Fondi Pensione Vol.15

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Chiusa ad ulteriori risposte.
Buonasera a tutti,
sono iscritto alla gestione separata e ho già il fondo pensione allianz insieme.
Vorrei aprire anche un secondo fondo pensione aggiuntivo, sapete dirmi se è possibile in questo secondo fondo pensione farmi riconoscere l'anzianità contributiva?
Nessuno?
 
Ciao,

mi confermate che se cambio lavoro nel corso dell’anno, gli importi versati al fondo con trattenuta in busta paga beneficiano comunque della riduzione della detrazione dipendente?

In questo caso nel conguaglio verrà ricalcolata la detrazione che realmente mi spetta considerando i 2 CU dei 2 datori di lavoro e i corrispondenti versamenti al fondo pensione corretto? Grazie
 
Buonasera a tutti,
sono iscritto alla gestione separata e ho già il fondo pensione allianz insieme.
Vorrei aprire anche un secondo fondo pensione aggiuntivo, sapete dirmi se è possibile in questo secondo fondo pensione farmi riconoscere l'anzianità contributiva?
se li riunisci, sì.

Se non li riunisci, per vederti riconosciuta l'anzianità dal secondo dovrai avere ancora in essere il primo al momento della richiesta di prestazione. E non è detto che il fondo (secondo) ci senta da questo orecchio, c'è chi ci ha dovuto discutere, a quanto pare.
 
Se accantonare questa % non ti crea problemi non perderei i due regali che ti verrebbero fatti (deducibilità fiscale e contributo datoriale).
E' ovvio che il futuro non lo conosce nessuno ed in un periodo di tempo considerevole potrebbero cambiare i parametri di convenienza(e.g. la deducibilità fiscale). D'accordo sul comparto aggressivo. Molta attenzione all'approssimarsi della pensione (ma mi sembra che ti manca ancora diverso tempo).

Anni fa avevo fatto un confronto tra i il TFR accantonato e rivalutato in azienda scaricando dal sito INPS tutti i dati relativi al TFR accumulato e ho provato a confrontarlo con i rendimenti del fondo. So bene che i rendimenti passati non sono garanzia di rendimento futuri però vorrei rifare due conti ma non trovo più sul sito INPS queste informazioni ammesso che valga appunto la pena sbattersi a fare questi confronti. Sapete dove posso trovare queste info?
 
se li riunisci, sì.

Se non li riunisci, per vederti riconosciuta l'anzianità dal secondo dovrai avere ancora in essere il primo al momento della richiesta di prestazione. E non è detto che il fondo (secondo) ci senta da questo orecchio, c'è chi ci ha dovuto discutere, a quanto pare.
Grazie della risposta.
Il mio intento è quello di non riunirli, vorrei aprirne un secondo per non superare il massimale per il riscatto totale nel primo.
Dunque se ho ben capito il riconoscimento dell'anzianità contributiva posso richiederlo solo al momento della richiesta della prestazione e non al momento dell'apertura del secondo fondo pensione?
 
Grazie della risposta.
Il mio intento è quello di non riunirli, vorrei aprirne un secondo per non superare il massimale per il riscatto totale nel primo.
Dunque se ho ben capito il riconoscimento dell'anzianità contributiva posso richiederlo solo al momento della richiesta della prestazione e non al momento dell'apertura del secondo fondo pensione?
Fondi Pensione Vol.14
 
Anni fa avevo fatto un confronto tra i il TFR accantonato e rivalutato in azienda scaricando dal sito INPS tutti i dati relativi al TFR accumulato e ho provato a confrontarlo con i rendimenti del fondo. So bene che i rendimenti passati non sono garanzia di rendimento futuri però vorrei rifare due conti ma non trovo più sul sito INPS queste informazioni ammesso che valga appunto la pena sbattersi a fare questi confronti. Sapete dove posso trovare queste info?
Se non sbaglio (sono alcuni anni che sono in pensione) i dati del tuo tfr sono riportati nella CU che annualmente il tuo datore di lavoro ti consegna per la dichiarazione dei redditi. In merito a cosa fare del tfr ti segnalo alcuni quaderni che l'utente del fol rrupoli ha scritto I quaderni di rrupoli: Inflazione e TFR.
 
