
Se proprio non aveva le capacità di realizzare grandi Opere su tela poteva almeno ricomperarsi quelle grandi carte anni ‘90 che Emilio Mazzoli ha ancora e che sono per me “il vero Pessoli” per adornare la sua stanza.


Il "vero Pessoli" a mio avviso:

Senza titolo, 1999
inchiostri e candeggina su cartoncino, cm 39,8x29,9
 

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Il "vero Pessoli" a mio avviso:

Senza titolo, 1999
inchiostri e candeggina su cartoncino, cm 39,8x29,9

nesun commento ( varoon dove sei ) sul "vero Pesoli" ???:confused:

P.S. La mia non è una provocazione, certo con soggetti più belli ma quei Lavori su carta e candeggina li trovo FANTASTICI:yes:
 
Carissimi "Amici dell'Arte",

potete aiutarmi è in vendita a vostro avviso un Catalogo del Padiglione Finlandese, io ho guardato qui http://www.frame-fund.fi/ nel loro sito arrivandoci da qui: http://www.connessomagazine.it/even...fire-rescue-museum-padiglione-della-finlandia ma non sono arrivato a capo di nulla:( sarà forse sciocco per voi ma qui poster "post-bellici" sono veramente fantastici:yes:

Ho ricevuto dall'Artista questa risposta:

You can find some information of the project from the following link:

http://fireandrescuemuseum.blogspot.com/

and here is a link to the web archive of my other works and projects:

http://romanticgeographicsociety.blogspot.com/

best wishes:

Jussi Kivi
 
Quando Berlusconi appare in sogno

Per il «Corriere della Sera» Aldo Cazzullo seguiva il ministro Bondi come un'ombra il 5 giugno, nel giro inaugurale del Padiglione Italia della Biennale di Venezia e del monumento di Pietro Cascella nei giardini alle Tese dell'Arsenale. Non sappiamo se Bondi nel corso di quell'intervista, nella quale dichiarava che il padiglione di Luca Beatrice e Beatrice Buscaroli finalmente sdoganava l'arte di destra, mettendo fine al dominio della sinistra nella cultura, avesse in mente «La distinction. Critique sociale du jugement» di Pierre Bourdieu, il celebre testo in cui il filosofo-sociologo francese denunciava le proprie riserve verso un'estetica popolare, distinguendo tra arte «pura» e «impura», cioè superficiale, volgare, ridotta a pura sensazione… e per la quale parla anche di «arte come ideologia». A Venezia, e in particolare nel Padiglione Italia, nelle mostre «Acqua e arte contemporanea da Plessi a Bill Viola» (Ca' d'Oro) e «Guarda avanti, non voltarti adesso» (Ca' Pesaro), tutte e tre inaugurate personalmente da Bondi, sembra invece più appropriato aggiornare l'analisi di Bourdieu all'inedito fenomeno dell'«ideologia come arte». Luca Beatrice dichiarava nella cena inaugurale della Biennale: «Quando non riesco a selezionare un'opera o un artista, vado a dormire e nel sonno mi appare il Cavaliere, che guida le mie scelte e mi indica quali artisti inserire in mostra».

Raramente la divaricazione che separa una certa visione italiana dell'arte e della cultura, prona a un'ideologia di provincia (tanto di destra quanto di sinistra) del tutto anacronistica, è stata così chiara come nei primi giorni di questa 53ma Biennale. Tutti i mezzi d'informazione nostrani, conferenze e comunicati stampa trasudavano letture «caserecce», autoreferenziali, strumentali al dibattito politico (locale e nazionale, con interessanti incroci, visto che Venezia ha un Sindaco di centro-sinistra, la Regione Veneto un Presidente di Forza Italia, in rotta però sia con il Governo centrale che con gli alleati «romani», e i cui nemici locali sono la Lega Nord), che quindi poco o nulla avevano a che fare con l'arte in quanto tale. Di tutt'altro tono gli articoli della stampa internazionale e specialistica, evidentemente interessata alla Biennale «vera», quella dei 77 padiglioni nazionali e di Birnbaum. Insomma, c'erano due Biennali. Infatti le tre mostre inaugurate dal Ministro poco o nulla avevano a che fare con il resto della Biennale di Baratta (il Ministro ha saltato le due inaugurazioni ufficiali, sostituito giovedì dal Direttore regionale del Veneto e sabato dal sottosegretario Giro). A fronte del titolo assai «ampio» della mostra di Birnbaum («Fare Mondi»), le tre mostre «italiane» si configurano come un mondo completamente a sé, così riflettendo bene la situazione del Paese, sempre più scollegato nel suo ormai tipico «anacronismo» dal resto del mondo «contemporaneo» (significativi sono stati il riferimento del padiglione italiano, nel centenario futurista, a Marinetti e le dichiarazioni di Bondi tutte concentrate ancora sulle contrapposizioni ideologiche destra-sinistra a 20 anni dalla caduta del muro di Berlino).