Fondi pensione, nel 2022 rendimenti giù anche del 12,5% ma aumentano contributi e iscritti

Relazione Covip

Fondi pensione, nel 2022 rendimenti giù anche del 12,5% ma aumentano contributi e iscritti

di Marco Rogari
7 giugno 2023

Il sistema di previdenza complementare è riuscito a resistere alle turbolenze dei mercati finanziari. La platea è arrivata a quota 9,2 milioni, con una crescita del 5,4% ma ancora nel segno del “gender gap”: le adesioni maschili rappresentano il 61,88% del totale. E molto bassa rimane la “partecipazione” dei giovani, con gli «under 35» che rappresentano appena il 18,8% dell’intero bacino. Anche per questo motivo secondo l’Authority sono necessarie misure urgenti intervenendo soprattutto sugli «incentivi all’adesione e alla contribuzione»

I punti chiave​

 
Non ho letto l'articolo, solo il titolo, ma per essere davvero coerenti avrebbero dovuto aggiungere un confronto anche negli ultimi 10 anni di inflazione pressochè nulla (in cui il TFR comunque ha beneficiato della rivalutazione dell'1,5%).

E' chiaro che l'ultimo anno sia stato un bagno di sangue per quasi tutti i comparti dei FP, così come lo è stato per ETF , fondi e portafogli obbligazionari, ad esempio.
 
Non ho letto l'articolo, solo il titolo, ma per essere davvero coerenti avrebbero dovuto aggiungere un confronto anche negli ultimi 10 anni di inflazione pressochè nulla (in cui il TFR comunque ha beneficiato della rivalutazione dell'1,5%).

E' chiaro che l'ultimo anno sia stato un bagno di sangue per quasi tutti i comparti dei FP, così come lo è stato per ETF , fondi e portafogli obbligazionari, ad esempio.
"...Gli ultimi 10 anni, incluso il 2022 molto negativo, si sono chiusi con un rendimento medio annuo dei fondi pensione negoziali del 2,2%, quello dei fondi aperti è stato del 2,5% e quello dei Pip del 2,9%. Nello stesso periodo la rivalutazione del Tfr media annua è stata pari al 2,4% mentre l’inflazione è stata in media dell’1,7% annuo. Se si considera un periodo ancora più lungo e si guarda agli ultimi 20 anni i fondi negoziali registrano un +2,9% netto annuo e i fondi aperti un +2,7% netto annuo in media mentre il Tfr registra una rivalutazione media annua del 2,5% a fronte di un’inflazione media annua dell’1,9%. Rendimenti dei Tfr dunque lievemente inferiori ma a fronte di un’esposizione al rischio pressoché inesistente. Se si guarda solo agli ultimi tre anni i rendimenti dei fondi sono lievemente negativi mentre il Tfr si è rivalutato in media del 4,3% annuo, un valore comunque inferiore all’inflazione (4,9%). Insomma, risultati non particolarmente esaltanti anche se va detto che chi sceglie di destinare i trattamento di fine rapporto ai fondi gode di un contributo equivalente alla somma versata da parte del datore di lavoro..."
 
"...Gli ultimi 10 anni, incluso il 2022 molto negativo, si sono chiusi con un rendimento medio annuo dei fondi pensione negoziali del 2,2%, quello dei fondi aperti è stato del 2,5% e quello dei Pip del 2,9%. Nello stesso periodo la rivalutazione del Tfr media annua è stata pari al 2,4% mentre l’inflazione è stata in media dell’1,7% annuo. Se si considera un periodo ancora più lungo e si guarda agli ultimi 20 anni i fondi negoziali registrano un +2,9% netto annuo e i fondi aperti un +2,7% netto annuo in media mentre il Tfr registra una rivalutazione media annua del 2,5% a fronte di un’inflazione media annua dell’1,9%. Rendimenti dei Tfr dunque lievemente inferiori ma a fronte di un’esposizione al rischio pressoché inesistente. Se si guarda solo agli ultimi tre anni i rendimenti dei fondi sono lievemente negativi mentre il Tfr si è rivalutato in media del 4,3% annuo, un valore comunque inferiore all’inflazione (4,9%). Insomma, risultati non particolarmente esaltanti anche se va detto che chi sceglie di destinare i trattamento di fine rapporto ai fondi gode di un contributo equivalente alla somma versata da parte del datore di lavoro..."
L'articolo si dimentica di citare un paio di dati piuttosto importanti:
- il contributo datoriale
-la minor tassazione al riscatto

Rifacciamo i calcoli inserendo questi 2 parametri e verifichiamo il risultato
 
Se non sbaglio (sono alcuni anni che sono in pensione) i dati del tuo tfr sono riportati nella CU che annualmente il tuo datore di lavoro ti consegna per la dichiarazione dei redditi. In merito a cosa fare del tfr ti segnalo alcuni quaderni che l'utente del fol rrupoli ha scritto I quaderni di rrupoli: Inflazione e TFR.

Grazie, giusto ieri ho comprato il primo quaderno e ho iniziato a studiare così da capire bene cosa sto facendo e perchè!
 
"...Gli ultimi 10 anni, incluso il 2022 molto negativo, si sono chiusi con un rendimento medio annuo dei fondi pensione negoziali del 2,2%, quello dei fondi aperti è stato del 2,5% e quello dei Pip del 2,9%. Nello stesso periodo la rivalutazione del Tfr media annua è stata pari al 2,4% mentre l’inflazione è stata in media dell’1,7% annuo. Se si considera un periodo ancora più lungo e si guarda agli ultimi 20 anni i fondi negoziali registrano un +2,9% netto annuo e i fondi aperti un +2,7% netto annuo in media mentre il Tfr registra una rivalutazione media annua del 2,5% a fronte di un’inflazione media annua dell’1,9%. Rendimenti dei Tfr dunque lievemente inferiori ma a fronte di un’esposizione al rischio pressoché inesistente. Se si guarda solo agli ultimi tre anni i rendimenti dei fondi sono lievemente negativi mentre il Tfr si è rivalutato in media del 4,3% annuo, un valore comunque inferiore all’inflazione (4,9%). Insomma, risultati non particolarmente esaltanti anche se va detto che chi sceglie di destinare i trattamento di fine rapporto ai fondi gode di un contributo equivalente alla somma versata da parte del datore di lavoro..."

Eseguendo un veloce fact-checking consultando i dati riportati sul primo quaderno dedicato al TFR, l'articolista produce dati sostanzialmente corretti sulla rivalutazione del TFR nel decennio (2,38% annuo netto) e sull'inflazione FOIxT nel medesimo lasso temporale (1,74% annuo).

L'articolista, in linea con le note posizioni di Beppe Scienza, mostra però solo la parte che gli interessa evidenziare al fine di dimostrare la tesi della supposta superiorità del TFR lasciato in azienda rispetto a quello versato in un FPN.

Per riuscire nell'intento annacqua i risultati annualizzati degli FPN adottando medie che mescolano in un unico calderone i comparti più conservativi (notoriamente poco attraenti) e i comparti più aggressivi (raccomandati per orizzonti temporali decennali) e facendo una media del pollo anche fra gli FPN (alcuni con performance regolarmente mediocri, altri invece ben gestiti).

In questo modo l'articolista riesce nell'intento di schiacciare artatamente i rendimenti degli FPN verso il basso, riuscendo a non far sfigurare nemmeno le modeste performance del TFR nel decennio appena trascorso.

Viene inoltre celata la faccia nascosta della Luna, ovvero in tutto il ragionamento a tesi, l'articolista si concentra esclusivamente sul TFR, che rappresenta solo una fetta dell'intera torta sfruttabile (indicativamente dal 30% al 50%), ignorando volutamente la fetta più grossa della torta che gode dei maggiori vantaggi fiscali (quota aderente e datoriale e relativi benefici da deduzione).

Chi ha avuto occasione di studiarsi il modello (descritto nel primo quaderno) che esprime l'evoluzione del TFR in un'intera carriera lavorativa, potrà facilmente implementarlo in Excel, verificando coi propri occhi la differenza di performance rispetto al TFR versato nel comparto aggressivo del proprio FPN dopo 20-30 anni di carriera lavorativa, sottoposto a tassazione agevolata rispetto alla falcidiante tassazione separata finale del TFR lasciato in azienda... ;)
 
Ultima modifica:
Eseguendo un veloce fact-checking consultando i dati riportati sul primo quaderno dedicato al TFR, l'articolista produce dati sostanzialmente corretti sulla rivalutazione del TFR nel decennio (2,38% annuo netto) e sull'inflazione FOIxT nel medesimo lasso temporale (1,74% annuo).