Non interessa qui entrare nel merito delle scelte curatoriali delle tre mostre. Solo due considerazioni rispetto a quanto sopra: il presidente Napolitano ha «messo una pezza» all'assenza del Ministro all'inaugurazione della Biennale. Ora, se altri Paesi, per dire Francia o Germania, avessero uno strumento di politica culturale e di relazioni internazionali del livello della Biennale, probabilmente avrebbero schierato all'apertura mezzo Governo, o almeno i Ministri della Cultura e degli Esteri. Da noi totale indifferenza, se non insofferenza per l'autonomia della Fondazione (istituita da Baratta nella precedente presidenza), alla quale sono stati tagliati finanziamenti per 2,5 milioni di euro, consegnando Baratta a una ricerca di sponsor quasi impossibile di questi tempi. Seconda considerazione: il padiglione italiano, tutto figurativo, proponeva parecchi artisti provenienti da o passati per Italian Factory, così come il secondo piano di Ca' d'Oro, aggiunto in extremis alla mostra (organizzata da DNArt e Angelo Crespi, consulente di Bondi), si diceva a Venezia, su richiesta del Ministro stesso in risposta alla mostra voluta da Cacciari a Ca' Pesaro. Il secondo piano era interamente «di mercato» (prevalentemente ancora Italian Factory e Ca' di Fra), con opere collocate piuttosto a caso nel percorso di visita del museo (una targhetta le contraddistingueva testualmente con la parola «guest»). La selezione comprendeva anche un'opera del giovane figlio di uno dei soci di DNArt. Insomma, quando c'è lo zampino della politica (Bourdieu l'aveva scritto oltre venti anni fa) si rischia la deriva verso «un'arte mercenaria, sottomessa a una ideologia dell'occupazione».
http://www.ilgiornaledellarte.com/

L'articolo integrale è disponibile nell'edizione stampata de Il Giornale dell'Arte.
 