L'articolista, in linea con le note posizioni di Beppe Scienza, mostra però solo la parte che gli interessa evidenziare al fine di dimostrare la tesi della supposta superiorità del TFR lasciato in azienda rispetto a quello versato in un FPN.

Per riuscire nell'intento annacqua i risultati annualizzati degli FPN adottando medie che mescolano in un unico calderone i comparti più conservativi (notoriamente poco attraenti) e i comparti più aggressivi (raccomandati per orizzonti temporali decennali) e facendo una media del pollo anche fra gli FPN (alcuni con performance regolarmente mediocri, altri invece ben gestiti).

In questo modo l'articolista riesce nell'intento di schiacciare artatamente i rendimenti degli FPN verso il basso, riuscendo a non far sfigurare nemmeno le modeste performance del TFR nel decennio appena trascorso.

Viene inoltre celata la faccia nascosta della Luna, ovvero in tutto il ragionamento a tesi, l'articolista si concentra esclusivamente sul TFR, che rappresenta solo una fetta dell'intera torta sfruttabile (indicativamente dal 30% al 50%), ignorando volutamente la fetta più grossa della torta che gode di maggiori vantaggi fiscali (quota aderente e datoriale e relativi benefici da deduzione).

Chi ha avuto occasione di studiarsi il modello (descritto nel primo quaderno) che esprime l'evoluzione del TFR in un'intera carriera lavorativa, potrà facilmente implementarlo in Excel, verificando coi propri occhi la differenza di performance rispetto al TFR versato nel comparto aggressivo del proprio FPN dopo 20-30 anni di carriera lavorativa, sottoposto a tassazione agevolata rispetto alla falcidiante tassazione separata finale del TFR lasciato in azienda... ;)
Concordo con quasi tutto, ma sulla considerazione della stima del rendimento dei FPN penso comunque avrebbe senso, per confrontarli con il TFR, confrontare i comparti più conservativi. Il TFR, per come viene rivalutato, ha un rendimento minimo pressoché garantito, quindi mi tornerebbe confrontarlo con i rendimenti dei comparti meno rischiosi.

Detto questo non considerare i benefici fiscali e di contribuzioni legate ai fondi pensione è chiaramente fuorviante. Questi li reputo il vero valore aggiunto, perchè se si parlasse di solo TFR (senza pensare a nessuna contribuzione e contributo datoriale) il vantaggio di mettere il TFR nel FP si riduce di molto, e potrebbe portare a cambiare la scelta
 
Concordo con quasi tutto, ma sulla considerazione della stima del rendimento dei FPN penso comunque avrebbe senso, per confrontarli con il TFR, confrontare i comparti più conservativi. Il TFR, per come viene rivalutato, ha un rendimento minimo pressoché garantito, quindi mi tornerebbe confrontarlo con i rendimenti dei comparti meno rischiosi.

Detto questo non considerare i benefici fiscali e di contribuzioni legate ai fondi pensione è chiaramente fuorviante. Questi li reputo il vero valore aggiunto, perchè se si parlasse di solo TFR (senza pensare a nessuna contribuzione e contributo datoriale) il vantaggio di mettere il TFR nel FP si riduce di molto, e potrebbe portare a cambiare la scelta
Secondo me il problema è che bisognerebbe spiegare come funzionano molte cose, non tanto che è fuorviante. Se io apro un FPA in cui verso solo il TFR perché voglio rivalutarlo secondo il comparto del FPA, l'articolo mi pare corretto a logica di quanto detto da voi (non l'ho letto), quindi senza considerare i vantaggi fiscali date da contribuzioni volontarie/datoriale che nella casistica appena descritta non esisterebbero, o mi sbaglio?

Ad esempio se una persona, prendo ad esempio la mia casistica personale, sta pensando di comprare casa il TFR sarebbe l'unico mezzo ad oggi per avere un gettito di liquidità quando si vuole fare il mutuo, considerando che anno per anno il flusso di cassa sia speso per necessità od investito in strumenti alternativi.

Perché la casistica comune che vedo, è che prima di fare il mutuo, il risparmiatore salva anno per anno nel conto bancario, conto deposito, etc per non mettere a rischio il capitale che gli servirà nel breve termine, quindi i casi sono:
  1. I risparmi restano fermi per 5 anni per accumulare l'anticipo, quindi non si investe.
  2. I risparmi vengono investiti e dopo 5 anni ti serve un gettito di liquidità (ritiri da azienda o FP[N/A] fino al 75% del montante) per acquisto casa. In questo caso a me non piace l'idea di pensare che se avessi contributi datoriale o volontari posso ritirare di più: perché sto usando il montante che andrebbe per contribuire alla pensione per acquistare la casa. Se invece divido due tipologie di investimento, per semplicità di un investitore/risparmiatore comune, è sensato per me considerare solo il TFR in azienda vs TFR in FP senza benefici fiscali, no?
 
"...Gli ultimi 10 anni, incluso il 2022 molto negativo, si sono chiusi con un rendimento medio annuo dei fondi pensione negoziali del 2,2%, quello dei fondi aperti è stato del 2,5% e quello dei Pip del 2,9%. Nello stesso periodo la rivalutazione del Tfr media annua è stata pari al 2,4% mentre l’inflazione è stata in media dell’1,7% annuo. Se si considera un periodo ancora più lungo e si guarda agli ultimi 20 anni i fondi negoziali registrano un +2,9% netto annuo e i fondi aperti un +2,7% netto annuo in media mentre il Tfr registra una rivalutazione media annua del 2,5% a fronte di un’inflazione media annua dell’1,9%. Rendimenti dei Tfr dunque lievemente inferiori ma a fronte di un’esposizione al rischio pressoché inesistente. Se si guarda solo agli ultimi tre anni i rendimenti dei fondi sono lievemente negativi mentre il Tfr si è rivalutato in media del 4,3% annuo, un valore comunque inferiore all’inflazione (4,9%). Insomma, risultati non particolarmente esaltanti anche se va detto che chi sceglie di destinare i trattamento di fine rapporto ai fondi gode di un contributo equivalente alla somma versata da parte del datore di lavoro..."
Articolo pessimo, che non cita
  • la diversa tassazione del TFR rispetto al FP
  • il contributo datoriale
  • il fatto che la media dei fondi pensione batte il tfr solo su 20 anni ma è meno conservativo non è veritiera in quanto:
    • la media dei fondi pensione contiene molta roba ultra conservativa che ha bassi rendimenti (e quindi non è così tanto meno conservativa del TFR)
    • se si prende la media dei comparti bilanciati (magari escludendo anche FPA o prodotti costosi) si ottengono risultati schiaccianti per i FP anche su periodi decisamente più brevi
Concordo con quasi tutto, ma sulla considerazione della stima del rendimento dei FPN penso comunque avrebbe senso, per confrontarli con il TFR, confrontare i comparti più conservativi. Il TFR, per come viene rivalutato, ha un rendimento minimo pressoché garantito, quindi mi tornerebbe confrontarlo con i rendimenti dei comparti meno rischiosi.

Detto questo non considerare i benefici fiscali e di contribuzioni legate ai fondi pensione è chiaramente fuorviante. Questi li reputo il vero valore aggiunto, perchè se si parlasse di solo TFR (senza pensare a nessuna contribuzione e contributo datoriale) il vantaggio di mettere il TFR nel FP si riduce di molto, e potrebbe portare a cambiare la scelta
No, anche sul confronto puro TFR standard vs TFR in FP, il secondo gode di una tassazione molto minore.
Il TFR standard viene tassato con aliquota sostitutiva (media irpef degli ultimi 5 anni, di solito superiore al 20%)
Il TFR nel Fondo Pensione viene tassato con aliquota tra il 9% ed il 15%, quindi nettamente più bassa.

Ad oggi, il vero punto debole dei fondi pensione sono le condizioni legate alle rendite vitalizie obbligatorie (se non con le varie eccezioni discusse nel forum, non sempre però accessibili a tutti).
 