UN GRANDE SUCCESSO IL PADIGLIONE ITALIA?
LO SOSTIENE LUCA BEATRICE

Cari amici, cosa è meglio alla BIENNALE DI VENEZIA? La sezione internazionale “Making Worlds” di Daniel Birnbaum? Oppure Bruce Nauman, o Roman Ondák, Fiona Tan, Nathalie Djurberg, Wolfgang Tillmans, Wade Guyton, Michelangelo Pistoletto? No, tutto questo è solo un contorno al munifico PADIGLIONE ITALIA, il quale ha anche contribuito a incrementare l'affluenza record del pubblico, mentre Sandro Chia e Gian Marco Montesano, grazie al PADIGLIONE ITALIA, hanno addirittura visto crescere le loro quotazioni del 15-20%.
Non è Silvio Berlusconi a L'Aquila che ostenta questi risultati, ma l'amico Luca Beatrice, il curatore (assieme a Beatrice Buscaroli) del PADIGLIONE ITALIA, (vedi Il Giornale, domenica 13 settembre): per Beatrice il vero successo alla BIENNALE DI VENEZIA è stato decretato dal suo padiglione di artisti italiani.
Cari amici, l'Italia è il paese specializzato nelle autocelebrazioni, nel (far) credere che il nostro prodotto sia il migliore del mondo, ed esaltare anche l'opera, la mostra o l'evento meno attendibile e qualificato.
Però (e mi spiace dichiararlo) Luca Beatrice sta un po' esagerando. Dalle pagine di Libero prima a quelle de Il Giornale più recentemente (che, un po' come Sgarbi, usa in termini molto personalistici e propagandistici, senza che la redazione intervenga: come se i lettori, ammesso che ce ne siano, fossero interessati alle sue vicende personali), ora si sta prendendo troppo sul serio.
Chi per pudore, chi per quieto vivere, chi ancora per amicizia o per indifferenza, tutti noi amici, anche bonariamente, per non sparare troppo sulla Croce Rossa Italiana (perchè come dice il nostro beneamato Líder Máximo, non dobbiamo essere “antitaliani”), abbiamo glissato sul Padiglione Italia, che moltissimi (la maggioranza degli osservatori qualificati, cioè il vero Sistema dell'arte) hanno definito modesto, mediocre, patetico o tragico.
E noi credevamo di essercela cavata. Felici che Luca e gli artisti avessero trascorso una bella estate di gloria e di vanità a basso costo.
Ma no, il Luca nazionale torna a insistere chiamando a raccolta, dalle colonne delle sue testate (possiamo affermare, almeno sul piano culturale, dello stesso livello del suo PADIGLIONE ITALIA?), i suoi fidi seguaci: artisti dimenticati e diseredati, sognatori di gloria e pittori della domenica, gallerie in cerca di sopravvivenza, colleghi di bocca buona. E parla di DIPINGERE COME MANGIARE (cioè con le mani? O di tutto?), abbassando considerevolmente il livello della discussione, tirando anche in campo la solita sinistra che ha declinato in malo modo la cultura e sfasciato tutto.
Ma Luca (il giovanotto è oltremodo intelligente e il suo gusto e le sue qualità vanno ben oltre le sue scelte quotidiane) non si sa guardare attorno? Non vede dove e come si muove l'arte? Non guarda (almeno sul web) i programmi delle più autorevoli gallerie, i progetti dei curatori più "cool", le grandi mostre di Londra, New York, Berlino, Parigi, Tokyo? Non si è accorto che nulla, dico nulla, somiglia al suo PADIGLIONE ITALIA? Possibile che tutti gli altri siano sciocchi e solo lui intelligente? Certo, i lettori di Libero e Il Giornale (poveri innocenti) potranno anche crederlo, ma l'arte, la ricerca vera, l'intelligenza sofisticata, vanno in altra direzione. Continuando così, per compiacere Bondi & C., Luca resterà solo con la sua armata brancaleone (peraltro apprezzabile sul piano umano).
Caro Luca, se per il Líder Máximo le speranze di rinsavire sono poche, tu faresti ancora in tempo a ravvederti, senza concedere troppo alla piazza.
Un abbraccio da un tuo amico di sempre.
Giancarlo Politi


Tratto da: Dalla newsletter di Flash Art

Da "Lettere al Direttore pubblicate su Flash Art n.278 ottobre - novembre 09" visibile alla pagina web:
http://www.flashartonline.it/interno.php?pagina=lettere_direttore

DOMANDA:

BANALIZZARE LA PITTURA?



Caro Politi,

ti scrivo dopo aver letto la tua intervista a Luca Beatrice. Sembra proprio che appena si sfiori la questione pittura, in Italia, si debba scivolare nel burrone. E non si sa se sia preferibile rimanere impantanati nel cattivo gusto di Luca Beatrice o prendersi la porta in

faccia dallo snobismo ****** e conformista.

...............

Questa sotto-ideologia ha prodotto in Italia: 1) un analfabetismo di ritorno, di cui la stragrande maggioranza dei critici/curatori soffre in maniera vistosa; 2) un collezionismo che si è ritirato un po’ in disparte e stenta a trovare pane (italiano) per lo standard

elevato delle sue attese; 3) una generazione di giovani artisti che arriva da un percorso formativo accademico in cui chi ha un minimo di ambizione abbandona la pittura e il disegno durante il primo anno per non sentirsi uno sfigato. Rimane però la domanda: esistono giovani artisti italiani che lavorano con la pittura? Secondo l’inchiesta sulla pittura condotta da Flash Art l’inverno scorso sembrerebbe esserci solo Pietro Roccasalva, sdoganato in ambito critico per il fatto (oltre che per essere un bravo artista) che non si dedica solo alla pittura. Eppure ci sono: Alessandro Pessoli, Marco Neri, Maria Morganti, Paolo Parisi, Alessandro Roma, Pierluigi Pusole, Riccardo Baruzzi, Lorenza Boisi, Pesce Khete, per citare i primi che mi vengono in mente. Sono artisti che conoscono bene gli standard internazionali e si confrontano con la non facile eredità di un vuoto generazionale — italiano — e con riferimenti del calibro di Martin Kippenberger, Albert Öhlen, Luc Tuymans, Neo Rauch, Tal R ecc.

...............

Ritengo grave questa generale banalizzazione dell’esperienza artistica (produzione e ricezione), che fa il paio con la banalizzazione progressiva dell’intera cultura di questo Paese.