Concordo con quasi tutto, ma sulla considerazione della stima del rendimento dei FPN penso comunque avrebbe senso, per confrontarli con il TFR, confrontare i comparti più conservativi. Il TFR, per come viene rivalutato, ha un rendimento minimo pressoché garantito, quindi mi tornerebbe confrontarlo con i rendimenti dei comparti meno rischiosi.

...

La tua osservazione è corretta, l'estensore dell'articolo sarebbe stato metodologicamente più corretto se avesse confrontato il TFR lasciato in azienda con il TFR versato in un comparto di FPN con profilo di rischio similare (conservativo o garantito) avvalorando peraltro ulteriormente la sua tesi.

Ma a questo punto nel lettore sarebbe sorto il dubbio: ma a chi ha aderito con profili di rischio bilanciato o aggressivo come sarebbe andata nello scorso decennio? E l'orizzonte temporale ha un ruolo sulle performance degli FPN rispetto al TFR lasciato in azienda?

Evidentemente l'obiettivo non era quello di sviscerare un tema così articolato e complesso quale la contrapposizione TFR in azienda vs TFR in FPN al quale occorre aggiungere il resto della torta che potrebbe essere investito alternativamente in altri strumenti finanziari (FP vs ETF).

Questo tipo di analisi richiede un effort analitico considerevole, fuori dalla portata del giornalista: solo per affrontare la fetta della torta "FP vs ETF" sono stati necessari diversi mesi di lavoro sul FOL, giungendo all'implementazione del tool omonimo che mostra quali siano le combinazioni vincenti per gli FP e quelle vincenti per gli ETF.

Riguardo la diatriba "TFR in azienda vs TFR in FPN" il livello di complessità è decisamente minore perché i parametri in gioco sono solo una manciata (RAL, inflazione annua, rendimento netto FPN, orizzonte temporale).

Implementare questo modello richiede un effort limitato con Excel e giocando con i parametri si può scoprire da soli che grazie alla tassazione agevolata finale è relativamente agevole per un FPN bilanciato battere i rendimenti netti del TFR lasciato in azienda.

I pochi casi in cui il TFR riesce ad imporsi sono quelli in cui l'FPN performa meno dell'inflazione annua, tipico dei comparti conservativi, generalmente sconsigliati per orizzonti temporali medio-lunghi (ma poi anche per questi casi sfavorevoli occorre non dimenticare di aggiungere gli effetti della più consistente fetta di torta deducibile).
 
Ultima modifica:
Questo tipo di analisi richiede un effort analitico considerevole, fuori dalla portata del giornalista:

Ciò che il giornalista ha alla sua portata dipende dalla sua preparazione. Ciò che scrive dipende purtroppo dalla sua necessità di vendere/compiacere la sua audience.


Anyway, il nostro giornalista suppongo che non abbia letto i tuoi ottimi quaderni, ma almeno la relazione covip (che è reperibile qui per i più curiosi Relazioni annuali | COVIP )


Senza bisogno di analizzarla nel dettaglio, basta comprendere le "considerazioni del presidente".


riporto alcuni passi....




Le potenzialità dei fondi pensione nell’offrire nel lungo periodo rendimenti soddisfacenti emergono in modo chiaro per le linee più orientate all’investimento in azioni. Facendo riferimento a un intervallo temporale decennale (da fine 2012 a fine 2022), i rendimenti medi annui composti di tali linee si collocano, al netto dei costi e della fiscalità e per tutte le tipologie di forme pensionistiche, tra il 4,7 e il 4,9 per cento.


non può non tenersi conto dell’elevato livello di contribuzione al primo pilastro pensionistico nel nostro Paese. Tale onere, che non trova riscontro in altre economie sviluppate, è di per sé un fattore che limita lo spazio di crescita del sistema di previdenza complementare.
Soprattutto per i lavoratori delle fasce più deboli, infatti, l’esigenza o il potenziale desiderio di costruirsi, tramite risparmio previdenziale aggiuntivo, una prospettiva pensionistica più solida di quella basata solo sulla componente pubblica, si pone in oggettiva concorrenza con altri bisogni primari, quali le spese correnti.