Cari saluti,

Luca


RISPOSTA:

TROPPA BRUTTA PITTURA IN GIRO



Caro Luca,

apprezzo il tuo tentativo di difesa della pittura. Che condivido, perché come tu sai, io sono un cultore e un appassionato di pittura, al punto che all’interno della Biennale di Praga realizzo un’ampia rassegna internazionale di pittura, andando a scovare anche nelle periferie del mondo i pittori migliori. Con ottimi risultati e nulla a che vedere con tanta pitturaccia che circola in Italia. Purtroppo parlare di pittura in Italia, vista la

tendenza generale, sulla spinta delle tante gallerie e dei troppi critici maldestri, non è facile. Si rischia di fare di ogni erba un fascio. Ma tu hai mai visitato le fi ere d’arte da noi? Hai visto quanta oscena pittura si produce, si promuove e si colleziona? E i nomi che tu citi (per me non tutti ai livelli che tu reputi) dove li incontri, se molti non hanno nemmeno una galleria? No, caro Bertolo, brutti tempi per la pittura in Italia. Anche grazie, ahimè, a Luca Betarice (che si vuole affermare come l’erede di Sgarbi) ma

soprattutto ai suoi cloni, ancor più tristi. Cloni che stanno facendo sprofondare il concetto di pittura negli abissi del cattivo gusto e del decorativismo di facciata. Proprio perché il sistema italiano ha lasciato troppo spazio al dilettantismo e alla improvvisazione. In altri paesi si sarebbe vigilato maggiormente, e molta pittura che circola in Italia la si sarebbe relegata nell’ambito del passatempo domenicale.
 
Oggi Domenica 8-11-2009 Philippe Daverio in "Passepartout" (Rai Tre) ha trasmesso un puntata dedicata all Biennale di Venezia 2009.

Philippe Daverio ha stroncato il "nostro" Padiglione Italia tessendo invece le lodi del Cattelan & Co. in Mostra contemporaneamente alla Colezzione Pinout.

Nonstante ciò non posso non amare Daverio, l'unico a mio avviso che parla in televisione di Arte con competenza e modo a 360°

Mi piacerebbe però vedere affidata a lui la direzione di una prossima Biennale o Padiglione Italia.

Nonostante non condivida assolutamente il giudizio che Daverio dà anche del mio "amato" Cingo, Daverio proprio non riesco a non apprezzarlo.

P.S. : Qualche "Amico dell'Arte" saprebbe dove è possibile vedere le puntate trasmesse da Rai 3 di "Passepartout" ??? GRAZIE !!!

Io sul "tubo" non ho trovato niente:'(
 
Oggi Domenica 8-11-2009 Philippe Daverio in "Passepartout" (Rai Tre) ha trasmesso un puntata dedicata all Biennale di Venezia 2009.

Philippe Daverio ha stroncato il "nostro" Padiglione Italia tessendo invece le lodi del Cattelan & Co. in Mostra contemporaneamente alla Colezzione Pinout.

Nonstante ciò non posso non amare Daverio, l'unico a mio avviso che parla in televisione di Arte con competenza e modo a 360°

Daverio si ascolta sempre con piacere. Fantastico il parallelo con Sordi e moglie alla Biennale del 78 ("Vacanze intelligenti")

La puntata sulla Biennale:
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-3f260ad9-4ff8-4b92-8455-46a215e040b5.html?p=0
 
lo so è un bel sito
lui alle volte troppo giuggolone
ma sa farsi perdonare

ps
sto leggendo un po' su quella cosa della musica
e parto col 3d
 
Tornando a Venezia, stralci di gossip (anti)culturale

L'ira funesta (e ignorante) di Bonito Oliva

di Francesco Bonami

Replica. Punta della Dogana vetrina delle collezioni di Pinault? Sciocchezze. Le accuse del critico sono lo specchio dell'autolesionismo italiano. Grazie al francese e alla Biennale, Venezia è l'unica città del mondo che coniuga antichità e contemporaneità.