Un altro tema di particolare rilievo è quello delle linee nelle quali i contributi versati nel fondo vengono investite nel caso in cui i singoli iscritti non esprimano una scelta esplicita.
Si è messo in luce come i rendimenti di lungo periodo delle linee azionarie di tutte le tipologie di forme pensionistiche abbiano realizzato rendimenti soddisfacenti. Tuttavia, tali linee sono poco diffuse tra gli iscritti
A tale orientamento, risultato non ottimale, ha contribuito il quadro normativo definito ai fini dell’applicazione nel 2007 del meccanismo del silenzio-assenso in relazione ai nuovi flussi di TFR dei lavoratori del settore privato. Si ritenne a quel tempo opportuno prevedere che, in assenza di indicazione esplicita da parte del singolo lavoratore, la linea di investimento in cui indirizzare il TFR fosse di tipo garantito, in grado di offrire rendimenti comparabili alla rivalutazione del TFR quando mantenuto in azienda. La successiva evoluzione dei mercati finanziari ha reso progressivamente più difficile offrire tale livello di garanzia. Anche poi per la resistenza tendenziale dei lavoratori a occuparsi attivamente della propria posizione previdenziale, ne è risultato che gran parte degli iscritti ai fondi pensione, anche in origine delle classi di età più giovane, ha mantenuto i propri risparmi previdenziali in linee che tipicamente garantiscono solo la restituzione dei contributi versati e che non offrono prospettive di guadagno aggiuntivo significative.Ne consegue che, nella prospettiva di disegnare meccanismi di indirizzo delle scelte il più possibile efficaci, la linea di default che accoglie gli iscritti silenti dovrebbe essere basata sull’approccio life-cycle, che sfrutti il lungo orizzonte temporale dell’investimento previdenziale tramite un’esposizione iniziale più elevata nei titoli azionari, caratterizzati da maggiore volatilità ma pure da rendimenti attesi più elevati, e una progressiva riduzione di tale esposizione via via che si avvicina il pensionamento. Ciò anche in coerenza con le raccomandazioni dell’OCSE in materia.
I possibili interventi sopra delineati, e in particolare la rimodulazione dei benefici fiscali a favore dei lavoratori più deboli e la diffusione di opzioni di investimento di tipo life-cycle da definire come default, sarebbero essenziali anche nella prospettiva di riproporre una nuova iniziativa nazionale di raccolta delle adesioni tramite meccanismi di silenzio-assenso. In tale occasione, sarebbero anche da effettuare campagne informative e di educazione previdenziale ben strutturate e coerenti con il disegno complessivo dei meccanismi di scelta proposti.

mi pare che siano cose che qui diciamo da tempo.

Ci sono altri passi significativi e interessanti (ad es si mette chiaramente in luce l'alto numero di aderenti che non contribuiscono) e non è detto che si debba essere d'accordo con tutte le proposte.


Di tutti i passi, questo è il mio preferito :clap:

Le condizioni di offerta proposte dalle imprese di assicurazione sul mercato delle rendite vitalizie, tuttavia, risultano economicamente ancora poco convenienti rispetto all’aspettativa di vita.

Le ragioni di tale scarsa convenienza sono complesse e non adeguatamente analizzabili in questa sede in tutte le loro origini attenendo anche alla contenuta intensità delle pressioni competitive. Ne risulta una comprensibile scarsa propensione dei lavoratori a convertire in rendita vitalizia tutto il capitale accumulato come risparmio previdenziale, minore propensione che rischia di estendersi tout court anche alla stessa partecipazione alla previdenza complementare.

potrebbe essere esplorata la possibilità di porre in essere iniziative utili a favorire la proposta di prestazioni previdenziali che almeno in parte contribuiscano, diversamente dalla mera erogazione del capitale accumulato, alla mitigazione del rischio di longevità. In particolare, in alternativa totale o parziale alle rendite vitalizie immediate, potrebbero essere considerate erogazioni programmate in cifra fissa




Tornando al nostro giornalista, è evidente che fa più notizia sparare di volta in volta che tizio batte caio, o che caio batte tizio .... rispetto a spiegare i problemi che ci sono e commentare le proposte.
 
Stato
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