Ogni occasione è buona per il presidente dell’Accademia della Rosica professor Achille Bonito Oliva per usare al meglio l’italiano vulgaris. Così dopo le dimissioni della direttrice di Palazzo Grassi Monique Veaute, per la naturale conclusione di un ciclo con l’apertura di Punta della Dogana, ecco che il dr. Bo dell’arte italiana si scaglia contro François Pinault, l’imprenditore francese che ha investito decine di milioni di euro per ridare nuova vita ad uno degli edifici più spettacolari di Venezia, da 60 anni abbandonato. Nella sua tirata tourettiana, ecco le definizioni sprezzanti verso il sottoscritto e la sua collega Alison Gingeras, curatori dell’attuale mostra della collezione Pinault a Palazzo Grassi e a Punta della Dogana. Secondo l’ira fumante del peloso Achille, siamo poveri servi di scena, non curatori o critici come lui. Siamo fortunati che in questa occasione il professore non ci ha paragonati a quelle che lui considera sotto categorie umane, tipo i camerieri o i filippini. Ma veniamo al nocciolo delle sue rimostranze. Pinault non fa vivere abbastanza gli spazi che possiede o gestisce. Mi chiedo, nonostante il bluff di Franco Miracco, portavoce del governatore Galan e consigliere della Biennale, che dice di avere investitori del calibro di Pinault per sostenere la fondazione Guggenheim, se questa avesse vinto la gara per Punta della Dogana, dove sono gli imprenditori nostrani con la visione del francese e, più che altro, la sua generosità.

Le accuse di aver usato Venezia e Punta della Dogana come vetrina per aumentare il valore della propria collezione sono sputate da chi non sa di cosa sta parlando, né conosce i valori in ballo del mercato dell’arte. Pinault come tutti i veri e grandi collezionisti, pur di avere un capolavoro del quale si è innamorato, è disposto a pagare ben al di sopra del valore che l’opera potrebbe in realtà avere sul mercato. Per ogni grande collezionista l’obbiettivo è il possesso dell’opera e quello che aggiunge al profilo della propria collezione, non il valore economico. Chi parla di speculazione parlando di grandi collezioni è ignorante.

Non va mai dimenticato poi, in questa valanga di sciocchezze che seguono la fine del mandato di Monique Veaute, che Pinault, oltre ad aver speso più di quaranta milioni di euro nel restauro a tempi di record di Punta della Dogana, ogni anno spende diversi altri milioni per la gestione dei due spazi veneziani, aperti dodici mesi l’anno. Grazie a Pinault e alla Biennale, che nonostante i sogni di golpe culturale del ministro Bondi continua a sfornare una programmazione eccellente, Venezia è l’unica città al mondo capace di coniugare il grande patrimonio antico con la migliore arte contemporanea. Bonito Oliva - al quale fu dato dal Comune di Venezia ugualmente e incomprensibilmente come contentino al suo patologico presenzialismo un posto nel comitato scientifico di Palazzo Grassi, nonostante avesse messo in imbarazzo il sindaco Cacciari con un'assurda e solo apparentemente salomonica decisione, come presidente della commissione per il bando della Dogana, di non assegnare né a Pinault né al Guggenheim la gestione dello spazio -, fa le bizze, accusa, minaccia di dimettersi e offende, perché avrebbe molto desiderato una fettina della visibilità ottenuta dall’apertura del nuovo spazio.

Incredibile rimane la capacità autolesionista del nostro Paese, che pur di non dare credito a chi di fatto ha centrato il proprio obbiettivo, Pinault, Tadao Ando, che è stato l’architetto del restauro, e il sindaco di Venezia, prova in tutti i modi a trasformare il successo di una città in una sconfitta. Ai salotti politici romani non va giù di non poter imporre le proprie strategie anche a Venezia. Miracco vuole cacciare la Francia, sostituendola con il Guggenheim, un'istituzione americana che nonostante i mille progetti del suo ex zar Thomas Krens in Europa, a parte Bilbao, non è mai riuscita a concludere molto e oggi versa in condizioni economiche non certo rosee.

Bonito Oliva, non sazio di avere l’onore di curare la prima mostra di “chiusura” del XX secolo in quello che dovrebbe essere un museo che guarda al futuro, il Maxxi, vuole dare la sua letale zampata anche ad un’istitituzione privata che non solo aggiunge valore alla città che la ospita, ma che ha tutto il diritto di farsi due calcoli prima di avventurarsi alla romana in avventure senza una vera logica. A farne le spese rimane Venezia, che dopo aver intravisto il futuro rischia ora di vederselo sgraffignare via da chi veramente non pensa altro che agli affari propri. Altro che Pinault, Christie’s e il gioco dell’arte.

da Il Riformista - 26 novembre 2009
 
nel merito sono d'accordo con Bonami, ma la padronanza della lingua italiana è evidentemente un optional...Mi chiedo come sia possibile che il più autorevole (?) critico italiano scriva come un liceale. Beatrice in confronto sembra Petrarca
 
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